Monte Amiata e fiume Paglia. Emergenza mercurio: inquinamento inaudito, è ora di incominciare a chiedere i danni! -video-

Il 42,5% di tutto il mercurio emesso in atmosfera dal comparto industriale italiano, ed il 2,1% di tutto quello emesso dal comparto industriale europeo, viene emesso dalle centrali geotermiche del Monte Amiata, ed il fiume Paglia ha concentrazioni di mercurio abbondantemente superiori ai limiti di legge.

Di questo si è parlato sabato 8 aprile 2017 ad Acquapendente, nel corso del convegno sul tema “Dall’Amiata alla Valle del Tevere: l’inquinamento da mercurio lungo il Fiume Paglia” organizzato dal Comune di Acquapendente con la collaborazione della Rete Nazionale NOGESI. (qui il programma)

La giornata, moderata da Solange Manfredi, portavoce della rete nazionale NOGESI, si è aperta con i saluti del sindaco di Acquapendente Angelo Ghinassi che, sull’immagine del capolavoro di Brueghel il Vecchio, “La parabola dei ciechi”, ha esortato tutti a smettere di essere ciechi, e ad aprire gli occhi davanti alle minacce che minano il territorio e la salute e che rischiano di compromettere anni di sviluppo votato al turismo.

E la minaccia mercurio nel nostro territorio, secondo i dati ufficiali riportati dagli esperti intervenuti, è grave, perché il mercurio, uno dei metalli più tossici per l’uomo e l’ambiente, è estremamente persistente, una volta emesso nell’aria o nell’acqua può percorrere considerevoli distanze; ha la capacità, quindi, di distribuirsi globalmente e, dato il suo alto livello di tossicità, per la salute dell’uomo, la fauna e dell’ambiente, ha effetti devastanti sulla salute e sugli ecosistemi.

Ha aperto i lavori il dott. Maurizio Marchi, responsabile di Medicina Democratica di Livorno e della Val di Cecina, che ha evidenziato come, seppur dopo anni di battaglie, l’Unione Europea sia intervenuta per far convertire le industrie della zona della Val Cecina – che utilizzavano nei loro processi produttivi l’elettrolisi a mercurio e che, secondo i dati ufficiali, nel 2007, emettevano 143 kg di mercurio in aria e 143 kg di mercurio in acqua – e non sia intervenuta sugli impianti geotermici dell’Amiata che, sempre secondo i dati ufficiali, nello stesso anno, il 2007, emettevano in atmosfera circa 1500 kg di mercurio.

Ha proseguito l’analisi il prof. Andrea Borgia, geologo dell’Università di Milano che, avvalendosi dei dati ufficiali delle ARS, ARPA e Università, ha evidenziato come gli impianti geotermici dell’Amiata abbiano emesso in atmosfera, dall’inizio del loro sfruttamento, 52 tonnellate di mercurio: “Per avere una idea, è una quantità di mercurio sufficiente a portare sopra i limiti di legge l’acqua potabile che beve tutto il mondo in 100 anni (calcolando un consumo di due litri al giorno per abitante)….Ma non solo mercurio esce dagli impianti geotermici, anche CO2 – le centrali geotermiche emettono circa 2 volte più CO2 di una centrale a gas per produrre la stessa quantità di energia – metano, acido solfidrico, ammoniaca e l’acido borico, quest’ultimo poi lo ritroviamo nella frutta”.
Ed ancora: “…uno studio dell’università di Siena mostra come dalle centrali geotermiche esca anche uranio, cadmio, cobalto, cromo, antimonio, arsenico, tutti elementi dannosi per la salute che non hanno limiti di legge per le emissioni, possono emetterne quanto ne vogliono, emettono più radioattività delle centrali nucleari”. Quindi, conclude il prof. Borgia: “Come è possibile che nessuno si renda conto della gravità della situazione, e che queste centrali godano dei certificati verdi e degli incentivi? Questa è la forma più inquinante al mondo per produrre l’energia elettrica”.

Il dott. Federico Silvestri, Servizio tutela delle acque – Direzione regionale ambiente e sistemi naturali – Regione Lazio, ha, quindi, illustrato il Piano d’indagine nelle aste fluviali del F. Paglia e del F. Tevere per la verifica dello stato di contaminazione da mercurio elaborato dalle Arpa delle tre Regioni (Lazio, Umbria, Toscana), dopo la denuncia di danno ambientale inoltrata dalla Regione Umbria al Ministero dell’Ambiente, evidenziando come la prima fase dovrebbe concludersi verso la fine di luglio e, successivamente, elaborati i dati, verrà programmata una seconda fase di approfondimento.

Il prof. Endro Martini, geologo, presidente dell’Alta Scuola ha sottolineato come indagare la matrice ambientale dell’inquinamento da mercurio sia doveroso ed obbligatorio ma come, contestualmente, debba partire anche una indagine di tipo epidemiologico, per capire se nei nostri territori già ci sia qualche segnale di accumulo di mercurio nell’organismo umano. Ha concluso, quindi, auspicando che questa effettiva e doverosa collaborazione interregionale sul problema mercurio nel fiume Paglia possa svilupparsi, ricordando che i contratti di fiume sono strumenti importanti per i territori, riconosciuti come strumenti funzionali anche nella strategia di sviluppo e di adattamento ai cambiamenti climatici, strumenti che favoriscono il dialogo sociale e le linea guida del dissesto idrogeologico.

Il Dr. Rosario Castro, infine, Presidente della Commissione bonifica mineraria di Abbadia San Salvatore ci ha illustrato la situazione dello stato di avanzamento dei lavori di bonifica delle miniere di mercurio di Abbadia San Salvatore, evidenziando come, nel 2013, sia stato realizzato un canale idraulico avente la funzione di raccogliere le acque affluenti dai corpi idrici posti a monte dell’area mineraria bypassando così le zone inquinate della miniera. Il dott. Rosario ha concluso ricordando come la lista civica di cui è capogruppo, “Abbadia futura” sia contraria alla geotermia a livello industriale e si batta per un tipo di sviluppo sostenibile che punti sul turismo, sulla storia, cultura ed una agricoltura di qualità.

Ha chiuso il convegno il sindaco di Acquapendente, Angelo Ghinassi che, dopo aver ringraziato i relatori per i loro importanti contributi, ha sottolineato come: “Il tema dell’ambiente e della salute è un tema talmente trasversale che deve superare ampiamente gli schieramenti e le posizioni di parte, purtroppo sono proprio queste posizioni di parte che hanno generato per troppi anni una cecità e una barriera al dialogo e al confronto. Oggi abbiano avuto un’ennesima prova dei pericoli che gli impianti geotermici determinato sul nostro territorio. Qui non è più questione di confini amministrativi. È un problema interregionale molto serio. Devo ringraziare il dott. Silvestri per averci fornito le informazioni sul programma di indagine sul Fiume Paglia che Toscana, Lazio e Umbria intendono avviare in tempi brevi, e mi auguro che, da queste indagini, possano scaturire le cause che hanno generato l’inquinamento, in modo da utilizzare queste risultanze per contrastare la realizzazione di ulteriori impianti geotermici e per intraprendere iniziative giudiziarie per chiedere il giusto risarcimento dei danni arrecati, sotto il profilo ambientale, paesaggistico e sanitario. E chiudo sul contratto di fiume. Secondo me va fatto, va fatto per il carattere interregionale del bacino del Paglia. Se il sindaco di Orvieto si fa promotore di questo incontro tra sindaci del bacino, io aderirò sicuramente. Ringrazio ancora la Rete Nazionale NOGESI per aver promosso questo incontro, che ha aggiunto ulteriori elementi di spunti e riflessioni su questo tema, contribuendo a superare la sottovalutazione di cui è stato oggetto sino ad ora”.


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Introduzione Dott.ssa Solange Manfredi
portavoce della rete nazionale NOGESI
Saluti Dott. Angelo Ghinassi
sindaco di Acquapendente

Dott. Maurizio Marchi
responsabile di Medicina Democratica di Livorno e della Val di Cecina

Prof. Andrea Borgia
geologo, Università di Milano

 

 Dott. Federico Silvestri
Servizio tutela delle acque, Direzione regionale ambiente e sistemi naturali, Regione Lazio

 Prof. Endro Martini
geologo, presidente dell’Alta Scuola 

 Dott. Rosario Castro
Presidente della Commissione bonifica mineraria di Abbadia San Salvatore 

 Conclusioni Dott. Angelo Ghinassi
sindaco di Acquapendente


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Dall’Amiata alla Valle del Tevere: l’inquinamento da mercurio lungo il Fiume Paglia. Convegno 8.4.17 Acquapendente (VT)

Sabato 8 aprile 2017 ore 14,30-19,30 ad Acquapendente (Viterbo) presso il cinema teatro Olympia si terrà un convegno sul tema “Dall’Amiata alla Valle del Tevere: l’inquinamento da mercurio lungo il Fiume Paglia”, organizzato dal Comune di Acquapendente con la collaborazione della Rete Nazionale NOGESI.

Sarà un pomeriggio di analisi e approfondimento delle tematiche della geotermia nel Monte Amiata, delle loro emissioni in atmosfera di inquinanti, con effetti sulla salute dei cittadini, sull’ambiente, sull’inquinamento da mercurio sul territorio dei comuni dell’Alto Lazio e dell’Umbria.

Il Monte Amiata è al centro di un ecosistema a rischio, la cui salvaguardia e valorizzazione riguarda ben tre regioni: Toscana, Lazio e Umbria. Per questo il convegno vedrà la presenza di professori esperti in materia e di amministratori, per spiegare alla popolazione gli effetti di tale inquinamento e per cominciare a trovare le adatte soluzioni.

Una giornata di “riflessione collettiva” sulle scelte che riguardano il futuro dell’Amiata e del Centro Italia. Si può e si deve puntare a un altro sviluppo economico, sostenibile del centro Italia, che si basi sul grande patrimonio ambientale, storico e culturale e sulla valorizzazione delle risorse del territorio (bio-agricoltura, turismo, artigianato locale, natura, etc.).

