Archivio mensile:Maggio 2019

Mentre si discute -inutilmente?- di ANI, blitz della Regione Toscana che autorizza la prima centrale geotermica binaria d’Italia. I sindaci pendolano…

Mentre in Regione Toscana è aperta la discussione sul Paer (Piano Ambientale ed Energetico Regionale) con l’audizione dei territori in merito alle ANI (Aree Non Idonee all’attività geotermoelettrica), il 23 aprile scorso la Giunta, con delibera n.567, ha autorizzato la costruzione della prima centrale in Italia a ciclo binario, il progetto Poggio Montone a cavallo tra i comuni di Piancastagnaio e Santa Fiora, appena a valle delle case in località Saragiolo.

Non si capisce l’urgenza di Rossi, Fratoni & co. di autorizzare questo impianto proprio mentre il governo sembra stia bocciando definitivamente i progetti per analoghe centrali di Castelnuovo, Lucignano e Castel Giorgio, ma purtroppo siamo abituati a questi blitz, anche se ogni volta è una amara sorpresa vedere come mentre da una parte si discute di salute e ambiente e si temporeggia in audizioni, osservazioni, pronunciamenti vari, dall’altra, zitti zitti, si procede a dare corso alle richieste dell’Enel e, in questo caso e per la prima volta, di Sorgenia, uno dei maggiori debitori insolventi del Monte dei Paschi di Siena che oggi ne detiene il 17% delle azioni.

Oggi, con una nuova società denominata “Sorgenia Geothermal”, con 10.000 euro di capitale versato, si presentano in Amiata, preceduti dalla solita sponsorizzazione “greenwashing” a Santa Fiora l’anno scorso e quest’anno. 
La Regione tira dritto e, non sia mai venissero sfrattati dalle poltrone di Giunta, si affrettano ad autorizzare per gli amici di Sorgenia.

Sarà la prima centrale italiana binaria, cioè che dovrebbe reiniettare completamente i fluidi estratti tanto che Matteo Cerotti, responsabile sviluppo progetti geotermici, azzarda a dire che “la tecnologia utilizzata garantisce l’annullamento delle emissioni e l’azzeramento dei consumi idrici, in linea con lo sviluppo sostenibile che contraddistingue da sempre il Gruppo Sorgenia.”.

Centrale di Poggio Montone. Clicca per ingrandire

Peccato che la contestazione maggiore al presunto annullamento delle emissioni viene non dai comitati ma dall’Enel, per bocca del responsabile Ing.Montemaggi che afferma che se “si potesse fare, l’Enel lo avrebbe già fatto, anche solo per i ricchi incentivi previsti per queste tecnologie a “impatto zero” dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il punto è che tecnicamente non si può fare: questi gas sono troppo abbondanti nei fluidi geotermici italiani, se li reiniettassimo non solo troverebbero presto il modo di fuoriuscire da qualche parte, ma finirebbero per rovinare il giacimento geotermico, creando una “bolla” alla sua sommità, che ostacolerebbe l’estrazione dei fluidi” e “nelle nostre aree geotermiche non è possibile trovare fluidi così privi di gas da consentire la loro reiniezione totale nel sottosuolo”, ironizzando anche che “sono molto curioso di vedere come faranno a realizzare una cosa che, per noi di Enel, che abbiamo decenni di esperienza geotermica alle spalle, è tecnicamente non sostenibile”

Centrale Poggio Montone e Foresta del Pigelleto. Clicca per ingrandire

A nulla quindi sono valse le molte osservazioni presentate e neanche le esternazioni (iniziali) dei sindaci Balocchi e Vagaggini, di Santa Fiora e Piancastagnaio. Il primo dichiarava che “non avvertiamo l’esigenza di un’ulteriore centrale anche se solo nei pressi del nostro comune”, mentre il secondo sosteneva che “il progetto Poggio Montone, in base alla documentazione presentata da Sorgenia Geothermal, non soddisfa le nostre aspettative e quindi abbiamo dato parere contrario.” .
Peccato che questo ultimo ometteva di dichiarare la zona ove insisterà la centrale “non idonea” a questa funzione, “ignorando” le richieste che numerose giungevano dal suo territorio perché si esprimesse in tal senso. E pensare che la stessa Sorgenia Geothermal, nelle controdeduzioni alle osservazioni presentate alle Regione Toscana nella procedura VIA, esprimendosi su quelle di un gruppo di cittadini sostenuti da sos geotermia e nogesi che eccepivano l’inidoneità dell’area, rilevava a chiare note che la zona non era stata individuata tale dal Comune di Piancastagnaio, e la Regione ad oggi, vista l’inerzia dello stesso Comune in tal senso, gli ha dato Ragione.
 
