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Progetto InVETTA Ars: i dati (parziali) non possono che confermare un allarmante problema sanitario in Amiata. Moratoria subito delle centrali geotermiche, esistenti e di progetto!

Tutte le analisi finora effettuate segnalano un eccesso generale di tutti gli inquinanti: Mercurio, Arsenico, Nichel, Cromo, Cobalto e, novità per l’Amiata, il Tallio, trovati in sangue e urina.

QUI LA PRESENTAZIONE ARS DEL PROGETTO INVETTA AD ARCIDOSSO 23/4/18 CON I DATI

 

Da molti anni, sulla base inequivocabile dei dati analitici del primo studio epidemiologico del CNR del 2010 (scarica qui), sosteniamo che le emissioni geotermiche in Amiata concorrono nel determinare gli eccessi di mortalità e di patologie registrati.
La Regione Toscana, mentre da una parte sta autorizzando altre nuove centrali geotermiche nel completo disprezzo dei principi di prevenzione e precauzione, dall’altra continua a finanziare nuovi studi sulle cause degli eccessi di mortalità per determinare “con certezza” ciò che non è determinabile: cioè l’esclusione della geotermia nelle patologie e nella mortalità in eccesso in Amiata.

Infatti, il nuovo studio InVETTA, non considerando l’insieme delle fonti inquinanti presenti e documentate in Amiata non sarà esaustivo e darà -probabilmente- l’alibi per chiedere nuove ricerche, rimandando, sine die, conclusioni certe.

Ma, ciò nonostante, non si può minimizzare sui risultati dei dati presentati dall’Ars il 23 aprile ad Arcidosso che smentiscono ancora chi continua a rassicurare sulla salute degli amiatini.
Premesso che abbiamo solo dati parziali, non essendo stata ancora analizzato tutto il campione previsto ed anche la popolazione non esposta, i cui risultati andranno comparati a quelli del campione amiatino, emergono comunque dati allarmanti, pubblicati dalla Agenzia Regionale di Sanità, in riferimento ai valori medi indicati dalla Società Italiana dei Valori di Riferimento (SIVR).

Ad esempio, per il Mercurio nel sangue la suddetta SIVR indica nel 2017 un valore medio nella popolazione non esposta in Italia di 1,2 microgrammo per litro (μgr/l) e che il 95% della popolazione italiana è sotto il valore di 5,2 μgr/l. Ebbene in Amiata secondo i dati InVETTA abbiamo un valore medio tre volte superiore al valore medio nazionale con il 30% dei casi, circa 200 persone sulle 637 analizzate in complesso, che superano il valore di 5,2μgr/l , con molti casi dieci/venti volte superiori al valore medio.
E certo sarebbe strano il contrario, considerato che lo studio del prof. Basosi, rappresentante italiano in sede UE per le energie rinnovabili, ha quantificato il Mercurio emesso nel 2010 in atmosfera con le centrali ENEL in Amiata pari al 42,5% di tutto il Mercurio emesso da tutte le industrie presenti sul territorio italiano. Se si pensa che tale emissioni ammontano a 400 kg/anno, pari 400.000.000.000 μgr/anno, ce n’è per tutti noi in abbondanza.
Ad aggravare la situazione del Mercurio, oltre ai segnalati valori oltre il 10% anche per il Nichel, il Cromo, l’Arsenico il Cobalto, è la situazione, relativamente nuova per l’Amiata, del Tallio, del quale si rilevano valori di più del doppio dei valori medi; giova rammentare che anche il Tallio, come afferma Carlo Locatelli, direttore del Centro Nazionale di Informazione Tossicologica della Fondazione Maugeri di Pavia, “è un veleno molto potente, tossico sia per inalazione che per ingestione” e “questo elemento ha un assorbimento gastrico molto rapido – conferma Paolo Maurizio Soave, del Centro Antiveleni del policlinico Gemelli di Roma – e danneggia tutti gli organi, dal rene al pancreas al cuore ai polmoni”.

Con la consapevolezza che la classe politica corresponsabile dell’odierna situazione, anche sanitaria, causata dalla geotermia ad alta e media entalpia sia destinata a scomparire, diffidiamo ancora una volta gli amministratori pubblici, dalla Regione Toscana ai Comuni, ad attivarsi immediatamente con la sospensione di ogni attività geotermica (moratoria) almeno fin quando gli enti preposti, Ars e Arpat, non daranno esiti definitivi alle ricerche, anche in base al principio di precauzione dettato dalle regole comunitarie della UE.

Sos Geotermia – Rete nazionale NoGESI


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Geotermia elettrica: appello in Europa

Un passo avanti contro la geotermia elettrica speculativa e inquinante. Sostegno della Rete NoGESI all’appello.

Abbiamo sempre sostenuto che quando si parla di geotermia elettrica non si può mai generalizzare, come invece è stato fatto in sede legislativa nazionale ed Europea, ma tutto deve essere analizzato e valutato rispetto alle peculiarità dei territori, poiché a differenza di altre fonti energetiche, il cui impatto ambientale è definibile e spesso indipendente dal territorio, in ambito geotermico esso varia notevolmente tra un’area ed un’altra a seconda della natura e delle quantità di sostanze inquinanti presenti nei fluidi geotermici, delle caratteristiche idrogeologiche del sottosuolo, degli equilibri tettonici, delle vocazioni economiche già radicate in superficie, dalle attività agrituristiche a quelle termali, oltre che delle tecnologie utilizzate.

Pertanto sottoscriviamo e salutiamo come una iniziativa di buon senso, necessaria e indice di coerenza l’appello ai Parlamentari Europei (leggi sotto) affinché sia sostenuta la richiesta di una normativa europea e nazionale a tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente, attenta in particolare alle emissioni che non siano clima-alteranti oltre che pericolose per la salute umana. Chiediamo anche noi che si votino gli emendamenti numero 357 e 358 (leggi sotto) presentati dall’On. Tamburrano e da numerosi altri parlamentari europei e in discussione nei prossimi giorni nel Parlamento Europeo.

Non è tollerabile che con le risorse pubbliche si continui a finanziare la produzione di energia elettrica con un potenziale di acidificazione delle emissioni pari a 2,2 volte superiore rispetto all’energia elettrica prodotta da centrali a carbone, come nel caso del Monte Amiata, oppure con una quantità di Ammoniaca emessa, nell’ordine di migliaia di tonnellate all’anno, quando la stessa UE nel Report CAFE (Clean Air for Europe), afferma che tali emissioni contribuiscono in maniera significativa alla formazione di particolato di origine secondaria (PM10 e PM2,5) per circa il 20% in massa, il cui costo sanitario medio è di euro 20,5 al Kg di Ammoniaca emessa.

Riteniamo quindi che ogni iniziativa che vada verso una regolamentazione stringente di tutti gli impianti geotermoelettrici esistenti e di progetto (compresi gli impianti cosiddetti binari) sia da sostenere, certi che si tratta di un ulteriore passo in avanti affinché anche la geotermia non venga più considerata tout court come pulita e rinnovabile, ma, come per ogni altro impianto industriale, sia sottoposta alle adeguate verifiche e all’impatto che questa produce sul paesaggio, sulla salute e sull’economia esistente e di sviluppo dei territori interessati.

Ieri 13.01.2018, nel corso dei lavori del Convegno di Viterbo sulla geotermia elettrica in Tuscia, organizzato dalla Provincia di Viterbo con la collaborazione della Rete NOGESI, il suddetto appello letto dal dott. Pietro Nocchi, Presidente della Provincia di Viterbo, è stato approvato all’unanimità dei presenti.

Chiediamo in primis agli amministratori a tutti i livelli (comunali, provinciali, regionali), ai medici, ai comitati e a tutti i cittadini sui cui territori si manifestano le contraddizioni immesse dalla geotermia elettrica di prendere posizione a favore di tale appello.

Rete Nazionale NOGESI (NO Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante)


APPELLO GEOTERMIA AL PARLAMENTO EUROPEO

Le 34 centrali geotermiche italiane immettono nell’atmosfera enormi quantità di gas serra e di sostanze pericolose per la salute e per l’ambiente. Secondo i dati ufficiali del 2007 – gli unici disponibili – in un anno questi impianti diffondono nell’aria 1,5 tonnellate di mercurio, 16.181 tonnellate di idrogeno solforato e 6.415 tonnellate di ammoniaca.
La legislazione dell’Unione Europea non prevede limiti di emissioni in atmosfera per le centrali geotermiche.
Siamo cittadini, medici ed amministratori dei Comuni che ricadono nelle aree geotermiche italiane. Siamo docenti universitari e geologi. Chiediamo che anche le centrali geotermiche debbano rispettare norme europee a difesa della salute e dell’ambiente. Chiediamo al Parlamento Europeo di approvare gli emendamenti numero 357 e 358 alla Direttiva sulla promozione dell’impiego di energia da fonti rinnovabili, tra le quali l’Unione Europea inserisce la geotermia che andranno al voto a Strasburgo mercoledì 17 gennaio 2018.
Gli emendamenti chiedono alla Commissione Europea di approfondire il problema delle emissioni inquinanti legate al funzionamento delle centrali geotermiche e, se lo ritiene opportuno, di presentare una proposta legislativa per normarle.
Dire sì a queste richieste ci pare un atto di puro buonsenso. Confidiamo che questo atto venga compiuto.


Emendamenti proposti dall’On Tamburrano
sottoscritta da 40 parlamentari di vari schieramenti politici

n.357
(31 ter) Al fine di preservare l’integrità della presente direttiva, la Commissione dovrebbe affrontare le lacune normative a livello di Unione, che poi si riflettono a livello nazionale, in modo che ogni forma di sfruttamento dell’energia geotermica sia considerata un contributo alla lotta al cambiamento climatico, anche quando le centrali geotermiche producono gas a effetto serra e altre sostanze provenienti da fluidi sotterranei e da altre formazioni geologiche del sottosuolo che sono comparabili alle fonti convenzionali.

n.358
2 bis. Entro dicembre 2018 la Commissione dovrebbe effettuare un’analisi approfondita di tutte le sostanze, fra cui la CO2, che vengono prodotte dalle centrali geotermiche, sia nelle fasi esplorative che in quelle operative, che sono nocive per la salute e l’ambiente, e presenta i risultati al Parlamento europeo e al Consiglio. Sulla base dei risultati ottenuti, la Commissione presenta, se del caso, al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta legislativa in materia entro il 31 dicembre 2019.


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Mercurio e centrali geotermiche. Quando la toppa è peggio del buco

Aggiornamento importante 26/4/2017

A seguito dei nostri comunicati sull’incidenza delle centrali geotermiche nell’inquinamento da mercurio, riceviamo e pubblichiamo una informativa dell’Autorità di bacino del Fiume Tevere che ribadisce che le emissioni delle centrali geotermiche in Amiata sono indicate tra le sorgenti di inquinamento di mercurio del bacino del Paglia-Tevere:

si riscontra alla Vs. comunicazione e-mail informandoVi di aver disposto la pubblicazione sul sito istituzionale della scrivente Autorità di bacino, al link http://www.abdac.it/index.php/it/content_page/17-eventi/147-attivita-di-monitoraggio-del-mercurio, la seguente news/informativa che si riporta integralmente qui di seguito per opportuna conoscenza:

“In relazione ai diversi comunicati diffusi on-line sulla problematica, si ricorda
che è attivo dal settembre del 2016 presso lʼAutorità di bacino un tavolo di
coordinamento tra le Regioni Lazio, Umbria e Toscana, al quale lʼAutorità
assicura la trasmissione di ogni segnalazione da parte dei soggetti interessati
per le valutazioni delle Strutture competenti.
Il tavolo ha già licenziato un Piano di indagine per la verifica della
contaminazione da mercurio nel sistema fluviale Paglia-Tevere (scarica il Piano)
Con riguardo alla valutazione della componente della geotermia lo stesso Piano
dʼindagine afferma che : ”Occorre segnalare che il mercurio ha anche altre fonti
di emissione attive nel territorio amiatino, connesse agli usi geotermici delle
acque sotterranee, e che, per la sua volatilità, esistono fenomeni di ampia
diffusione a livello globale, tanto che nel 2013 è stata firmata la Convenzione
internazionale di Minamata sul Mercurio, per contenere lʼemissione di questo
metallo nellʼambiente, convenzione non ancora entrata in vigore per mancata
ratifica da parte di un numero sufficiente di stati. LʼItalia è tra i firmatari, ma non
ha ancora ratificato lʼaccordo”.
I dati e le informazioni che risulteranno dal programma di esecuzione del
suddetto Piano dʼindagine saranno resi pubblici e disponibili nel sito
istituzionale dellʼAutorità a conclusione della prima fase operativa.
Si ricorda anche con lʼoccasione che nel corso delle attività della prima fase del
Piano dʼindagine sono previsti ulteriori particolari momenti di partecipazione
pubblica che saranno tempestivamente promossi e divulgati, il primo dei quali
si è già svolto il 9 gennaio u.s. presso la Sala Consiliare di Orvieto (http://www.abdac.it/index.php/it/indagine-mercurio)”.

Ufficio di Segreteria Particolare – Autorità di bacino del Fiume Tevere


Comunicato stampa 23/4/2017

A seguito dei recenti convegni che la rete NoGESI ha organizzato ad Orvieto, Abbadia S.SalvatoreAcquapendente in merito all’inquinamento da mercurio del fiume Paglia, l’Enel il 19 aprile us con un comunicato (vedi sotto) si è evidentemente sentita in dovere di rispondere (ad “alcuni soggetti”). Ma la toppa, come spesso accade, è peggio del buco, come di seguito illustriamo.