PROGRAMMA

Ore 14:45 ACCREDITO PARTECIPANTI

Ore 15:15 APERTURA LAVORI
Presidenza: Vittorio Fagioli, Rete NOGESI
Saluti: Dr. Angelo Ghinassi, sindaco di Acquapendente
Introduzione: Dr.ssa Solange Manfredi, portavoce Rete Nazionale NOGESI

Ore 15:30 MERCURIO ED ALTRI INQUINANTI PRODOTTI DALLA GEOTERMIA
Prof. Andrea Borgia, geologo, Univ. Milano: “Il velenoso cocktail di inquinanti prodotto dalla geotermia dell’Amiata”
Dr. Maurizio Marchi, responsabile di Medicina democratica di Livorno e della Val di Cecina: “Mercurio in Val di Cecina dalla geotermia e dall’industria cloro-soda”
Dr. Federico Silvestri, Servizio tutela delle acque – Direzione regionale ambiente e sistemi naturali – Regione Lazio ARPA LAZIO: “Il piano di indagine delle regioni Toscana, Lazio e Umbria sul mercurio”
Dr. Endro Martini, geologo, presidente Alta Scuola: “Strumenti innovativi di governance e di partecipazione democratica: i contratti di Fiume”

Ore 17.00 IL TERRITORIO, sono stati invitati i sindaci:
Giuseppe Germani (Orvieto) Sauro Basili (Allerona) Andrea Garbini (Castel Giorgio) Jacopo Marini (Arcidosso) Daniele Longaroni (Castel VIscardo) Cinzia Pellegrini (Proceno) Luigi Vagaggini (Piancastagnaio)
Francesco Fabbrizzi (Radicofani) Fabrizio Tondi (Abbadia San Salvatore) Massimo Galli (Roccalbegna) Fosco Fortunati (Castell’Azzara) Federico Balocchi (Santa Fiora)

Ore 18.00 LA POLITICA, sono stati invitati:
On. Alessandra Terrosi (Commissione Agricoltura Camera dei Deputati), Mauro Buschini, Assessore Rapporti con il Consiglio, Ambiente e Rifiuti. Fernanda Cecchini, Assessore Ambiente, Regione Umbria Federica Fratoni, Assessore Ambiente, Regione Toscana Enrico Panunzi, Consigliere regionale Lazio, Presidente della VI commissione Ambiente

Ore 18:30 DIBATTITO Conclusioni:
Sindaco Dr. Angelo Ghinassi

 

Sono invitati alla partecipazione, i cittadini, i comitati, i movimenti, gli amministratori, i partiti politici, le associazioni e organizzazioni di categoria, la stampa e le TV locali, regionali e nazionali.

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Geotermia: un convegno a Ravenna per il rilancio di una tecnologia avversata dai cittadini

A Ravenna il 31 Marzo un convegno sullo sfruttamento della risorsa geotermica, intitolato: ”Risorsa Geotermica: la situazione attuale e gli sviluppi futuri”. Organizzatore il Ministero per lo Sviluppo Economico.

Un convegno che interviene a fare il punto sul tema e a tentare un rilancio della geotermia, ostacolata dalle procedure “regionali” e dall’avversione crescente delle popolazioni per una tecnologia che si è rivelata tutt’altro che pulita, sicura e rinnovabile. Come ormai dimostrano numerosi studi.

Il governo pensava di rimuovere gli ostacoli con il referendum costituzionale, che toglieva alle regioni le competenze sull’energia, ma la “batosta” data dagli elettori con il “no” sta ora costringendo il Ministero a varie manovre per aggirare il problema. Tra le quali la proposta di un decreto che “semplificherebbe” le procedure di VIA riducendo brutalmente l’intervento del pubblico e delle associazioni di cittadini nelle procedure autorizzative. In aperto contrasto con la Convenzione europea di Aarhus.

E questo convegno di Ravenna tende chiaramente a rilanciare il termine “geotermia”, sempre più inviso alle popolazioni coinvolte, che vedono in questi impianti una fonte di problemi e di rischi del tutto inaccettabile: rischi sismici, per la salute, per le falde acquifere, ed un grave impatto ambientale e paesaggistico. In cambio di posti di lavoro quasi inesistenti e di incentivi che finiscono nelle tasche di grandi società o di veri e propri speculatori. Quando la produzione di energia elettrica nazionale è in chiaro surplus e si tengono chiuse centrali elettriche, perché non necessarie.

Ormai le popolazioni sono informate e sensibilizzate e ovunque sorgono comitati contrari ai nuovi progetti sostenuti dagli elevatissimi incentivi ministeriali. Che puntano soprattutto su cosiddette “nuove” tecnologie “a ciclo chiuso” propagandate come non inquinanti e non impattanti. Mentre la messe di dati e studi forniti dalle associazioni di cittadini dimostra che si tratta di tecnologie per nulla nuove, per nulla avanzate e comunque fortemente a rischio dal punto di vista sismico, dell’inquinamento delle falde acquifere e dell’impatto ambientale.

Quasi tutte le nuove centrali dovrebbero poi sorgere in luoghi delicati, fortemente sensibili ai rischi sismici, in regioni, come quelle dell’Italia centrale soprattutto, dove il rischio di terremoti devastanti è elevatissimo, come dimostrato dalle recenti, drammatiche vicende.
Tutto questo non lascia affatto tranquilli i cittadini. Un caso su tutti quello di Castel Giorgio, in Umbria, dove una scossa di rilevante importanza si è verificata naturalmente nel maggio scorso, lesionando case e costringendo la popolazione a dormire all’addiaccio per lungo tempo. La scossa è avvenuta proprio all’interno del campo di sfruttamento geotermico che la Società ITW & LKW intende sfruttare con una tecnologia che di per sé innesca comunque artificialmente scosse simiche.

Il Governo, su pressione della associazioni di cittadini e del Parlamento, sta avviando una regolamentazione ed una “zonazione” del territorio nazionale allo scopo di definire e limitare le aree idonee allo sfruttamento, ma il Ministero dello Sviluppo Economico ha già annunciato che per completare il lavoro ci vorranno almeno altri due anni.

Cosa succederà nel frattempo? Sarebbe logico che tutte le procedure autorizzative di nuovi impianti si fermassero, come richiesto dal Parlamento, ma questo convegno di “rilancio” sembra forse andare nella direzione contraria. Quella di arrivare ad approvare più progetti possibile prima della regolamentazione in base alla zonazione dei rischi.

Certo questo evento di Ravenna non manda dei buoni segnali: le associazioni dei cittadini, molto competenti ed attive a livello nazionale, non sono state invitate. Mentre tra i relatori risultano in prima linea le società coinvolte, compresa la ITW&LKW del progetto di Castel Giorgio. Con il suo progettista Prof. Franco Barberi, ex capo della Protezione Civile, coinvolto con la consorte Luisa Carapezza in una spinosa e mai chiarita vicenda di conflitto di interessi. La cui attività – secondo la dr.ssa Fedora Quattrocchi ed il prof. Benedetto De Vivo – sarebbe stata di scarso livello scientifico, omettendo rilevanti episodi di rischi geologici evidenziati da pubblicazioni ENEL degli anni ’70, in mancanza peraltro di pareri legali e scientifici collegiali di INGV (vedi l’articolo di Ilaria Proietti sul Fatto del 1° febbraio 2016). Ed anche la Magma Energy dell’AD Batini che vuole realizzare il progetto “Mensano” fortemente inviso alle popolazioni dell’Alta Val di Cecina e della Val d’Elsa.

Rete nazionale NoGESI – NO Geotermia Speculativa e Inquinante


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Mercurio: gli amministratori chiedano una indagine a 360 gradi!

La Rete NoGESI, che ha già denunciato le strane omissioni quando si parla di inquinamento da mercurio senza citare l’attività geotermica toscana, in particolare quella amiatina, che contribuisce senz’altro alla diffusione nell’aria, nell’acqua e nel terreno, di tale elemento.
Abbiamo inviato agli amministratori dei territori interessati la nota che segue, invitandoli a chiedere, appunto, che se indagini sul pericoloso inquinante debbono farsi, che si facciano a 360 gradi.

 

Di seguito il testo della nota inviata agli amministratori:

Gentili amministratori,

Come probabilmente avete avuto modo di sapere il problema “inquinamento da mercurio” emesso dalle ex-miniere di cinabro del Monte Amiata e dalle emissioni in aria delle centrali geotermiche ENEL del sud Amiata (Piancastagnaio e Bagnore) -tiene banco da mesi, in particolare presso i territori prospicenti le aste fluviali del Paglia e Tevere.

Il problema della contaminazione da mercurio sta diventando uno dei problemi ambientali e sanitari del centro Italia interessando le aste dei fiumi Paglia e Tevere ed anche del fiume Fiora e con essi-gettandosi tali fiumi nel Mar Tirreno rispettivamente ad Ostia e a Montalto di Castro- anche il mare Tirreno, determinano così una contaminazione dei pesci di acqua dolce e di mare (oltre il 90% del mercurio ritrovato nei pesci è nella forma metilata, la più pericolosa per la salute umana).

La questione vede molto attivi i sindaci umbri e laziali (alcuni dei quali-a seguito di controlli – hanno dovuto emettere ordinanze di divieto di pesca e di attività sul fiume) che hanno investito le tre Giunte Regionali (Toscana, Umbria e Lazio) ed il MATTM (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) per arrivare a debellare tale fenomeno. Le tre Regioni hanno attivato le rispettive ARPA che, unitamente ad altri istituti, hanno elaborato un primo comune “Piano di indagine per la verifica dello stato di contaminazione del mercurio” (scarica il documento).

Il piano di indagine elaborato dalle tre Arpa, però, sorprendentemente, si concentra solo sull’inquinamento da mercurio prodotto dalle ex miniere del Monte Amiata – dismesse da oltre 40 anni e in massima parte bonificate – tralasciando completamente l’indagine circa l’inquinamento prodotto dalle centrali geotermiche dell’Amiata tutt’ora in funzione, che rappresenta il 42,5% delle emissioni di mercurio provenienti dall’intero comparto industriale italiano (Studio Basosi e Bravi, 2014, QUI e QUI) nonostante gli abbattitori di questo inquinante (AMIS).

