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Geotermia all’assalto. Se la Toscana piange, il Lazio non ride…

Riprendiamo e pubblichiamo quanto apparso sul sito dell’Osservatorio Ambientale del Lago di Bolsena che lamenta l’assalto al territorio a cui stiamo assistendo ultimamente da parte di Enel e altre società per lo sfruttamento della geotermia.
Ci preme evidenziare quanto scrive -giustamente preoccupato- Piero Bruni e che è esattamente quello che si è verificato in Amiata tra bacino ‘potabile’ e bacino ‘geotermico’.

Geotermia – ritorna l’incubo?
Negli ultimi anni c’è stata una “esplosione di richieste per nuovi permessi di ricerca di risorse geotermiche” (Unione Geotermica Italiana, novembre 2011) in Italia, favorita dall’incentivazione (i “certificati verdi”) e nuove disposizioni legislative (D. lgs. n. 22 11/2/2010). Una parte consistente di queste richieste riguarda il Lazio (34 richieste per una superficie totale di 3200 km²) e in particolare la zona del Lago di Bolsena: i Comuni di Grotte di Castro, San Lorenzo, Gradoli, Valentano, Canino, Cellere, Arlena di Castro, Capodimonte, Marta, Montefiascone, Viterbo, Bagnoregio, Celleno, Bolsena, Castel Giorgio, Torre Alfina… Attori sono varie società: Enel Green Power, Sorgenia, ERG Renew, Repower, Power Field, Geotermica, Tombelle e altre. A Celleno è stato rilasciato un permesso di ricerca geotermica in favore della Geoenergy S.r.l. in una vasta area che tocca i comuni di Bagnoregio, Civitella d’Agliano, Graffignano, Celleno, Montefiascone e Viterbo. Il progetto prevede nella fase successiva la perforazione di un pozzo “Celleno 1” (3000 m di profondità) in località Salcione. Il permesso rilasciato a Grotte di Castro riguarda i Comuni di Grotte, San Lorenzo Nuovo, Bolsena, Gradoli, Onano, Acquapendente e Orvieto e prevede la perforazione di due pozzi esplorative / di produzione.
Lo sfruttamento delle risorse geotermiche spesso ha un grave impatto sull’ambiente e sulla salute della popolazione, come ci insegna il passato (centrale di Latera) e il presente nella zona dell’Amiata (vedi SOS Geotermia, coordinamento dei movimenti per l’Amiata).
Invitiamo i cittadini a vigilare sulle attività dei Comuni e delle società.

Riproduciamo qui sotto un articolo apparso su “Lo Jonco”, il bollettino dell’associazione La Porticella, in agosto 2012.

Geotermia – ritorna l’incubo?
di Piero Bruni
Ci risulta che in occasione delle Conferenze di Servizi presso la Regione Lazio sono stati autorizzati studi per lo sfruttamento dell’energia geotermica nelle immediate adiacenze del lago di Bolsena. Sono passati dieci anni dalla brutta esperienza della centrale geotermica di Latera e molti cittadini ricordano ancora il puzzo di uova marce che da Latera arrivava a Marta, Montefiascone e Bolsena. Questa volta però si tratta di una nuova tecnologia “inodore” che sfrutterebbe solo il calore della falda geotermica senza l’emissione di gas in atmosfera. Permane però il pericolo più subdolo e temibile che è l’inquinamento della falda acquifera superficiale. Come noto il lago è la parte affiorante di un grande acquifero che si estende nel territorio che lo circonda e dal quale attingono i pozzi di acqua potabile, la cui produzione è compensata dalle piogge. Sotto la falda acquifera, si trova uno strato di terreni sostanzialmente impermeabili dello spessore di oltre 1000 metri e sotto ancora una falda contenente acqua caldissima. Questa, che per semplicità possiamo chiamare falda geotermica, contiene inquinanti pericolosi quali arsenico, anidride solforosa, anidride carbonica e altro. Per ottenere energia elettrica con la nuova tecnologia s’invierebbe l’acqua della falda geotermica, fornita dai pozzi di produzione, a degli scambiatori di calore in cui un fluido a circuito chiuso azionerebbe le turbine elettriche. L’acqua geotermica, raffreddata attraversando lo scambiatore verrebbe quindi re-iniettata integralmente nella falda geotermica attraverso dei pozzi ubicati a qualche chilometro di distanza, senza emissione di gas maleodoranti. Il problema nasce dal fatto che lo strato di terreni che separa le due falde acquifere non è del tutto impermeabile perché la tettonica dell’Era terziaria e le trascorse attività vulcaniche vi hanno provocato innumerevoli fratture, difficilmente individuabili, che potenzialmente consentono flussi di acqua ascendenti e discendenti. Attualmente, malgrado le fratture, non vi è scambio di fluido fra le due falde perché nel corso di tempi geologici le pressioni si sono equilibrate. Ma l’equilibrio verrebbe turbato dai pozzi geotermici. Infatti, la nuova tecnologia proposta provoca (come la vecchia) due criticità: i pozzi di estrazione creano una zona di depressione nella falda geotermica che potrebbe richiamare acqua in senso discendente dalla falda potabile; i pozzi di re-iniezione creano una zona di sovra-pressione che potrebbe causare un flusso ascendente nella falda potabile di acqua geotermica inquinandola con arsenico, e quant’altro. I rischi di contaminazione del lago e dell’acqua potabile rimangono altissimi. Fare degli studi non fa male a nessuno, ma vogliamo ricordare che siamo in un Sito d’Interesse Comunitario: ci auguriamo che prima di autorizzare trivellazioni venga fatta un’attenta valutazione di incidenza e di opportunità.