 

L’Enel scrive che i nuovi impianti AMIS di abbattimento del Mercurio installati di recente nelle centrali geotermiche dell’Amiata consentono di abbattere la quasi totalità di tale inquinante e che le centrali dell’Enel non c’entrano con l’inquinamento accertato del fiume Paglia, che arriva al Tevere e fino al mar Tirreno.

Intanto c’è da prendere atto che l’ENEL ci dà indirettamente ragione ad aver sollevato molti anni fa il problema della nocività delle emissioni geotermiche in Amiata, se è vero che ha dovuto investire molto in 34 nuovi impianti per ridurre gli inquinanti a quel “quasi tutto”. Se non ci fosse stato l’allarme lanciato da semplici cittadini, si sarebbe continuato ad emettere quanto è stato documentato negli anni scorsi.

Ma che fine hanno fatto le tonnellate di Mercurio emesse quando gli impianti Amis non erano installati?
Ed oggi, quando tali impianti sono fuori servizio, il che succede spesso, quanto Mercurio esce?

Per gli ingegneri dell’ENEL la legge della conservazione delle masse sembrerebbe che non esista più. Hanno forse dimenticato che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma?

Queste sono le emissioni annuali, riferite agli anni 2007-2009 di alcuni inquinanti rilasciati in atmosfera dalle centrali geotermiche e misurate nel flusso di massa da ARPAT (nota del Dip. ARPAT di Siena del 12.5.2011 Prot. n° 32765): Acido solfidrico 2.799 t/a, Mercurio 889,14 kg/a Arsenico 28,97 kg/a, Ammoniaca 2.460 t/a.

Come si vede le quantità annue sono nell’ordine delle tonnellate, cioè 1.000 chilogrammi, uguale a 1 milione di grammi o ad 1 miliardo di milligrammi, 1.000 miliardi di microgrammi. E poiché per inquinare le acque potabili basta 1 microgrammo di Mercurio per litro, una sola tonnellata di Mercurio è in grado di avvelenare 1.000 miliardi di litri d’acqua, una quantità enorme, ben oltre le portate di qualunque sorgente e, purtroppo, è documentato dall’Allegato 6 allo Studio epidemiologico del CNR di Pisa del 2010 che nei paesi dell’Amiata al crescere delle concentrazioni di Mercurio misurate in quei paesi, crescono vertiginosamente le morti in un relazioni statisticamente significative, perché una parte di quel Mercurio è trattenuto anche dai corpi umani in gravissima sofferenza.

Oggi l’Enel afferma che esce solo “vapore acqueo per oltre il 99,5%”, ma non ci dice quanto è grande quel cento! 
Quando quel cento si misura in metri cubi con moltissimi zeri, allora quel 0,5% assume valori preoccupanti. Le attuali emissioni di Mercurio dalle centrali geotermiche del campo di Bagnore a Santa Fiora (con tutti gli impianti di abbattimento in funzione) secondo quanto misurato da Arpat sono pari a circa 10 grammi ogni ora. Vale a dire una quantità di Mercurio che rende non potabile (cioè sopra ai limiti di legge) una quantità di acqua pari a 10 milioni di litri all’ora o 10 mila metri cubi all’ora.

D’altra parte basta osservare quanto pubblicato in prestigiose riviste (e mai smentito), dal prof.Riccardo Basosi, docente all’università di Siena e rappresentate italiano in U.E. per le innovazioni tecnologiche in ambito energetico: dalle centrali dell’Amiata esce in atmosfera il 42,5% di tutto il Mercurio emesso da tutte le industrie in Italia (vedi tabella 2 sotto) ed è, anche per questo, che afferma che le centrali geotermiche in Amiata inquinano più delle centrali a carbone di pari potenza. Ma l’Enel le chiama pulite.

 

Comunicato Enel Green Power del 19/4/2017

MERCURIO, ENEL GREEN POWER: “TOTALE ININFLUENZA DEL MERCURIO DA COLTIVAZIONE GEOTERMICA SU RETICOLO IDROGRAFICO PAGLIA”

In riferimento agli ultimi dati diffusi da alcuni soggetti, in base ai quali il fiume Paglia avrebbe concentrazioni di mercurio superiori ai limiti di legge a causa delle centrali geotermiche, Enel Green Power smentisce nella maniera più categorica e precisa anzitutto che gli impianti AMIS (Abbattimento Mercurio e Idrogeno Solforato), installati su tutte le 34 centrali geotermiche toscane, consentono di abbattere la quasi totalità del mercurio e dell’H2S, tanto che dalle torri di raffreddamento esce vapore acqueo per oltre il 99,5% e ogni emissione di gas incondensabili, sostitutiva peraltro di emissioni naturali, è costantemente monitorata e molto al di sotto dei limiti di legge. I quasi 6 miliardi di kWh prodotti in Toscana consentono infatti di evitare l’immissione in atmosfera di oltre 2.500 milioni di tonnellate di CO2 annue e di evitare l’utilizzo di 1,3 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio.
Per quanto riguarda il mercurio, a seguito di cinque anni di monitoraggi, è acclarata la totale ininfluenza delle ricadute di mercurio da coltivazione geotermica sul reticolo idrografico che attraversa i territori delle centrali geotermiche per confluire nel fiume Paglia. Con le autorizzazioni degli ultimi anni per il riassetto di Piancastagnaio e per la costruzione della centrale geotermica Bagnore 4, infatti, è stata realizzata una rete di punti di controllo delle acque nei pressi delle centrali, composta da 8 stazioni di acque superficiali tra Piancastagnaio e Santa Fiora, 9 stazioni di acque di falda nei comuni di Castiglione d’Orcia, Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio, Castel del Piano, Santa Fiora e Arcidosso, 4 piezometri nei territori di Santa Fiora e Abbadia San Salvatore oltre a 3 punti di prelievo in località Merigar nel comune di Santa Fiora.
I risultati di questa importante e costante attività, in corso dal 2012 e svolta sia da Enel sia da Arpat in modo autonomo e indipendente, hanno confermato valori di concentrazioni di mercurio nelle acque di gran lunga al di sotto del limite di soglia previsto per le acque potabili che è di un microgrammo a litro. L’eventuale presenza di alte quantità di mercurio nelle acque del fiume Paglia, quindi, non può essere assolutamente imputata alle centrali geotermiche le cui acque circostanti sono tra le più monitorate della Toscana. Enel Green Power è a disposizione per ogni ulteriore approfondimento.


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Dall’Amiata alla Valle del Tevere: l’inquinamento da mercurio lungo il Fiume Paglia. Convegno 8.4.17 Acquapendente (VT)

Sabato 8 aprile 2017 ore 14,30-19,30 ad Acquapendente (Viterbo) presso il cinema teatro Olympia si terrà un convegno sul tema “Dall’Amiata alla Valle del Tevere: l’inquinamento da mercurio lungo il Fiume Paglia”, organizzato dal Comune di Acquapendente con la collaborazione della Rete Nazionale NOGESI.

Sarà un pomeriggio di analisi e approfondimento delle tematiche della geotermia nel Monte Amiata, delle loro emissioni in atmosfera di inquinanti, con effetti sulla salute dei cittadini, sull’ambiente, sull’inquinamento da mercurio sul territorio dei comuni dell’Alto Lazio e dell’Umbria.

Il Monte Amiata è al centro di un ecosistema a rischio, la cui salvaguardia e valorizzazione riguarda ben tre regioni: Toscana, Lazio e Umbria. Per questo il convegno vedrà la presenza di professori esperti in materia e di amministratori, per spiegare alla popolazione gli effetti di tale inquinamento e per cominciare a trovare le adatte soluzioni.

Una giornata di “riflessione collettiva” sulle scelte che riguardano il futuro dell’Amiata e del Centro Italia. Si può e si deve puntare a un altro sviluppo economico, sostenibile del centro Italia, che si basi sul grande patrimonio ambientale, storico e culturale e sulla valorizzazione delle risorse del territorio (bio-agricoltura, turismo, artigianato locale, natura, etc.).

PROGRAMMA

Ore 14:45 ACCREDITO PARTECIPANTI

Ore 15:15 APERTURA LAVORI
Presidenza: Vittorio Fagioli, Rete NOGESI
Saluti: Dr. Angelo Ghinassi, sindaco di Acquapendente
Introduzione: Dr.ssa Solange Manfredi, portavoce Rete Nazionale NOGESI

Ore 15:30 MERCURIO ED ALTRI INQUINANTI PRODOTTI DALLA GEOTERMIA
Prof. Andrea Borgia, geologo, Univ. Milano: “Il velenoso cocktail di inquinanti prodotto dalla geotermia dell’Amiata”
Dr. Maurizio Marchi, responsabile di Medicina democratica di Livorno e della Val di Cecina: “Mercurio in Val di Cecina dalla geotermia e dall’industria cloro-soda”
Dr. Federico Silvestri, Servizio tutela delle acque – Direzione regionale ambiente e sistemi naturali – Regione Lazio ARPA LAZIO: “Il piano di indagine delle regioni Toscana, Lazio e Umbria sul mercurio”
Dr. Endro Martini, geologo, presidente Alta Scuola: “Strumenti innovativi di governance e di partecipazione democratica: i contratti di Fiume”

Ore 17.00 IL TERRITORIO, sono stati invitati i sindaci:
Giuseppe Germani (Orvieto) Sauro Basili (Allerona) Andrea Garbini (Castel Giorgio) Jacopo Marini (Arcidosso) Daniele Longaroni (Castel VIscardo) Cinzia Pellegrini (Proceno) Luigi Vagaggini (Piancastagnaio)
Francesco Fabbrizzi (Radicofani) Fabrizio Tondi (Abbadia San Salvatore) Massimo Galli (Roccalbegna) Fosco Fortunati (Castell’Azzara) Federico Balocchi (Santa Fiora)

Ore 18.00 LA POLITICA, sono stati invitati:
On. Alessandra Terrosi (Commissione Agricoltura Camera dei Deputati), Mauro Buschini, Assessore Rapporti con il Consiglio, Ambiente e Rifiuti. Fernanda Cecchini, Assessore Ambiente, Regione Umbria Federica Fratoni, Assessore Ambiente, Regione Toscana Enrico Panunzi, Consigliere regionale Lazio, Presidente della VI commissione Ambiente

Ore 18:30 DIBATTITO Conclusioni:
Sindaco Dr. Angelo Ghinassi

 

Sono invitati alla partecipazione, i cittadini, i comitati, i movimenti, gli amministratori, i partiti politici, le associazioni e organizzazioni di categoria, la stampa e le TV locali, regionali e nazionali.

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Mercurio: gli amministratori chiedano una indagine a 360 gradi!

La Rete NoGESI, che ha già denunciato le strane omissioni quando si parla di inquinamento da mercurio senza citare l’attività geotermica toscana, in particolare quella amiatina, che contribuisce senz’altro alla diffusione nell’aria, nell’acqua e nel terreno, di tale elemento.
Abbiamo inviato agli amministratori dei territori interessati la nota che segue, invitandoli a chiedere, appunto, che se indagini sul pericoloso inquinante debbono farsi, che si facciano a 360 gradi.

 

Di seguito il testo della nota inviata agli amministratori:

Gentili amministratori,

Come probabilmente avete avuto modo di sapere il problema “inquinamento da mercurio” emesso dalle ex-miniere di cinabro del Monte Amiata e dalle emissioni in aria delle centrali geotermiche ENEL del sud Amiata (Piancastagnaio e Bagnore) -tiene banco da mesi, in particolare presso i territori prospicenti le aste fluviali del Paglia e Tevere.

Il problema della contaminazione da mercurio sta diventando uno dei problemi ambientali e sanitari del centro Italia interessando le aste dei fiumi Paglia e Tevere ed anche del fiume Fiora e con essi-gettandosi tali fiumi nel Mar Tirreno rispettivamente ad Ostia e a Montalto di Castro- anche il mare Tirreno, determinano così una contaminazione dei pesci di acqua dolce e di mare (oltre il 90% del mercurio ritrovato nei pesci è nella forma metilata, la più pericolosa per la salute umana).

La questione vede molto attivi i sindaci umbri e laziali (alcuni dei quali-a seguito di controlli – hanno dovuto emettere ordinanze di divieto di pesca e di attività sul fiume) che hanno investito le tre Giunte Regionali (Toscana, Umbria e Lazio) ed il MATTM (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) per arrivare a debellare tale fenomeno. Le tre Regioni hanno attivato le rispettive ARPA che, unitamente ad altri istituti, hanno elaborato un primo comune “Piano di indagine per la verifica dello stato di contaminazione del mercurio” (scarica il documento).

Il piano di indagine elaborato dalle tre Arpa, però, sorprendentemente, si concentra solo sull’inquinamento da mercurio prodotto dalle ex miniere del Monte Amiata – dismesse da oltre 40 anni e in massima parte bonificate – tralasciando completamente l’indagine circa l’inquinamento prodotto dalle centrali geotermiche dell’Amiata tutt’ora in funzione, che rappresenta il 42,5% delle emissioni di mercurio provenienti dall’intero comparto industriale italiano (Studio Basosi e Bravi, 2014, QUI e QUI) nonostante gli abbattitori di questo inquinante (AMIS).

