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Geotermia, ma in che mani siamo?

Al di là delle pomposità della conferenza mondiale di Firenze, gli “addetti ai lavori” confermano le criticità e i rischi legati alle centrali geotermiche. Come da anni i Comitati denunciano!
Moratoria subito!

 

“Segui il denaro”. Mentre l’11 settembre a Firenze andava in scena la conferenza mondiale il cui scopo ultimo era quello di “battere cassa” chiedendo ai governi maggiori investimenti e “semplificazioni” per l’energia geotermica, dopo anni di contestazione da parte della Rete Nazionale NOGESI e dei molti Comitati locali (con il sostegno di scienziati preoccupati dell’impatto ambientale, sanitario e socio-economico dei territori, contro l’avventura della “geotermia elettrica” dell’Enel e delle nuove aziende sguinzagliate dalla “privatizzazione selvaggia” operata da Berlusconi-Scajola nel 2010), cominciano ad “aprirsi le prime crepe” di un fronte che, grazie ai lauti incentivi, fino ad oggi sembrava compatto, anche sul fronte delle tecnologie impiegate.

Ne sono esempio i due recentissimi articoli di “QualEnergia” del settembre 2017. La prima intervista, a firma Alessandro Codegoni del 21/9/2017 è illuminante, perché pone una domanda cardine sulla geotermia: “La geotermia è una risorsa energetica utile alla riduzione delle emissioni di gas serra?”, cioè la geotermia è capace di essere una risorsa energetica utile alla riduzione delle emissioni di gas che alterano il clima, che è poi la ragione per cui essa gode di incentivi statali proprio perché ritenuta sostenibile e rinnovabile?

Basosi, Università di Siena

Due tesi a confronto, quella del prof. Riccardo Basosi dell’Università di Siena e quella dell’ing. Massimo Montemaggi, responsabile geotermia Enel Green Power. “Questo aspetto –scrive il giornalista- è stato sollevato nel 2014 dal professor Riccardo Basosi, chimico-fisico dell’Università di Siena, in una ricerca pubblicata insieme al ricercatore indipendente Mirko Bravi sul Journal of Cleaner Production. Usando dati ufficiali, di fonte Arpa Toscana, Basosi ha mostrato come le quattro centrali dell’Amiata fra il 2001 e il 2009, abbiano emesso, per ogni MWh prodotto, una quantità di gas in grado di alterare il clima (in gran parte CO2), mediamente maggiore di quella di una centrale a metano, e in alcuni casi vicina a quella di una centrale a carbone. Precisa Basosi. «Ci siamo concentrati sull’Amiata proprio perché il problema delle emissioni di CO2 è lì particolarmente rilevante: basti considerare che quelle centrali producono l’11% dell’elettricità geotermica della Toscana, ma ben il 28% delle emissioni di CO2 da quella fonte».

Montemaggi di EGP

Non sorprendentemente l’ingegnere Massimo Montemaggi, responsabile geotermia Enel Green Power, non è affatto d’accordo con le conclusioni di Basosi”, ma è tuttavia costretto a dire [prima importante ammissione] “Che poi le centrali geotermiche italiane emettano molta CO2, è assolutamente inevitabile, visto che le rocce attraverso cui passano i fluidi geotermici sono per lo più carbonati, che, una volta dissolti nell’acqua, rilasciano biossido di carbonio”.

Ma -ribatte Basosi- “nell’area dell’Amiata, questa CO2 era pressoché bloccata nel sottosuolo e sarebbe stata rilasciata in tempi molto più lunghi, secoli o millenni, se non fosse stato per i pozzi geotermici che vanno a pescarla a migliaia di metri sottoterra”.