La Regione da il ‘VIA’ a Bagnore 4, i Sindaci saranno responsabili dei controlli. Il ‘quasi’ popolo amiatino non ci sta!

La nuova centrale insieme alla vecchia Bagnore 3, ‘fortunatamente’, avveleneranno aree ‘quasi’ disabitate. Controlli affidati ai Sindaci: con quali strumenti?

Il 19 settembre us sul BUR, bollettino ufficiale della regione, è stata pubblicata, e quindi diventa operativa, la delibera di giunta regionale n.810 del 10 settembre us con la quale, all’unanimità, il presidente ENRICO ROSSI, e gli assessori ANNA RITA BRAMERINI, SALVATORE ALLOCCA, LUCA CECCOBAO, RICCARDO NENCINI, GIANNI SALVADORI, GIANFRANCO SIMONCINI e STELLA TARGETTI, ‘…esprimono, ai sensi dell’art.18 della L.R. 79/98 e per le motivazioni e considerazioni sviluppate nell’Allegato A, pronuncia positiva di compatibilità ambientale del Progetto…’ della  megacentrale BAGNORE 4 da 40 MW, che triplicherà quindi la potenza fin qui presente con la ‘vecchia’ centrale Bagnore 3 di 20 MW.
A leggere bene ‘l’allegato A’, cioè il verbale della Conferenza di Servizi del 4 settembre us, tra le considerazioni di carattere sanitario, sconcerta quanto non si tenga in nessun conto salute e ambiente; infatti si dice ‘…che in merito all’impatto sanitario, l’Agenzia Regionale di Sanità – ARS, ….rileva che dalla documentazione fornita circa lo studio della diffusione e della ricaduta delle sostanze emesse dalle centrali di Bagnore 3 e Bagnore 4, si “evidenziano ricadute in aree quasi del tutto non abitate“.
Tanto sarebbe dovuto bastare per rimandare il progetto al mittente, ma c’è di più e, forse, di peggio.
Come prevedibile il via libera è condizionato da innumerevoli prescrizioni che, se venissero attuate, già metterebbero in serio dubbio la realizzazione dell’impianto; ma dare seguito alle prescrizioni è compito della stessa Enel che, sicuramente, ottempererà…
Chi controllerà? La Regione passa il cerino agli amministratori locali, infatti, delibera ‘…di individuare nei seguenti soggetti gli Enti competenti al controllo dell’adempimento delle prescrizioni: l’Unione dei Comuni Montani Amiata Grossetana nonché il Comune di Arcidosso e di Santa Fiora, ognuno per il territorio di rispettiva competenza.’ Come faranno mai? Con quali strumenti?
Il rischio più che probabile e che ci ritroveremo, fra un po’ di anni, ad assistere al solito balletto di responsabilità tra regione, comuni ed enel!
Il ‘quasi’ popolo dell’Amiata non ci sta!
Il coordinamento Sos Geotermia annuncia fin da ora il ricorso al TAR contro la delibera ed auspica che anche gli Amministratori locali facciano altrettanto in quanto responsabili della salute pubblica e, nello specifico, responsabili di controlli che probabilmente non saranno mai in grado di fare.
Un appello doveroso va fatto anche a tutti gli operatori economici dell’Amiata, soprattutto del settore agro-alimentare, alle associazioni e agli enti, che hanno nella qualità dell’ambiente un valore aggiunto nel loro operare.
A breve verranno lanciate iniziative in tutti i paesi per informare i 20.000 ‘disabitanti’ dell’Amiata delle decisioni che continuano a prendere sulla loro pelle e sull’ambiente e per coinvolgerli nelle forme di ‘resistenza’ da attuare, ad iniziare proprio dal ricorso al TAR.