Secondo il prof. Andrea Borgia, (Università di Milano, Open University M. Keynes, UK, e Global Research Council proprio in geotermia): “In base ai dati ufficiali disponibili, la quantità di mercurio emesso in atmosfera dagli impianti geotermici è impressionante – il totale emesso negli anni 1969-1999 è di 37,894 tonnellate, a cui si aggiungono le emissioni dal 2000 al 2016, per un totale di 52,559 tonnellate -. Quindi si dovrebbe concludere, che non c’è bisogno di tirare in ballo le vecchie miniere di Mercurio dismesse ormai da quasi 40 anni ed in buona parte bonificate, ma che con tutta probabilità la maggior parte del mercurio accumulato nel Paglia, o che passa attraverso il Paglia per arrivare al Mar Tirreno, proviene dalle centrali geotermiche di Piancastagnaio”.

Ma che l’inquinamento da mercurio prodotto dalle centrali geotermiche sia assolutamente rilevante, per quanto attiene alla contaminazione delle acque fluviali, lo dimostra anche la contaminazione da mercurio del fiume Cecina, situato nell’area geotermica nord della Toscana, che drena i torrenti dell’area geotermica e nei cui pressi non vi è alcuna miniera di mercurio (il divieto di mangiare pesce al mercurio pescato nel fiume Cecina risale al 2002). (vedi anche intervento del prof.Giovanni Grieco, giacimenti minerari per l’Università di Milano)

ed allora, perché fare le indagini a metà?

La pubblica amministrazione deve operare secondo criteri di economicità, efficacia ed efficienza. Ampliare, oggi, il Piano di indagine all’inquinamento da mercurio prodotto dalle centrali geotermoelettriche presenti nell’area porterebbe a compiere uno studio più completo ed esaustivo, in grado di distinguere tra le varie fonti di inquinamento (miniere e centrali geotermoelettriche) così da attribuire a ciascuna di esse la paternità della distribuzione di mercurio e poter intervenire in modo efficace e mirato.

Dunque, perché non farlo?

Proprio per questo Rete Nazionale NOGESI (No Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante) invia una sollecitazione affinché i comuni interessati, direttamente o indirettamente, dal problema inoltrino una richiesta di ampliamento del piano di indagine alle tre Regioni (Toscana, Umbria e Lazio); diversi comuni, tra cui Acquapendente (VT), vi hanno già aderito…

Di questo si è parlato anche recentemente nel convegno di Abbadia San Salvatore del 4 febbraio scorso organizzato dalla Rete Nazionale NOGESI (leggi QUIQUI e QUI)

Sarà nostra cura tenervi informati sull’evolversi della vicenda, nel mentre ci aspettiamo vostre prese di posizione.

Cordiali saluti,

Solange Manfredi, Rete Nazionale NOGESI

Incredibili Ars e Arpat, sulla geotermia tirano dritto come nulla fosse

E’ inaccettabile che le agenzie regionali azzerino 15 anni e più di studi e ricerche senza un mea culpa e senza chiedere il fermo dell’attività geotermica in attesa delle annunciate nuove ricerche.

 

Alle ortiche più di quindici anni di studi, pubblicazioni e convegni usati per cercare di nascondere i dati esistenti sulla correlazione tra lo sfruttamento geotermico e l’inquinamento dei territori con danni statisticamente certi alla salute.
Li vogliono buttare alle ortiche perché i dati contenuti in tali studi smentiscono le loro conclusioni e una lunga sequenza di loro errori e forzature non hanno retto alle verifiche che i comitati, Sos Geotermia in primis, hanno negli anni puntigliosamente svelato.
Ma un risultato certo è stato ottenuto: le centrali geotermiche non hanno sospeso neanche per un giorno la loro attività: era forse questo lo scopo da raggiungere?
I dubbi, più che legittimi, vengono quando Ars e Arpat, il 24 novembre scorso a Firenze ed oggi in “tour” sull’Amiata, hanno l’ardire di raccontare che hanno in progetto un nuovo studio sulla salute e quindi si possono cancellare con un colpo di spugna tutte le ricerche del passato.
Se, come affermano, fosse ancora necessario dopo sette anni approfondire gli studi perchè c’è un dubbio sulla correlazione tra centrali e salute, allora si dovrebbe, coerentemente e in base al “principio di precauzione” ormai pacificamente accettato, chiedere l’immediata moratoria di ogni attività geotermica in essere e di progetto, in attesa di altri e più precisi riscontri.
Ma, al solito, non è questo lo scopo di ulteriori studi: loro continueranno a indagare a spese nostre, mentre le centrali continueranno a fumare sempre a spese nostre, in bolletta e in medicine.
Il tutto voltando semplicemente pagina e ricominciando da zero, dimenticando il passato (chi ha avuto, ha avuto e chi ha dato, ha dato) e gli almeno otto gravi errori che da sempre denunciamo e che riportiamo qui sotto.


GLI 8 ERRORI ARS-ARPAT SULLA GEOTERMIA IN AMIATA 

Per poter riferire al Consiglio regionale in merito alla sostenibilità sanitaria ed ambientale delle centrali geotermoelettriche flash in Amiata, abbiamo chiesto la nomina di una Commissione scientifica, composta da ricercatori e personalità di sicura competenza ed esperienza, con la presenza paritetica di membri indicati dai Comitati locali.
Tale richiesta è giustificata dai seguenti errori compiuti da Ars/Arpat:

1– nel 2010, sullo studio epidemiologico del CNR, affermano l’esistenza di un quadro sanitario «rassicurante» registrato nelle aree geotermiche, dott. Cipriani in “Studio in Sintesi” pag.25; –> visualizza e/o scarica errore 1 in pdf

2 – nel 2010, criticati, affermano che il +13% di mortalità registrato in Amiata dipende dagli «stili di vita», Comunicato Stampa martedì 28 dicembre 2010; –> visualizza e/o scarica errore 2 in pdf

3 – nel 2012 in sede di Valutazione Impatto Ambientale per Bagnore 4:
1) non riportano i dati sanitari fuori norma, i quali non avrebbero consentito l’autorizzazione alla emissione di altri inquinanti, anche se a norma, come testimonia l’opposizione dell’arch. Zita, subito rimosso dal suo incarico; –> visualizza e/o scarica errore 3.1 e 3.2 in pdf
2) non è più richiesta la valutazione cumulativa degli inquinanti, già segnalata come necessaria, sia da USL che ARPAT, ma poi dagli stessi dimenticata;
3) accreditano la tesi che le ricadute degli inquinanti sono solo in aree disabitate; –> visualizza e/o scarica errore 3.3 e 3.4 in pdf
4) non segnalano l’avvenuta manipolazione del parere sanitario, riportato dalla Regione nell’atto conclusivo;

4– nel 2013 affermano che la normativa sulla VIA non consentirebbe di avere uno studio di impatto sulla salute ( registrazione dott.ssa Nuvolone del17 giugno 2013 al Comune di S.Fiora); –> visualizza e/o scarica errore 4 in pdf

5 – nel 2013 le USL ottengono finanziamenti dalla Regione per studiare gli effetti di bacco, tabacco e venere nella popolazione dell’Amiata…; –> visualizza e/o scarica errore 5 in pdf

6 – dal 2014 affermano che le cause dell’eccesso di mortalità non possono essere di origine ambientale, perché si registra solo negli uomini (argomento ripreso dagli amministratori, nel video che segue l’ex assessora regionale Bramerini), quando una risposta diversa in funzione del sesso è documentata in moltissimi studi sull’inquinamento ambientale; –> visualizza e/o scarica errore 6 in pdf

7 -negli ultimi anni l’Arpat smentisce i dati esistenti e attestanti l’aumento di concentrazione di Arsenico nelle sorgenti dell’Amiata. In precedenza ha prodotto uno studio che ha consentito la deroga ai limiti di legge per l’Arsenico nell’acqua potabile, ipotizzando una concentrazione naturale anomala, calcolata anche sui campioni di acqua prelevata a valle di discariche minerarie, già inquinate da attività minerarie e già inserite nei Piani ufficiali di bonifica; –> visualizza e/o scarica errore 7 in pdf

8 – nel 2011 le emissioni geotermiche di Ammoniaca in Amiata non vengono considerate nella produzione toscana di particolato Pm 10 – Progetto Patos1. L’errore viene corretto nel 2015. –> visualizza e/o scarica errore 8 in pdf


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Dall’Amiata alla Valle del Tevere seguendo la via del mercurio

In occasione del convegno che si è recentemente tenuto a Abbadia San Salvatore dal titolo “Dall’Amiata alla valle del Tevere: ancora geotermia industriale o un altro sviluppo è possibile?”, promosso dalle associazioni SOS Geotermia e Rete Nazionale NOGESI, ampio spazio è stato riservato al tema “Geotermia, mercurio e inquinanti”, tema illustrato e approfondito dalle relazioni di Roberto Barocci (Geotermia elettrica: rischi per la salute pubblica e le acque), Andrea Borgia (Amiata: Geotermia – un velenoso cocktail di inquinanti) e dal sindaco di Orvieto Giuseppe Germani (Mercurio: un problema emergente dell’Italia centrale).

Un grave allarme sulla situazione di inquinamento da mercurio era stato lanciato lo scorso anno, quando nel giugno 2016 furono resi noti i dati dell’attività di ricerca (raccolti dal 2009) del dipartimento di scienza della terra dell’università di Firenze e presentati dal professor Pilario Costagliola, docente di mineralogia, nell’ambito dell’incontro pubblico, organizzato dagli Amici della Terra, dal titolo “La strada del mercurio”, svoltosi a Roma, presso i locali del Senato. Nel loro report Gli Amici della Terra parlano di “60 tonnellate di mercurio nei sedimenti fluviali del fiume Paglia, 11 kg di mercurio che ogni anno arrivano al Mar Tirreno, concentrazioni elevate di mercurio nei campioni di muscoli dei pesci d’acqua dolce. Oltre il 90% del mercurio ritrovato nei pesci è nella forma metilata, la più pericolosa per la salute umana. Una grande percentuale dei campioni di muscolo di pesce supera le linee guida U.S. EPA 2009 (United States Environment Protection Agency) per il metil-mercurio ai fini della sicurezza per il consumo umano”.

L’origine di un tale disastro veniva attribuito tout court a “più di un secolo di estrazione e lavorazione dei minerali di mercurio nel Monte Amiata, uno dei più grandi giacimenti di mercurio di tutto il mondo”. Successivamente però gli Amici della Terra avevano ammesso che certamente, tra le cause dell’inquinamento da mercurio, andava annoverata la “già nota” produzione geotermica. Ora a riprovarci sono l’ARPA Umbria sostenendo che “dai primi riscontri in letteratura” ben poca cosa è il contributo della geotermia amiatina e comunque il suo contributo “va gestito in altro contesto ambientale (è (solo) una questione prettamente toscana)”. No, non è una questione solamente toscana –sostiene la portavoce della Rete Nazionale NOGESI Solange Manfredi– ma una questione dei territori attraversati dal fiume Paglia ed inquinati da mercurio, dunque un problema che riguarda tutte e tre le tre regioni Toscana, Umbria e Lazio!

Le miniere di mercurio dell’Amiata sono peraltro dismesse da quarant’anni e in massima parte bonificate, mentre le centrali geotermoelettriche di Enel Green Power, rilasciano continuamente in atmosfera un vero e proprio cocktail di inquinanti, tra i quali il mercurio occupa senza dubbio un posto d’onore, rappresentando il 42,5% delle emissioni di mercurio provenienti dall’intero comparto industriale italiano (Studio Basosi e Bravi, 2014), nonostante gli abbattitori di questo inquinante (AMIS).

“È possibile fare un calcolo approssimativo del mercurio emesso –questa quantità è sottostimata in quanto non vengono considerate le emissioni durante i fuori servizio degli impianti– in base ai dati disponibili”, osserva il geologo Andrea Borgia, attento studioso della geotermia amiatina. “Secondo i dati Enel nel 1996 –continua il prof. Borgia– le emissioni di mercurio erano pari a 2611 kg/anno. Nella DGR Regione Toscana, la n. 344, si ricava che le centrali di Piancastagnaio emettono mercurio nella quantità di 1969 kg/anno nel 2000; 749 kg/anno nel 2003; 914 kg/anno nel 2005; 740 kg/anno nel 2007; 248 kg/anno nel 2013. Il totale emesso negli anni 1969-1999 è di 37,894 tonnellate, a cui si aggiungono le emissioni dal 2000 al 2016, per un totale di 52,559 tonnellate. Questa quantità di Mercurio immessa nell’ambiente è esorbitante”.

“Concludendo, la quantità di mercurio emessa dalle centrali geotermiche di Piancastagnaio è di poco inferiore alla quantità di mercurio contenuta attualmente nel Paglia (considerate le approssimazioni fatte si dovrebbe dire che è circa uguale)”, afferma Borgia, il quale aggiunge: “La quantità di Mercurio che arriva al Mar Tirreno è 22 volte meno di quella che viene emessa attualmente dalle centrali geotermiche di Piancastagnaio e che ricade nel bacino del Paglia. Quindi si dovrebbe concludere, che non c’è bisogno di tirare in ballo le vecchie miniere di Mercurio dismesse ormai da quasi 40 anni ed in buona parte bonificate, ma che con tutta probabilità la maggior parte del mercurio accumulato nel Paglia, o che passa attraverso il Paglia per arrivare al Mar Tirreno, proviene dalle centrali geotermiche di Piancastagnaio”.