Secondo il prof. Andrea Borgia, (Università di Milano, Open University M. Keynes, UK, e Global Research Council proprio in geotermia): “In base ai dati ufficiali disponibili, la quantità di mercurio emesso in atmosfera dagli impianti geotermici è impressionante – il totale emesso negli anni 1969-1999 è di 37,894 tonnellate, a cui si aggiungono le emissioni dal 2000 al 2016, per un totale di 52,559 tonnellate -. Quindi si dovrebbe concludere, che non c’è bisogno di tirare in ballo le vecchie miniere di Mercurio dismesse ormai da quasi 40 anni ed in buona parte bonificate, ma che con tutta probabilità la maggior parte del mercurio accumulato nel Paglia, o che passa attraverso il Paglia per arrivare al Mar Tirreno, proviene dalle centrali geotermiche di Piancastagnaio”.

Ma che l’inquinamento da mercurio prodotto dalle centrali geotermiche sia assolutamente rilevante, per quanto attiene alla contaminazione delle acque fluviali, lo dimostra anche la contaminazione da mercurio del fiume Cecina, situato nell’area geotermica nord della Toscana, che drena i torrenti dell’area geotermica e nei cui pressi non vi è alcuna miniera di mercurio (il divieto di mangiare pesce al mercurio pescato nel fiume Cecina risale al 2002). (vedi anche intervento del prof.Giovanni Grieco, giacimenti minerari per l’Università di Milano)

ed allora, perché fare le indagini a metà?

La pubblica amministrazione deve operare secondo criteri di economicità, efficacia ed efficienza. Ampliare, oggi, il Piano di indagine all’inquinamento da mercurio prodotto dalle centrali geotermoelettriche presenti nell’area porterebbe a compiere uno studio più completo ed esaustivo, in grado di distinguere tra le varie fonti di inquinamento (miniere e centrali geotermoelettriche) così da attribuire a ciascuna di esse la paternità della distribuzione di mercurio e poter intervenire in modo efficace e mirato.

Dunque, perché non farlo?

Proprio per questo Rete Nazionale NOGESI (No Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante) invia una sollecitazione affinché i comuni interessati, direttamente o indirettamente, dal problema inoltrino una richiesta di ampliamento del piano di indagine alle tre Regioni (Toscana, Umbria e Lazio); diversi comuni, tra cui Acquapendente (VT), vi hanno già aderito…

Di questo si è parlato anche recentemente nel convegno di Abbadia San Salvatore del 4 febbraio scorso organizzato dalla Rete Nazionale NOGESI (leggi QUIQUI e QUI)

Sarà nostra cura tenervi informati sull’evolversi della vicenda, nel mentre ci aspettiamo vostre prese di posizione.

Cordiali saluti,

Solange Manfredi, Rete Nazionale NOGESI

Incredibili Ars e Arpat, sulla geotermia tirano dritto come nulla fosse

E’ inaccettabile che le agenzie regionali azzerino 15 anni e più di studi e ricerche senza un mea culpa e senza chiedere il fermo dell’attività geotermica in attesa delle annunciate nuove ricerche.

 

Alle ortiche più di quindici anni di studi, pubblicazioni e convegni usati per cercare di nascondere i dati esistenti sulla correlazione tra lo sfruttamento geotermico e l’inquinamento dei territori con danni statisticamente certi alla salute.
Li vogliono buttare alle ortiche perché i dati contenuti in tali studi smentiscono le loro conclusioni e una lunga sequenza di loro errori e forzature non hanno retto alle verifiche che i comitati, Sos Geotermia in primis, hanno negli anni puntigliosamente svelato.
Ma un risultato certo è stato ottenuto: le centrali geotermiche non hanno sospeso neanche per un giorno la loro attività: era forse questo lo scopo da raggiungere?
I dubbi, più che legittimi, vengono quando Ars e Arpat, il 24 novembre scorso a Firenze ed oggi in “tour” sull’Amiata, hanno l’ardire di raccontare che hanno in progetto un nuovo studio sulla salute e quindi si possono cancellare con un colpo di spugna tutte le ricerche del passato.
Se, come affermano, fosse ancora necessario dopo sette anni approfondire gli studi perchè c’è un dubbio sulla correlazione tra centrali e salute, allora si dovrebbe, coerentemente e in base al “principio di precauzione” ormai pacificamente accettato, chiedere l’immediata moratoria di ogni attività geotermica in essere e di progetto, in attesa di altri e più precisi riscontri.
Ma, al solito, non è questo lo scopo di ulteriori studi: loro continueranno a indagare a spese nostre, mentre le centrali continueranno a fumare sempre a spese nostre, in bolletta e in medicine.
Il tutto voltando semplicemente pagina e ricominciando da zero, dimenticando il passato (chi ha avuto, ha avuto e chi ha dato, ha dato) e gli almeno otto gravi errori che da sempre denunciamo e che riportiamo qui sotto.


GLI 8 ERRORI ARS-ARPAT SULLA GEOTERMIA IN AMIATA 

Per poter riferire al Consiglio regionale in merito alla sostenibilità sanitaria ed ambientale delle centrali geotermoelettriche flash in Amiata, abbiamo chiesto la nomina di una Commissione scientifica, composta da ricercatori e personalità di sicura competenza ed esperienza, con la presenza paritetica di membri indicati dai Comitati locali.
Tale richiesta è giustificata dai seguenti errori compiuti da Ars/Arpat:

1– nel 2010, sullo studio epidemiologico del CNR, affermano l’esistenza di un quadro sanitario «rassicurante» registrato nelle aree geotermiche, dott. Cipriani in “Studio in Sintesi” pag.25; –> visualizza e/o scarica errore 1 in pdf

2 – nel 2010, criticati, affermano che il +13% di mortalità registrato in Amiata dipende dagli «stili di vita», Comunicato Stampa martedì 28 dicembre 2010; –> visualizza e/o scarica errore 2 in pdf

3 – nel 2012 in sede di Valutazione Impatto Ambientale per Bagnore 4:
1) non riportano i dati sanitari fuori norma, i quali non avrebbero consentito l’autorizzazione alla emissione di altri inquinanti, anche se a norma, come testimonia l’opposizione dell’arch. Zita, subito rimosso dal suo incarico; –> visualizza e/o scarica errore 3.1 e 3.2 in pdf
2) non è più richiesta la valutazione cumulativa degli inquinanti, già segnalata come necessaria, sia da USL che ARPAT, ma poi dagli stessi dimenticata;
3) accreditano la tesi che le ricadute degli inquinanti sono solo in aree disabitate; –> visualizza e/o scarica errore 3.3 e 3.4 in pdf
4) non segnalano l’avvenuta manipolazione del parere sanitario, riportato dalla Regione nell’atto conclusivo;

4– nel 2013 affermano che la normativa sulla VIA non consentirebbe di avere uno studio di impatto sulla salute ( registrazione dott.ssa Nuvolone del17 giugno 2013 al Comune di S.Fiora); –> visualizza e/o scarica errore 4 in pdf

5 – nel 2013 le USL ottengono finanziamenti dalla Regione per studiare gli effetti di bacco, tabacco e venere nella popolazione dell’Amiata…; –> visualizza e/o scarica errore 5 in pdf

6 – dal 2014 affermano che le cause dell’eccesso di mortalità non possono essere di origine ambientale, perché si registra solo negli uomini (argomento ripreso dagli amministratori, nel video che segue l’ex assessora regionale Bramerini), quando una risposta diversa in funzione del sesso è documentata in moltissimi studi sull’inquinamento ambientale; –> visualizza e/o scarica errore 6 in pdf

7 -negli ultimi anni l’Arpat smentisce i dati esistenti e attestanti l’aumento di concentrazione di Arsenico nelle sorgenti dell’Amiata. In precedenza ha prodotto uno studio che ha consentito la deroga ai limiti di legge per l’Arsenico nell’acqua potabile, ipotizzando una concentrazione naturale anomala, calcolata anche sui campioni di acqua prelevata a valle di discariche minerarie, già inquinate da attività minerarie e già inserite nei Piani ufficiali di bonifica; –> visualizza e/o scarica errore 7 in pdf

8 – nel 2011 le emissioni geotermiche di Ammoniaca in Amiata non vengono considerate nella produzione toscana di particolato Pm 10 – Progetto Patos1. L’errore viene corretto nel 2015. –> visualizza e/o scarica errore 8 in pdf


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Dall’Amiata alla Valle del Tevere seguendo la via del mercurio

In occasione del convegno che si è recentemente tenuto a Abbadia San Salvatore dal titolo “Dall’Amiata alla valle del Tevere: ancora geotermia industriale o un altro sviluppo è possibile?”, promosso dalle associazioni SOS Geotermia e Rete Nazionale NOGESI, ampio spazio è stato riservato al tema “Geotermia, mercurio e inquinanti”, tema illustrato e approfondito dalle relazioni di Roberto Barocci (Geotermia elettrica: rischi per la salute pubblica e le acque), Andrea Borgia (Amiata: Geotermia – un velenoso cocktail di inquinanti) e dal sindaco di Orvieto Giuseppe Germani (Mercurio: un problema emergente dell’Italia centrale).

Un grave allarme sulla situazione di inquinamento da mercurio era stato lanciato lo scorso anno, quando nel giugno 2016 furono resi noti i dati dell’attività di ricerca (raccolti dal 2009) del dipartimento di scienza della terra dell’università di Firenze e presentati dal professor Pilario Costagliola, docente di mineralogia, nell’ambito dell’incontro pubblico, organizzato dagli Amici della Terra, dal titolo “La strada del mercurio”, svoltosi a Roma, presso i locali del Senato. Nel loro report Gli Amici della Terra parlano di “60 tonnellate di mercurio nei sedimenti fluviali del fiume Paglia, 11 kg di mercurio che ogni anno arrivano al Mar Tirreno, concentrazioni elevate di mercurio nei campioni di muscoli dei pesci d’acqua dolce. Oltre il 90% del mercurio ritrovato nei pesci è nella forma metilata, la più pericolosa per la salute umana. Una grande percentuale dei campioni di muscolo di pesce supera le linee guida U.S. EPA 2009 (United States Environment Protection Agency) per il metil-mercurio ai fini della sicurezza per il consumo umano”.

