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Terremoto di Ischia del 21 agosto 2017. Sembra proprio che qualcosa non torni

Come avevamo dato conto già a pochi giorni dal sisma, sembra proprio che i grossolani errori commessi dall’INGV e il tentativo di giustificazioni successive non tengano, se alcuni senatori del M5S continuano a contestare i fatti ai responsabili del governo, come riporta l’articolo de Il Foglietto della Ricerca pubblicato l’11 gennaio scorso e che riportiamo integralmente. Resta sullo sfondo il convitato di pietra, cioè i progetti di centrali geotermiche che, vorremmo capire, se e quanto hanno avuto un ruolo in tutta la vicenda.

Ingv e terremoto di Casamicciola:
10 senatori replicano a una lettera del presidente dell’ente

Il 9 ottobre scorso, il presidente dell’Ingv, con una lettera (che ieri ci è stata gentilmente trasmessa dal sen. Nicola Morra) al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, al Ministro dell’economia e delle finanze e a 11 Senatori del Movimento 5 Stelle, ha risposto all’atto di sindacato ispettivo del 19 settembre 2017, n.4-08069 (primo firmatario, lo stesso sen. Morra), del quale il nostro giornale aveva dato notizia.
Il 20 dicembre, a distanza di più di due mesi, i senatori del M5S, con un nuovo atto di sindacato ispettivo (n. 4-08778), rivolto ai predetti Ministri, che di seguito si riporta integralmente, hanno replicato alla lettera del presidente dell’Ingv.
“MORRA, DONNO, ENDRIZZI, CRIMI, LUCIDI, CASTALDI, MORONESE, SANTANGELO, GIARRUSSO, BLUNDO – Ai Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dell’economia e delle finanze – Premesso che:
l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), con nota prot. 0013057 del 9 ottobre 2017, a firma del legale rappresentante pro tempore, professor Carlo Doglioni, indirizzata al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, al Ministro dell’economia e delle finanze, nonché ai firmatari dell’interrogazione a risposta scritta 4-08069, presentata nel corso della seduta n. 877 del 19 settembre 2017, risponde all’interrogazione stessa, di fatto sostituendosi ai Ministri in indirizzo che, a tutt’oggi, invece, non risulta abbiano approfondito quanto contenuto nella predetta nota e neanche dato alcun riscontro all’atto di sindacato ispettivo;
ad avviso degli interroganti le argomentazioni addotte dal presidente dell’Ingv nella predetta nota si appalesano prive di pregio e non giustificano affatto l’operato dello stesso ente, sia per quanto attiene alle gravi carenze manifestate dall’ente in occasione del sisma che il 21 agosto 2017 ha colpito il comune di Casamicciola, coinvolgendo tutta l’isola di Ischia, sia sotto l’aspetto della veridicità e della correttezza dei bilanci consuntivi dello stesso ente;
da documenti ufficiali disponibili, non risulta vero che sarebbe stato comunicato “entro i tempi stabiliti” un “evento sismico a Ischia”. Nessuna immediatezza e nessuna trasparenza: l’evento era stato localizzato altrove ed è stato comunicato con notevole ritardo;
considerato che, a parere degli interroganti:
non sembra avere alcun fondamento logico il tentativo di spiegare il macroscopico errore nella localizzazione. Infatti, l’errore viene giustificato affermando che lo stesso è dovuto all’assenza di sismografi nel fondo marino, ma, volutamente, si dimentica che a Ischia da anni opera, o dovrebbe, operare una rete sismica dedicata a monitorare in modo dettagliatissimo tutta l’isola, che, come noto, è un vulcano attivo. Tale rete, se funzionasse, sarebbe in grado di determinare rapidamente i parametri di qualunque sisma si verificasse nell’area;
sarebbe molto grave se i sensori della rete ischitana non funzionassero, ma non può essere sottaciuto che, in concomitanza con alcuni fenomeni verificatisi in prossimità di Casamicciola alla fine dell’agosto 2016, era già emerso che i sensori ischitani non erano attivi. L’Ingv avrebbe, perciò, lasciato un’isola vulcanica, densamente popolata e votata al turismo, senza monitoraggio per almeno un anno;
l’entità dell’incertezza proposta dall’Ingv nella nota del 9 ottobre 2017 appare priva di senso. Passare, come ha fatto l’Ingv, da una profondità focale iniziale di 10 chilometri a 1,7 chilometri, significa aver commesso errori gravi, che non hanno niente a che vedere con l’incertezza della misura. La locuzione “raggio di tot km” non appare degna del più grande istituto europeo di ricerca geofisica, uno dei più grandi e dei meglio finanziati al mondo, proprio per gli studi sismologici. Infatti, se è vero che tutte le misure fisiche per definizione sono affette da incertezza, è altrettanto vero che le misure sismologiche nel nostro Paese hanno un’incertezza molto bassa. Ciò tanto per il gran numero di studi disponibili sulla sismicità italiana, quanto per la capillarità della rete sismica nazionale sviluppata a partire dagli anni ’80;
risulta, in particolare, che i terremoti di Casamicciola siano stati oggetto di numerosi studi; tentare, come fa l’Ingv con la citata nota, di mettere in discussione conoscenze acquisite per giustificare errori sulla localizzazione, appare a giudizio degli interroganti inaccettabile oltre che improvvido. È bene ricordare che, dopo gli eventi del 2016, alcuni ricercatori dell’Osservatorio vesuviano hanno condotto nella zona campagne di misure geodetiche, evidenziando una forte deformazione, proprio nell’area epicentrale del 21 agosto 2017;
inoltre, l’affermazione contenuta nella nota Ingv del 9 ottobre 2017, per cui “le agenzie internazionali americane tuttora localizzano l’evento di Ischia del 21 agosto a mare”, non rappresenta correttamente il funzionamento dei sistemi di monitoraggio internazionali. Le determinazioni americane, infatti, vengono fatte automaticamente in tempo reale per l’intero pianeta. Ogni anno, sulla Terra si verificano circa trentamila terremoti di magnitudo attorno a 3.6. Non ci si può certo aspettare che i sismologi americani facciano controlli per ognuno di essi per ottenere valutazioni più raffinate, peraltro per loro del tutto inutili, per sismi verificatisi addirittura a otto ore d’aereo di distanza dai propri confini. Per una rete sismica planetaria, possono essere accolte indeterminazioni inaccettabili per una rete locale, come quella dedicata esclusivamente a monitorare l’isola di Ischia, supportata anche da una rete nazionale di oltre 400 stazioni e con ben due sale di controllo (a Napoli e a Roma) in ognuna delle quali sono presenti ricercatori e tecnici, 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno, con costi complessivi tutt’altro che trascurabili per i contribuenti;
è dovere dell’Ingv fornire rapidamente la grandezza e la localizzazione affidabili di ogni evento che si verifichi sul territorio nazionale. Il quadro di danneggiamento, le caratteristiche geologiche del suolo, l’amplificazione locale, eccetera, sono questioni non particolarmente urgenti, che vanno affrontate successivamente. I problemi di ingegneria inopportunamente evidenziati nella già citata nota Ingv sembrano finalizzati solo a tentare di distogliere l’attenzione dalle responsabilità nella sorveglianza e nella comunicazione, compiti esclusivi dello stesso Ingv;
alcun valore divulgativo può riconoscersi all’intervista rilasciata il giorno dopo il terremoto (22 agosto 2017) al Tg2 delle ore 13 dal presidente dell’Ingv, in cui lo stesso ebbe a mostrare la faglia con l’ipocentro in mare “per far comprendere la ragione del terremoto in modo semplice a chiunque”, pur essendo ampiamente dimostrato che faglia e ipocentro non potevano essere e non erano quelli indicati. È evidente che spiegazioni erronee semmai confondono soltanto chi le ascolta;
peraltro, gli argomenti addotti dall’Ingv in risposta all’interrogazione parlamentare 4-08069 sono in evidente conflitto con quanto lo stesso ha ufficialmente rappresentato alla Commissione Grandi Rischi il 25 agosto 2017: il terremoto risulta localizzato immediatamente sotto Casamicciola ad una profondità inferiore a 2 chilometri;
non condivisibili appaiono il riferimento dell’Ingv ad “attacchi infondati, pretestuosi e preordinati” nei confronti dell’ente e gli auspici di “sostegno al fine di migliorare la ricerca (…) garantire l’implementazione (…) di nuove reti di monitoraggio per dare informazioni sempre più precise”. Il tentativo di “battere cassa” si appalesa inopportuno, in quanto l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia dispone sia di finanziamenti importanti, che di alcune centinaia di ottimi ricercatori e tecnici. L’Osservatorio vesuviano, in particolare, possiede una gran quantità di strumenti di alto livello tecnologico, acquisiti per sviluppare il progetto denominato “Vulcamed”. La Regione Campania ha finanziato in aggiunta un altro progetto, che ha consentito importanti acquisti di strumentazione per monitorare i vulcani partenopei. Da più di 18 mesi, inoltre, l’Ingv sarebbe in possesso di due OBS (sismografi per il fondo del mare) non ancora installati;
infine, non vi è stato alcun attacco pretestuoso nei confronti dell’Ingv, semmai critiche severe alle contraddittorie dichiarazioni dei vertici Ingv sul terremoto di Casamicciola, a seguito di errori palesi commessi in una delle zone più pericolose al mondo dal punto di vista vulcanologico. Errori che determinano conseguenze sulla vita degli abitanti degli stessi luoghi;
considerato inoltre che, a parere degli interroganti:
in merito alle problematiche connesse ai conti consuntivi dell’Ingv circa: a) disavanzo di competenza e b) entrata accertata di 4,1 milioni riportata nel rendiconto 2016, le giustificazioni fornite dal legale rappresentante dell’ente si appalesano anch’esse prive di pregio e non giustificano l’operato dello stesso Ingv sotto l’aspetto della veridicità e della correttezza dei bilanci. Infatti, è incontestabile che per ben quattro esercizi finanziari consecutivi (2012, 2013, 2014 e 2015), come riportato nell’atto di sindacato ispettivo 4-08069, l’Ingv ha registrato un disavanzo di competenza (entrate accertate meno spese impegnate) complessivo pari a circa 29 milioni di euro, così suddiviso: 1,6 milioni nel 2012; 6,8 nel 2013; 14,5 nel 2014 e 6 nel 2015. L’ente, tuttavia, afferma di averli “ripianati” utilizzando l’avanzo di amministrazione sia disponibile che vincolato, quest’ultimo riferito alle “gestioni speciali”, ovvero a progetti con finanziamento esterno;
tale operazione, però, non appare, né corretta, né legittima, in quanto l’ente, per ciascuna delle suddette annualità, ha impegnato spese per la gestione ordinaria superiori alle entrate accertate. Pertanto avrebbe dovuto ripianare il disavanzo utilizzando risorse disponibili reali e non fittizie, come invece sono quelle da cui avrebbe concretamente attinto, ossia risorse vincolate a precise ed inderogabili attività (facenti parte di gestioni speciali) già deliberate dallo stesso ente, che in nessun caso possono essere destinate per altre finalità, men che meno per ripianare il disavanzo di bilancio;
quanto detto è chiaramente precisato dalla Corte dei conti nella nota 24, riportata in calce alla pagina 36 della “Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), per gli esercizi 2011-2012” (l’ultimo atto di controllo sull’Ingv pubblicato dalla magistratura contabile): “Le risorse finanziarie derivanti dai finanziamenti esterni, non impegnate entro l’esercizio, confluiscono nella quota dell’avanzo di amministrazione a destinazione vincolata per progetti commissionati dall’Istituto e contabilizzati nelle gestioni speciali, quota che viene destinata ad integrare, per l’esercizio successivo, la dotazione dei corrispondenti capitoli delle gestioni speciali”;
appare, inoltre, fuorviante la risposta dell’Ingv alla richiesta di chiarimenti, avanzata dagli interroganti con il citato atto di sindacato ispettivo, in ordine alla somma di 4,1 milioni di euro, riportata nel consuntivo 2016, quale “quota parte delle assegnazioni premiali 2015 e 2016 destinate alla copertura delle spese di funzionamento per euro 2.050.000,00 (per totali euro 4.100.000,00)” che, secondo gli stessi interroganti, alla data del 31 dicembre 2016 risultavano del tutto prive di titolo giuridico, idoneo a giustificarne l’accertamento;
l’ente, infatti, afferma che il titolo giuridico che giustifica l’operazione contabile di accertamento è l’art. 4, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 213 del 2009, mentre il testo riporta, smentendo tale affermazione, che: “1. La ripartizione del fondo ordinario per gli enti di ricerca finanziati dal Ministero, di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, e successive modificazioni, è effettuata sulla base della programmazione strategica preventiva, di cui all’articolo 5, nonché tenendo conto della valutazione della qualità dei risultati della ricerca, effettuata dall’Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca (ANVUR). 2. A decorrere dall’anno 2011, al fine di promuovere e sostenere l’incremento qualitativo dell’attività scientifica degli enti di ricerca e migliorare l’efficacia e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, una quota non inferiore al 7 per cento del fondo di cui al comma 1, con progressivi incrementi negli anni successivi, è destinata al finanziamento premiale di specifici programmi e progetti, anche congiunti, proposti dagli enti. I criteri e le motivazioni di assegnazione della predetta quota sono disciplinate con decreto avente natura non regolamentare del Ministro”;
la norma invocata, quindi, dispone una realtà assai diversa da quella assunta dall’Ingv. Ciò in quanto l’assegnazione della quota parte del fondo premiale, come noto, avviene annualmente, con apposito decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che rappresenta il titolo giuridico idoneo a giustificare l’accertamento della somma, l’ultimo dei quali, riguardante l’anno 2015, è stato trasmesso, sotto forma di schema, dal Ministero stesso al Parlamento il 13 settembre 2017, mentre per quello riguardante l’anno 2016, ad oggi, non c’è stata alcuna comunicazione al Parlamento;
l’Ingv, invece, a giudizio degli interroganti illegittimamente, ha contabilizzato nel proprio consuntivo 2016, tanto la quota di Fondo premiale per 2015, che per il 2016, con ciò alterando le risultanze dello stesso consuntivo che, qualora fosse stato redatto in maniera regolare, avrebbe evidenziato un nuovo disavanzo di competenza;
considerato infine che a parere degli interroganti, se l’operato dell’Ingv fosse ritenuto legittimo, tutti gli altri enti di ricerca sarebbero facoltizzati ad autoconcedersi annualmente ad libitum una quota di fondo premiale, iscrivendo in bilancio il relativo importo, senza attendere, né la valutazione dell’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), né il decreto di riparto dello stesso Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo ritengano esaustive e fondate le esposte indicazioni fornite dall’Ingv;
in caso contrario, quali iniziative urgenti e indifferibili intendano adottare, ognuno per le rispettive competenze, per garantire la sicurezza dei cittadini, che vivono in un Paese fortemente sismico e vulcanico, e per far sì che l’Ingv, ente strategico finanziato con circa 60 milioni di euro annui, riacquisti la credibilità e il prestigio scientifico, di cui ha goduto fino a qualche anno fa, sia a livello nazionale, che internazionale;
se non ritengano di trasferire, con la massima urgenza, sotto il diretto controllo della Protezione civile il servizio di monitoraggio sismico e vulcanico del Paese e l’analisi dei risultati, che sono le uniche armi di prevenzione utili in zone così densamente popolate;
se non vi siano i presupposti per adottare con urgenza, ai sensi dell’art. 15, comma 1-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, il decreto di decadenza degli organi di vertice dell’Ingv, con la nomina di un commissario.
(4-08778)”