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AVVIATA L’INDAGINE SULLA PRESENZA DI MERCURIO NEL PAGLIA/TEVERE, MA SI RISCHIA DI PARTIRE CON IL PIEDE SBAGLIATO

Lo scorso 9 gennaio ad Orvieto si è svolto l’incontro di informazione pubblica in merito al piano di indagine conoscitiva sullo stato di contaminazione da mercurio nei fiumi Paglia e Tevere.

Nonostante che il sindaco di Orvieto Germani e l’assessora all’ambiente della regione Umbria Cecchini avessero stigmatizzato correttamente la necessità di “capire il fenomeno per trovare le soluzioni idonee” (Germani) e “prima di approntare interventi di bonifica occorre capire lo stato delle cose” (Cecchini), le strutture tecniche, sorprendentemente, hanno deciso di concentrare la loro attenzione, ed i loro rilievi ed esami, sull’inquinamento causato dalle ex-miniere di mercurio dell’Amiata, ormai dismesse da 40 anni e, per di più, parzialmente bonificate! (vedi allegato) trascurando, quasi completamente, l’inquinamento prodotto dalle centrali geotermoelettriche.

Riteniamo che questa modalità di procedere comporti il rischio di spendere soldi senza avere un quadro completo delle fonti di inquinamento, con il probabile risultato di porre in essere azioni che non portino a risolvere il problema dell’inquinamento da mercurio, divenuto ormai uno dei problemi ambientali più evidenti in questa martoriata Centro- Italia.

Sì, è vero, qualcuno (Marchetti della ARPA Umbria e Fagotti dell’ARPA Toscana) ha ammesso, nell’intervento del 9 gennaio, che vi sono anche “fonti potenziali di origine antropica” ma, nel piano di indagine predisposto, non vi sono precisi e specifici esami intorno alle centrali geotermiche dell’Enel Green Power, che danno un contributo rilevante e continuo all’inquinamento e che rappresentano “un rubinetto sempre aperto” di mercurio ed altri tossici.

Eppure questo dato compare – oltre che in studi dell’Università di Pisa del 2008 e nello studio Basosi-Bravi del 2014 (che indica come il mercurio emesso dalle centrali geotermoelettriche dell’Amiata è pari nientedimeno che al 42,5 % delle emissioni di mercurio provenienti da tutto il comparto industriale italiano!) – nei documenti ufficiali della Regione Toscana (Delibera Regionale n.344 del 22.03.2010) e nella rivista “Epidemiology and Prevention” che riporta lo studio CNR/ARS (Agenzia Regionale di Sanità della Regione Toscana) del 2010 e che sotto si riporta (le centrali geotermiche sono responsabili di diversi inquinanti, oltre al mercurio, come ammoniaca, arsenico, CO2, ecc.)

Clicca per leggere la tabella

“Le emissioni ufficiali di mercurio da parte della geotermia nella zona amiatina sono – come si vede sopra – stimate in 760 kg/anno nel 2007, ma sono state ben 2.083 kg/anno fino al 2000.
Come è noto le 34 centrali geotermiche toscane sono dislocate in numero di 30 nell’area geotermica nord (Larderello-Radicondoli-Chiusdino) per complessivi 794 Megawatt installati, ed in numero di 5 nell’area geotermica sud Amiata, compresa la nuova centrale Bagnore 4, per complessivi 120 MW installati. Quindi, a (quasi) parità di emissioni complessive di mercurio (733 kg/anno area nord, 760 kg/anno area sud), il MW installato in Amiata è molto più inquinante in mercurio di quello installato nell’area nord. Il contrario avviene per l’arsenico. I dati sopra riportati sono precedenti all’entrata in funzione (2015) della nuova centrale Bagnore 4 in Amiata, quindi vanno ora corretti al rialzo” (Fonte:” Nocività del mercurio, sua diffusione in Toscana, nei fiumi ed in mare”, Medicina Democratica-Coordinamento toscano, 3.07.2016).

Oltre a ciò, va considerato il mercurio proveniente dai depositi dei bacini della subsidenza indotta dallo sfruttamento geotermico in Amiata (possibile responsabile per altro del collasso di due ponti della Cassia sul Paglia), come ha evidenziato il prof. Andrea Borgia nel convegno del 12.07.2016 ad Orvieto.

Me c’è di più. Anche il bacino del Fiora va inserito nel Piano di indagine, perché nel bacino del Fiora insistono le due centrali geotermiche di Bagnore 3 e 4 per metà della produzione elettrica dell’Amiata (60 MW). Del resto, anche lo stesso Fagotti sostiene che “le principali miniere di mercurio del comprensorio dell’Amiata insistono prevalentemente nel fiume Paglia e nel bacino del Fiora” e lo stesso Pelillo, dell’Autorità del bacino del fiume Tevere, ricorda la necessità di “allargare-nel prosieguo di questo importante lavoro- l’indagine al Fiora”.

Quindi, se vogliamo veramente partire con il piede giusto, è necessario comprendere nel piano di indagine anche le centrali geotermiche di ENEL Green Power, che non può rimanere convitato di pietra: perché ha le sue corresponsabilità nel produrre inquinamento da mercurio, e perché …la bonifica si può fare, ma si deve anche fermare l’inquinamento – non ha alcun senso, infatti, bonificare se poi si continua ad inquinare!

Chiediamo pertanto ai sindaci ed alle istituzioni regionali, nonché ai loro organi tecnici, che il piano di indagine contempli anche tale ipotesi di lavoro. Per evitare che si spendano soldi pubblici e non si risolvano i problemi. Non sarebbe la prima volta nel nostro Paese.

E anche di questo si parlerà nel previsto convegno della Rete NOGESI /SOS Geotermia del 4 febbraio p.v. ad Abbadia San Salvatore, perché fermare l’inquinamento si può, e si deve. E lo si può fare agevolmente… fermando la produzione geotermoelettrica dell’Amiata! (120 MW di potenza installata). Proposta non incredibile in un momento in cui l’ENEL presenta un piano di dismissione di centrali elettriche di ben 25.000 MW (circa 1/5 della potenza installata in Italia), stante la riduzione ormai endemica dei consumi nel Paese e lo sviluppo delle fonti alternative. Sarà forse ostacolo che la energia geotermia è finanziata con incentivi che utenti ed imprese pagano sulla bolletta elettrica?


Situazione odierna della bonifica delle ex miniere di mercurio dell’Amiata

1.Miniera ex Siele (la seconda miniera più importante del comprensorio amiatino con centinaia di addetti sita tra le località Saragiolo e Castell’Azzara). Bonifica già completata e certificata.

2.Miniera Morone (piccola miniera sita nel comune di Castell’Azzara vino alla loc. Selvena). Bonifica già completata e certificata.

3.Miniera di Abbadia S.S. (la più importante con circa 1200 minatori)
Nel 2008 fu stipulato un accordo, dopo lunga trattativa fra l’ENI (titolare della miniera) e il Comune di Abbadia S.S. che prevedeva l’incarico e la responsabilità della bonifica allo stesso comune con compenso da parte dell’ENI di 18.000.000 di euro più proprietà (boschi e terreni, laghetti, edifici ex officine e strutture di supporto).
Da allora il responsabile della bonifica è il comune di Abbadia S. Salvatore.
Situazione ad oggi:
– Lotto 1 (bonifica eternit) già eseguita.
-Lotto 2 (pozzo Garibaldi e uffici) appalto dei lavori eseguito. Sono in corso i lavori di completamento del progetto appaltato. Conclusione a mesi.
– Lotto 3 (ex officine edifici ex spogliatoi) appaltati i lavori. Sono in corso i lavori di completamento del progetto appaltato. Conclusione a mesi.
– Lotto 4 (scarico dei rosticci dopo trattamento nei forni) in località Le Lame vicino alla miniera: lotto da appaltare perché lasciato per ultimo perché ritenuto non prioritario. Il progetto consisterà in una copertura della discarica (circa 1 metro di terreno di riporto) e naturalizzazione dei versanti. Comunque le acque che attualmente cadono sullo strato superiore dei rosticci non rappresentano un pericolo di inquinamento della faglia e delle acque di scolo perché trattasi di rosticci trattati a oltre 1000° C che possono ancora contenere una minima quantità di cinabro.
– Lotto 5 (ex polveriere e uffici e strutture di supporto) lavori completati;
– Lotto 6 (ex forni) la parte più centrale ed inquinata. E’ stato completato il progetto esecutivo. A breve si terrà la conferenza dei servizi che dovrà esprimersi su tale progetto. Si pensa di appaltare (se i tempi burocratici verranno rispettati) i lavori entro il 2017. Il completamento degli stessi lavori di bonifica si prevedono per fine 2018 – primi 2019. Questo progetto importante prevede infatti un finanziamento consistente di circa 8.000.000 di euro. Soldi già disponibili nelle casse del comune.

Importante è poi il fatto che finalmente è stato sbloccato il “patto di stabilità” sulla bonifica mineraria che aveva fino ad oggi bloccato la possibilità di appaltare gli interventi del Lotto 6.
-Laghetto Muraglione (dove confluivano in gran parte le acque di scolo dei forni). I fanghi depositatasi nel corso degli anni sono certamente un problema da affrontare. Le acque analizzate sono comunque non inquinate da mercurio. È previsto un intervento per creare un bypass per tali canali naturali di scolo affinché non confluiscano più totalmente nel laghetto. Progetto di bypass che si prevede verrà finanziato a breve dalla Regione per circa 1.700.000 euro. Le acque che attualmente escono dal laghetto non presentano una situazione di inquinamento preoccupante.

È presente dal 2008 il monitoraggio delle acque in tutta l’area ex miniera di Abbadia, con più di 30 piezometri dislocati in tutta l’area del Lotto 6 (ancora da bonificare) ed esternamente a tutta l’area di bonifica. I dati fino ad oggi rilevati sull’inquinamento delle acque non risultano particolarmente preoccupanti.
Altro intervento completato circa 2 anni fa è stato quello per la realizzazione di 2 canali di scolo delle acque della montagna con bypass dell’area mineraria, evitando così che le stesse confluissero nella ex area mineraria e in particolare nell’area ancora da bonificare (Lotto 6).


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4 febbraio 2017. DALL’AMIATA ALLA VALLE DEL TEVERE: ANCORA GEOTERMIA INDUSTRIALE O UN ALTRO SVILUPPO E’ POSSIBILE?

ABBADIA SAN SALVATORE (SIENA)
SABATO 4 FEBBRAIO 2017, ORE 14,30- 19,30
CINEMA TEATRO AMIATA
scarica la locandina

In memoria del Prof.Roberto Minervini

Sabato 4 febbraio 2017 ore 14,30-19,30 a Abbadia San Salvatore (Siena) presso il cinema teatro Amiata si terrà un convegno sul tema “Dall’Amiata alla Valle del Tevere: ancora geotermia industriale o un altro sviluppo è possibile?”, organizzato dalla Rete Nazionale NOGESI e SOS Geotermia. Il convegno è dedicato alla memoria del Prof. Roberto Minervini, animatore appassionato della rete NOGESI, recentemente scomparso.

Sarà una giornata di analisi e approfondimento delle tematiche della geotermia nel Monte Amiata, delle centrali flash geotermoelettriche dell’Enel presenti nel territorio (cinque centrali per una potenza installata di 120 MW), con emissioni in atmosfera di inquinanti, con effetti sulla salute dei cittadini, sull’ambiente, sulla sismicità, sul bacino idrico dell’Amiata (il più importante del Centro Italia), sui fiumi Paglia e Tevere, oggetto di inquinamento da mercurio sul territorio dei comuni dell’Alto Lazio e dell’Umbria.

Il Monte Amiata è al centro di un ecosistema a rischio, la cui salvaguardia e valorizzazione riguarda ben tre regioni: Toscana, Lazio e Umbria. Per questo il convegno vedrà la presenza di professori esperti in materia e di amministratori, non solo locali, ma anche di Lazio e Umbria. La presenza politica sarà dei consiglieri, membri della commissione ambiente del consiglio regionale della Toscana, perché esprimano le loro posizioni e gli impegni verso il consiglio regionale, il presidente e la giunta toscana.

Una parte importante del convegno sarà dedicata alla “proposta” che un cambiamento è possibile e che si può e si deve fare una diversa politica energetica del territorio in alternativa a quella attuale inquinante e speculativa, che si basi sul risparmio energetico, sulla efficienza e fonti realmente rinnovabili e compatibili con la salvaguardia dell’ambiente. Un piano energetico costruito con la partecipazione e la gestione dei cittadini, nel quadro delle effettive necessità energetiche in una situazione nazionale contrassegnata dalla riduzione dei consumi elettrici che non legittima, in questo momento, costruzione di nuove centrali elettriche.

E che si può e si deve puntare a un altro sviluppo economico, sostenibile, alternativo al “polo geotermico” che la regione Toscana vuol fare dell’Amiata, che si basi sul grande patrimonio ambientale, storico e culturale e sulla valorizzazione delle risorse del territorio (bio-agricoltura di montagna, artigianato locale, natura, etc.), che devono essere alla base delle scelte e dei programma del governo dei nostri amministratori locali e della stessa regione Toscana. Una giornata di “riflessione collettiva” sulle scelte che riguardano il futuro dell’Amiata e del Centro Italia.