L’origine di un tale disastro veniva attribuito tout court a “più di un secolo di estrazione e lavorazione dei minerali di mercurio nel Monte Amiata, uno dei più grandi giacimenti di mercurio di tutto il mondo”. Successivamente però gli Amici della Terra avevano ammesso che certamente, tra le cause dell’inquinamento da mercurio, andava annoverata la “già nota” produzione geotermica. Ora a riprovarci sono l’ARPA Umbria sostenendo che “dai primi riscontri in letteratura” ben poca cosa è il contributo della geotermia amiatina e comunque il suo contributo “va gestito in altro contesto ambientale (è (solo) una questione prettamente toscana)”. No, non è una questione solamente toscana –sostiene la portavoce della Rete Nazionale NOGESI Solange Manfredi– ma una questione dei territori attraversati dal fiume Paglia ed inquinati da mercurio, dunque un problema che riguarda tutte e tre le tre regioni Toscana, Umbria e Lazio!

Le miniere di mercurio dell’Amiata sono peraltro dismesse da quarant’anni e in massima parte bonificate, mentre le centrali geotermoelettriche di Enel Green Power, rilasciano continuamente in atmosfera un vero e proprio cocktail di inquinanti, tra i quali il mercurio occupa senza dubbio un posto d’onore, rappresentando il 42,5% delle emissioni di mercurio provenienti dall’intero comparto industriale italiano (Studio Basosi e Bravi, 2014), nonostante gli abbattitori di questo inquinante (AMIS).

“È possibile fare un calcolo approssimativo del mercurio emesso –questa quantità è sottostimata in quanto non vengono considerate le emissioni durante i fuori servizio degli impianti– in base ai dati disponibili”, osserva il geologo Andrea Borgia, attento studioso della geotermia amiatina. “Secondo i dati Enel nel 1996 –continua il prof. Borgia– le emissioni di mercurio erano pari a 2611 kg/anno. Nella DGR Regione Toscana, la n. 344, si ricava che le centrali di Piancastagnaio emettono mercurio nella quantità di 1969 kg/anno nel 2000; 749 kg/anno nel 2003; 914 kg/anno nel 2005; 740 kg/anno nel 2007; 248 kg/anno nel 2013. Il totale emesso negli anni 1969-1999 è di 37,894 tonnellate, a cui si aggiungono le emissioni dal 2000 al 2016, per un totale di 52,559 tonnellate. Questa quantità di Mercurio immessa nell’ambiente è esorbitante”.

“Concludendo, la quantità di mercurio emessa dalle centrali geotermiche di Piancastagnaio è di poco inferiore alla quantità di mercurio contenuta attualmente nel Paglia (considerate le approssimazioni fatte si dovrebbe dire che è circa uguale)”, afferma Borgia, il quale aggiunge: “La quantità di Mercurio che arriva al Mar Tirreno è 22 volte meno di quella che viene emessa attualmente dalle centrali geotermiche di Piancastagnaio e che ricade nel bacino del Paglia. Quindi si dovrebbe concludere, che non c’è bisogno di tirare in ballo le vecchie miniere di Mercurio dismesse ormai da quasi 40 anni ed in buona parte bonificate, ma che con tutta probabilità la maggior parte del mercurio accumulato nel Paglia, o che passa attraverso il Paglia per arrivare al Mar Tirreno, proviene dalle centrali geotermiche di Piancastagnaio”.


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Abbadia S.S., 4 febbraio 2017. Documentazione e materiali del Convegno

ATTENZIONE, PAGINA IN CONTINUO AGGIORNAMENTO: iniziamo la pubblicazione della documentazione e dei materiali del convegno del 4 febbraio 2017 ad Abbadia San Salvatore “DALL’AMIATA ALLA VALLE DEL TEVERE: ANCORA GEOTERMIA INDUSTRIALE O UN ALTRO SVILUPPO E’ POSSIBILE?”

 

 

COMUNICATO STAMPA del 6 febbraio 2017

INSIEME AD ABBADIA PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE, LIQUIDARE LA VICENDA GEOTERMIA

L’AMIATA NON È PIÙ SOLA CONTRO LA GEOTERMIA SPECULATIVA ED INQUINANTE

SABATO 4 FEBBRAIO 2017, AD ABBADIA SAN SALVATORE, NEL CORSO DEL CONVEGNO IN MEMORIA DEL PROF. ROBERTO MINERVINI SUL TEMA “DALL’AMIATA ALLA VALLE DEL TEVERE: ANCORA GEOTERMIA INDUSTRIALE O UN ALTRO SVILUPPO È POSSIBILE?”, ORGANIZZATO DALLA RETE NAZIONALE NOGESI E SOS GEOTERMIA, I RAPPRESENTANTI DEI COMUNI DI LAZIO, UMBRIA E TOSCANA SI SONO INCONTRATI PER DIRE CHE UN ALTRO SVILUPPO È POSSIBILE E DOVEROSO PER SALVAGUARDARE L’AMBIENTE, IL PAESAGGIO E BELLEZZA DEI LORO TERRITORI.

Il futuro dell’Amiata è il futuro del centro Italia. Il Monte Amiata, infatti, è al centro di un ecosistema a rischio, la cui salvaguardia e valorizzazione riguarda ben tre regioni: Toscana, Lazio e Umbria. Proprio per questo il convegno di sabato, connotato come sempre dall’alta qualità delle relazioni e che ha registrato una altissima affluenza di pubblico, ha visto gli interventi di diversi rappresentati dei comuni di tre regioni per dire no ad uno sviluppo dei loro territori fondato sulla geotermia speculativa ed inquinante.

La giornata, moderata da Vittorio Fagioli della rete NOGESI, si è aperta con i saluti del sindaco di Abbadia San Salvatore dr. Fabrizio Tondi e una introduzione di Velio Arezzini di SOS Geotermia che ha richiesto con forza la chiusura delle centrali geotermiche “flash” e l’elaborazione di piano energetico alternativo.

Nella prima parte del convegno i proff. Roberto Barocci e Andrea Borgia hanno evidenziato, avvalendosi dei dati ufficiali delle ARS, ARPAT e Università, le emissioni in atmosfera di inquinanti prodotte dalle 5 centrali flash geotermoelettriche dell’Enel presenti nel territorio del Monte Amiata, con effetti sulla salute dei cittadini, sull’ambiente, sulla sismicità, sul bacino idrico dell’Amiata (il più importante del Centro Italia), sui fiumi Paglia e Tevere, oggetto di inquinamento da mercurio pari al 42,5%  della intera produzione di mercurio dell’industria nazionale.

L’ing. Giorgio Santucci ha illustrato, poi, gli studi che gli scienziati di varie università nel mondo, stanno portando avanti per uno sfruttamento ecosostenibile dell’energia geotermica: BHE (Borehole Heat Exchangers). A conferma, se mai ve ne fosse stato bisogno, di come gli impianti idrotermali oggi conosciuti non permettano uno sfruttamento dell’energia geotermica rispettosa dell’ambiente e della salute dei cittadini.

La parola, quindi, è passata alla componente politica che, all’unisono, si è espressa con forza per ribadire il proprio proposito di voler portare avanti, ed attuare, una politica di sviluppo legata alla valorizzazione e salvaguardia dell’ambiente, del paesaggio, dell’agricoltura, dell’enogastronomia e dell’immenso patrimonio storico, culturale ed archeologico di questi territori di straordinaria bellezza. Bellezza che va preservata, perché ha un compito etico insostituibile.

Sulla votazione del consiglio Regionale della Toscana in merito alla questione delle “aree non idonee alla geotermia” i tre consiglieri di opposizione Giacomo Giannarelli (M5S), Tommaso Fattori (SI) e Manuel Vescovi (LN) hanno evidenziato i risvolti della votazione del 1° febbraio in Consiglio Regionale e la volontà di proseguire sulla vicenda sanitaria e ambientale dell’Amiata, riportando in Consiglio il parere dei ricercatori e scienziati che saranno ascoltati dalla Commissione Ambiente. Vescovi ha posto la necessità che della questione sanitaria del Monte Amiata venga investita la Commissione Sanità del Consiglio Regionale.

Sulla vicenda del mercurio nel fiume Paglia e Tevere il sindaco di Orvieto Germani ha ribadito la volontà delle amministrazioni comunali dei territori coinvolti di risolvere il problema dell’inquinamento da mercurio per proseguire ed ampliare l’azione nella direzione della tutela a valorizzazione dei territori. Ha chiuso la sezione politica il sindaco di Acquapendente, Angelo Ghinassi, che ha sottolineato l’importanza che questa battaglia, in difesa dell’ambiente, della salute e della bellezza dei nostri territori, venga portata avanti insieme dalle amministrazioni comunali delle tre regioni coinvolte perché, come ricordato anche dalla Corte di Costituzionale, il benessere dei cittadini e la tutela dell’ambiente hanno un valore “primario ed assoluto” e la tutela del paesaggio non può essere «subordinata ad altri valori, ivi compresi quelli economici». Questa proposta- se praticata- farà fare un passo avanti alla vertenza “geotermia e mercurio” in quanto lo scontro è assunto in prima persona dagli stessi amministratori dei territori.

La seconda parte del convegno è stata poi dedicata alle proposte di un diverso tipo di sviluppo economico ed energetico dell’area. Particolarmente interessante è stata la testimonianza del sindaco di Castiglione d’Orcia, Claudio Galletti che ha evidenziato come la Val d’Orcia, in pochi anni, grazie ad una politica di “sanatoria” delle industrie insalubri del territorio, sia approdata ad uno sviluppo durevole rispettoso dell’ambiente e delle sue peculiarità e sia riuscita ad imporsi come area a forte vocazione turistica e culturale.

I lavori si sono chiusi con l’intervento della prof. Cinzia Mammolotti che ha rilanciato la proposta della istituzione del Parco Naturale Nazionale dell’Amiata per la tutela e la valorizzazione dell’intero patrimonio ambientale ,storico e culturale. Con l’impegno di tutti a “chiudere” la vicenda geotermia nell’Amiata e portare avanti progetti per uno sviluppo sostenibile dell’area, nella consapevolezza che degrado e diseducazione possono dar prova di essere un costo insuperabile per la società.