Progetto Scarfoglio, E’ COMINCIATA LA BOCCIATURA DEGLI IMPIANTI PILOTA GEOTERMICI: …E UNO!

30 giugno 2015, in piazza contro il progetto Scarfoglio, foto Zerottantuno.com

ARCHIVIATO DAL MINISTERO DELL’AMBIENTE IL PROCEDIMENTO DI VIA DELL’IMPIANTO GEOTERMICO PILOTA “SCARFOGLIO” NEL COMUNE DI POZZUOLI (NA). LA REGIONE CAMPANIA AVEVA GIA’ DATO PARERE NEGATIVO

Progetto Scarfoglio della Geoelectric srl

Il primo dei 10 progetti pilota geotermici a media entalpia con tecnologia binaria è stato archiviato dal MATTM (Ministero dell’Ambiente) per mancata presentazione da parte della ditta Geoelectric srl della documentazione richiesta, come da comunicazione del Direttore Generale Giuseppe Lo Presti del 26.10.2017 (contenente parere negativo commissione tecnica VIA del 6.10.17).
Il che equivale ad una bocciatura del progetto, come del resto era stato chiesto dalla Regione Campania con il Decreto Dirigenziale n.111 del 26.09.2017.
La stessa Commissione Nazionale VIA-VAS –in seduta plenaria-con il suo parere n.2511 del 6.10.2017 aveva ritenuto-ai sensi dell’art.26, comma 3ter del D.Lgs.152/2006, previgente alle modifiche introdotte dal D.Lgs.104/2017- di “non procedere all’ulteriore corso della valutazione del progetto Scarfoglio visto che il proponente non ha ottemperato alle richieste di integrazioni da parte dell’autorità competente”.

E per fortuna che -come si legge nell’avviso ai giornali (Il Messaggero del 28.04.2015)– la società si vantava che “il progetto è stato sviluppato con il contributo scientifico di soggetti pubblici ai massimi livelli nazionali ed internazionali, quali l’INGV-Osservatorio Vesuviano e l’AMRA che detengono le più importanti competenze in ambito nazionale in relazione all’area di progetto”!

E’ chiaro che la società Geoelectric srl ha gettato la spugna, vista la bocciatura del progetto da parte della Regione Campania che si sarebbe tradotta poi in una mancata “intesa regionale” necessaria per l’approvazione del progetto.

Del resto la stessa Regione Campania era già intervenuta in data 16.06.2017 con parere negativo anche sull’analogo impianto geotermico pilota di Serrara Fontana nell’isola di Ischia, giusto in tempo prima del luttuoso terremoto del 21.08.2017 che ha provocato il crollo di numerose case e ha portato ad un bilancio di 2 vittime e 42 feriti.

Confidiamo che ciò sia di buon auspicio anche per l’impianto pilota di Torre Alfina nel comune di Acquapendente (Provincia di Viterbo) il cui procedimento VIA è al Consiglio dei Ministri per contrasto tra il MIBACT (e la stessa Regione Lazio) ed il MATTM. Nel senso che i primi due enti insistono sulla vigenza di un vincolo di notevole interesse pubblico instaurato nel territorio dal MIBACT con D.M. 12 maggio 2011. Come analogamente il comune di Acquapendente e la stessa Rete Nazionale NOGESI.

Del resto ormai non si capisce perché il Governo non ritiri la normativa che permette la realizzazione dei 10 progetti “pilota” binari, vista l’opposizione crescente di Comuni e popolazioni, impianti che peraltro hanno rendimenti bassissimi e difficoltà di re-immettere gli incondensabili nel sottosuolo (specialmente nel Centro Italia), alla faccia della loro ventilata “ecologicità”.

Quanto detto si amplifica se si pensa che la energia elettrica prodotta da tali impianti avrebbe un costo di ben 4 volte il costo medio dell’energia (finanziato con incentivi prelevati dalle bollette elettriche di cittadini ed imprese): un vero e proprio non-sense economico!

Terlizzese, MISE

Anche il Direttore Generale del MISE Ing. Terlizzese ha sostenuto recentemente- nell’intervista pubblicata su QualEnergia dell’8.09.17– che “…Non pensiamo però che i cicli binari siano la panacea: personalmente ho qualche dubbio sulla loro reale convenienza, ma certo bisognerà costruirne qualcuno ed effettuare più ricerca su questi sistemi per capirlo”

 

 

Allora, perchè continuare su una strada pericolosa e antieconomica?
Non sarebbe meglio annullarli tutti, come per Scarfoglio?