C’è da rilevare che, evidentemente, anche per il sindaco di Santa Fiora qualcosa sia cambiato, visto che insieme all’autorizzazione della centrale viene anche approvato, lo stesso giorno con delibera 568, il Protocollo d’intesa tra Sorgenia, Regione e comune di S.Fiora in merito all’impegno materiale di Sorgenia a sostenere il territorio e l’economia di questo comune. Piancastagnaio, che ora vorrebbe correre ai ripari preannunciano ricorsi al Tar (chiaramente a spese di cittadini che fino ad ora si è dimenticata almeno di “interpellare”) sembra escluso dalle lenticchie geotermiche…

I sindaci amiatini Marini, Vagaggini e Balocchi  al raduno pro geotermia a Lardarello il 1 dicembre 2018

Comunque sia, entrambi i sindaci paiono alquanto confusi rispetto alle predette esternazioni avendo recentemente aderito al fronte progeotermia che sostiene addirittura le centrali di tipo flash (molto più dannose) dell’Enel, tanto che in Amiata sono in progetto altre 2 nuove centrali, una a Piancastagnaio (PC6) ed una a Roccalbegna, al confine con Santa Fiora (Triana)

Alla faccia quindi di quanto scritto nel Paer 2015 e sempre rivendicato dal PD, cioè che con “Bagnore 4, hanno portato la potenza complessivamente installata attorno ai 100 MW fissando un punto di equilibrio tra lo sfruttamento della risorsa con le tecnologie oggi impiegate e la vocazione socio economica dei territori”. Altra carta straccia?

I cittadini e i comitati non si fermeranno, la battaglia continua e in questi giorni si sta valutando un immediato ricorso al Tar per l’annullamento del provvedimento.

Rete nazionale NoGESI


PER APPROFONDIRE
Scarica le slides sul progetto della centrale Poggio Montone (file zippato 2,56 Mb)


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Il Cittadino online.it

Toscana Chianti Ambiente.it

La Nazione 9 maggio 2019

Il Tirreno 7 maggio 2019

Orvieto, 4 maggio 2019. RIBADITO NEL CONVEGNO SUL FIUME PAGLIA IL NECESSARIO CAMBIAMENTO NELLA GESTIONE DEI SISTEMI FLUVIALI, DA INTENDERSI COME CUSTODI DELLA BIODIVERSITA’ E BELLEZZA PAESAGGISTICA

Riportiamo il comunicato del Coordinamento Associazioni Orvietano, Tuscia e Lago di Bolsena sull’esito del convegno sul fiume Paglia tenutosi a Orvieto il 4 maggio 2019.

 

 

 

Presenti i candidati sindaci di Orvieto Germani (che ha portato i suoi saluti e ha fatto un intervento nella fase finale del convegno) Barbabella e Rosati, l’assessore Cotigni, il consigliere Vergaglia, il presidente dell’associazione Val di Paglia Bene Comune Pietrangeli il convegno ha preso l’avvio con i saluti del tecnico Forti, direttore del Museo del Fiore di Acquapendente, che ha portato i saluti dei sindaci di Acquapendente e di Proceno, recentemente entrati nel contratto di Fiume del Paglia. Forti ha anche ricordato la figura del prof. Roberto Minervini, immaturamente scomparso due anni fa.
Insufficiente presenza, a nostro giudizio, della popolazione, come avviene da tempo per le questioni che riguardano il fiume Paglia (per esempio l’evento di ascolto degli stakeholders del 26 giugno 2018 organizzato dal Contratto di Fiume in Comune ha visto non più di 40-50 persone). Bassa è a nostro avviso la percezione della popolazione sull’importanza del “Fiume di Orvieto”, della necessaria custodia e cura del reticolo fluviale per evitare le inondazioni tipo quella accaduta nel novembre 2012. Forse ciò è dovuto ai tempi lunghi del contratto di fiume e forse all’insufficiente partecipazione della popolazione nelle scelte che contano. Come associazioni ci poniamo questo problema e faremo in modo di superarlo.

Il Convegno è stato molto interessante nei suoi contenuti tecnici e politici: ha presentato gli scopi del convegno il dr. Belisario-responsabile del tavolo Ambiente nel Contratto di Fiume Paglia- ribadendo che le associazioni si batteranno, all’interno del Contratto di fiume, per un progressivo cambiamento del vigente paradigma sulla gestione dei sistemi fluviali: non solo fonti di risorse e sfruttamento, ma sistemi naturali la cui resilienza dipende anche dalla tutela della loro funzionalità ecologica. In modo che le somme urgenze non si utilizzino per produrre soldi ai soliti noti, sulla testa delle popolazioni.

E’ seguito un intervento “”sentimentale” del Dr. Manglaviti sulla storia condivisa attraverso i secoli del sistema Paglia – Chiani. Di particolare significato il precedente storico dell’alluvione del 1495, ad opera del Chiani (come sempre nell’antichità) che vale la pena di riportare per intero, per l’insegnamento che bisognerebbe trarne:

Piena Chiani-Paglia, 1495
Item memoria, come venardì ad mane, che fu la vigilia della Assumpta della Vergene Maria, a dì xiiij d’agosto 1495, se fece uno temparone tristo: incomenzò ad piovare ad orina, et da puoi se voltò rovaro, et ventaiolo, et venne sì terribile aqua con grande corruscatione et tonitrue, che per quattro ore non fu mai più veduta sì terribile aqua, adco che immediate Chiane et Pagla feciaro una terribile piena, et maxime Chiane, che mai più fu veduta, che cussi in uno subito menasse cussi terribile piena, usci de suo luoco et gettò insino qua alla torre de Jaco de Giorgio, et arrochiava qua ad Pagluola: mai più fu veduta cussi terribile piena di Chiane. Et questo procedeva perchè misser Alberto haviva facto seccare le paludole et mozzare certa pianta quale stava in su quella padule che prima conteniva l’acqua che non defluiva cussi presto et cussi in furia. Et questa piena fece uno grandissimo danno ad canape et lino che stava ad maciaro, et anque ne tolse assai dalle campi che non era messa ad maciaro. (DIARIO DI SER TOMMASO DI SILVESTRO, 1495. In Fumi, Luigi, Ephemerides Urbevetane, p. 43).”