Rete NoGESI                                                               Sos Geotermia


MATERIALI E DOCUMENTAZIONE

Riprese e interviste a cura di Amiata News

Introduzione ai lavori Velio Arezzini, Sos Geotermia/rete Nogesi

Intervento Roberto Barocci, Sos Geotermia/rete Nogesi

Le slides (in pdf) dell’intervento di Roberto Barocci, clicca qui per scaricare

Intervento Prof.Andrea Borgia, geologo

Intervento Giuseppe Germani, sindaco di Orvieto

Intervento Solange Manfredi, portavoce rete Nogesi

Intervento Tommaso Fattori, consigliere regionale Toscana SI

Intervento Giacomo Giannarelli, consigliere regionale Toscana M5S

Intervento Manuel Vescovi, consigliere regionale Toscana Lega Nord

Intervento Andrea Bassetti, imprenditrice agricola, Pres. Biodistretto Val d’Orcia

Intervento Antonio Pacini, Orto Botanico del Monte Amiata

Intervento Fabio Menchetti, agronomo

Intervento Claudio Galletti, Sindaco di Castiglione d’Orcia

Intervento Fabrizio Tondi, sindaco di Abbadia S.S.

Intervento Ing. Giorgio Santuci, presidente EGS

Intervento Fabio Landi, Sos Geotermia

 Intervento Cinzia Mammolotti, Movimento di Cittadinanza,
sul Manifesto dell’Amiata

Interviste

 

 

 

 

 

 

TUTTO IL CONVEGNO IN 4 VIDEO

PARTE 1a

PARTE 2a

PARTE 3a

 

PARTE 4a

 

FOTO


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AVVIATA L’INDAGINE SULLA PRESENZA DI MERCURIO NEL PAGLIA/TEVERE, MA SI RISCHIA DI PARTIRE CON IL PIEDE SBAGLIATO

Lo scorso 9 gennaio ad Orvieto si è svolto l’incontro di informazione pubblica in merito al piano di indagine conoscitiva sullo stato di contaminazione da mercurio nei fiumi Paglia e Tevere.

Nonostante che il sindaco di Orvieto Germani e l’assessora all’ambiente della regione Umbria Cecchini avessero stigmatizzato correttamente la necessità di “capire il fenomeno per trovare le soluzioni idonee” (Germani) e “prima di approntare interventi di bonifica occorre capire lo stato delle cose” (Cecchini), le strutture tecniche, sorprendentemente, hanno deciso di concentrare la loro attenzione, ed i loro rilievi ed esami, sull’inquinamento causato dalle ex-miniere di mercurio dell’Amiata, ormai dismesse da 40 anni e, per di più, parzialmente bonificate! (vedi allegato) trascurando, quasi completamente, l’inquinamento prodotto dalle centrali geotermoelettriche.

Riteniamo che questa modalità di procedere comporti il rischio di spendere soldi senza avere un quadro completo delle fonti di inquinamento, con il probabile risultato di porre in essere azioni che non portino a risolvere il problema dell’inquinamento da mercurio, divenuto ormai uno dei problemi ambientali più evidenti in questa martoriata Centro- Italia.

Sì, è vero, qualcuno (Marchetti della ARPA Umbria e Fagotti dell’ARPA Toscana) ha ammesso, nell’intervento del 9 gennaio, che vi sono anche “fonti potenziali di origine antropica” ma, nel piano di indagine predisposto, non vi sono precisi e specifici esami intorno alle centrali geotermiche dell’Enel Green Power, che danno un contributo rilevante e continuo all’inquinamento e che rappresentano “un rubinetto sempre aperto” di mercurio ed altri tossici.

Eppure questo dato compare – oltre che in studi dell’Università di Pisa del 2008 e nello studio Basosi-Bravi del 2014 (che indica come il mercurio emesso dalle centrali geotermoelettriche dell’Amiata è pari nientedimeno che al 42,5 % delle emissioni di mercurio provenienti da tutto il comparto industriale italiano!) – nei documenti ufficiali della Regione Toscana (Delibera Regionale n.344 del 22.03.2010) e nella rivista “Epidemiology and Prevention” che riporta lo studio CNR/ARS (Agenzia Regionale di Sanità della Regione Toscana) del 2010 e che sotto si riporta (le centrali geotermiche sono responsabili di diversi inquinanti, oltre al mercurio, come ammoniaca, arsenico, CO2, ecc.)

Clicca per leggere la tabella

“Le emissioni ufficiali di mercurio da parte della geotermia nella zona amiatina sono – come si vede sopra – stimate in 760 kg/anno nel 2007, ma sono state ben 2.083 kg/anno fino al 2000.
Come è noto le 34 centrali geotermiche toscane sono dislocate in numero di 30 nell’area geotermica nord (Larderello-Radicondoli-Chiusdino) per complessivi 794 Megawatt installati, ed in numero di 5 nell’area geotermica sud Amiata, compresa la nuova centrale Bagnore 4, per complessivi 120 MW installati. Quindi, a (quasi) parità di emissioni complessive di mercurio (733 kg/anno area nord, 760 kg/anno area sud), il MW installato in Amiata è molto più inquinante in mercurio di quello installato nell’area nord. Il contrario avviene per l’arsenico. I dati sopra riportati sono precedenti all’entrata in funzione (2015) della nuova centrale Bagnore 4 in Amiata, quindi vanno ora corretti al rialzo” (Fonte:” Nocività del mercurio, sua diffusione in Toscana, nei fiumi ed in mare”, Medicina Democratica-Coordinamento toscano, 3.07.2016).

Oltre a ciò, va considerato il mercurio proveniente dai depositi dei bacini della subsidenza indotta dallo sfruttamento geotermico in Amiata (possibile responsabile per altro del collasso di due ponti della Cassia sul Paglia), come ha evidenziato il prof. Andrea Borgia nel convegno del 12.07.2016 ad Orvieto.

Me c’è di più. Anche il bacino del Fiora va inserito nel Piano di indagine, perché nel bacino del Fiora insistono le due centrali geotermiche di Bagnore 3 e 4 per metà della produzione elettrica dell’Amiata (60 MW). Del resto, anche lo stesso Fagotti sostiene che “le principali miniere di mercurio del comprensorio dell’Amiata insistono prevalentemente nel fiume Paglia e nel bacino del Fiora” e lo stesso Pelillo, dell’Autorità del bacino del fiume Tevere, ricorda la necessità di “allargare-nel prosieguo di questo importante lavoro- l’indagine al Fiora”.

Quindi, se vogliamo veramente partire con il piede giusto, è necessario comprendere nel piano di indagine anche le centrali geotermiche di ENEL Green Power, che non può rimanere convitato di pietra: perché ha le sue corresponsabilità nel produrre inquinamento da mercurio, e perché …la bonifica si può fare, ma si deve anche fermare l’inquinamento – non ha alcun senso, infatti, bonificare se poi si continua ad inquinare!

Chiediamo pertanto ai sindaci ed alle istituzioni regionali, nonché ai loro organi tecnici, che il piano di indagine contempli anche tale ipotesi di lavoro. Per evitare che si spendano soldi pubblici e non si risolvano i problemi. Non sarebbe la prima volta nel nostro Paese.

E anche di questo si parlerà nel previsto convegno della Rete NOGESI /SOS Geotermia del 4 febbraio p.v. ad Abbadia San Salvatore, perché fermare l’inquinamento si può, e si deve. E lo si può fare agevolmente… fermando la produzione geotermoelettrica dell’Amiata! (120 MW di potenza installata). Proposta non incredibile in un momento in cui l’ENEL presenta un piano di dismissione di centrali elettriche di ben 25.000 MW (circa 1/5 della potenza installata in Italia), stante la riduzione ormai endemica dei consumi nel Paese e lo sviluppo delle fonti alternative. Sarà forse ostacolo che la energia geotermia è finanziata con incentivi che utenti ed imprese pagano sulla bolletta elettrica?


Situazione odierna della bonifica delle ex miniere di mercurio dell’Amiata

1.Miniera ex Siele (la seconda miniera più importante del comprensorio amiatino con centinaia di addetti sita tra le località Saragiolo e Castell’Azzara). Bonifica già completata e certificata.

2.Miniera Morone (piccola miniera sita nel comune di Castell’Azzara vino alla loc. Selvena). Bonifica già completata e certificata.

3.Miniera di Abbadia S.S. (la più importante con circa 1200 minatori)
Nel 2008 fu stipulato un accordo, dopo lunga trattativa fra l’ENI (titolare della miniera) e il Comune di Abbadia S.S. che prevedeva l’incarico e la responsabilità della bonifica allo stesso comune con compenso da parte dell’ENI di 18.000.000 di euro più proprietà (boschi e terreni, laghetti, edifici ex officine e strutture di supporto).
Da allora il responsabile della bonifica è il comune di Abbadia S. Salvatore.
Situazione ad oggi:
– Lotto 1 (bonifica eternit) già eseguita.
-Lotto 2 (pozzo Garibaldi e uffici) appalto dei lavori eseguito. Sono in corso i lavori di completamento del progetto appaltato. Conclusione a mesi.
– Lotto 3 (ex officine edifici ex spogliatoi) appaltati i lavori. Sono in corso i lavori di completamento del progetto appaltato. Conclusione a mesi.
– Lotto 4 (scarico dei rosticci dopo trattamento nei forni) in località Le Lame vicino alla miniera: lotto da appaltare perché lasciato per ultimo perché ritenuto non prioritario. Il progetto consisterà in una copertura della discarica (circa 1 metro di terreno di riporto) e naturalizzazione dei versanti. Comunque le acque che attualmente cadono sullo strato superiore dei rosticci non rappresentano un pericolo di inquinamento della faglia e delle acque di scolo perché trattasi di rosticci trattati a oltre 1000° C che possono ancora contenere una minima quantità di cinabro.
– Lotto 5 (ex polveriere e uffici e strutture di supporto) lavori completati;
– Lotto 6 (ex forni) la parte più centrale ed inquinata. E’ stato completato il progetto esecutivo. A breve si terrà la conferenza dei servizi che dovrà esprimersi su tale progetto. Si pensa di appaltare (se i tempi burocratici verranno rispettati) i lavori entro il 2017. Il completamento degli stessi lavori di bonifica si prevedono per fine 2018 – primi 2019. Questo progetto importante prevede infatti un finanziamento consistente di circa 8.000.000 di euro. Soldi già disponibili nelle casse del comune.