In merito alla società proponente scrive la D’Orsogna:

…Si trattava di un impianto geotermico “pilota” nell’area di permesso Scarfoglio, a Pozzuoli, Napoli come proposto dalla societa’ Geoelectric ed elaborato dall’ingegner Mario Massaro per conto di una ditta chiamata “ENvironment ENergy ENgineering” con sede a Roma.
Notare che questi studi specializzati in trivelle e tuttappostismi hanno sempre nel loro nome le parole “environment”, “ambiente”, “green” o “sostenibile”…
Ma poi, chi era questa Geoelectric?
Era una sorta di consorzio fra il gruppo Murena-Zecchina costruzioni, fra le prime 20 ditte italiane di edilizia e 500 impiegati che poi ha cercato di diversificare, specie con il fotovoltaico in Puglia; poi c’era il gruppo Marconi anche questa operante nel settore del fotovoltaico e infine il Gruppo Fiore che si occupa della costruzione di impianti complessi. Assieme volevano appunto dedicarsi al geotermico.
Chi li avrebbe aiutati ?
Ecco qui: l’INGV, l’istituto nazionale di geologia e di vulcanologia italiano, ente del quale non mi fiderei neanche per un millisecondo.
Vengono introdotti come partner della Geoelectric.
Ma puo’ essere che l’INGV si mette intanto ad aiutare una ditta di privati, e sopratutto che solo “pensi” che il tutto sia fattibile? Dove sta il loro senso della prevenzione? Il loro buonsenso? Come possono pensare che sia tuttapposto trivellare tra capannoni di automobili, fra le solfatare del Vesuvio? Alla fine il progetto e’ stato archiviato, ma loro si erano bene incamminati a dare il supporto a questo progetto…

Abbadia SS, 2 dicembre 2017, giornata di studio. SULL’AMIATA STOP A NUOVE CENTRALI E AL POLO GEOTERMICO

Una partecipazione numerosa e interessata di cittadini provenienti dall’intero territorio amiatino ha vivacizzato la giornata di studio organizzata dalla Rete Nogesi e dai movimenti che lottano in difesa del Monte Amiata che si è tenuta ad Abbadia San Salvatore sabato 2 dicembre.
Rimarcata la totale assenza delle istituzioni, mentre le uniche risposte di impossibilità a partecipare sono arrivate dalla Protezione civile e da Acquedotto del Fiora.

Vulcanologi e geologi hanno concentrato i loro interventi sugli effetti e rischi che le trivellazioni e le centrali geotermiche arrecano al territorio, alle risorse idriche, all’ambiente e di conseguenza all’uomo, alla sua salute.

Cosa avviene nel sottosuolo andando a perforare sino a 4.000 metri per poi estrarre e reiniettare fluidi? Le centrali a ciclo binario della “Buona geotermia” sono davvero sicure e ad impatto zero? Quali le problematiche correlate ai fluidi geotermici e ai gas incondensabili? Quali conseguenze sul bacino idrico del Monte Amiata tra i più importanti del centro Italia con 700.000 utenze?
La montagna dell’Amiata, antico vulcano, ha caratteristiche geomorfologiche che la rendono un territorio tanto particolare quanto fragile, non a caso è considerata a rischio sismico e sottoposta a vincolo idrogeologico. Nella “Carta della pericolosità geologica” – ne ha parlato il geologo Massimo Bisconti – sono evidenziate le aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta. È anche emerso che talune centrali e pozzi sono stati realizzati da Enel in aree vincolate. A Piancastagnaio il territorio si è abbassato di un metro in circa 30 anni e ciò a causa dell’estrazione di vapore.
Il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo, primo ricercatore Osservatorio Vesuviano, afferma che il fenomeno di subsidenza può anche accelerare fenomeni franosi. Non solo, è risaputo a livello mondiale che tra le conseguenze delle centrali geotermiche (anche a ciclo binario) vi sono quelle della sismicità indotta e dell’irreversibilità del danno per cui “quando andiamo ad intervenire con trivellazioni e centrali si va a modificare l’intero sistema in modo permanente e ad innescare processi irreversibili. “Proprio l’assoluta irreversibilità e l’imprevedibilità delle modificazioni termofluidodinamiche e meccaniche dei sistemi idrotermali, a seguito di trivellazioni, estrazioni e reiniezioni di fluidi impone la rigorosa applicazione del ‘principio di precauzione’. Tale principio obbliga a evitare azioni delle quali non sia prevedibile e quantificabile l’effetto a breve, medio e lungo termine, a tutela dell’ambiente naturale, delle risorse e della pubblica incolumità. In caso contrario si tratterebbe di sperimentazione non dichiarata ed eticamente e giuridicamente inaccettabile sull’ambiente e sulle persone”, ha dichiarato. Da qui la responsabilità soprattutto dei presidenti delle Regioni e dei sindaci primi responsabili della salute, della sicurezza del territorio e della tutela delle risorse anche per le generazioni future nel rispetto dei principi fondamentali della “geoetica”.
L’alterazione della falda acquifera interagisce con il sistema idrotermale: cosa può accadere alle sorgenti di Bagni San Filippo o Bagno Vignoni? Roberto Barocci nella sua presentazione evidenzia l’obbligo della Regione Toscana di applicare il Piano di Tutela delle acque e come tale obbligo venga omesso, contravvenuto. “Abbiamo già perso la metà della risorsa idrica e aumentato la presenza di sostanze inquinanti tra cui l’arsenico”. (scarica le slides, pdf 1,8 Mb)
Andrea Borgia, geologo, dopo aver ricordato che le popolazioni dell’Amiata sono soggette a un “lento avvelenamento” da mercurio, arsenico e uranio (confermato dalle analisi di laboratorio sui capelli e, di recente, dai primi esami del sangue dello studio epidemiologico InVetta – Ars), ha riferito il recente parere del settore idrogeologico regionale, sede di Pisa, secondo cui “i livelli piezometrici sono caratterizzati da cicli di recessione e di ricarica pluriennali, che sembrerebbero indipendenti dalle precipitazioni”. Mentre i dati dei piezometri della regione, fin dal gennaio scorso, hanno mostrato come l’acqua venga risucchiata verso il basso dallo sfruttamento del campo geotermico.

La non rinnovabilità di questa energia è provata inoltre dalle enormi emissioni di gas climalteranti, che sul Monte Amiata risultano pari, se non superiori a quelle delle centrali a carbone. L’equivoco della energia geotermica continua, troppi gli interessi dietro gli incentivi che arrivano a pioggia in modo del tutto improprio. Si capisce bene come il concetto della geotermia sia collegato strettamente al puro profitto.

Seguiranno altre iniziative in tutta l’Amiata, alta Tuscia e Toscana. E, nel mese di febbraio 2018, una forte mobilitazione in Regione Toscana.

Abbadia San Salvatore 04/12/2017

Rete Nazionale NoGesi
Comitati e Cittadini in difesa del Monte Amiata


Leggilo su:

Corriere di Siena

Il Cittadino online.it

OrvietoSì.it

ancora il 10/12 su Il Cittadino online.it

Geotermia, ma in che mani siamo?

Al di là delle pomposità della conferenza mondiale di Firenze, gli “addetti ai lavori” confermano le criticità e i rischi legati alle centrali geotermiche. Come da anni i Comitati denunciano!
Moratoria subito!

 

“Segui il denaro”. Mentre l’11 settembre a Firenze andava in scena la conferenza mondiale il cui scopo ultimo era quello di “battere cassa” chiedendo ai governi maggiori investimenti e “semplificazioni” per l’energia geotermica, dopo anni di contestazione da parte della Rete Nazionale NOGESI e dei molti Comitati locali (con il sostegno di scienziati preoccupati dell’impatto ambientale, sanitario e socio-economico dei territori, contro l’avventura della “geotermia elettrica” dell’Enel e delle nuove aziende sguinzagliate dalla “privatizzazione selvaggia” operata da Berlusconi-Scajola nel 2010), cominciano ad “aprirsi le prime crepe” di un fronte che, grazie ai lauti incentivi, fino ad oggi sembrava compatto, anche sul fronte delle tecnologie impiegate.

Ne sono esempio i due recentissimi articoli di “QualEnergia” del settembre 2017. La prima intervista, a firma Alessandro Codegoni del 21/9/2017 è illuminante, perché pone una domanda cardine sulla geotermia: “La geotermia è una risorsa energetica utile alla riduzione delle emissioni di gas serra?”, cioè la geotermia è capace di essere una risorsa energetica utile alla riduzione delle emissioni di gas che alterano il clima, che è poi la ragione per cui essa gode di incentivi statali proprio perché ritenuta sostenibile e rinnovabile?

Basosi, Università di Siena

Due tesi a confronto, quella del prof. Riccardo Basosi dell’Università di Siena e quella dell’ing. Massimo Montemaggi, responsabile geotermia Enel Green Power. “Questo aspetto –scrive il giornalista- è stato sollevato nel 2014 dal professor Riccardo Basosi, chimico-fisico dell’Università di Siena, in una ricerca pubblicata insieme al ricercatore indipendente Mirko Bravi sul Journal of Cleaner Production. Usando dati ufficiali, di fonte Arpa Toscana, Basosi ha mostrato come le quattro centrali dell’Amiata fra il 2001 e il 2009, abbiano emesso, per ogni MWh prodotto, una quantità di gas in grado di alterare il clima (in gran parte CO2), mediamente maggiore di quella di una centrale a metano, e in alcuni casi vicina a quella di una centrale a carbone. Precisa Basosi. «Ci siamo concentrati sull’Amiata proprio perché il problema delle emissioni di CO2 è lì particolarmente rilevante: basti considerare che quelle centrali producono l’11% dell’elettricità geotermica della Toscana, ma ben il 28% delle emissioni di CO2 da quella fonte».

Montemaggi di EGP

Non sorprendentemente l’ingegnere Massimo Montemaggi, responsabile geotermia Enel Green Power, non è affatto d’accordo con le conclusioni di Basosi”, ma è tuttavia costretto a dire [prima importante ammissione] “Che poi le centrali geotermiche italiane emettano molta CO2, è assolutamente inevitabile, visto che le rocce attraverso cui passano i fluidi geotermici sono per lo più carbonati, che, una volta dissolti nell’acqua, rilasciano biossido di carbonio”.

Ma -ribatte Basosi- “nell’area dell’Amiata, questa CO2 era pressoché bloccata nel sottosuolo e sarebbe stata rilasciata in tempi molto più lunghi, secoli o millenni, se non fosse stato per i pozzi geotermici che vanno a pescarla a migliaia di metri sottoterra”.