E’ stata poi la volta del dr. Biondi che ha trattato delle caratteristiche geologico-ambientali del bacino imbrifero del Paglia. L’abbinamento fra terreni argillosi sostanzialmente impermeabili coltivati a seminativo e un’elevata piovosità media di circa 1.000 mm/anno rendono le piene fluviali spesso devastanti, anche per via dei cortissimi “tempi di corrivazione”, pari a circa 20 ore. Una possibile soluzione potrebbero essere degli interventi di rimboschimento su parte dei versanti argillosi coltivati, oltre a migliori tecniche di coltivazione.

E’ seguito il dr. Capoccia, responsabile dell’Oasi di Alviano del WWF, per cui ogni fiume è un sistema di ecosistemi viventi ed è, come tale, “disordinato”. Del fiume va salvaguardata non solo la qualità delle acque, ma anche la qualità complessiva del suo ambiente e la biodiversità. Le alterazioni morfologiche dell’alveo prodotte dai lavori di messa in sicurezza hanno spesso impatti molto peggiori degli scarichi fognari. Serve quindi un approccio multidisciplinare che consideri anche la riqualificazione fluviale.

Nella seconda parte del convegno il prof. Dottarelli, presidente del Club per l’Unesco di Viterbo-Tuscia, capofila per le associazioni del Contratto di Bacino del lago di Bolsena, ha ricordato come il lago era un tempo un lago “contadino”, oggi è un lago turistico che ha subito nel tempo un progressivo degrado. Fino al 2006 il suo stato di salute generale era classificato come “buono”, oggi è appena “sufficiente”. Le maggiori problematiche: agricoltura impattante, emungimenti delle falde e, soprattutto, rischio geotermia e noccioleti.  Nel 2017 ha preso l’avvio il Contratto di Fiume, di Lago e di Costa che coinvolge tutti i comuni interessati dal bacino lacustre e dal fiume Marta, la Provincia di Viterbo e circa 40 associazioni.

Ha preso quindi la parola il dr. Dinetti, della LIPU, secondo cui nel 2018 in Toscana sono stati sfalciati e ripuliti dalla vegetazione circa 10.000 km lineari di sponde fluviali. Si calcola una distruzione di circa 113.000 nidi di specie di avifauna acquatica, con una valutazione del danno dal punto di vista economico (prendendo a riferimento per ogni nido la sanzione minima di 774 euro previsti dalla legge 157/92 per l’uccisione di fauna protetta) pari a circa 87 milioni di euro. Proposte: ripulire i fiumi dai rifiuti; tagli solo selettivi; rispetto assoluto della finestra di nidificazione fra aprile e luglio; formazione del personale operativo; inserimento negli organici degli enti pubblici competenti in materia di gestione fluviale di professionalità naturalistiche.

E’ stata poi la volta del prof. Borgia, per cui il mercurio nel Paglia non viene solo dai residui delle attività minerarie, ma anche dalle centrali geotermiche dell’Amiata, le prime delle quali sono attive ormai da oltre 60 anni. L’emissione in atmosfera dei vapori geotermici contiene grandi quantità di mercurio. Si calcola che dall’inizio delle attività geotermiche siano state riversate nel solo territorio comunale di Piancastagnaio circa 52 tonnellate di mercurio. Un simile quantitativo è sufficiente ad inquinare per 20 anni l’acqua consumata per scopi potabili da tutta la popolazione mondiale. Altra sorgente certa, oltre le emissioni, sono i depositi di subsidenza. Il 42% di tutto il mercurio emesso dal comparto industriale italiano viene dall’Amiata… Non solo mercurio, ovviamente, ma anche arsenico, CO2, ecc.

E’ poi intervenuto il sindaco di Orvieto Germani che ha elogiato i punti di vista scaturiti dal convegno e ricordato come il Contratto di Fiume ci permetterà finalmente di superare la fase dei progetti calati dall’alto sul fiume e i suoi affluenti.

Ha chiuso il convegno Massimo Luciani che ha ricordato come esista la necessità di coinvolgere di più e capillarmente le aziende agricole e le piccole e medie imprese del territorio. Ha condotto il convegno con estrema bravura l’arch. Bambini.

Coordinamento Associazioni Orvietano, Tuscia e Lago di Bolsena

I lavori del convegno sono stati registrati da Radio Telediffusioni Umbre Aquesio che provvederà al più presto a metterli in onda e sulla piattaforma YOUTUBE.