Si invitano alla partecipazione, i cittadini, i comitati, i movimenti, gli amministratori, i partiti politici, le associazioni e organizzazioni di categoria, la stampa e le TV locali, regionali e nazionali.

PROGRAMMA (scarica la locandina in pdf alta qualità)

Ore 14:30 ACCREDITO PARTECIPANTI

Ore 15:00 APERTURA LAVORI
Presidenza: Vittorio Fagioli, Rete NOGESI
Saluto del Sindaco di Abbadia S. Salvatore (Siena): Dr. Fabrizio Tondi
Introduzione: Velio Arezzini, SOS Geotermia

Ore 15:15 GEOTERMIA, MERCURIO, INQUINANTI
Prof. Roberto Barocci, Geotermia Elettrica: rischi per la salute pubblica e le acque
Prof. Andrea Borgia, geologo, Univ. Milano, Amiata: Un velenoso cocktail di inquinanti
Giuseppe Germani, sindaco di Orvieto (Terni), Mercurio: un problema emergente dell’Italia Centrale
Dott.ssa Solange Manfredi, giurista, portavoce Rete NOGESI, Strasburgo chiama Amiata
Ing. Giorgio Santuci, presidente EGS, Nuove tecnologie geotermiche: BHE (Borehole Heat Exchangers)

Ore 16:30 LA POLITICA
Sono stati invitati: Stefano Baccelli, presidente Commissione Ambiente Consiglio Regionale Toscana. (PD)
Giacomo Giannarelli, vice presidente Commissione Ambiente Consiglio Regionale Toscana. (M5S)
Tommaso Fattori, membro Commissione Ambiente Consiglio Regionale Toscana. (SI)
Manuel Vescovi membro del Consiglio Regionale Toscana (Lega Nord)

Ore 17:15 IL CAMBIAMENTO È POSSIBILE: PROPOSTE PER UN ALTRO SVILUPPO
Dr. Andrea Strozzi, ideatore del “Low Living & High Thinking”, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, L’insufficienza dell’efficienza
Claudio Galletti, Sindaco di Castiglione d’Orcia (Siena), Parco della Val d’Orcia e Amiata: i territori protagonisti
Bassetti Andrea, imprenditore, Presidente del Biodistretto della Val d’Orcia
Antonio Pacini, L’Orto Botanico del M. Amiata e la sua Biodiversità
Fabio Menchetti, agronomo, L’olivo sospeso – il museo dell’olio di Seggiano
Angelo Ghinassi, Sindaco di Acquapendente (Viterbo), I comuni dell’Alto Lazio per un NO alla geotermia e uno sviluppo sostenibile del territorio

Ore 18:30 DIBATTITO
Ore 19:00 Prof.ssa Cinzia Mammolotti, Il manifesto dell’Amiata: idee e proposte per lo sviluppo durevole del territorio / Il Parco Nazionale del M. Amiata


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Avviata l’indagine sulla presenza di mercurio nel Paglia e Tevere, gli esiti dell’incontro

da OrvietoNews.it del 9 gennaio 2017

Si è tenuto lunedì 9 gennaio in Comune, come annunciato, l’incontro di informazione pubblica sulla prima fase del Piano d’indagine nelle aste fluviali dei fiume Paglia e Tevere per la verifica dello stato di contaminazione da mercurio a conclusione dell’indagine conoscitiva sullo stato di contaminazione da mercurio, coordinata dall’Autorità di Bacino del Tevere con il coinvolgimento delle strutture tecniche delle Regioni Toscana, Umbria e Lazio e delle rispettiva ARPA e la partecipazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Infatti, a seguito della richiesta di attivazione della normativa sul danno ambientale, ai sensi dell’art. 309 del D.Lgs. n. 152/06 rivolta dalla Regione Umbria al Ministero dell’Ambiente, e attraverso il coordinamento dell’Autorità di bacino del Tevere, le Regioni Toscana, Umbria e Lazio hanno incaricato le rispettive Agenzie di protezione ambientale (ARPA) di elaborare un piano di indagine integrato per la verifica dello stato di contaminazione da mercurio al fine di progettare le specifiche attività del monitoraggio previsto dalla Direttiva 2000/60/CE integrate con valutazioni ambientali e sanitarie su suolo, sedimenti e alimenti che investono l’intera piano alluvionale del paglia e la porzione del Tevere a valle della confluenza fino alla traversa di Nazzano.

I lavori, coordinati da Giorgio Cesari – Autorità di bacino del fiume Tevere, sono stati aperti dai saluti del Sindaco di Orvieto, Giuseppe Germani e dall’Assessore regionale Fernanda Cecchini, assenti giustificati da altri impegni istituzionali nelle rispettive regioni, gli Assessori Regionali Federica Fratoni (Toscana) e Mauro Buschini (Lazio) e il rappresentante del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Francesco Gigliani.

Di seguito ampia sintesi degli interventi a cura dell’Ufficio Stampa del Comune di Orvieto:

 “In questi mesi – ha detto il Sindaco, Giuseppe Germani nel ringraziare i partecipanti – si è lavorato ad un problema che emerge da tempo e rispetto al quale cerchiamo tutti di capire il fenomeno per trovare le soluzioni più idonee. Desidero aprire questa giornata ricordando il Prof. Roberto Minervini che sui temi dell’ambiente si è speso molto e che è scomparso in questi giorni. Oggi cercheremo di entrare su un tema in cui spesso si è parlato a sproposito. Tre regioni che si mettono insieme per affrontarlo è un primo elemento della metodologia che intendiamo portare avanti. Insieme, le tre ARPA stanno portando avanti una grande indagine per fornirci gli elementi scientifici necessari ad affrontare il problema. In questa zona abbiamo investito molto sull’ambiente la cui salvaguardia ci interessa particolarmente. Oggi dovremo capire anche dove andare a reperire le risorse e quali prerogative sviluppare, ma anche il percorso su cui lavorare per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. L’Amministrazione Comunale di Orvieto è a disposizione con tutto quello che può fare possiamo, anche nel contesto del programma del ‘Contratto di Fiume’ che può essere di grande aiuto all’obiettivo di questa azione congiunta”.

Gli obiettivi sono anche quelli della Regione Umbria – ha affermato l’Assessore All’Ambiente, Fernanda Cecchini – ma prima di approntare interventi di bonifica occorre capire lo stato delle cose. Siamo una regione che ha tra le sue punte di diamante la qualità dell’ambiente, quindi per noi portare avanti una politica volta a monitorare ed intervenire è straordinariamente importante. Questo lavoro coincide con il piano di aggiornamento della qualità delle acque che comprende un lavoro corposo ed una situazione che vede la maggioranza dei nostri corsi d’acqua attestarsi su caratteristiche positive. L’attività estrattiva sull’Amiata durata per circa 120 anni se da un lato ha sostenuto le stagioni di progresso, a distanza di 40 anni dalla chiusura dell’ultima miniera ad Abbadia San Salvatore, sta procurando preoccupazioni per il livello di sedimenti di mercurio. Rispetto alle preoccupazioni e ai dati reali del territorio è giusto fare sintesi su questo fenomeno e dare informazioni certificate alla comunità perché ci sia la consapevolezza di come stanno le cose. Regioni, ARPA ed Autorità di Bacino hanno il compito di studiare e mettere a disposizione i risultati. Abbiamo fatto quello che le Istituzioni possono fare per mettere al lavoro quanti ne hanno competenza. I primi risultati ci sono e vanno confrontati con altri elementi. Per fare questo occorre l’individuazione delle risorse necessarie”.

Diego Zurli (Regione Umbria) ha posto in evidenza il metodo di lavoro che dovrebbe essere replicato per tutti i vari aspetti riguardanti i fiume Paglia, ovvero: “ci sono più soggetti riuniti per affrontare un sistema complesso che richiede approfondimenti e valutazioni da condividere con altri territori. Sarebbe importante istituire un primo tavolo di lavoro per affrontare in un’ottica più ampia un tema che ha un valore su scala non solo locale ma nazionale. Penso al tema del rischio idraulico, al trasporto dei sedimenti, al tema delle dighe”. Sollecitazione subito accolta dal rappresentante dell’Autorità di bacino del fiume Tevere, Giorgio Cesari.

Sempre in rappresentanza dell’Autorità di bacino, Remo Pelillo ha ricordato che “siamo in una fase di passaggio tra Bacino e Distretto Idrografico dell’Appennino Centrale. Nel prosieguo di questo importante lavoro di studio, l’indagine dovrà essere allargata al Fiora. Grazie al rapporto di collaborazione e progettazione condivisa tra le varie ARPA e le Regioni si porrà l’accento dalle concentrazioni ai carichi inquinanti che, in qualche modo, vengono inseriti o naturalmente o attraverso le attività umane. La questione dei carichi è essenziale poiché la Commissione Europea su questo aspetto non fa sconti. Questo studio è il primo di una serie di valutazioni. Il valore medio è un valore atteso che non è detto che arrivi. La varianza dei fenomeni naturali insieme al valore medio dà la misura della complessità del sistema. Il piano di indagine consentirà di vedere le misure da attuare già nel 2017. L’inventario delle emissioni degli scarichi è l’altro tema che lo studio dovrà affrontare per controllare le fonti di inquinamento. C’è poi la necessità di allineare il catasto dei prelievi idrici. Come Autorità di Bacino saremo impegnati nel raccordo del lavoro delle tre regioni”.

I passaggi operativi della prima indagine documentale realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze per verificare l’origine e l’entità della presenza di Mercurio, sono stati riassunti dall’Ing. Sandro Posati della Regione Umbria il quale ha ricordato che lo scorso agosto, il Comune di Orvieto ha costituito il gruppo tecnico operativo composto da vari rappresentanti delle Istituzioni con compiti di condivisione, monitoraggio ed informazione al territorio sulle attività tecniche conoscitive messe in atto da varie Amministrazioni  inerenti sia le matrici ambientali che gli eventuali impatti sulla salute pubblica, nonché sulle possibili  ipotesi di intervento per la mitigazione del rischio. In seguito, Arpa Umbria ha sensibilizzato l’Autorità di bacino del Tevere che la stessa ha posto all’ordine del giorno del comitato tecnico alla presenza delle Regioni e del Ministero dell’Ambiente. Le Regioni hanno dato mandato alle Agenzie di protezione ambientale di Toscana, Umbria e Lazio di predisporre un programma di attività condiviso, al fine di esaminare nelle matrici ambientali, e in prima battuta in alcune matrici alimentari, la presenza del mercurio lungo il corso del Fiume Paglia e del Fiume Tevere. Altro tema trattato nel programma di indagine è quello relativo all’uso di tecniche sperimentali per la mitigazione e riduzione della presenza di tale inquinante nelle sue forme più dannose per la salute umana. La Regione Umbria si è impegnata a collaborare e contribuire con 50 mila Euro per annualità 2017 alle varie fasi dello studio.

Degli obiettivi del monitoraggio vero e proprio, da svilupparsi anche per successive fasi di affinamento in relazione ai risultati intermedi conseguiti, ha parlato Giancarlo Marchetti di ARPA Umbria.

Il Piano di Indagine

Il monitoraggio dovrà: verificare lo stato di contaminazione da mercurio nei diversi ambiti territoriali e nei principali elementi-bersaglio; ricostruire la dinamica del fenomeno; identificare i potenziali interventi conseguenti ai risultati del piano.

Le possibili Azioni conseguenti ai risultati sono rappresentate da: misure provvisorie e contingibili a tutela della salute umana, compresa l’eventuale rimodulazione di quelle già messe in atto in forma autonoma; identificare le più corrette procedure amministrative d’azione anche ai fini del reperimento delle necessarie risorse economiche; azioni strutturali (qualora necessario) da mettere in campo al fine di riportare le concentrazioni di sostanze inquinanti presenti nel suolo, sottosuolo ed acque sotterranee e superficiali entro soglie tali da non comportare rischio sanitario e garantire l’assenza di esportazione di contaminazione.

Come emerge dalla letteratura scientifica, le origini della presenza del Mercurio nel fiume Paglia risulta principalmente attribuibile alle attività estrattive presenti nell’area sud del Monte Amiata ed ora terminate. Il distretto minerario del monte Amiata ha rappresentato il quarto sito estrattivo al mondo con una produzione di circa 102.000 tonnellate di Mercurio dal 1860 al 1980. Il fiume Paglia ha un ruolo chiave nel trasporto del Mercurio in quanto drena buon parte dell’area mineraria. Il fiume Tevere, in virtù del contributo proveniente dal Paglia, può essere potenzialmente considerato uno dei maggiori contribuenti alla presenza di Mercurio nel mare Tirreno. Studi scientifici evidenziano che ad oltre 30 anni dalla chiusura del polo minerario, continuano ad essere presenti sull’ambiente effetti di diffusione, anche a distanza lungo il reticolo idrografico, di Mercurio.

Il Piano di indagine integrato condiviso tra Ambito di Bacino Tevere, le tre Regioni e le tre Arpa è finalizzato a progettare le specifiche attività del monitoraggio previsto dall’art. 8 della Direttiva n. 2000/60/CE integrate con valutazioni ambientali e sanitarie su suolo, sedimenti e alimenti che investono l’intera piana alluvionale del Paglia e la porzione del Tevere a valle della confluenza fino alla traversa di Nazzano.