Ed in attesa che si decida -continua il giornalista- se oggi dell’Amiata, domani in altri luoghi simili, (la emissione di CO2) supera quella che si aveva prima della loro installazione, esse in effetti aggiungono gas serra in atmosfera, contribuiscono al cambiamento climatico e non dovrebbero godere degli incentivi per combatterlo”, la domanda che si pone il giornalista è: “Viene da chiedersi se allora non sarebbe comunque il caso di seguire quanto suggerisce Basosi e reiniettare nel sottosuolo tutti i gas che escono con i fluidi geotermici, così da evitare ogni inquinamento e ogni aggiunta di gas climalteranti all’atmosfera”. E la risposta di Montemaggi è lapidaria: «Guardi, si potesse fare, l’Enel lo avrebbe già fatto, anche solo per i ricchi incentivi previsti per queste tecnologie a “impatto zero” dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il punto è che tecnicamente non si può fare: questi gas sono troppo abbondanti nei fluidi geotermici italiani, se li reiniettassimo non solo troverebbero presto il modo di fuoriuscire da qualche parte, ma finirebbero per rovinare il giacimento geotermico, creando una “bolla” alla sua sommità, che ostacolerebbe l’estrazione dei fluidi».

Il giornalista lo incalza ricordando che in Germania sono stati realizzati impianti binari con la totale reiniezione dei gas incondensabili e Montemaggi dà la stoccata finale: «Sì, ma quello è un caso molto particolare di acqua quasi priva di gas disciolti: ripeto, nelle nostre aree geotermiche non è possibile trovare fluidi così privi di gas da consentire la loro reiniezione totale nel sottosuolo» e il giornalista “Sarà, ma 10 progetti per impianti di quel tipo sono stati presentati al MiSE, e molti di essi saranno realizzati proprio nelle aree geotermiche di Toscana, Umbria e Lazio”, Montemaggi chiude «Lo so, e sono molto curioso di vedere come faranno a realizzare una cosa che, per noi di Enel, che abbiamo decenni di esperienza geotermica alle spalle, è tecnicamente non sostenibile» (!).

Ce n’è abbastanza per mettere in un angolo la geotermia sia dal punto di vista delle tecnologie finora impiegate da Enel, che di quelle che vorrebbero impiegare in futuro (impianti binari) i “venditori di pentole”.

E qualche preoccupazione sul fatto che non sia tutto a posto deve circolare dentro l’Enel se è stato lanciato un Bando internazionale di EGP per “trovare” una tecnologia in grado di ridurre le emissioni di acido solfidrico e mercurio rispetto ai livelli attuali (quindi i tanto decantati abbattitori AMIS, come sostenuto da scienziati e dai comitati locali, non sono adeguati!).

La prima cosa che si nota è che il testo sul sito internazionale di EGP in inglese è diverso da quello italiano, forse perché è meglio non spiegare tutto agli italiani?
Infatti “in Patria” la necessità di ridurre gli inquinanti della geotermia “flash” è molto sfumato e si dice solamente che la nuova “challenge” (sfida), è rivolta ad abbattere i costi della soda (che è molto costosa) poiché i filtri AMIS permettono già “di ridurre praticamente a zero i gas naturali e i metalli associati al vapore geotermico, eliminando i disagi provocati dal caratteristico odore derivante dalle emissioni di acido solfidrico e favorendo l’integrazione degli impianti nel territorio” ed ancora: “Il sistema AMIS non è perfetto, ma quasi. Il sorbente chimico utilizzato per far reagire ed eliminare l’acido solfidrico è la soda (idrossido di sodio) che presenta diversi svantaggi, tra cui l’elevato costo”. Da qui la necessità della “challenge” ma ricordando, per non essere da meno, “che il team EGP è già al lavoro con un tavolo dedicato all’argomento, ma allo stesso tempo ha voluto estendere il quesito anche all’esterno attraverso Open Innovability, lo spazio di crowdsourcing di idee dedicato all’innovazione e alla sostenibilità”.

Diverso il tono usato dal sito internazionale di Enel Green Power. In dettaglio si dice che “uno dei maggiori problemi della energia geotermica è legato alle emissioni nell’atmosfera degli impianti di potenza, principalmente idrogeno solforato e mercurio. Il primo è caratterizzato da un odore appena supera la soglia di pochi ppb (parti per miliardo), molto al di sotto del valore di 100 ppb (come media nelle 24 ore) stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la protezione della salute della popolazione. Le concentrazioni di idrogeno solforato nell’ambiente, misurato da ENEL ed ARPAT è molto inferiore del valore di riferimento dell’OMS e quindi non ci sono problemi per la salute della popolazione. Tuttavia il cattivo odore di ”uova marce” è spesso percepito nelle aree geotermiche, dipendendo dalle condizioni atmosferiche, e rappresenta una seccatura (!). Come per il mercurio, l’emissione di questo elemento è molto basso, ma ci sono alcune preoccupazioni circa la possibile “crescita” a lungo andare e a significative distanze dagli impianti di potenza, dovuto alla mobilità di questo elemento.”

Ed ancora: “La “pulizia” delle emissioni ed in particolare la eliminazione dell’idrogeno solforato è un punto cruciale per la perfetta compatibilità tra lo sfruttamento della geotermia ed il prezioso uso del territorio, necessità fondamentale per ottenere il consenso delle comunità locali”. Consenso perduto, come preso atto dallo stesso ing. Montemaggi che ha dichiarato su Il Tirreno del 13/9 scorso: ”La sommossa di tanti territori contro lo sfruttamento dell’energia rinnovabile che arriva dal sottosuolo è dilagante”.

Terlizzese, MISE

Lo stesso giornalista aveva intervistato, l’8/9 scorso, il Direttore Generale per la sicurezza, anche ambientale, delle attività minerarie ed energetiche del Ministero dello Sviluppo Economico, ing. Franco Terlizzese sui destini della geotermia, che lamenta che “essendo l’Italia un paese densamente abitato, le resistenze delle popolazioni locali a questi impianti sono molto forti” e che “per esempio Ingv e Cnr stanno incontrando grossi problemi nel convincere i comuni dei Campi Flegrei a lasciargli perforare un pozzo profondo per indagini scientifiche, figuriamoci per la geotermia. E visto il recente terremoto ad Ischia direi che il momento non è dei migliori: alla paura dell’inquinamento atmosferico, si aggiungerebbe quella, infondata, che queste attività possano innescare sismi, bradisismi o persino eruzioni” (affermazioni ormai smentite da una lunga e corposa letteratura scientifica).

Ma -chiede il giornalista- “Avere un impianto pilota di “nuova geotermia” che dimostri che si può produrre elettricità dal sottosuolo senza emissioni, sarebbe stato fondamentale per sbloccare la situazione”, risponde Terlizzese: “Sicuramente, e forse avremmo potuto farne uno in passato, usando le risorse tecnico-scientifiche dei nostri enti di ricerca pubblici, ma sono fiducioso che si cominci la costruzione di almeno un impianto di questo tipo entro il prossimo anno. Non pensiamo però che i cicli binari siano la panacea: personalmente ho qualche dubbio sulla loro reale convenienza, ma certo bisognerà costruirne qualcuno ed effettuare più ricerca su questi sistemi per capirlo (cioè, non sappiamo bene la convenienza e gli effetti di questi impianti, quindi facciamoli e poi si vedrà, …allucinante!)

Finché intorno alle geotermia ruoteranno gli enormi interessi legati agli incentivi statali, nonostante le crepe mostrate, si continuerà imperterriti a sfruttare e devastare i territori.

Fermiamo immediatamente centrali e progetti e apriamo una riflessione seria sull’energia in Italia e se sia necessaria questa geotermia inquinante e speculativa.

L’8 ottobre 2017 ad Acquapendente (VT) vi invitiamo tutti per l’iniziativa nazionale
4° STATI GENERALI DELLA GEOTERMIA

TERREMOTO ISCHIA. L’OMBRA DELLA GEOTERMIA SPECULATIVA DIETRO GLI “ERRORI” DELL’INGV? -aggiornato-

Quattro giorni per ottenere la rilevazione del terremoto di Ischia. Quattro giorni di dati ballerini, vulcanologi e sismologi allibiti da valori incongruenti rispetto a quello che la storia sismica del luogo insegnava.
Venti minuti dopo la scossa delle 20.57 di lunedì scorso: magnitudo locale (Ml) 3.6, profondità ipocentrale 10 chilometri, epicentro a mare, al largo di Forio, come dice l’Ingv. Poco dopo la mezzanotte dall’Osservatorio Vesuviano, sede napoletana Ingv, arrivano i dati rielaborati con magnitudo durata (Md) 4.0, ipocentro a 5 chilometri di profondità e un epicentro sempre a mare ma stavolta a circa 3 chilometri dalla costa Nord. Il dubbio si insinua tra gli scienziati.
Quattro giorni dopo, l’ufficializzazione di una magnitudo durata di 4.0, una profondità ipocentrale di 1 chilometro 730 metri e un epicentro su via Santa Barbara, a Casamicciola.
Di fronte agli incredibili errori e alle minimizzazioni giunte dall’Osservatorio Vesuviano (la sezione partenopea dell’INGV) vale sempre interrogarsi “a chi giova?”, se cioè si tratta di una sequenza di pesanti leggerezze o se c’è una ragione che lega i fatti.

Si parla infatti di una convenzione dell’agosto 2016 tra l’INVG napoletano e la società Ischia Geotermia srl che è interessata al progetto di centrale geotermica pilota Serrara Fontana sull’isola; tale convenzione, che sembra peraltro pagata con i soldi pubblici della Protezione Civile, come riportato da ilfattoquotidiano.it, prevede la partecipazione di “tre ricercatori con contratto su fondi Protezione Civile-INGV” che sono Stefano Carlino, Maria Giulia Di Giuseppe e Antonio Troiano, tutti dell’INGV. La dr.ssa Maria Giulia Di Giuseppe era casualmente di turno nella sala operativa INGV la notte del terremoto…

Dal canto suo Francesca Bianco, Direttrice dell’Osservatorio Vesuviano dal 2016, il 2 agosto di quest’anno, ospite in TV di Piero Angela, si premura di intervenire sulla questione terremoti/Ischia minimizzando e dichiarando che “… a Ischia abbiamo una sismicità estremamente rara, abbiamo registrato 4 micro-terremoti negli ultimi 2 e lo studio della parte fluida – soprattutto delle acque- ci racconta di un sistema idrotermale in assoluta calma…”. E di fronte alle incalzanti domande del giornalista de “Il Mattino” su come è stata possibile tanta leggerezza, seguita a dichiarare, contro ogni evidenza, che “qui non ci sono stati errori”.