Importante è poi il fatto che finalmente è stato sbloccato il “patto di stabilità” sulla bonifica mineraria che aveva fino ad oggi bloccato la possibilità di appaltare gli interventi del Lotto 6.
-Laghetto Muraglione (dove confluivano in gran parte le acque di scolo dei forni). I fanghi depositatasi nel corso degli anni sono certamente un problema da affrontare. Le acque analizzate sono comunque non inquinate da mercurio. È previsto un intervento per creare un bypass per tali canali naturali di scolo affinché non confluiscano più totalmente nel laghetto. Progetto di bypass che si prevede verrà finanziato a breve dalla Regione per circa 1.700.000 euro. Le acque che attualmente escono dal laghetto non presentano una situazione di inquinamento preoccupante.

È presente dal 2008 il monitoraggio delle acque in tutta l’area ex miniera di Abbadia, con più di 30 piezometri dislocati in tutta l’area del Lotto 6 (ancora da bonificare) ed esternamente a tutta l’area di bonifica. I dati fino ad oggi rilevati sull’inquinamento delle acque non risultano particolarmente preoccupanti.
Altro intervento completato circa 2 anni fa è stato quello per la realizzazione di 2 canali di scolo delle acque della montagna con bypass dell’area mineraria, evitando così che le stesse confluissero nella ex area mineraria e in particolare nell’area ancora da bonificare (Lotto 6).


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4 febbraio 2017. DALL’AMIATA ALLA VALLE DEL TEVERE: ANCORA GEOTERMIA INDUSTRIALE O UN ALTRO SVILUPPO E’ POSSIBILE?

ABBADIA SAN SALVATORE (SIENA)
SABATO 4 FEBBRAIO 2017, ORE 14,30- 19,30
CINEMA TEATRO AMIATA
scarica la locandina

In memoria del Prof.Roberto Minervini

Sabato 4 febbraio 2017 ore 14,30-19,30 a Abbadia San Salvatore (Siena) presso il cinema teatro Amiata si terrà un convegno sul tema “Dall’Amiata alla Valle del Tevere: ancora geotermia industriale o un altro sviluppo è possibile?”, organizzato dalla Rete Nazionale NOGESI e SOS Geotermia. Il convegno è dedicato alla memoria del Prof. Roberto Minervini, animatore appassionato della rete NOGESI, recentemente scomparso.

Sarà una giornata di analisi e approfondimento delle tematiche della geotermia nel Monte Amiata, delle centrali flash geotermoelettriche dell’Enel presenti nel territorio (cinque centrali per una potenza installata di 120 MW), con emissioni in atmosfera di inquinanti, con effetti sulla salute dei cittadini, sull’ambiente, sulla sismicità, sul bacino idrico dell’Amiata (il più importante del Centro Italia), sui fiumi Paglia e Tevere, oggetto di inquinamento da mercurio sul territorio dei comuni dell’Alto Lazio e dell’Umbria.

Il Monte Amiata è al centro di un ecosistema a rischio, la cui salvaguardia e valorizzazione riguarda ben tre regioni: Toscana, Lazio e Umbria. Per questo il convegno vedrà la presenza di professori esperti in materia e di amministratori, non solo locali, ma anche di Lazio e Umbria. La presenza politica sarà dei consiglieri, membri della commissione ambiente del consiglio regionale della Toscana, perché esprimano le loro posizioni e gli impegni verso il consiglio regionale, il presidente e la giunta toscana.

Una parte importante del convegno sarà dedicata alla “proposta” che un cambiamento è possibile e che si può e si deve fare una diversa politica energetica del territorio in alternativa a quella attuale inquinante e speculativa, che si basi sul risparmio energetico, sulla efficienza e fonti realmente rinnovabili e compatibili con la salvaguardia dell’ambiente. Un piano energetico costruito con la partecipazione e la gestione dei cittadini, nel quadro delle effettive necessità energetiche in una situazione nazionale contrassegnata dalla riduzione dei consumi elettrici che non legittima, in questo momento, costruzione di nuove centrali elettriche.

E che si può e si deve puntare a un altro sviluppo economico, sostenibile, alternativo al “polo geotermico” che la regione Toscana vuol fare dell’Amiata, che si basi sul grande patrimonio ambientale, storico e culturale e sulla valorizzazione delle risorse del territorio (bio-agricoltura di montagna, artigianato locale, natura, etc.), che devono essere alla base delle scelte e dei programma del governo dei nostri amministratori locali e della stessa regione Toscana. Una giornata di “riflessione collettiva” sulle scelte che riguardano il futuro dell’Amiata e del Centro Italia.

Si invitano alla partecipazione, i cittadini, i comitati, i movimenti, gli amministratori, i partiti politici, le associazioni e organizzazioni di categoria, la stampa e le TV locali, regionali e nazionali.

PROGRAMMA (scarica la locandina in pdf alta qualità)

Ore 14:30 ACCREDITO PARTECIPANTI

Ore 15:00 APERTURA LAVORI
Presidenza: Vittorio Fagioli, Rete NOGESI
Saluto del Sindaco di Abbadia S. Salvatore (Siena): Dr. Fabrizio Tondi
Introduzione: Velio Arezzini, SOS Geotermia

Ore 15:15 GEOTERMIA, MERCURIO, INQUINANTI
Prof. Roberto Barocci, Geotermia Elettrica: rischi per la salute pubblica e le acque
Prof. Andrea Borgia, geologo, Univ. Milano, Amiata: Un velenoso cocktail di inquinanti
Giuseppe Germani, sindaco di Orvieto (Terni), Mercurio: un problema emergente dell’Italia Centrale
Dott.ssa Solange Manfredi, giurista, portavoce Rete NOGESI, Strasburgo chiama Amiata
Ing. Giorgio Santuci, presidente EGS, Nuove tecnologie geotermiche: BHE (Borehole Heat Exchangers)

Ore 16:30 LA POLITICA
Sono stati invitati: Stefano Baccelli, presidente Commissione Ambiente Consiglio Regionale Toscana. (PD)
Giacomo Giannarelli, vice presidente Commissione Ambiente Consiglio Regionale Toscana. (M5S)
Tommaso Fattori, membro Commissione Ambiente Consiglio Regionale Toscana. (SI)
Manuel Vescovi membro del Consiglio Regionale Toscana (Lega Nord)

Ore 17:15 IL CAMBIAMENTO È POSSIBILE: PROPOSTE PER UN ALTRO SVILUPPO
Dr. Andrea Strozzi, ideatore del “Low Living & High Thinking”, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, L’insufficienza dell’efficienza
Claudio Galletti, Sindaco di Castiglione d’Orcia (Siena), Parco della Val d’Orcia e Amiata: i territori protagonisti
Bassetti Andrea, imprenditore, Presidente del Biodistretto della Val d’Orcia
Antonio Pacini, L’Orto Botanico del M. Amiata e la sua Biodiversità
Fabio Menchetti, agronomo, L’olivo sospeso – il museo dell’olio di Seggiano
Angelo Ghinassi, Sindaco di Acquapendente (Viterbo), I comuni dell’Alto Lazio per un NO alla geotermia e uno sviluppo sostenibile del territorio

Ore 18:30 DIBATTITO
Ore 19:00 Prof.ssa Cinzia Mammolotti, Il manifesto dell’Amiata: idee e proposte per lo sviluppo durevole del territorio / Il Parco Nazionale del M. Amiata


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Reportage – Cronache dal sottosuolo della geotermia italiana (da Internazionale)

La centrale geotermica di Latera, provincia di Viterbo, ottobre 2016. (Simona Pampallona per Internazionale)

Reportage – Cronache dal sottosuolo della geotermia italiana
di Angelo Mastrandrea
da Internazionale dell’11 gennaio 2017

Ci aveva creduto, Roberto Minervini, alla possibilità di creare un piccolo paradiso tropicale nell’Alta Tuscia viterbese. Dopo venticinque anni trascorsi a occuparsi di idrobiologia e pesca, dalla Somalia al Perù, aveva pensato di portare il mondo a casa sua. A Latera, poco meno di mille abitanti arroccati su un colle che affaccia su un’area vulcanica, vicino al lago di Bolsena, alla fine degli anni novanta l’Enel stava per aprire una centrale geotermica, figlia di un progetto pilota in joint venture con l’Agip risalente a vent’anni prima. Si trattava di una centrale che avrebbe usato una tecnologia a “ciclo binario”, vale a dire che i fluidi sarebbero stati reimmessi sottoterra dopo averli estratti a grande profondità e averne utilizzato il calore.
Provincia, comune e comunità montana avevano costituito un consorzio che, grazie a un finanziamento europeo di 4,5 miliardi delle vecchie lire, aveva costruito 31mila metri quadri di serre che avrebbero dovuto essere riscaldate con i vapori estratti dal sottosuolo vulcanico. Minervini, con alcuni soci in cooperativa, ne aveva presi in affitto cinquemila, con l’idea di mettere in piedi un allevamento di pesci destinati agli acquari e un vivaio di piante ornamentali. “Il progetto era tutto mio, puntavo al 10 per cento del mercato e a regime avrei impiegato almeno quindici persone”, mi aveva raccontato poco prima di Natale passeggiando tra le rovine del suo gioiellino, del quale rimane solo una vasca colma di acqua piovana nella quale sopravvivono alcune carpe giapponesi. “Era uno spettacolo a vedersi”, mi aveva detto allargando le braccia.