L’area di indagine è suddivisa in 5 unità, ritenute significativamente omogenee al loro interno.
– Primo tratto: dalle origini sino allo sbocco nella pianura alluvionale di Monterubiaglio Allerona; (caratterizzato da un regime fluviale di carattere tipicamente torrentizio con poco materiale sedimentato). Sarà posta attenzione agli apporti degli affluenti laterali del Paglia provenienti dalle sorgenti primarie di contaminazione ubicate intorno al Monte Amiata.

– Secondo tratto: da Monterubiaglio – Allerona sino ad Alviano, caratterizzato da depositi e terrazzamenti alluvionali con un’estensione longitudinale al Paglia fino ad un paio di chilometri.

– Terzo tratto: ingresso alla zona umida di Alviano ed uscita Alviano, per verificare la presenza del mercurio nei sedimenti e eventuali dinamiche di accumulo.

– Quarto tratto: dal Tevere dopo Alviano sino alla confluenza con il Fiume Nera ad Orte, caratterizzato da uno scorrimento del fiume a tratti meandriforme in depositi alluvionali consistenti e di buona larghezza.

– Quinto tratto: da Orte, confluenza del Fiume Nera sino all’invaso di Nazzano.

Quanto alle Azioni previste all’interno di ciascuna delle unità saranno i definiti i profili geomorfologici, trasversali al tratto fluviale, con la ricostruzione dei terrazzi e delle aree interessate da alluvioni recenti; sui profili più significativi saranno definiti dei transetti dove eseguire campionamenti nelle varie unità geomorfologiche delle varie matrici ambientali e alimentari quali: Analisi di sedimenti fluviali e di terrazzo; Analisi di acque di pozzo e di fiume; Analisi di ortaggi, frutta; Analisi di Hg in aria e flussi dal suolo; Analisi nei pesci; Attività di phytoscreening.

Costituiscono attività preliminari il: Censimento delle miniere con presenza di cinabro e forni di arrostimento; il Censimento delle gallerie minerarie di drenaggio; la Verifica dello stato amministrativo delle bonifiche; la Valutazione (su tutto il bacino) della presenza di fonti potenziali di origine antropica e la Valutazione di fonti naturali di mercurio e dei livelli dei valori di fondo naturali.

Dal momento che le principali miniere di mercurio del comprensorio dell’Amiata insistono prevalentemente nel fiume Paglia e nel bacino del Fiora, oltre all’attività di monitoraggio e censimento delle miniere e delle gallerie minerarie di drenaggio, e sulla presenza di fonti antropiche – ha poi evidenziato Cesare Fagotti di ARPA Toscana – la Regione Toscana si concentrerà soprattutto nel vedere se c’è ancora un trasporto di mercurio. Il costo complessivo della ricerca è di 253.600 mila euro non ancora tutto finanziato ma in parte sì. Anche Regione Toscana ha deliberato risorse”.

La recente normativa europea – ha precisato Angiolo Martinelli di ARPA Lazio – ha introdotto per alcune sostanze, tra cui il mercurio, non solo la valutazione attraverso l’acqua ma attraverso tessuti organici (pesci), sarà questa pertanto una indicazione che verrà integrata nel Piano. Si arriverà a prendere in considerazione fenomeni di accumulo e trasferimento, ricostruendo il transito del trasporto di mercurio e in quale forma attraverso stazioni di campionamento. Già nel 2017 si potranno verificare le condizioni di maggiore/minore criticità. Uno studio deve darsi un obiettivo, una tempistica e delle risorse. Questo è il lavoro centrale che dovrà essere integrato da altre conoscenze inerenti il corridoio fluviale. Al fine di verificare tutte le possibili fonti di emissione di mercurio, si sono una serie di strumenti come ad esempio i piani regionali di inquinamento dell’aria. Il quadro delle conoscenze va costruito. Il CNR/Istituto Inquinamento Atmosferico sta procedendo all’aggiornamento dell’inventario delle emissioni che sarà utile per riportare a scala locale le valutazioni che emergono”.

Nel portare i saluti dell’Assessore regionale all’Ambiente della Regione Lazio, il rappresentante della Direzione Regionale Ambiente e Sistemi Naturali, Vito Consoli ha ringraziato l’Autorità di Bacino del Tevere per l’opportunità che è stata data di lavorare unendo tre regioni. “Dal punto di vista ambientale – ha sottolineato – le cose vanno affrontate solo in maniera integrata. Quello di oggi quindi è un incontro molto opportuno che spiega come ci muoveremo. Una metodologia da seguire nel tempo per informare la gente su come si sta andando avanti in quanto trasparenza significa anche questo, e non parlare soltanto alla fine di un percorso. Quello su cui stiamo lavorando è un piano di indagine serio. Come Regione Lazio lo approveremo prossimamente. Le risorse sono già postate nel bilancio precisando che si tratta delle risorse necessarie a partire. Allo studio dovrà seguire un piano di intervento che dovrà essere altrettanto serio ed anche molto prudente perché si tratta di un problema complesso che richiede un processo di comunicazione e trasparenza”.

La fase del dibattito, prevista a conclusione dell’incontro informativo, è stata arricchita dai contributi di:

Francesco Biondi (geologo) che ha detto di aspettarsi un maggiore coinvolgimento delle Associazioni. “Colpisce – ha aggiunto – la pochezza dei soldi che vengono elargiti dalle Regioni: 50 mila euro sono briciole. Le regioni, se comprendono veramente il problema, devono investire di più. il mio è un appello in questa direzione dimostrando di voler portare avanti un impegno serio”.

Le azioni coordinate dal basso hanno prodotto dei risultati – ha detto Endro Martini coordinamento tecnico del “Contratto di fiume Paglia” affidato ad Alta Scuola – dato che il tema è interregionale è in calendario l’idea di chiedere un comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino affinché da questa istituzione venga un cofinanziamento del progetto. Sarebbe auspicabile che anche nel lavoro del contratto di fiume articolato su quattro tavoli tematici, proseguisse il modo di lavorare insieme. Infatti all’interno del Contratto di Fiume potrebbero essere affrontate altre tematiche pari a quella del mercurio. Da ultimo sarebbe interessante sensibilizzare le tre regioni per una indagine parallela da farsi da parte delle USL sulle patologie mercurio collegate”.

L’Autorità di Bacino è presente nei contratti di fiume – ha precisato Giorgio Cesari – il comitato istituzionali è stato richiesto da questa Autorità al Ministero Ambiente. La questione partecipativa è prevista mentre la direttiva sul monitoraggio prevede il raccordo con il Ministero della Sanità. Stiamo parlando di un piano di indagine che è stato avviato. Abbiamo previsto di individuare altri momenti di partecipazione pubblica insieme con le altre regioni”.

Esiste il problema storico e quello del completamento della bonifica dell’area mineraria dell’Amiata su cui tutte le tre regioni devono insistere – ha sostenuto Velio Arezzini rappresentante del Comitato cittadini di Abbadia San Salvatore – abbiamo chiesto che le bonifiche fossero gestir dai Comuni piuttosto che di Eni, perché è possibile riappropriarsi di pezzi del territorio bonificato. Oggi i responsabili della bonifica sono gli Enti Locali ma le risorse sono insufficienti. Fino ad oggi, nella zona dell’Amiata, sono stati spesi circa 7 mln e resta fuori il lotto dei forni i cui lavori dovrebbero iniziare nel 2018. Parlare ancora di inquinamento del Paglia dovuto alla miniera è una cosa ormai in via di superamento, si parla invece molto poco di geotermia che noi al contrario riteniamo sia un fenomeno non trascurabile e molto più inquinante”.

La corretta metodologia di indagine da estendere in un fascia molto più ampia dell’attuale alveo attivo del fiume non può prescindere dall’analisi storica” ha dichiarato Corrado Cencetti del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia.

Riconosco l’impegno del Sindaco che, da noi sollecitato, ha promosso questo incontro – ha dichiarato Lucia Vergaglia, Capogruppo M5S al Comune di Orvieto – vorrei sapere se questo studio approfondirà anche l’incidenza sul nostro territorio di alcune patologie riconducibili a determinate sostanze (patologie del sistema neurovegetativo, autismo), ciò al fine delle prevenzione”. Alla domanda ha risposto Giancarlo Marchetti che ha riferito “Il Ministero della salute ha introdotto nel Piano Nazionale della Prevenzione per la prima volta il tema ambiente e salute; anche la regione ha approvato il Piano regionale istituendo un Osservatorio Ambiente e Salute e in quell’ambito andranno confrontati i dati (evidenze di carattere sanitario e evidenze di carattere ambientale per eventuali approfondimenti epidemiologici)”.

La “raccomandazione affinché i risultati dello studio siano rapidi per fugare ogni ansia fra i cittadini” è giunta da Valentino Maggi rappresentante dei pescatori sportivi del bacino del Paglia.

A conclusione dei lavori, il Sindaco, Giuseppe Germani ha detto: “fino a qualche tempo fa nemmeno sapevamo con chi iniziare ad interloquire, oggi invece possiamo dire di essere finalmente partiti con uno studio scientifico che riguarda un territorio ampio del Centro Italia, effettuato da tre Regioni. Nella Regione Umbria, nelle altre regioni e nelle ARPA abbiamo trovato le interlocuzioni necessarie. Sulla geotermia mi limito a ricordare che dai Comuni dell’Orvietano è giunto un NO chiaro. Dovremo impegnarci ancora per far sì che la pratica della condivisione fra le Istituzioni diventi una metodologia di lavoro ricorrente”.


da TELEORVIETOWEB DUE del 9 gennaio 2017


da OrvietoSì.it del 10 gennaio 2017

Verifica dello stato di contaminazione da mercurio nelle aste fluviali dei fiumi Paglia e Tevere

di Valentino Saccà

ORVIETO – Quello del mercurio nel Paglia è un problema annoso, delicato e complesso che riguarda le tre regioni Umbria, Lazio e Toscana, che ha bisogno di essere analizzato dalla radice e su cui informare la cittadinanza in modo trasparente.
Ieri mattina, come annunciato,
presso il comune di Orvieto è stato presentato un incontro informativo sui lavori riguardanti il Piano di Indagine sul mercurio nel Paglia.
Giorgio Cesari  dell’Autorità di Bacino, ha aperto ricordando che si tratta di un incontro informativo e che il Piano comprende congiuntamente le regioni Lazio Umbria e Toscana le tre rispettive ARPA e l’Autorità di bacino. E per affrontare e risolvere tale problema bisogna prima dare un quadro chiaro della situazione.
Ha fatto poi il suo intervento il sindaco
Giuseppe Germani, durante il quale ha brevemente ricordato la recente scomparsa del professor Minervini, che si è speso molto sul fronte ambientale.


In questi mesi si è andati avanti con questo lavoro congiunto, cercheremo di entrare nel dato reale di questo problema. Se vogliamo puntare a una politica di sviluppo bisogna comprendere alla radice problemi di tale portata. Insieme, le tre ARPA stanno portando avanti una grande indagine per fornirci gli elementi scientifici necessari ad affrontare il problema.
In questa zona – ha aggiuto Germani – abbiamo investito molto sull’ambiente la cui salvaguardia ci interessa particolarmente. Oggi dovremo capire anche dove andare a reperire le risorse e quali prerogative sviluppare, ma anche il percorso per raggiungere gli obiettivi. su cui lavorare che ci siamo prefissati. L’Amministrazione Comunale di Orvieto è a disposizione con tutto quello che può fare possiamo, anche nel contesto del programma del ‘Contratto di Fiume’ che può essere di grande aiuto all’obiettivo di questa azione congiunta”. L’intervento dell’assessore regionale Fernanda Cecchini ha ribadito come l’attività estrattiva sull’Amiata durata per circa 120 anni se da un lato ha sostenuto le stagioni di progresso, a distanza di 40 anni dalla chiusura dell’ultima miniera ad Abbadia San Salvatore, sta procurando preoccupazioni per il livello di sedimenti di mercurio.
L’Umbria – ha spiegato Cecchini è la regione che tra le punte di diamante vanta il paesaggio e l’ambiente e bisogna quindi portare avanti una politica dove il monitoraggio precede l’intervento. E’ un lavoro corposo quello è tra di aggiornamento del piano delle acque e ora comprende anche un’analisi biologica delle stesse. Misura e accortezza da adottare a riguardo è tra gli obbiettivi che ci siamo preposti”.
Diego Zurli, direzione regionale Governo del territorio e Paesaggio, ha posto l’accento sul metodo. “Importante è l’aspetto metodologico che andrebbe replicato come modello anche per altri temi di analoga importanza e io suggerirei ad esempio quello del rischio idraulico“. Poi è intervenuto l’ingegnere Remo Pelillo, Autorità di Bacino del fiume Tevere. “Uno degli aspetti positivi del Piano di indagine è che con questa collaborazione tra enti si passerà dalla valutazione della concentrazione alla valutazione dei carichi, ovvero bisognerà iniziare a prendere in considerazione il problema sulla cognizione dei carichi all’interno del Piano di Indagine, con tutte le complessità che il mercurio comporta”.
Giancarlo Marchetti di ARPA Umbria ha analizzato gli aspetti tecnici del problema. “Bisogna marcare la differenza tra intervento di bonifica e danno ambientale e se esitono le condizioni per intervenire. Il problema del mercurio pare sia iniziato inprevalenza in Toscana dalle miniere del monte Amiata. Da li i detriti sono arrivati al fiume Paglia, poi al Tevere fino al mar Tirreno. Da oltre trent’anni le miniere sono chiuse ma i detriti continuano a venire trasportati.
Bisogna utilizzare 5 unità su cui mappare i tratti interessati da analizzare morfologicamente:
-Tratto del Paglia -Tratto del Monterubiaglio -Tratto di Alviano -Tratto da Alviano a Orte -Tratto da Orte al Tevere. Verranno poi eseguite analisi su alimenti , ortaggi e frutta, per il rischio di irrigazioni con acque contaminate e possibili analisi dell’aria“.