Ma la realtà tira brutti scherzi e il 21 agosto, come purtroppo sappiamo, alle 20,57 c’è il terremoto; stranamente pare che non siano partiti i soliti e immediati avvisi automatici, ma bisognerà attendere circa mezz’ora per avere il primo che parla di 10 km di profondità in mare a nord dell’isola e una magnitudo di 3.6. Passa la mezzanotte e arriva una prima rettifica che alza la magnitudo a 4.0 localizzando ancora il sisma sempre in mare, ad una profondità di 5 km, ma ormai anche dalle tv si era capito che qualcosa non tornava e probabilmente la scossa doveva essere di maggiore magnitudo e localizzata in terraferma, con un ipocentro più superficiale.

Dopo ben quattro giorni e una valanga di polemiche, vedi Boschi e Luongo, vengono rilasciati dati più credibili e alla magnitudo 4.0 si localizza il centro del terremoto nell’abitato di Casamicciola ad una profondità di meno di 2 km.
La differenza tra le prime valutazioni e quella finale è sostanziale, perché un sisma tra i 5 e i 10 km a largo della costa nord ha una probabile origine tettonica a differenza di uno a profondità di 2/3 km in terraferma che indicherebbe una origine vulcanica, come peraltro storicamente si è verificato sull’isola.

Ma certo che se fosse stata vera una delle prime ipotesi, un sisma di tal genere non avrebbe interferito più di tanto con eventuali centrali geotermiche che estraggono e reiniettano fluidi di sicuro al di sotto dei 5 km di profondità e comunque in terraferma; invece un sisma come quello che effettivamente c’è stato ridà fiato e legittimità alle proteste e alle voci contrarie all’impianto geotermico di Serrara Fontana, dai comitati locali, al prof. Ortolani, e da pochi mesi anche la Regione Campania.

Ma, ci chiediamo, come è stato possibile un tale livello di pressapochismo da parte dell’INGV? Come si chiede anche il prof. Boschi “che cosa è successo nelle sale di sorveglianza dell’INGV di Roma e di Napoli, operative 24 ore su 24, la sera del 21 agosto. Chi ha materialmente fatto e comunicato le prime valutazioni? Chi le ha successivamente corrette parzialmente?”.
E’ possibile che le prime valutazioni dell’INVG-OV di Napoli siano opera di personale non adeguatamente preparato all’evento?
Dalla enorme discrepanza tra i dati qualcuno potrebbe pensare che siamo di fronte a una assoluta incompetenza o una volontà di fornire dati diversi che non potessero danneggiare altri interessi.
Intanto l’Ingv rende noti i risultati dei rilievi compiuti il 23 agosto: la maggior parte delle abitazioni gravemente danneggiate in seguito al terremoto erano di buona fattura, in mattoni, pietra o tufo, ma prive di quelle ‘vecchie’ e semplici protezioni antisismiche che, ad esempio, sono presenti in molte case dell’Appennino, come le catene o i tiranti (!!!).

Torna prepotentemente in mente il quesito iniziale: “Cui prodest?”

Il silenzio e/o le spiegazioni ipertecniche non depongono a favore della trasparenza. Ci auguriamo che l’INGV chiarisca immediatamente le responsabilità, sanzionando eventuali errori e omissioni, per difendere la credibilità e la funzione di un Istituto pubblico e allontanare sospetti di qualsivoglia commistione con interessi privati.

Rete nazionale NoGESI – NO Geotermia Speculativa e Inquinante


Leggilo su:

Il Cittadino online

NewTuscia.it


aggiornamento 4/9/17

Il Golfo24.it:

Ischia e la geotermia, scatta l’indagine della Procura della Repubblica
Il sisma del 21 agosto, l’epicentro localizzato in ritardo, un paio di esposti presentati alla magistratura e la convenzione sospetta. E così si alimentano i dubbi

“…Che l’autorità giudiziaria si stia muovendo, beh questo lo confermerebbero anche una serie di indiscrezioni di natura giornalistica, che specialmente in determinati ambienti difficilmente riescono a non essere fondate. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia avrebbe infatti siglato una convenzione con la società Ischia Geotermia. Ed allora, siccome a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina come soleva dire Giulio Andreotti, ecco che non mancano – e tra questi ci sono anche alcuni quotidiani – coloro che ipotizzano una possibile relazione tra gli errori commessi dall’osservatorio nella stima dell’entità e dell’epicentro del terremoto ischitano e la predetta convenzione. Un’ipotesi alla quale ovviamente noi non vogliamo nemmeno lontanamente credere, e anzi siamo certi di poterla escludere a priori, e che potrebbe avere una sola spiegazione. Un teorema assolutamente malevolo potrebbe essere quello della localizzazione del terremoto: non c’è dubbio che il fatto che l’epicentro dello stesso si trovasse nel cuore del sottosuolo isolano, significa poter dire definitivamente addio al progetto geotermico. Se invece si fosse trattato dei soliti effetti di un sisma che nasce dal mare, le cose starebbero in maniera diversa…”

anche su IsolaVerdeTv.com


aggiornamento 5/10/17

Legambiente, o Segambiente, non perde occasione per schierarsi contro chi critica il sistema o i centri di potere, come già abbiamo avuto modo di denunciare. Anche sulle giuste critiche alla gestione del sisma di Ischa non all’altezza dei compiti e responsabilità, oltre alla replica del prof. Doglioni, presidente dell’INGV, ci tocca assistere alla difesa d’ufficio anche di Legambiente.
Il prof. Boschi, ex presidente dello stesso INGV, ribatte nell’articolo che segue.

Il Foglietto della Ricerca:

Sisma Casamicciola 2017: pretesti, argomenti effettivi e … Legambiente
di Enzo Boschi

Il 26 settembre, a più di un mese dal terremoto di Ischia, Elisabetta Galgani ha intervistato, per La Nuova Ecologia, il presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Carlo Doglioni, e la presidente di Legambiente, Rossella Muroni. “Scoprendo un’unità di intenti” fra i due.
Doglioni afferma: “Dopo la prima localizzazione del 21 agosto, i sismologi dell’Istituto si sono subito messi a verificare i sismogrammi e alla fine hanno modificato l’ipocentro nel sottosuolo ischitano in una posizione a circa 5 in orizzontale a sud e 3 km più superficiale rispetto alla stima iniziale, il che significa che la localizzazione finale della sorgente sismica è stata ampiamente al di sotto dell’incertezza insita nella qualità dei dati a disposizione. La critica all’operato dell’Ingv è dunque inaccettabile e pretestuosa”.
Rossella Muroni conferma: “E’ evidente come dice Doglioni che le critiche siano state pretestuose: credo inoltre che le polemiche seguite siano state assolutamente strumentali …”
I due intervistati si guardano bene dall’analizzare i contenuti delle critiche ed eventualmente smontarle con appropriati argomenti scientifici, come è prassi normale nel mondo della moderna ricerca. Esprimono solo giudizi negativi. Poi, si sono abbandonati a disquisire su la scienza che si ritira in una torre d’avorio, la mancanza di sinergia tra scienza e politica, l’abusivismo … con l’auspicio finale “che tutto questo cambi”. Argomenti che erano già vecchi ai tempi del terremoto irpino del 1980. Parole di circostanza, che riempiono la bocca ma non il vuoto di idee e che, soprattutto, non indicano nessuna strada per risolvere i problemi.
Mi ha particolarmente colpito l’uso dell’aggettivo “pretestuose”, usato da entrambi gli intervistati per le critiche rivolte “all’operato dell’Ingv”. Sono andato a verificare sul vocabolario il significato di “pretestuoso” e ho trovato: “Addotto come pretesto, fondato su pretesti, non su effettivi argomenti”.
Rivendico di aver espresso, qui sul Foglietto, critiche molto ben circostanziate, con effettivi argomenti, non sull’operato dell’Ingv come un tutto, ma solo su un gruppo ristretto di persone ben identificate, che ha il compito della rilevazione e della comunicazione degli eventi sismici per tutto il territorio nazionale, 24 ore su 24. Di costoro mi sono persino spinto ad auspicare l’immediata rimozione. Critiche nette sono venute anche da altri esperti, la professionalità dei quali non è stata mai messa in discussione.
Non mi meravigliano i tentativi di giustificarsi da parte del presidente Ingv e sorvolo le sue considerazioni tecniche. A sismologi esperti sono bastati una decina di minuti per capire che quello del 21 agosto scorso era un terremoto a profondità minima, proprio sotto Casamicciola. I vertici dell’Ingv hanno impiegato quattro giorni per arrivare allo stesso risultato.
Le critiche non sono di natura accademica e non hanno intenti polemici. La vicenda riguarda un’area abitata da più di due milioni di persone, che vivono fra vulcani pericolosissimi: in caso di evento, è per loro necessaria un’informazione tempestiva e affidabile. Anche poche decine di minuti di ritardo possono significare la perdita di migliaia di vite umane.
Quello che colpisce nell’intervista della Galgani è la presa di posizione della presidente di Legambiente, istituzione che ho sempre ammirato e che ho frequentato ai tempi di Ermete Realacci.
Legambiente, attraverso le parole della sua legale rappresentante, afferma che le critiche sono pretestuose, quindi, per definizione, fondate su pretesti, non su effettivi argomenti. Immagino allora che, prima di fare un’affermazione tanto grave, la Signora Muroni avrà fatto delle indagini e, pertanto, la invito pubblicamente a chiarire quali pretesti sarebbero alla base delle critiche. Altrimenti si potrebbe pensare che Legambiente considera con superficialità e indifferenza l’elevatissima pericolosità vulcanologica di una parte importante del Paese.
Nell’attesa di conoscere i pretesti su cui si fondano le nostre critiche, ribadisco brevemente quelli che sono gli effettivi argomenti alla base di esse.
La prima valutazione del sisma del 21 agosto è stata comunicata dalla Sala operativa di Roma dell’Ingv circa mezz’ora dopo l’evento: magnitudo locale 3.6, 10 km di profondità, in mare ad alcuni km da Ischia, cioè i valori prodotti in automatico dal sistema di sorveglianza. Nel primo comunicato dell’Osservatorio Vesuviano (OV), si ritrovano esattamente gli stessi valori. Alle 22:33, l’OV emette un secondo comunicato, innalzando la magnitudo a 4.0 e riducendo la profondità focale a 5 km; epicentro sempre in mare ma un po’ spostato. Ma non è finita. Il 22 agosto, una ventina di ore dopo il terremoto, il presidente Ingv confermerà, al Tg2 delle 13, proprio quei dati, addirittura indicando su un grafico, con una freccetta rossa, la faglia e l’ipocentro. Non è ancora dato sapere, a più di un mese e mezzo dall’evento, quando e come si è arrivati alla soluzione corretta, quella che pone l’ipocentro proprio sotto Casamicciola a meno di 2 km di profondità, che è stata poi riportata il 25 agosto alla Commissione Grandi Rischi e narrata il 26 agosto dal presidente Ingv.
Non è accettabile quanto affermato dal presidente INGV sulla compatibilità fra le sue valutazioni e la corretta valutazione finale dei parametri dell’evento. Un terremoto in mezzo al mare di magnitudo 3.6 a una profondità di 10 km è poco più di una curiosità sismologica; un terremoto della stessa entità immediatamente sotto un antico centro abitato può essere una tragedia come è stato varie volte nella storia di Casamicciola.
La direttrice dell’OV, nei giorni successivi al sisma, rilascerà una intervista al quotidiano Il Mattino di Napoli per spiegare alcune incredibili circostanze verificatesi nello stesso OV la sera del 21 agosto.
Ulteriori dettagli possono essere letti nel Foglietto del 14 settembre scorso; qui osservo che in tutta la filiera decisionale dell’Ingv non c’è neanche un sismologo operativo esperto. Infatti, la sismicità ischitana, argomento di innumerevoli testi scientifici e non solo, era evidentemente sconosciuta a coloro che nella notte del 21 agosto hanno gestito l’evento.
Questo episodio è preoccupante non solo per i Napoletani, che in gran numero vivono in una delle zone più pericolose al mondo, ma anche per tutti noi che viviamo in un Paese fortemente sismico e che abbiamo il diritto di pretendere informazioni complete, tempestive e puntuali da un ente statale fatto crescere proprio con questo fondamentale scopo e che costa circa 60 milioni all’anno.
La presidente di Legambiente, un’importantissima istituzione nazionale, considera queste nostre osservazioni puramente pretestuose. Aspettiamo, ora, che dimostri l’infondatezza dei nostri argomenti. Se, come temiamo, non le riuscirà, auspichiamo scuse adeguate, non per puntiglio personale ma proprio per il rispetto che abbiamo verso Legambiente e le sue esternazioni.
L’uso improprio dell’aggettivo “pretestuoso”, in argomenti di questa gravità, si appalesa estremamente irresponsabile.