Ed in attesa che si decida -continua il giornalista- se oggi dell’Amiata, domani in altri luoghi simili, (la emissione di CO2) supera quella che si aveva prima della loro installazione, esse in effetti aggiungono gas serra in atmosfera, contribuiscono al cambiamento climatico e non dovrebbero godere degli incentivi per combatterlo”, la domanda che si pone il giornalista è: “Viene da chiedersi se allora non sarebbe comunque il caso di seguire quanto suggerisce Basosi e reiniettare nel sottosuolo tutti i gas che escono con i fluidi geotermici, così da evitare ogni inquinamento e ogni aggiunta di gas climalteranti all’atmosfera”. E la risposta di Montemaggi è lapidaria: «Guardi, si potesse fare, l’Enel lo avrebbe già fatto, anche solo per i ricchi incentivi previsti per queste tecnologie a “impatto zero” dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il punto è che tecnicamente non si può fare: questi gas sono troppo abbondanti nei fluidi geotermici italiani, se li reiniettassimo non solo troverebbero presto il modo di fuoriuscire da qualche parte, ma finirebbero per rovinare il giacimento geotermico, creando una “bolla” alla sua sommità, che ostacolerebbe l’estrazione dei fluidi».

Il giornalista lo incalza ricordando che in Germania sono stati realizzati impianti binari con la totale reiniezione dei gas incondensabili e Montemaggi dà la stoccata finale: «Sì, ma quello è un caso molto particolare di acqua quasi priva di gas disciolti: ripeto, nelle nostre aree geotermiche non è possibile trovare fluidi così privi di gas da consentire la loro reiniezione totale nel sottosuolo» e il giornalista “Sarà, ma 10 progetti per impianti di quel tipo sono stati presentati al MiSE, e molti di essi saranno realizzati proprio nelle aree geotermiche di Toscana, Umbria e Lazio”, Montemaggi chiude «Lo so, e sono molto curioso di vedere come faranno a realizzare una cosa che, per noi di Enel, che abbiamo decenni di esperienza geotermica alle spalle, è tecnicamente non sostenibile» (!).

Ce n’è abbastanza per mettere in un angolo la geotermia sia dal punto di vista delle tecnologie finora impiegate da Enel, che di quelle che vorrebbero impiegare in futuro (impianti binari) i “venditori di pentole”.

E qualche preoccupazione sul fatto che non sia tutto a posto deve circolare dentro l’Enel se è stato lanciato un Bando internazionale di EGP per “trovare” una tecnologia in grado di ridurre le emissioni di acido solfidrico e mercurio rispetto ai livelli attuali (quindi i tanto decantati abbattitori AMIS, come sostenuto da scienziati e dai comitati locali, non sono adeguati!).

La prima cosa che si nota è che il testo sul sito internazionale di EGP in inglese è diverso da quello italiano, forse perché è meglio non spiegare tutto agli italiani?
Infatti “in Patria” la necessità di ridurre gli inquinanti della geotermia “flash” è molto sfumato e si dice solamente che la nuova “challenge” (sfida), è rivolta ad abbattere i costi della soda (che è molto costosa) poiché i filtri AMIS permettono già “di ridurre praticamente a zero i gas naturali e i metalli associati al vapore geotermico, eliminando i disagi provocati dal caratteristico odore derivante dalle emissioni di acido solfidrico e favorendo l’integrazione degli impianti nel territorio” ed ancora: “Il sistema AMIS non è perfetto, ma quasi. Il sorbente chimico utilizzato per far reagire ed eliminare l’acido solfidrico è la soda (idrossido di sodio) che presenta diversi svantaggi, tra cui l’elevato costo”. Da qui la necessità della “challenge” ma ricordando, per non essere da meno, “che il team EGP è già al lavoro con un tavolo dedicato all’argomento, ma allo stesso tempo ha voluto estendere il quesito anche all’esterno attraverso Open Innovability, lo spazio di crowdsourcing di idee dedicato all’innovazione e alla sostenibilità”.