Archeologia energetica
Le cose avevano cominciato ad andar male fin dal primo giorno quando, accesi i motori, “le vetrate hanno cominciato a cadere” perché “le serre erano state costruite male e con materiali scadenti”. Ma il colpo al cuore doveva ancora arrivare. La centrale chiuse i battenti subito dopo essere andata in funzione, quando “si accorsero che non riuscivano a rispedire i gas nel sottosuolo”. Li dispersero nell’atmosfera e la puzza si sentì fino a Montefiascone, all’altro capo del lago di Bolsena, scatenando le proteste dei cittadini. Alla fine di marzo del 2002 l’Enel decise di fermare tutto perché “i costi per adeguarla erano eccessivi e non giustificavano il suo mantenimento operativo”. La centrale, spiegarono, era scarsamente remunerativa.
Oggi l’impianto di Latera è ancora al suo posto, nuovo di zecca e inutilizzato. Si parla di una sua riconversione a biomasse ma per il momento rimane una cattedrale nel deserto. Lungo la collina scendono i tubi che avrebbero dovuto portare il calore a valle, solo parzialmente ricoperti dalla natura che lentamente sta riprendendosi ciò che le era stato sottratto. Le serre abbandonate sono un precoce esempio di archeologia energetica. Minervini e gli altri imprenditori che avevano creduto nel progetto avevano provato ad andare avanti, confidando che prima o poi la centrale sarebbe ripartita. “Avevamo investito un miliardo di vecchie lire in questo progetto, ricevendo pure i complimenti dall’Unione europea”, mi aveva raccontato il biologo imprenditore, che aveva appena finito di smontare le vasche con i pesci, messe in vendita per ripianare i debiti della società, fallita con corollario di drammi personali, tra i quali il tentato suicidio di un socio che aveva impegnato tutto.
Lo sguardo di Minervini era quello mesto di chi ha preso una batosta dalla quale stenta a riprendersi, e chissà se pure nel suo caso la profonda delusione non sia stata alla radice del male che se l’è portato via in meno di un mese fa, agli inizi del nuovo anno, lasciandogli solo il tempo di completare la dismissione dell’acquario.

Fagioli è giunto alla conclusione che la geotermia non è un’energia rinnovabile, com’è invece considerata, e non è neppure così pulita come viene spacciata

Il caso di Latera potrebbe essere archiviato come un errore del passato, se non fosse che nella graduatoria delle dieci Istanze con procedimento avviato pubblicate sul sito del ministero dello sviluppo economico in seguito al “decreto Scajola” del 2011, che ha liberalizzato le trivellazioni, è comparsa una new-old entry: Latera, appunto. Da quel che si apprende, a presentare un nuovo “progetto pilota” è stata un’azienda con sede a Viterbo, la Latera sviluppo, e non è chiaro se abbia intenzione di rilevare l’impianto fermo o di costruirne un altro ex novo.
In pole position c’è invece una proposta presentata da un’altra impresa nella vicina Castel Giorgio, ad appena una ventina di chilometri di distanza, in provincia di Terni. Qui incontro Vittorio Fagioli, un ex dipendente dell’Enel in pensione, oggi diventato uno dei principali animatori della rete No geotermia elettrica speculativa e inquinante (Nogesi), che si batte contro il business del calore sotterraneo, segnalando i rischi provocati dalle perforazioni in profondità, dalla fratturazione idraulica, il fracking, e dalle emissioni dei gas nell’atmosfera: piccoli terremoti (l’Enea e l’Ispra ne hanno “documentati” alcuni di magnitudo 2,9 della scala Richter “indotti” dalla centrale di Latera), inquinamento delle falde acquifere e dell’aria per via dell’acido solfidrico, del mercurio, del boro e dell’arsenico estratti.

L’idrobiologo Roberto Minervini nella centrale di Latera, ottobre 2016. (Simona Pampallona per Internazionale)

Nel piccolo comune umbro dovrebbe nascere un “impianto-pilota” di nuova generazione, con cinque pozzi di estrazione fino a 1.200 metri di profondità e altri quattro di reiniezione dell’acqua profondi 2.300 metri. Ma i cittadini sono diffidenti e le amministrazioni locali non appaiono propense a ripetere l’esperienza fallimentare di Latera. Fagioli, che vive in un antico casale di campagna, si è messo a studiare ed è giunto alla conclusione che la geotermia non è un’energia rinnovabile, com’è invece considerata, e non è neppure così pulita come viene spacciata, a meno che non se ne faccia un “uso più capillare”, appunto, a bassa entalpia per uso abitativo.
Le associazioni ambientaliste dell’orvietano, dell’Alta Tuscia e del viterbese denunciano le criticità dell’azienda che ha avuto il permesso: “Dalle visure camerali risulta che la Itw-Lkw Geotermia Italia spa è una società vuota”, con capitale sociale iniziale di 200mila euro poi innalzato a un milione, e il curriculum del suo presidente è quello di un “commercialista e non di un imprenditore”, hanno messo nero su bianco in una lettera inviata alle istituzioni, a partire dal ministero dello sviluppo economico. Dalle carte risulta, a loro dire, che l’azienda italiana ha “un socio unico, la Itw&Lkw Beteiligungs Gmbh, impresa di investimenti a responsabilità limitata di diritto austriaco con soli 35mila euro di capitale, presieduta dal signor Werner Vogt e apparentemente di proprietà di una piccola ditta del Liechtenstein intestata allo stesso Vogt”. Soprattutto, sono sconcertati dalla “totale inesperienza” di quest’ultima: “La Itw non ha mai realizzato un impianto geotermico, neppure casalingo”.

Frutto avvelenato del decreto Scajola
Nel piccolo comune umbro, che si fregia del titolo di “capitale europea del football americano” per via del primo impianto realizzato in Italia per questo sport, sono convinti che il permesso per i nuovi pozzi sia un frutto avvelenato del decreto Scajola, che ha dichiarato “di pubblico interesse e di pubblica utilità” la geotermia a “media entalpia”, scavalcando le amministrazioni locali, e ha liberalizzato le concessioni, causando una moltiplicazione di richieste: 31 permessi sono stati assegnati nella sola Toscana, mentre nel Lazio se ne contano 25.
I comuni di Acquapendente, Allerona, Bolsena, Castel Giorgio, Grotte di Castro, Montefiascone e Orvieto e la provincia di Viterbo hanno fatto ricorso al Tar del Lazio contro la concessione, mentre la Rete Nogesi ha presentato esposti alla procura della repubblica, alla corte dei conti e all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), segnalando alcune anomalie che, se fossero accertate, getterebbero più di un’ombra sull’intera vicenda. Nel mirino, in particolare, sono finiti alcuni “conflitti d’interesse”, a cominciare da quello del “primo firmatario e project supervisor per la società Itw-Lkw Geotermia Italia Spa, il professor Franco Barberi” che, scrivono nei loro ricorsi, “dopo aver depositato al ministero per lo sviluppo economico l’istanza di permesso per i suoi impianti geotermici” è stato nominato, “in qualità di esperto in materia di risorse geotermiche”, componente della commissione “che deve approvare il suo progetto privato”.
In realtà Barberi, professore di vulcanologia, ministro con il governo Dini e sottosegretario con Prodi e D’Alema, nonché capo della protezione civile ai tempi della “missione Arcobaleno” in Kosovo, si è assentato al momento della votazione sul suo progetto, ma per gli ambientalisti questo non è stato sufficiente a garantire l’imparzialità dell’organismo e a evitare il conflitto d’interessi. Anche perché, insistono gli autori degli esposti, sua moglie Maria Luisa Carapezza, funzionaria dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), è stata incaricata dall’Istituto di “predisporre dati e relazioni” per la valutazione d’impatto ambientale sul progetto presentato dal consorte. Investito dal caso, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha però stabilito che il conflitto di interessi tra Barberi e Carapezza è “insussistente”.
Sotto la lente d’ingrandimento della rete contro il geotermico è finito pure il presidente della commissione che ha dato il via libera ambientale all’impianto, l’ingegner Guido Monteforte Specchi, accusato di aver partecipato a una conferenza come consulente privato della Itw-Lkw e di aver redatto e firmato, nella stessa veste, un “parere pro veritate”. I comitati hanno sottolineato pure un’altra anomalia: la relazione finale sull’impatto ambientale sarebbe stata affidata a un astrofisico, senza tener conto del “parere allarmato” dell’unico esperto di geotermia presente nella commissione.

Un pugno in un occhio
La verità è che l’idea di costruire un impianto per estrarre il calore dal sottosuolo a Castel Giorgio piace davvero a pochi. L’ex assessore all’ambiente della regione Umbria Silvano Rometti ha espresso “forti perplessità in merito agli aspetti deontologici connessi al ruolo esercitato” dall’ingegner Specchi, mentre la soprintendenza per i beni architettonici e ambientali dell’Umbria ha espresso un parere critico: la centrale sarebbe un impianto industriale di scarsa qualità architettonica, con macchinari in vista, tubi per il trasporto dei fluidi e prefabbricati. Il che, in una zona intonsa dal punto di vista paesaggistico, sarebbe come un pugno in un occhio, come dimostra il caso di Latera.

I tubi dell’impianto di Latera che avrebbero dovuto portare il calore a valle, ottobre 2016. (Simona Pampallona per Internazionale)

La professoressa Fedora Quattrocchi dell’Ingv, incaricata dai sindaci del territorio di preparare una controrelazione, scrive di “misure essenziali mal rilevate o non fatte, insufficienza dei dati raccolti, pericolosità di incidenti mortali per uomini ed animali sottaciute, pericolosità non rilevate per abitazioni e ambienti”. Senza troppi peli sulla lingua, la scienziata definisce la documentazione prodotta così carente da configurare una “truffa ai danni dei committenti e indirettamente allo stato”. Il progetto sarebbe stato inoltre bocciato dal gruppo di banche alle quali la Itw-Lkw si sarebbe rivolta per ottenere finanziamenti: la richiesta sarebbe stata negata dopo che tre esperti nominati dagli stessi istituti di credito (un geologo, un economista e un impiantista) avrebbero presentato relazioni negative.
L’azienda si difende sostenendo che la centrale non ripeterà il flop di quest’ultima, perché sarà un impianto a emissioni zero e a ridottissimo impatto ambientale: in un comunicato si legge che esso sarà a “media entalpia”, dunque meno invasivo, e userà anche in questo caso una piattaforma “a ciclo binario”, con l’estrazione dei gas del suolo da una parte e la loro reimmissione nel sottosuolo dall’altra, senza disperderli nell’atmosfera. Inoltre, spiegano, “non sono previste le torri di trivellazione che impattano pesantemente sul paesaggio”.
Per i comitati si tratta solo di campagne di “greenwashing”, che puntano a far apparire ambientalmente presentabile una struttura che invece non lo sarà. Tutti hanno partecipato, agli inizi di novembre ad Acquapendente, nel viterbese, agli Stati generali della geotermia. Tra gli invitati c’era pure il primo cittadino di Casole Val D’Elsa, primo comune d’Italia a dichiararsi “degeotermizzato”. Nel paesino senese l’amministrazione ha dato la parola ai cittadini e il risultato è stato un plebiscito di no al geotermico: ben 1.326 sono stati i voti contrari, contro appena 94 voti favorevoli. Ma l’intervento più sorprendente è stato quello del presidente del consorzio di tutela del Morellino di Scansano, intervenuto in rappresentanza di 106 aziende vitivinicole a esprimere la “profonda preoccupazione” per le conseguenze d’immagine negative che la geotermia potrebbe avere su un prodotto d’eccellenza come il celebre vino toscano.