ISCHIA DOCET: TERREMOTO AD ISCHIA MAGNITUDO 4.0. NESSUNO HA DETTO CHE NELL’ISOLA E’ PREVISTA UNA CENTRALE GEOTERMICA A SERRARA FONTANA SECONDO IL PIANO BERLUSCONI-SCAJOLA (E CHE IL GOVERNO DI CENTROSINISTRA NON HA MODIFICATO)

SAGGIAMENTE LA REGIONE CAMPANIA A GIUGNO SCORSO HA BOCCIATO TALE IMPIANTO PER LA PREVEDIBILE SISMICITA’ INDOTTA (E SI APPRESTA A BOCCIARNE, PER GLI STESSI MOTIVI UN ALTRO IDENTICO PREVISTO AI CAMPI FLEGREI), MENTRE DOPO IL TERREMOTO DI CASTEL GIORGIO DEL 30.05.2016 DI MAGNITUDO 4.1 LA REGIONE UMBRIA-CHE PURE E’ STATA TRA LE REGIONI AMPIAMENTE COLPITE DAL TERREMOTO APPENNICO DI UN ANNO FA- ANCORA NON SI DECIDE A BOCCIARE L’IMPIANTO GEOTERMICO PREVISTO A CASTEL GIORGIO, MA ANZI RECENTEMENTE HA AUTORIZZATO ALTRE RICERCHE GEOTERMICHE SULLA PIANA DELL’ALFINA! VERGOGNA!

La motivazione di fondo della bocciatura dell’impianto geotermico di Serrara Fontana, uno dei sei comuni dell’isola di Ischia, sta nella sismicità indotta e danni rilevanti al turismo. Dice infatti la decisione della Regione Campania (Decreto Dirigenziale n. 15 del 16/06/2017): “Il modello geologico-geotermico e sismo-tettonico presentato dal proponente, anche a seguito delle indagini magnetotelluriche effettuate, è inadeguato e non consente di escludere con ragionevole certezza il verificarsi di sismicità indotta/innescabile connessa all’esercizio dell’impianto, con particolare riferimento alle fasi di estrazione e re-immissione dei fluidi geotermici….

Ed ancora: “In base ai dati presentati dal Proponente, l’avvertibilità e i potenziali effetti del terremoto indotto considerato dal progetto (M=2,5) sono da ritenere non del tutto trascurabili. Lo stesso Proponente evidenzia che i terremoti sarebbero avvertibili già per una magnitudo di 1,5 se con ipocentro entro 1 km di profondità. Gli effetti della percezione dei terremoti da parte della popolazione non sono stati adeguatamente considerati, come pure non sono stati considerati i potenziali impatti sull’economia turistica dell’isola, aspetti che allo stato attuale non sembrano essere stati approfonditi adeguatamente”.

Ed inoltre: In tale siffatto contesto ambientale, antropico e socio economico il proponente non solo non ha adeguatamente indagato gli stress introdotti dall’attività geotermica (sismicità indotta/innescabile) e i possibili effetti negativi sul sistema delle acque minerali e termali, al fine di escluderli con ragionevole certezza, ma inoltre non ha previsto nessuna garanzia economica in caso di danni a beni e persone derivanti dall’esercizio dell’impianto, ritenendo quindi implicitamente che tutte le esternalità negative debbano essere assunte, nel caso, dalla collettività a fronte di un “interesse pubblico” finalizzato alla produzione di soli 5 MW …”.

Continua così il Decreto Dirigenziale: “Allo scarso rilievo strategico dell’impianto, in termini di contributo all’energia da FER producibile in Campania, si associa, invece, un elevatissimo rischio antropico che impatta negativamente sul rischio ambientale, già alto nell’Isola d’Ischia, con conseguenze negative anche sul contesto socio economico, determinato dagli impatti che, in assenza di adeguate indagini e caratterizzazioni come nel caso di specie e considerato il contesto di riferimento, produce in termini di sismicità indotta/innescabile, impatti sul sistema delle acque minerali e termali, impatto paesaggistico, rischio idrogeologico nonché sul rischio vulcanico.

Per concludere così: “…Per tutto quanto rappresentato si ritiene che l’impianto, nel contesto ambientale, antropico e socio economico che caratterizza l’Isola d’Ischia, determina rilevanti impatti negativi, in termini di sismicità indotta/innescabile e conseguenti danni a beni e persone, non mitigabili di alcun modo, nonché, conseguentemente, anche al sistema socio economico fondato sul turismo”.

Le stesse motivazioni indotte dalla Regione Campania per “bocciare” Serrara Fontana e cioè: sismicità, assenza di garanzia economica in caso di danni a beni e persone derivanti dall’esercizio dell’impianto, scarso rilievo strategico dell’impianto (produzione di soli 5 MW!) impatti negativi sul sistema socioeconomico fondato sul turismo, potrebbero valere anche per “bocciare” il previsto impianto di Castel Giorgio ( e di Torre Alfina), come richiedono tutti i sindaci dell’area ed anche il Consiglio Regionale dell’Umbria. Peraltro il terremoto del 30 maggio del 2016 ha avuto proprio l’epicentro nella aree individuate da ITW-LKW per gli impianti pilota di Castel Giorgio e di Torre Alfina.

Questa ennesima posizione della Giunta regionale Campania è un ulteriore dimostrazione che “bocciare “gli impianti pericolosi si può, tutelando i cittadini dell’Alfina: se la Regione Umbria, anche dopo tale sollecitazione, non lo farà ai cittadini non rimarrà che punire alle prossime elezioni politiche e regionali il Partito Democratico che ha la responsabilità della gestione dell’Umbria.

Quanto è successo ad Amatrice e ora a Ischia mostra la gravità della situazione sismica del nostro Paese: non tenerne conto è puramente criminale.
Riportiamo alcune dichiarazioni a caldo –apparse sul Corriere della Sera del 23.08.2017- del prof. Doglioni, presidente dell’INGV: ”La ferita di Amatrice può ripetersi anche in altre parti d’Italia. La penisola si dilata di 3-4 millimetri l’anno, che ogni qualche secolo determinano movimenti di qualche metro. Potrà capitare di nuovo. Il fenomeno è lo stesso: a chiazze, il terreno sprofonda” e alla domanda di quanto ci vuole a mettere in sicurezza l’Italia Doglioni risponde così: ”Non basterebbero cinquant’anni per come siamo messi. I terremoti si dimenticano presto, è naturale eliminare un dolore. Questo aiuta la ricostruzione, ma non la prevenzione, perché induce atteggiamenti fatalisti e a non far nulla. Gli italiani metteranno in sicurezza le case solo quando avranno paura”.

E i cittadini che debbono fare? Contare solo i danni ed i morti? La presidente della Regione Marini e l’assessore Cecchini ci rispondano finalmente!