Diverso il tono usato dal sito internazionale di Enel Green Power. In dettaglio si dice che “uno dei maggiori problemi della energia geotermica è legato alle emissioni nell’atmosfera degli impianti di potenza, principalmente idrogeno solforato e mercurio. Il primo è caratterizzato da un odore appena supera la soglia di pochi ppb (parti per miliardo), molto al di sotto del valore di 100 ppb (come media nelle 24 ore) stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la protezione della salute della popolazione. Le concentrazioni di idrogeno solforato nell’ambiente, misurato da ENEL ed ARPAT è molto inferiore del valore di riferimento dell’OMS e quindi non ci sono problemi per la salute della popolazione. Tuttavia il cattivo odore di ”uova marce” è spesso percepito nelle aree geotermiche, dipendendo dalle condizioni atmosferiche, e rappresenta una seccatura (!). Come per il mercurio, l’emissione di questo elemento è molto basso, ma ci sono alcune preoccupazioni circa la possibile “crescita” a lungo andare e a significative distanze dagli impianti di potenza, dovuto alla mobilità di questo elemento.”

Ed ancora: “La “pulizia” delle emissioni ed in particolare la eliminazione dell’idrogeno solforato è un punto cruciale per la perfetta compatibilità tra lo sfruttamento della geotermia ed il prezioso uso del territorio, necessità fondamentale per ottenere il consenso delle comunità locali”. Consenso perduto, come preso atto dallo stesso ing. Montemaggi che ha dichiarato su Il Tirreno del 13/9 scorso: ”La sommossa di tanti territori contro lo sfruttamento dell’energia rinnovabile che arriva dal sottosuolo è dilagante”.

Terlizzese, MISE

Lo stesso giornalista aveva intervistato, l’8/9 scorso, il Direttore Generale per la sicurezza, anche ambientale, delle attività minerarie ed energetiche del Ministero dello Sviluppo Economico, ing. Franco Terlizzese sui destini della geotermia, che lamenta che “essendo l’Italia un paese densamente abitato, le resistenze delle popolazioni locali a questi impianti sono molto forti” e che “per esempio Ingv e Cnr stanno incontrando grossi problemi nel convincere i comuni dei Campi Flegrei a lasciargli perforare un pozzo profondo per indagini scientifiche, figuriamoci per la geotermia. E visto il recente terremoto ad Ischia direi che il momento non è dei migliori: alla paura dell’inquinamento atmosferico, si aggiungerebbe quella, infondata, che queste attività possano innescare sismi, bradisismi o persino eruzioni” (affermazioni ormai smentite da una lunga e corposa letteratura scientifica).

Ma -chiede il giornalista- “Avere un impianto pilota di “nuova geotermia” che dimostri che si può produrre elettricità dal sottosuolo senza emissioni, sarebbe stato fondamentale per sbloccare la situazione”, risponde Terlizzese: “Sicuramente, e forse avremmo potuto farne uno in passato, usando le risorse tecnico-scientifiche dei nostri enti di ricerca pubblici, ma sono fiducioso che si cominci la costruzione di almeno un impianto di questo tipo entro il prossimo anno. Non pensiamo però che i cicli binari siano la panacea: personalmente ho qualche dubbio sulla loro reale convenienza, ma certo bisognerà costruirne qualcuno ed effettuare più ricerca su questi sistemi per capirlo (cioè, non sappiamo bene la convenienza e gli effetti di questi impianti, quindi facciamoli e poi si vedrà, …allucinante!)

Finché intorno alle geotermia ruoteranno gli enormi interessi legati agli incentivi statali, nonostante le crepe mostrate, si continuerà imperterriti a sfruttare e devastare i territori.

Fermiamo immediatamente centrali e progetti e apriamo una riflessione seria sull’energia in Italia e se sia necessaria questa geotermia inquinante e speculativa.

L’8 ottobre 2017 ad Acquapendente (VT) vi invitiamo tutti per l’iniziativa nazionale
4° STATI GENERALI DELLA GEOTERMIA