Cesare Fagotti di ARPA Toscana si è occupato di analisi del monitoraggio. “Il lavoro della Toscana si concentrerà sul reticolato minore per vedere se è ancora attivo un trasporto di mercurio o se c’è solo uno spostamento di detriti”. Prima degli interventi del pubblico e della fine dei lavori, Vito Consoli , Direzione Regionale Ambiente e Sistemi Naturali, ha tirato le fila della mattinata. “Il valore di metodo come è già stato detto è preponderante, problemi ambientali si affrontano in maniera congiunta o non si affrontano per nulla. Quello di oggi è stato un incontro realizzato non alla fine ma durante lo svolgimento dei
lavori, proprio per il suo valore di trasparenza informazione. Per un tema complesso come quello del mercurio nel Paglia sono impossibili interventi da bacchetta magica, ma interventi seri e prudenti che possano limitare il problema e portare fino allo zero l’inquinamento”.

Il Piano di Indagine

Il monitoraggio dovrà: verificare lo stato di contaminazione da  mercurio nei diversi ambiti territoriali e nei principali elementi-bersaglio; ricostruire la dinamica del fenomeno; identificare i potenziali interventi conseguenti ai risultati del piano.

Le possibili Azioni conseguenti ai risultati sono rappresentate da: misure provvisorie e contingibili a tutela della salute umana, compresa l’eventuale rimodulazione di quelle già messe in atto in forma autonoma; identificare le più corrette procedure amministrative d’azione anche ai fini del reperimento delle necessarie risorse economiche; azioni strutturali (qualora necessario) da mettere in campo al fine di riportare le concentrazioni di sostanze inquinanti presenti nel suolo, sottosuolo ed acque sotterranee e superficiali entro soglie tali da non comportare rischio sanitario e garantire l’assenza di esportazione di contaminazione.

Come emerge dalla letteratura scientifica, le origini della presenza del Mercurio nel fiume Paglia risulta principalmente attribuibile alle attività estrattive presenti nell’area sud del Monte Amiata ed ora terminate. Il distretto minerario del monte Amiata ha rappresentato il quarto sito estrattivo al mondo con una produzione di circa 102.000 tonnellate di Mercurio dal 1860 al 1980. Il fiume Paglia ha un ruolo chiave nel trasporto del Mercurio in quanto drena buon parte dell’area mineraria. Il fiume Tevere,  in virtù del contributo proveniente dal Paglia, può essere potenzialmente considerato uno dei maggiori contribuenti alla presenza di Mercurio nel mare Tirreno. Studi scientifici evidenziano che  ad oltre 30 anni dalla chiusura del polo minerario, continuano ad essere presenti sull’ambiente effetti di diffusione, anche a distanza lungo il reticolo idrografico, di Mercurio.

Il Piano di indagine integrato condiviso tra Ambito di Bacino Tevere, le tre Regioni e le tre Arpa è finalizzato a progettare le specifiche attività del monitoraggio previsto dall’art. 8 della Direttiva n. 2000/60/CE integrate con valutazioni ambientali e sanitarie su suolo, sedimenti e alimenti che investono l’intera piana alluvionale del Paglia e la porzione del Tevere a valle della confluenza fino alla traversa di Nazzano.

L’area di indagine è suddivisa in 5 unità, ritenute significativamente omogenee al loro interno. 

Primo tratto: dalle origini sino allo sbocco nella pianura alluvionale di Monterubiaglio Allerona; (caratterizzato da un regime fluviale di carattere tipicamente torrentizio con poco materiale sedimentato). Sarà posta attenzione agli apporti degli affluenti laterali del Paglia provenienti dalle sorgenti primarie di contaminazione ubicate intorno al Monte Amiata.

Secondo tratto: da Monterubiaglio – Allerona sino ad Alviano, caratterizzato da depositi e terrazzamenti alluvionali con un’estensione longitudinale al Paglia fino ad un paio di chilometri.

Terzo tratto: ingresso alla zona umida di Alviano ed uscita Alviano, per verificare la presenza del mercurio nei sedimenti e eventuali dinamiche di accumulo.

Quarto Tratto: dal Tevere dopo Alviano sino alla confluenza con il Fiume Nera ad Orte, caratterizzato da uno scorrimento del fiume a tratti meandriforme in depositi alluvionali consistenti e di buona larghezza.

Quinto Tratto: da Orte, confluenza del Fiume Nera sino all’invaso di Nazzano.

Quanto alle Azioni previste all’interno di ciascuna delle unità saranno i definiti i profili geomorfologici, trasversali al tratto fluviale, con la ricostruzione dei terrazzi e delle aree interessate da alluvioni recenti; sui profili più significativi saranno definiti dei transetti dove eseguire campionamenti nelle varie unità geomorfologiche delle varie matrici ambientali e alimentari quali: Analisi di sedimenti fluviali e di terrazzo; Analisi di acque di pozzo e di fiume; Analisi di ortaggi, frutta; Analisi di Hg in aria e flussi dal suolo; Analisi nei pesci; Attività di phytoscreening.

Costituiscono attività preliminari il: Censimento delle miniere con presenza di cinabro e forni di arrostimento; il Censimento delle gallerie minerarie di drenaggio; la Verifica dello stato amministrativo delle bonifiche; la Valutazione (su tutto il bacino) della presenza di fonti potenziali di origine antropica e la Valutazione di fonti naturali di mercurio e dei livelli dei valori di fondo naturali.


da COMUNE DI ORVIETO (qui il link diretto)

Verifica dello stato di contaminazione da mercurio nelle aste fluviali dei fiumi Paglia e Tevere

Presentato ad Orvieto il Piano di indagine condotta dalle Regioni Umbria, Toscana e Lazio e le rispettive ARPA con il coordinamento dell’Autorità di Bacino del Tevere. Il piano di monitoraggio integrato partirà quest’anno

COMUNICATO STAMPA n. 012/17 G.M. del 09.01.17 
Avviata l’indagine sulla presenza di Mercurio nel Paglia e Tevere 
• Il Piano di indagine è condotto dalle Regioni Umbria, Toscana e Lazio con le rispettive ARPA ed è coordinato dall’Autorità di Bacino del Tevere  
• Gli esiti dell’incontro di informazione pubblica svoltosi oggi ad Orvieto 
(ON/AF) – ORVIETO – Si è svolto questa mattina in Comune l’annunciato incontro di informazione pubblica sulla prima fase del Piano d’indagine nelle aste fluviali del Fiume Paglia e Fiume Tevere per la verifica dello stato di contaminazione da mercurio a conclusione dell’indagine conoscitiva sullo stato di contaminazione da Mercurio dei fiumi Paglia e Tevere coordinata dall’Autorità di Bacino del Tevere con il coinvolgimento delle strutture tecniche delle Regioni Toscana, Umbria e Lazio e delle rispettiva ARPA e la partecipazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Infatti, a seguito della richiesta di attivazione della normativa sul danno ambientale, ai sensi dell’art. 309 del D.Lgs. n. 152/06 rivolta dalla Regione Umbria al Ministero dell’Ambiente, e attraverso il coordinamento dell’Autorità di bacino del Tevere, le Regioni Toscana, Umbria e Lazio hanno incaricato le rispettive Agenzie di protezione ambientale (ARPA) di elaborare un piano di indagine integrato per la verifica dello stato di contaminazione da mercurio al fine di progettare le specifiche attività del monitoraggio previsto dalla Direttiva 2000/60/CE integrate con valutazioni ambientali e sanitarie su suolo, sedimenti e alimenti che investono l’intera piano alluvionale del paglia e la porzione del Tevere a valle della confluenza fino alla traversa di Nazzano. 
I lavori, coordinati da Giorgio Cesari – Autorità di bacino del fiume Tevere, sono stati aperti dai saluti del Sindaco di Orvieto, Giuseppe Germani e dall’Assessore regionale Fernanda Cecchini, assenti giustificati da altri impegni istituzionali nelle rispettive regioni, gli Assessori Regionali Federica Fratoni (Toscana) e Mauro Buschini (Lazio) e il rappresentante del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Francesco Gigliani. 
“In questi mesi – ha detto il Sindaco, Giuseppe Germani nel ringraziare i partecipanti – si è lavorato ad un problema che emerge da tempo e rispetto al quale cerchiamo tutti di capire il fenomeno per trovare le soluzioni più idonee. Desidero aprire questa giornata ricordando il Prof. Roberto Minervini che sui temi dell’ambiente si è speso molto e che è scomparso in questi giorni. Oggi cercheremo di entrare su un tema in cui spesso si è parlato a sproposito. Tre regioni che si mettono insieme per affrontarlo è un primo elemento della metodologia che intendiamo portare avanti. Insieme, le tre ARPA stanno portando avanti una grande indagine per fornirci gli elementi scientifici necessari ad affrontare il problema. In questa zona abbiamo investito molto sull’ambiente la cui salvaguardia ci interessa particolarmente. Oggi dovremo capire anche dove andare a reperire le risorse e quali prerogative sviluppare, ma anche il percorso su cui lavorare per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. L’Amministrazione Comunale di Orvieto è a disposizione con tutto quello che può fare possiamo, anche nel contesto del programma del ‘Contratto di Fiume’ che può essere di grande aiuto all’obiettivo di questa azione congiunta”.
“Gli obiettivi sono anche quelli della Regione Umbria – ha affermato l’Assessore All’Ambiente, Fernanda Cecchinima prima di approntare interventi di bonifica occorre capire lo stato delle cose. Siamo una regione che ha tra le sue punte di diamante la qualità dell’ambiente, quindi per noi portare avanti una politica volta a monitorare ed intervenire è straordinariamente importante. Questo lavoro coincide con il piano di aggiornamento della qualità delle acque che comprende un lavoro corposo ed una situazione che vede la maggioranza dei nostri corsi d’acqua attestarsi su caratteristiche positive. L’attività estrattiva sull’Amiata durata per circa 120 anni se da un lato ha sostenuto le stagioni di progresso, a distanza di 40 anni dalla chiusura dell’ultima miniera ad Abbadia San Salvatore, sta procurando preoccupazioni per il livello di sedimenti di mercurio. Rispetto alle preoccupazioni e ai dati reali del territorio è giusto fare sintesi su questo fenomeno e dare informazioni certificate alla comunità perché ci sia la consapevolezza di come stanno le cose. Regioni, ARPA ed Autorità di Bacino hanno il compito di studiare e mettere a disposizione i risultati. Abbiamo fatto quello che le Istituzioni possono fare per mettere al lavoro quanti ne hanno competenza. I primi risultati ci sono e vanno confrontati con altri elementi. Per fare questo occorre l’individuazione delle risorse necessarie”.
Diego Zurli (Regione Umbria) ha posto in evidenza il metodo di lavoro che dovrebbe essere replicato per tutti i vari aspetti riguardanti i fiume Paglia, ovvero: “ci sono più soggetti riuniti per affrontare un sistema complesso che richiede approfondimenti e valutazioni da condividere con altri territori. Sarebbe importante istituire un primo tavolo di lavoro per affrontare in un’ottica più ampia un tema che ha un valore su scala non solo locale ma nazionale. Penso al tema del rischio idraulico, al trasporto dei sedimenti, al tema delle dighe”. Sollecitazione subito accolta dal rappresentante dell’Autorità di bacino del fiume Tevere, Giorgio Cesari. 
Sempre in rappresentanza dell’Autorità di bacino, Remo Pelillo ha ricordato che “siamo in una fase di passaggio tra Bacino e Distretto Idrografico dell’Appennino Centrale. Nel prosieguo di questo importante lavoro di studio, l’indagine dovrà essere allargata al Fiora. Grazie al rapporto di collaborazione e progettazione condivisa tra le varie ARPA e le Regioni si porrà l’accento dalle concentrazioni ai carichi inquinanti che, in qualche modo, vengono inseriti o naturalmente o attraverso le attività umane. La questione dei carichi è essenziale poiché la Commissione Europea su questo aspetto non fa sconti. Questo studio è il primo di una serie di valutazioni. Il valore medio è un valore atteso che non è detto che arrivi. La varianza dei fenomeni naturali insieme al valore medio dà la misura della complessità del sistema. Il piano di indagine consentirà di vedere le misure da attuare già nel 2017. L’inventario delle emissioni degli scarichi è l’altro tema che lo studio dovrà affrontare per controllare le fonti di inquinamento. C’è poi la necessità di allineare il catasto dei prelievi idrici. Come Autorità di Bacino saremo impegnati nel raccordo del lavoro delle tre regioni”.
 