Rete nazionale NoGESI


Leggilo su:

Radiogiornale.info

Pisorno.it

A UN ANNO DAL TERREMOTO ANCORA IN SOSPESO LA MINACCIA DELLA GEOTERMIA

Viva Preoccupazione a Castel Giorgio

 

 

Comunicato stampa del COORDINAMENTO ASSOCIAZIONI ORVIETANO, TUSCIA E LAGO DI BOLSENA aderente alla Rete NoGESI (29/5)

Il terremoto del 30 Maggio dello scorso anno ha lasciato tracce a Castel Giorgio e Torre Alfina. Oltre agli immobili seriamente lesionati e a settimane passate a dormire fuori, anche una grande e diffusa paura, accompagnata da seri problemi psicologici per mesi, ancora fino ad oggi. Le scene del grande terremoto di agosto, ottobre e gennaio tra Umbria, Marche e Lazio, hanno poi ancora di più accresciuto nella gente i timori connessi alla nota delicatezza sismica dei nostri territori.
Ma le paure per il futuro sono seriamente aggravate dalla minaccia rappresentata dall’ impianto geotermico. Il terremoto di Castel Giorgio, di magnitudo 4,1, ebbe l’epicentro proprio all’interno dell’area di previsto sfruttamento da parte di una centrale geotermica fortemente invisa alla popolazione.
E’ noto che una centrale geotermica con la tecnologia proposta provoca sempre sismicità, ed a questo punto – dopo il terremoto di un anno fa – era evidente che avrebbe provocato terremoti là dove l’area era già fortemente sismica di suo, mettendo tutta la popolazione di fronte a rischi inaccettabili.
Tutti pensavano giustamente che le indecisioni della politica in relazione alla concessione o meno delle autorizzazioni all’impianto sarebbero state a quel punto rapidamente risolte con un sonoro “no”. Facendo gli interessi di cittadini non solo consapevolmente contrari, con il sostegno di autorevoli scienziati, ma ora anche spaventati da un evento sismico rilevante.
Invece tutto si è addormentato nel sonno soporifero della politica umbra. La Presidente della Regione Marini non ha mosso paglia… Tutto è rimasto bloccato, nonostante i pronunciamenti sostanzialmente contrari della Commissione Ambiente presieduta dal Consigliere Brega. Mentre non sta affatto ferma la società che propone l’impianto, che sta cercando ogni mezzo – compresa la via giudiziaria – per riuscire comunque a fare un impianto che le porterà moltissimi soldi di incentivi governativi. E questo nell’assoluto disinteresse per le vive e fondate preoccupazioni delle popolazioni.
Non vogliamo credere che lo stesso disinteresse per la popolazione motivi anche l’inattività della Giunta Marini, o che questa sia dovuto anche ad una eccessiva vicinanza agli interessi della ditta proponente. Ma allora non capiamo perché la Giunta non si decide a fare gli interessi della popolazione, sostanziati anche da numerose relazioni di eminenti scienziati che confermano la pericolosità dell’impianto. E non dica subito un sonoro NO all’intesa per l’autorizzazione finale al progetto. Spera che qualche tribunale la tolga dall’imbarazzo decidendo contro i legittimi interessi dei suoi cittadini?
Cittadini peraltro non soli in questa battaglia, visto che le popolazioni e i sindaci di ben 25 comuni dell’area e lo stesso Consiglio Regionale a maggioranza si sono detti contrari all’impianto e seriamente preoccupati.
Il rischio è che questa indecisione della Giunta Regionale favorisca la realizzazione dell’impianto, contro gli interessi e la volontà della popolazione. A quel punto la gente saprà a chi attribuirne la responsabilità. Ma non cesseremo di sperare in un improvviso sussulto etico.


Leggilo su:

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Geotermia: un convegno a Ravenna per il rilancio di una tecnologia avversata dai cittadini

A Ravenna il 31 Marzo un convegno sullo sfruttamento della risorsa geotermica, intitolato: ”Risorsa Geotermica: la situazione attuale e gli sviluppi futuri”. Organizzatore il Ministero per lo Sviluppo Economico.

Un convegno che interviene a fare il punto sul tema e a tentare un rilancio della geotermia, ostacolata dalle procedure “regionali” e dall’avversione crescente delle popolazioni per una tecnologia che si è rivelata tutt’altro che pulita, sicura e rinnovabile. Come ormai dimostrano numerosi studi.

Il governo pensava di rimuovere gli ostacoli con il referendum costituzionale, che toglieva alle regioni le competenze sull’energia, ma la “batosta” data dagli elettori con il “no” sta ora costringendo il Ministero a varie manovre per aggirare il problema. Tra le quali la proposta di un decreto che “semplificherebbe” le procedure di VIA riducendo brutalmente l’intervento del pubblico e delle associazioni di cittadini nelle procedure autorizzative. In aperto contrasto con la Convenzione europea di Aarhus.

E questo convegno di Ravenna tende chiaramente a rilanciare il termine “geotermia”, sempre più inviso alle popolazioni coinvolte, che vedono in questi impianti una fonte di problemi e di rischi del tutto inaccettabile: rischi sismici, per la salute, per le falde acquifere, ed un grave impatto ambientale e paesaggistico. In cambio di posti di lavoro quasi inesistenti e di incentivi che finiscono nelle tasche di grandi società o di veri e propri speculatori. Quando la produzione di energia elettrica nazionale è in chiaro surplus e si tengono chiuse centrali elettriche, perché non necessarie.

Ormai le popolazioni sono informate e sensibilizzate e ovunque sorgono comitati contrari ai nuovi progetti sostenuti dagli elevatissimi incentivi ministeriali. Che puntano soprattutto su cosiddette “nuove” tecnologie “a ciclo chiuso” propagandate come non inquinanti e non impattanti. Mentre la messe di dati e studi forniti dalle associazioni di cittadini dimostra che si tratta di tecnologie per nulla nuove, per nulla avanzate e comunque fortemente a rischio dal punto di vista sismico, dell’inquinamento delle falde acquifere e dell’impatto ambientale.

Quasi tutte le nuove centrali dovrebbero poi sorgere in luoghi delicati, fortemente sensibili ai rischi sismici, in regioni, come quelle dell’Italia centrale soprattutto, dove il rischio di terremoti devastanti è elevatissimo, come dimostrato dalle recenti, drammatiche vicende.
Tutto questo non lascia affatto tranquilli i cittadini. Un caso su tutti quello di Castel Giorgio, in Umbria, dove una scossa di rilevante importanza si è verificata naturalmente nel maggio scorso, lesionando case e costringendo la popolazione a dormire all’addiaccio per lungo tempo. La scossa è avvenuta proprio all’interno del campo di sfruttamento geotermico che la Società ITW & LKW intende sfruttare con una tecnologia che di per sé innesca comunque artificialmente scosse simiche.

Il Governo, su pressione della associazioni di cittadini e del Parlamento, sta avviando una regolamentazione ed una “zonazione” del territorio nazionale allo scopo di definire e limitare le aree idonee allo sfruttamento, ma il Ministero dello Sviluppo Economico ha già annunciato che per completare il lavoro ci vorranno almeno altri due anni.

Cosa succederà nel frattempo? Sarebbe logico che tutte le procedure autorizzative di nuovi impianti si fermassero, come richiesto dal Parlamento, ma questo convegno di “rilancio” sembra forse andare nella direzione contraria. Quella di arrivare ad approvare più progetti possibile prima della regolamentazione in base alla zonazione dei rischi.

Certo questo evento di Ravenna non manda dei buoni segnali: le associazioni dei cittadini, molto competenti ed attive a livello nazionale, non sono state invitate. Mentre tra i relatori risultano in prima linea le società coinvolte, compresa la ITW&LKW del progetto di Castel Giorgio. Con il suo progettista Prof. Franco Barberi, ex capo della Protezione Civile, coinvolto con la consorte Luisa Carapezza in una spinosa e mai chiarita vicenda di conflitto di interessi. La cui attività – secondo la dr.ssa Fedora Quattrocchi ed il prof. Benedetto De Vivo – sarebbe stata di scarso livello scientifico, omettendo rilevanti episodi di rischi geologici evidenziati da pubblicazioni ENEL degli anni ’70, in mancanza peraltro di pareri legali e scientifici collegiali di INGV (vedi l’articolo di Ilaria Proietti sul Fatto del 1° febbraio 2016). Ed anche la Magma Energy dell’AD Batini che vuole realizzare il progetto “Mensano” fortemente inviso alle popolazioni dell’Alta Val di Cecina e della Val d’Elsa.

Rete nazionale NoGESI – NO Geotermia Speculativa e Inquinante


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4 febbraio 2017. DALL’AMIATA ALLA VALLE DEL TEVERE: ANCORA GEOTERMIA INDUSTRIALE O UN ALTRO SVILUPPO E’ POSSIBILE?

ABBADIA SAN SALVATORE (SIENA)
SABATO 4 FEBBRAIO 2017, ORE 14,30- 19,30
CINEMA TEATRO AMIATA
scarica la locandina

In memoria del Prof.Roberto Minervini

Sabato 4 febbraio 2017 ore 14,30-19,30 a Abbadia San Salvatore (Siena) presso il cinema teatro Amiata si terrà un convegno sul tema “Dall’Amiata alla Valle del Tevere: ancora geotermia industriale o un altro sviluppo è possibile?”, organizzato dalla Rete Nazionale NOGESI e SOS Geotermia. Il convegno è dedicato alla memoria del Prof. Roberto Minervini, animatore appassionato della rete NOGESI, recentemente scomparso.

Sarà una giornata di analisi e approfondimento delle tematiche della geotermia nel Monte Amiata, delle centrali flash geotermoelettriche dell’Enel presenti nel territorio (cinque centrali per una potenza installata di 120 MW), con emissioni in atmosfera di inquinanti, con effetti sulla salute dei cittadini, sull’ambiente, sulla sismicità, sul bacino idrico dell’Amiata (il più importante del Centro Italia), sui fiumi Paglia e Tevere, oggetto di inquinamento da mercurio sul territorio dei comuni dell’Alto Lazio e dell’Umbria.

Il Monte Amiata è al centro di un ecosistema a rischio, la cui salvaguardia e valorizzazione riguarda ben tre regioni: Toscana, Lazio e Umbria. Per questo il convegno vedrà la presenza di professori esperti in materia e di amministratori, non solo locali, ma anche di Lazio e Umbria. La presenza politica sarà dei consiglieri, membri della commissione ambiente del consiglio regionale della Toscana, perché esprimano le loro posizioni e gli impegni verso il consiglio regionale, il presidente e la giunta toscana.

Una parte importante del convegno sarà dedicata alla “proposta” che un cambiamento è possibile e che si può e si deve fare una diversa politica energetica del territorio in alternativa a quella attuale inquinante e speculativa, che si basi sul risparmio energetico, sulla efficienza e fonti realmente rinnovabili e compatibili con la salvaguardia dell’ambiente. Un piano energetico costruito con la partecipazione e la gestione dei cittadini, nel quadro delle effettive necessità energetiche in una situazione nazionale contrassegnata dalla riduzione dei consumi elettrici che non legittima, in questo momento, costruzione di nuove centrali elettriche.