A tutto geyser
L’Italia non è l’Islanda, che ricava dai geyser due terzi della sua energia, ma è al top in Europa, grazie alla presenza di zone vulcaniche e faglie appenniniche da cui attingere acqua calda e vapore: il 10 per cento della geotermia mondiale e la metà di quella europea sono “made in Italy”. La Toscana, che si alimenta al 25 per cento grazie al calore delle viscere della terra, la considera alla stregua di un prodotto tipico dal giorno in cui Pietro Ginori Conti, bisnipote di Francesco Larderel che aveva promosso lo sfruttamento dei soffioni boraciferi toscani, riuscì ad accendere cinque lampadine con l’energia presa dal calore del sottosuolo. Era il 1 luglio del 1904 e da allora molte cose sono cambiate.
Oggi la centrale di Larderello produce 547 MW di elettricità, quanto un impianto nucleare, mentre una ricerca epidemiologica condotta dalla fondazione Monasterio, dal Cnr di Pisa e dall’Agenzia regionale di sanità della Toscana ha messo in evidenza un aumento della mortalità maschile nei comuni “geotermici” del 13 per cento rispetto alla media regionale, con il 30 per cento in più di morti per tumori nei comuni di Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio e Arcidosso. Sui dati si è scatenata la bagarre: la regione Toscana ha provato ad attribuirli a differenze negli “stili di vita” dei cittadini dell’Amiata rispetto agli altri, i comitati ritengono che le emissioni degli impianti concorrano a peggiorare la salubrità dell’ambiente e dunque delle persone, mentre l’Enel, titolare degli impianti, ha negato qualsiasi relazione di causa-effetto.

In questo momento quella dell’Amiata è la ‘più grande questione ambientale dell’Italia centrale’

L’interno di un edificio dell’impianto di Latera, ottobre 2016. (Simona Pampallona per Internazionale)

Quale che sia la verità, l’unica certezza è che le morti in più non dipendono dagli “stili di vita”: uno studio dell’Agenzia regionale di sanità ha stabilito che gli abitanti dell’Amiata non fumano più sigarette, non mangiano peggio, non fanno minore attività fisica e non bevono più alcolici di chi abita in un raggio di cinquanta chilometri e ha un tasso di mortalità inferiore. La rete Sos Geotermia cita una ricerca pubblicata sul Journal of cleaner production, secondo la quale “l’inquinamento prodotto da gas a effetto serra emessi delle centrali geotermiche in Amiata è quasi simile a quello di una centrale a carbone di uguale potenza”, e uno studio di QualEnergia che prende di mira le emissioni di ammoniaca.
Il problema dell’Amiata, a loro dire, è l’utilizzo di una tecnologia considerata “superata”: si chiama “flash” e prevede la dispersione dei gas nell’atmosfera, attraverso dei filtri, mentre i liquidi condensati sono reiniettati nel terreno. Per questo i comitati toscani hanno deciso di presentare un ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, sostenendo che “in una situazione già considerata a rischio non è corretto aggiungere altri inquinanti nell’atmosfera, anche se provengono da impianti a norma”. “Ci appelliamo allo stesso principio utilizzato nelle grandi città quando si superano i livelli di pm10: si vieta l’utilizzo delle auto”, dice Roberto Barocci, uno dei principali esponenti della rete toscana. A loro avviso, in questo momento quella dell’Amiata è la “più grande questione ambientale dell’Italia centrale”.
Enel Green Power, proprietaria degli impianti contestati, è di tutt’altra opinione. Rispondendo all’accusa, lanciata da un ambientalista locale a mezzo stampa, di essere la responsabile indiretta del crollo della produzione di castagne sull’Amiata, attaccate da un insetto killer proliferato a causa delle esalazioni, l’azienda ha risposto che “le emissioni geotermiche, peraltro sostitutive di manifestazioni naturali, vengono abbattute per la quasi totalità dagli impianti Amis (che abbattono le esalazioni di mercurio e idrogeno solforato, ndr) e, per le centrali di Bagnore, anche da un innovativo impianto di abbattimento ammoniaca”. Inoltre, “dalle torri di raffreddamento esce per il 99,4 per cento vapore acqueo e co2 carbon free, su cui sono in corso innovativi progetti pilota per l’utilizzo della co2 a fini alimentari”. La società dell’Enel deputata allo sviluppo delle energie rinnovabili, oltre alle 94 centrali e ai 490 pozzi in tutta Italia, ha conquistato una posizione da leader nel settore in tutto il mondo: fornisce il 30 per cento dell’energia in El Salvador, ha costruito quattro centrali negli Stati Uniti e si è appena aggiudicata la gara per la costruzione di un impianto da 55 MW in Indonesia.

Prossimo obiettivo: la solfatara di Pozzuoli
Favorevoli e contrari concordano su un unico punto: la geotermia va fatta bene. Il principio è stato messo nero su bianco, dopo una serie di audizioni di comitati territoriali, amministratori locali ed esperti, in una risoluzione approvata all’unanimità dalle commissioni ambiente e attività produttive alla camera dei deputati. Nel testo si sollecita il governo a emanare delle “linee guida” per le nuove concessioni delle quali la Valutazione d’impatto ambientale dovrà tenere conto. Inoltre, si chiede di “favorire lo sviluppo e la diffusione della geotermia a bassa entalpia, ossia con impianti che sfruttano il calore a piccole profondità, per l’importante contributo che può dare alla riduzione del fabbisogno energetico del patrimonio edilizio italiano”.
Ma lo scontro pare destinato inevitabilmente a riaccendersi. Il motivo è riassunto nei dati forniti al parlamento dall’Unione geotermica italiana: le risorse potenzialmente estraibili sono pari a 500 milioni di tonnellate di petrolio. In buona sostanza, sembrano dire i fautori della geotermia, siamo seduti su una miniera di calore e questo potrebbe essere il nostro oro.
All’orizzonte già si delinea il prossimo fronte: i Campi Flegrei. Un’azienda con sede a Napoli, la Geoelectric, vorrebbe trivellare la solfatara di Pozzuoli e il vulcanologo dell’Osservatorio vesuviano Giuseppe Mastrolorenzo lancia l’allarme: “È un progetto pericolosissimo, perché si vuole bucare il vulcano più pericoloso al mondo, dove ogni giorno vengono emesse dalle fumarole tremila tonnellate di co2”. La centrale verrebbe costruita su un bordo esterno del cratere, dove le emissioni naturali, come in un’enorme pentola a vapore, sono più forti e non c’è bisogno di scendere troppo in profondità. Secondo lo scienziato dell’Ingv, l’estrazione e soprattutto la reimmissione dei gas nel sottosuolo potrebbero provocare pericolosi terremoti, “in un’area già molto attiva dal punto di vista sismico e bradisismico”: tra il 1983 e il 1984 la città di Pozzuoli si sollevò di quasi due metri, il tempio romano di Serapide, fino ad allora sommerso, tornò al di sopra delle acque e si registrarono diecimila microterremoti. Soprattutto, si rischia di risvegliare il mostro dormiente. “La risalita del magma è un’ipotesi estrema, ma non può essere esclusa”, avverte Mastrolorenzo.

Per gli esponenti della rete Nogesi gli incentivi pubblici andrebbero indirizzati a piccoli contributi per impianti a bassissimo impatto

Quella dei Campi Flegrei non è l’unica centrale geotermica prevista in Campania: da mesi sull’isola di Ischia si polemizza sulla possibile costruzione di un impianto a Serrara Fontana, alle falde del monte Epomeo. A insorgere contro il progetto della società Ischia geotermia sono stati soprattutto albergatori e gestori delle terme, preoccupati per la possibilità che si possano modificare “le caratteristiche fisiche delle acque”, facendo crollare la maggiore risorsa turistica dell’isola.
“Perché continuare a costruire centrali quando i consumi stanno calando e l’Italia si sta deindustrializzando? Abbiamo davvero bisogno di altri 50 MW di energia elettrica quando già utilizziamo molto meno di quello che produciamo?”, si chiede Fagioli. Di 130mila MW di potenza installata, l’Italia ne utilizza non più di 60 mila, e in questo contesto il geotermico appare ben poca cosa. Piuttosto, i comitati propongono che lo sfruttamento del calore sotterraneo avvenga con la “bassa entalpia”, vale a dire estraendo il calore a temperature inferiori ai 90 gradi, senza bisogno di scendere in profondità, e consentendo di riscaldare le abitazioni senza inquinare e rischiare di provocare terremoti. Per gli esponenti della rete Nogesi gli incentivi pubblici andrebbero indirizzati in quella direzione: piccoli contributi per impianti a bassissimo impatto.
Ma la legge Scajola va in tutt’altra direzione: le liberalizzazioni previste a molti fanno rimpiangere l’epoca in cui a gestire il geotermico era solo l’Enel e non le tante aziende che nascono come funghi per saltare sul carro degli incentivi di stato. Per dare il senso del fallimento delle privatizzazioni, citano un solo dato: dall’approvazione della legge Scajola che ha dato il via libera alle trivelle, delle dieci nuove centrali previste non ne è stata costruita ancora neppure una.