I passaggi operativi della prima indagine documentale realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze per verificare l’origine e l’entità della presenza di Mercurio, sono stati riassunti dall’Ing. Sandro Posati della Regione Umbria il quale ha ricordato che lo scorso agosto, il Comune di Orvieto ha costituito il gruppo tecnico operativo composto da vari rappresentanti delle Istituzioni con compiti di condivisione, monitoraggio ed informazione al territorio sulle attività tecniche conoscitive messe in atto da varie Amministrazioni  inerenti sia le matrici ambientali che gli eventuali impatti sulla salute pubblica, nonché sulle possibili  ipotesi di intervento per la mitigazione del rischio. In seguito, Arpa Umbria ha sensibilizzato l’Autorità di bacino del Tevere che la stessa ha posto all’ordine del giorno del comitato tecnico alla presenza delle Regioni e del Ministero dell’Ambiente. Le Regioni hanno dato mandato alle Agenzie di protezione ambientale di Toscana, Umbria e Lazio di predisporre un programma di attività condiviso, al fine di esaminare nelle matrici ambientali, e in prima battuta in alcune matrici alimentari, la presenza del mercurio lungo il corso del Fiume Paglia e del Fiume Tevere. Altro tema trattato nel programma di indagine è quello relativo all’uso di tecniche sperimentali per la mitigazione e riduzione della presenza di tale inquinante nelle sue forme più dannose per la salute umana. La Regione Umbria si è impegnata a collaborare e contribuire con 50 mila Euro per annualità 2017 alle varie fasi dello studio. 
Degli obiettivi del monitoraggio vero e proprio, da svilupparsi anche per successive fasi di affinamento in relazione ai risultati intermedi conseguiti, ha parlato Giancarlo Marchetti di ARPA Umbria. 
Il Piano di Indagine
Il monitoraggio dovrà: verificare lo stato di contaminazione da  mercurio nei diversi ambiti territoriali e nei principali elementi-bersaglio; ricostruire la dinamica del fenomeno; identificare i potenziali interventi conseguenti ai risultati del piano.
Le possibili Azioni conseguenti ai risultati sono rappresentate da: misure provvisorie e contingibili a tutela della salute umana, compresa l’eventuale rimodulazione di quelle già messe in atto in forma autonoma; identificare le più corrette procedure amministrative d’azione anche ai fini del reperimento delle necessarie risorse economiche; azioni strutturali (qualora necessario) da mettere in campo al fine di riportare le concentrazioni di sostanze inquinanti presenti nel suolo, sottosuolo ed acque sotterranee e superficiali entro soglie tali da non comportare rischio sanitario e garantire l’assenza di esportazione di contaminazione. 
Come emerge dalla letteratura scientifica, le origini della presenza del Mercurio nel fiume Paglia risulta principalmente attribuibile alle attività estrattive presenti nell’area sud del Monte Amiata ed ora terminate. Il distretto minerario del monte Amiata ha rappresentato il quarto sito estrattivo al mondo con una produzione di circa 102.000 tonnellate di Mercurio dal 1860 al 1980. Il fiume Paglia ha un ruolo chiave nel trasporto del Mercurio in quanto drena buon parte dell’area mineraria. Il fiume Tevere,  in virtù del contributo proveniente dal Paglia, può essere potenzialmente considerato uno dei maggiori contribuenti alla presenza di Mercurio nel mare Tirreno. Studi scientifici evidenziano che  ad oltre 30 anni dalla chiusura del polo minerario, continuano ad essere presenti sull’ambiente effetti di diffusione, anche a distanza lungo il reticolo idrografico, di Mercurio. 
Il Piano di indagine integrato condiviso tra Ambito di Bacino Tevere, le tre Regioni e le tre Arpa è finalizzato a progettare le specifiche attività del monitoraggio previsto dall’art. 8 della Direttiva n. 2000/60/CE integrate con valutazioni ambientali e sanitarie su suolo, sedimenti e alimenti che investono l’intera piana alluvionale del Paglia e la porzione del Tevere a valle della confluenza fino alla traversa di Nazzano.
L’area di indagine è suddivisa in 5 unità, ritenute significativamente omogenee al loro interno. 
Primo tratto: dalle origini sino allo sbocco nella pianura alluvionale di Monterubiaglio Allerona; (caratterizzato da un regime fluviale di carattere tipicamente torrentizio con poco materiale sedimentato). Sarà posta attenzione agli apporti degli affluenti laterali del Paglia provenienti dalle sorgenti primarie di contaminazione ubicate intorno al Monte Amiata.
Secondo tratto: da Monterubiaglio – Allerona sino ad Alviano, caratterizzato da depositi e terrazzamenti alluvionali con un’estensione longitudinale al Paglia fino ad un paio di chilometri.
Terzo tratto: ingresso alla zona umida di Alviano ed uscita Alviano, per verificare la presenza del mercurio nei sedimenti e eventuali dinamiche di accumulo.
Quarto Tratto: dal Tevere dopo Alviano sino alla confluenza con il Fiume Nera ad Orte, caratterizzato da uno scorrimento del fiume a tratti meandriforme in depositi alluvionali consistenti e di buona larghezza.
Quinto Tratto: da Orte, confluenza del Fiume Nera sino all’invaso di Nazzano.
Quanto alle Azioni previste all’interno di ciascuna delle unità saranno i definiti i profili geomorfologici, trasversali al tratto fluviale, con la ricostruzione dei terrazzi e delle aree interessate da alluvioni recenti; sui profili più significativi saranno definiti dei transetti dove eseguire campionamenti nelle varie unità geomorfologiche delle varie matrici ambientali e alimentari quali: Analisi di sedimenti fluviali e di terrazzo; Analisi di acque di pozzo e di fiume; Analisi di ortaggi, frutta; Analisi di Hg in aria e flussi dal suolo; Analisi nei pesci; Attività di phytoscreening.
Costituiscono attività preliminari il: Censimento delle miniere con presenza di cinabro e forni di arrostimento; il Censimento delle gallerie minerarie di drenaggio; la Verifica dello stato amministrativo delle bonifiche; la Valutazione (su tutto il bacino) della presenza di fonti potenziali di origine antropica e la Valutazione di fonti naturali di mercurio e dei livelli dei valori di fondo naturali. 
 “Dal momento che le principali miniere di mercurio del comprensorio dell’Amiata insistono prevalentemente nel fiume Paglia e nel bacino del Fiora, oltre all’attività di monitoraggio e censimento delle miniere e delle gallerie minerarie di drenaggio, e sulla presenza di fonti antropiche – ha poi evidenziato Cesare Fagotti di ARPA Toscana – la Regione Toscana si concentrerà soprattutto nel vedere se c’è ancora un trasporto di mercurio. Il costo complessivo della ricerca è di 253.600 mila euro non ancora tutto finanziato ma in parte sì. Anche Regione Toscana ha deliberato risorse”.
“La recente normativa europea – ha precisato Angiolo Martinelli di ARPA Lazio – ha introdotto per alcune sostanze, tra cui il mercurio, non solo la valutazione attraverso l’acqua ma attraverso tessuti organici (pesci), sarà questa pertanto una indicazione che verrà integrata nel Piano. Si arriverà a prendere in considerazione fenomeni di accumulo e trasferimento, ricostruendo il transito del trasporto di mercurio e in quale forma attraverso stazioni di campionamento. Già nel 2017 si potranno verificare le condizioni di maggiore/minore criticità. Uno studio deve darsi un obiettivo, una tempistica e delle risorse. Questo è il lavoro centrale che dovrà essere integrato da altre conoscenze inerenti il corridoio fluviale. Al fine di verificare tutte le possibili fonti di emissione di mercurio, si sono una serie di strumenti come ad esempio i piani regionali di inquinamento dell’aria. Il quadro delle conoscenze va costruito. Il CNR/Istituto Inquinamento Atmosferico sta procedendo all’aggiornamento dell’inventario delle emissioni che sarà utile per riportare a scala locale le valutazioni che emergono”.
Nel portare i saluti dell’Assessore regionale all’Ambiente della Regione Lazio, il rappresentante della Direzione Regionale Ambiente e Sistemi Naturali, Vito Consoli ha ringraziato l’Autorità di Bacino del Tevere per l’opportunità che è stata data di lavorare unendo tre regioni. “Dal punto di vista ambientale – ha sottolineato – le cose vanno affrontate solo in maniera integrata. Quello di oggi quindi è un incontro molto opportuno che spiega come ci muoveremo. Una metodologia da seguire nel tempo per informare la gente su come si sta andando avanti  in quanto trasparenza significa anche questo, e non parlare soltanto alla fine di un percorso. Quello su cui stiamo lavorando è un piano di indagine serio. Come Regione Lazio lo approveremo prossimamente. Le risorse sono già postate nel bilancio precisando che si tratta delle risorse necessarie a partire. Allo studio dovrà seguire un piano di intervento che dovrà essere altrettanto serio ed anche molto prudente perché si tratta di un problema complesso che richiede un processo di comunicazione e trasparenza”. 
 
La fase del dibattito, prevista a conclusione dell’incontro informativo, è stata arricchita dai contributi di:
Francesco Biondi (geologo) che ha detto di aspettarsi un maggiore coinvolgimento delle Associazioni. “Colpisce – ha aggiunto – la pochezza dei soldi che vengono elargiti dalle Regioni: 50 mila euro sono briciole. Le regioni, se comprendono veramente il problema, devono investire di più. il mio è un appello in questa direzione dimostrando di voler portare avanti un impegno serio”.
 
“Le azioni coordinate dal basso hanno prodotto dei risultati – ha detto Endro Martini coordinamento tecnico del “Contratto di fiume Paglia” affidato ad Alta Scuola – dato che il tema è interregionale è in calendario l’idea di chiedere un comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino affinché da questa istituzione venga un cofinanziamento del progetto. Sarebbe auspicabile che anche nel lavoro del contratto di fiume articolato su quattro tavoli tematici, proseguisse il modo di lavorare insieme. Infatti all’interno del Contratto di Fiume potrebbero essere affrontate altre tematiche pari a quella del mercurio. Da ultimo sarebbe interessante sensibilizzare le tre regioni per una indagine parallela da farsi da parte delle USL sulle patologie mercurio collegate”.
 
“L’Autorità di Bacino è presente nei contratti di fiume – ha precisato Giorgio Cesariil comitato istituzionale è stato richiesto da questa Autorità al Ministero Ambiente. La questione partecipativa è prevista mentre la direttiva sul monitoraggio prevede il raccordo con il Ministero della Sanità. Stiamo parlando di un piano di indagine che è stato avviato. Abbiamo previsto di individuare altri momenti di partecipazione pubblica insieme con le altre regioni”.
 
“Esiste il problema storico e quello del completamento della bonifica dell’area mineraria dell’Amiata su cui tutte le tre regioni devono insistere – ha sostenuto Velio Arezzini rappresentante del Comitato cittadini di Abbadia San Salvatore – abbiamo chiesto che le bonifiche fossero gestir dai Comuni piuttosto che di Eni, perché è possibile riappropriarsi di pezzi del territorio bonificato. Oggi i responsabili della bonifica sono gli Enti Locali ma le risorse sono insufficienti. Fino ad oggi, nella zona dell’Amiata,  sono stati spesi circa 7 mln e resta fuori il lotto dei forni  i cui lavori dovrebbero iniziare nel 2018. Parlare ancora di inquinamento del Paglia dovuto alla miniera è una cosa ormai in via di superamento, si parla invece molto poco di geotermia che noi al contrario riteniamo sia un fenomeno non trascurabile e molto più inquinante”.
“La corretta metodologia di indagine da estendere in un fascia molto più ampia dell’attuale alveo attivo del fiume non può prescindere dall’analisi storica” ha dichiarato Corrado Cencetti del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia.
“Riconosco l’impegno del Sindaco che, da noi sollecitato, ha promosso questo incontro – ha dichiarato Lucia Vergaglia, Capogruppo M5S al Comune di Orvieto – vorrei sapere se questo studio approfondirà anche l’incidenza sul nostro territorio di alcune patologie riconducibili a determinate sostanze (patologie del sistema neurovegetativo, autismo), ciò al fine delle prevenzione”. Alla domanda ha risposto Giancarlo Marchetti che ha riferito “Il Ministero della salute ha introdotto nel Piano Nazionale della Prevenzione per la prima volta il tema ambiente e salute; anche la regione ha approvato il Piano regionale istituendo un Osservatorio Ambiente e Salute e in quell’ambito andranno confrontati i dati (evidenze di carattere sanitario e evidenze di carattere ambientale per eventuali approfondimenti epidemiologici)”. 
La “raccomandazione affinché i risultati dello studio siano rapidi per fugare ogni ansia fra i cittadini” è giunta da Valentino Maggirappresentante dei pescatori sportivi del bacino del Paglia.  
A conclusione dei lavori, il Sindaco, Giuseppe Germani ha detto: “fino a qualche tempo fa nemmeno sapevamo con chi iniziare ad interloquire, oggi invece possiamo dire di essere finalmente partiti con uno studio scientifico che riguarda un territorio ampio del Centro Italia, effettuato da da tre Regioni. Nella Regione Umbria, nelle altre regioni e nelle ARPA abbiamo trovato le interlocuzioni necessarie. Sulla geotermia mi limito a ricordare che dai Comuni dell’Orvietano è giunto un NO chiaro. Dovremo impegnarci ancora per far sì che la pratica della condivisione fra le Istituzioni diventi una metodologia di lavoro ricorrente”. 
 

SCARICA IL “Piano di indagine nelle aste fluviali del F. Paglia e F. Tevere per la verifica dello stato di contaminazione da mercurio”