E che si può e si deve puntare a un altro sviluppo economico, sostenibile, alternativo al “polo geotermico” che la regione Toscana vuol fare dell’Amiata, che si basi sul grande patrimonio ambientale, storico e culturale e sulla valorizzazione delle risorse del territorio (bio-agricoltura di montagna, artigianato locale, natura, etc.), che devono essere alla base delle scelte e dei programma del governo dei nostri amministratori locali e della stessa regione Toscana. Una giornata di “riflessione collettiva” sulle scelte che riguardano il futuro dell’Amiata e del Centro Italia.

Si invitano alla partecipazione, i cittadini, i comitati, i movimenti, gli amministratori, i partiti politici, le associazioni e organizzazioni di categoria, la stampa e le TV locali, regionali e nazionali.

PROGRAMMA (scarica la locandina in pdf alta qualità)

Ore 14:30 ACCREDITO PARTECIPANTI

Ore 15:00 APERTURA LAVORI
Presidenza: Vittorio Fagioli, Rete NOGESI
Saluto del Sindaco di Abbadia S. Salvatore (Siena): Dr. Fabrizio Tondi
Introduzione: Velio Arezzini, SOS Geotermia

Ore 15:15 GEOTERMIA, MERCURIO, INQUINANTI
Prof. Roberto Barocci, Geotermia Elettrica: rischi per la salute pubblica e le acque
Prof. Andrea Borgia, geologo, Univ. Milano, Amiata: Un velenoso cocktail di inquinanti
Giuseppe Germani, sindaco di Orvieto (Terni), Mercurio: un problema emergente dell’Italia Centrale
Dott.ssa Solange Manfredi, giurista, portavoce Rete NOGESI, Strasburgo chiama Amiata
Ing. Giorgio Santuci, presidente EGS, Nuove tecnologie geotermiche: BHE (Borehole Heat Exchangers)

Ore 16:30 LA POLITICA
Sono stati invitati: Stefano Baccelli, presidente Commissione Ambiente Consiglio Regionale Toscana. (PD)
Giacomo Giannarelli, vice presidente Commissione Ambiente Consiglio Regionale Toscana. (M5S)
Tommaso Fattori, membro Commissione Ambiente Consiglio Regionale Toscana. (SI)
Manuel Vescovi membro del Consiglio Regionale Toscana (Lega Nord)

Ore 17:15 IL CAMBIAMENTO È POSSIBILE: PROPOSTE PER UN ALTRO SVILUPPO
Dr. Andrea Strozzi, ideatore del “Low Living & High Thinking”, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, L’insufficienza dell’efficienza
Claudio Galletti, Sindaco di Castiglione d’Orcia (Siena), Parco della Val d’Orcia e Amiata: i territori protagonisti
Bassetti Andrea, imprenditore, Presidente del Biodistretto della Val d’Orcia
Antonio Pacini, L’Orto Botanico del M. Amiata e la sua Biodiversità
Fabio Menchetti, agronomo, L’olivo sospeso – il museo dell’olio di Seggiano
Angelo Ghinassi, Sindaco di Acquapendente (Viterbo), I comuni dell’Alto Lazio per un NO alla geotermia e uno sviluppo sostenibile del territorio

Ore 18:30 DIBATTITO
Ore 19:00 Prof.ssa Cinzia Mammolotti, Il manifesto dell’Amiata: idee e proposte per lo sviluppo durevole del territorio / Il Parco Nazionale del M. Amiata


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Terremoto Lazio-Umbria-Toscana. Centrale geotermica ITW-LKW, gli scheletri nell’armadio

SCHELETRI ARMADIO ITWLKWSulla questione delle centrali geotermiche in progetto in Umbria, Toscana e Lazio da realizzarsi in aree evidentemente sismiche, a seguito del sisma iniziato il 30 maggio us e tutt’ora in corso, con un picco -ricordiamo- di 4,1 gradi di M e numerose altre scosse tra 2 e 3,4, interviene il COORDINAMENTO ASSOCIAZIONI ORVIETANO, TUSCIA E LAGO DI BOLSENA con un puntuale comunicato che spazza via ogni dubbio sui rischi e mette a tacere le false rassicurazioni che -ancora due giorni fa (vedi Ansa in fondo)- vengono diffuse dalla società ITW-LKW titolare di un permesso che, come vediamo, si sovrappone proprio all’area centrale interessata dal fenomeno sismico di questi giorni.

 

Il terremoto è avvenuto proprio dove vogliono realizzare gli impianti geotermici di Castel Giorgio e Torre Alfina. Ecco la prova dell’enorme rischio sismico e di disastro ambientale.

Con una precisione che ha dell’incredibile, la grave scossa di terremoto del 30 maggio a Castel Giorgio, e gran parte dello sciame che sta seguendo, sono proprio all’interno dell’area assegnata ad una società privata per la realizzazione di due impianti geotermici: quello di Castel Giorgio e quello di Torre Alfina.
Tutta la popolazione ha colto con grande allarme questa coincidenza, anche perché ci sono stati danni ad abitazioni e strutture. E’ infatti cosa nota che l’attività geotermica – con la tecnologia proposta – genera sismi. Prove effettuate dall’ENEL negli anni ‘80, con pressioni minori di quelle ora previste, generarono sismi fino a 3 gradi Richter. Abbastanza forti e chiaramente sentiti dalla popolazione.
La ditta proponente ha sempre sostenuto che non ci sono rischi, perché la zona secondo loro sarebbe tettonicamente sicura, e ha fornito molti dati a sostegno di questa tesi, che hanno convinto i tecnici ministeriali e regionali. Per di più, proprio nelle more della presentazione del progetto, qualcuno fece in modo che la zona di Castel Giorgio fosse retrocessa nella Classificazione Sismica Regionale da zona 2 a zona 3. Strano, visto che in tempi recenti – nel 1957 – un serio terremoto aveva reso inabitabili quasi tutte le case del Paese. Una declassificazione che ha ovviamente facilitato l’iter per l’approvazione dell’impianto.
Risulta anche – secondo importanti scienziati – che i rassicuranti dati tecnici forniti a supporto del progetto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia siano una “vera e propria truffa” volta a rassicurare e sottacere i rischi. E per di più predisposti – in quanto funzionaria pubblica in grave conflitto di interessi – proprio da una funzionaria INGV che è anche la moglie del progettista privato dell’impianto.
Fino ad ora – in attesa di un intervento della magistratura – i politici e i funzionari responsabili dell’iter autorizzativo hanno fatto finta di non sapere e di non vedere. Evidentemente sottoposti ad enormi pressioni lobbistiche, visto il grande interesse economico speculativo legato alla realizzazione di questi progetti, che godono di altissimi incentivi pubblici.
Ma…come si dice: “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi…” Ed ecco arrivare il 30 maggio un terremoto piuttosto forte, con danni ad edifici e la gente terrorizzata che da giorni dorme per strada per via del perdurante sciame sismico.

Cosa viene a dire questo terremoto? Ma è chiarissimo: vuole dire che la zona è sismicamente fragile e che quindi non si possono realizzare impianti che, alla già precaria e rischiosa situazione, aggiungeranno il peso di una continua attività di pressione nel sottosuolo che – come provato dall’ENEL – innesca fenomeni sismici.
Se i pozzi geotermici fossero già realizzati cosa sarebbe successo? Chi si prende la responsabilità, data la natura sismica della zona, di sostenere che i danni provocati alle persone ed alle cose dai sismi previsti non saranno causati dalla realizzazione degli impianti geotermici?

20160603_com stampa mappa A

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Sarebbe come stuzzicare il drago del terremoto giorno e notte per decenni. Là dove un drago c’è e lo sta ora dimostrando con chiarezza con un terremoto che mette a tacere le fumose rassicurazioni di tecnici interessati o – come minimo – palesemente incompetenti.
A dimostrazione del fatto che la zona scelta per gli impianti è la meno adatta, riportiamo due mappe: una della zona di concessione per lo sfruttamento geotermico (mappa A), e l’altra del previsto posizionamento dell’impianto di Castel Giorgio (mappa B).
Si vede chiaramente che gran parte dello sciame sismico in atto è proprio all’interno di questa area (mappa A), e per giunta che le scosse più forti sono state proprio in prossimità dei pozzi dell’impianto (mappa B).

20160603_com stampa mappa B

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A questo si aggiunge che la profondità delle scosse è molto vicina alla profondità dei pozzi che si vogliono scavare, e che le scosse sono – sia per profondità che per estensione – proprio all’interno del bacino di sfruttamento geotermico.
Si vuole quindi con l’impianto andare a produrre sismi nella zona più fragile. E i dati questa volta non ce li danno tecnici interessati o incompetenti vicini alla ditta, ma la stessa Madre Terra ce lo ha segnalato con enorme e drammatica evidenza, con forti scosse proprio in quella zona. Facendo piazza pulita di ogni interessata rassicurazione.
Occorre poi sottolineare che il terremoto viene ad evidenziare un altro importante rischio: non solo con l’impianto si vanno ad innescare artificialmente dei terremoti, ma una forte scossa come quella del 30 maggio, vicinissima al pozzo, avrebbe potuto facilmente far saltare le tubature dell’impianto, contenenti enormi quantità di gas e liquidi velenosi ad alta pressione, che sarebbero finiti nelle falde acquifere, nella terra e nell’aria. Avvelenando in modo grave tutta la zona e producendo un enorme disastro ambientale.
E’ ormai chiaro che i cittadini non accetteranno mai questo impianto, dai rischi enormi per le loro vite, i loro beni ed il loro territorio. Occorre ora che la Giunta Regionale si esprima finalmente rifiutando l’intesa all’impianto, e che i Ministeri competenti ritornino sul progetto per bocciarlo e dissipare definitivamente questa pesante ombra dal futuro della gente della Tuscia.

Lo devono ai cittadini che amministrano, e che in questi giorni dormono terrorizzati per le strade dell’Alfina.

COORDINAMENTO ASSOCIAZIONI ORVIETANO, TUSCIA E LAGO DI BOLSENA


Ansa del 1/6/16 della ITW-LKW

articolo righini ansa

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