Corriere di Maremma del 23 settembre 2012

Il movimento Sos geotermia si oppone alla decisione della Giunta “Ricorreremo al Tar contro le delibera regionale di compatibilità ambientale di Bagnore 4”

ARCIDOSSO. Il coordinamento dei movimenti per l’Amiata interviene sulla geotermia: “Il 19 settembre – si legge in una nota – sul Bollettino ufficiale della regione è stata pubblicata, ed è quindi diventa operativa, la delibera di giunta numero 810 del 10 settembre con la quale, all’unanimità, il presidente Enrico Rossi e gli assessori Anna Rita Bramerini, Salvatore Allocca, Luca Ceccobao, Riccardo Nencini, Gianni Salvadori, Gianfranco Simoncini e Stella Targetti esprimono pronuncia positiva di compatibilità ambientale del progetto della megacentrale Bagnore 4 da 40 megawatt, che triplicherà quindi la potenza fin qui presente con la vecchia centrale Bagnore 3 di 20 megawatt. A leggere bene il verbale della Conferenza di servizi del 4 settembre, tra le considerazioni di carattere sanitario sconcerta quanto non si tengano in nessun conto salute e ambiente; infatti si dice ‘che in merito all’impatto sanitario, l’Agenzia regionale di sanità (…) rileva che dalla documentazione fornita circa lo studio della diffusione e della ricaduta delle sostanze emesse dalle centrali di Bagnore 3 e Bagnore 4 si evidenziano ricadute in aree quasi del tutto non abitate’. Tanto sarebbe dovuto bastare per rimandare il progetto al mittente, ma c’è di più e, forse, di peggio. Come prevedibile il via libera è condizionato da innumerevoli prescrizioni che, se venissero attuate, già metterebbero in serio dubbio la realizzazione dell’impianto; ma dare seguito alle prescrizioni è compito della stessa Enel che, sicuramente, ottempererà. Chi controllerà? La Regione passa il cerino agli amministratori locali, infatti, delibera ‘…di individuare nei seguenti soggetti gli enti competenti al controllo dell’adempimento delle prescrizioni: l’Unione dei Comuni montani Amiata grossetana nonché il Comune di Arcidosso e di Santa Fiora, ognuno per il territorio di rispettiva competenza’. Come faranno mai? Con quali strumenti? Il rischio più che probabile è che ci ritroveremo, fra un po’ di anni, ad assistere al solito balletto di responsabilità tra regione, comuni ed Enel. Il coordinamento Sos Geotermia annuncia fin da ora il ricorso al Tar contro la delibera ed auspica che anche gli amministratori locali facciano altrettanto in quanto responsabili della salute pubblica e, nello specifico, responsabili di controlli che probabilmente non saranno mai in grado di fare. Un appello doveroso va fatto anche a tutti gli operatori economici dell’Amiata, soprattutto del settore agro-alimentare, alle associazioni e agli enti che hanno nella qualità dell’ambiente un valore aggiunto nel loro operare. A breve verranno lanciate iniziative in tutti i paesi per informare i 20mi la ‘disabitanti’ dell’Amiata delle decisioni che continuano a prendere sulla loro pelle e sull’ambiente e per coinvolgerli nelle forme di resistenza da attuare, ad iniziare proprio dal ricorso al Tar”.

La Nazione del 25 settembre 2012

SANTA FIORA PREOCCUPAZIONE DEL COMITATO SOS GEOTERMIA
«Bagnore4, via libera con molti limiti Come faranno a controllarne il rispetto?»
di Cristiano Bernacchi
DOPO la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale Regionale della delibera n. 810 del 10 settembre scorso, che esprime parere favorevole alla realizzazione della centrale geotermica Amiatina di Bagnore4, il comitato ambientalista Sos Geotermia lancia l’ennesimo grido di allarme. «A leggere bene l’allegato A dice il comitato , cioè il verbale della Conferenza dei Sevizi del 4 settembre scorso, tra le considerazioni di carattere sanitario, sconcerta quanto non si tenga in nessun conto salute e ambiente. Infatti, in merito all’impatto sanitario, l’Agenzia Regionale di Sanità rileva che dalla documentazione fornita circa lo studio della diffusione e della ricaduta delle sostanze emesse dalle centrali di Bagnore 3 e Bagnore 4, si “evidenziano ricadute in aree quasi del tutto non abitate”». Secondo la valutazione di Sos Geotermia, questa sarebbe già una ragione sufficiente per rimandare il progetto direttamente al mittente, ma c’è dell’altro. «Come prevedibile fanno notare dal comitato il via libera è condizionato da innumerevoli prescrizioni che, se venissero attuate, già metterebbero in serio dubbio la realizzazione dell’impianto. Ma dare seguito alle prescrizioni è compito della stessa Enel che, sicuramente, ottempererà». A questo punto le domande che si pongono i comitati sono diverse. E, partendo dall’assunto che se la Regione ha demandato agli amministratori locali (Unione dei Comuni amiatini del versante Grossetano, Comune di Arcidosso e Santa Fiora) il compito di controllo sull’adempimento delle prescrizioni emerse sul progetto di Enel, bisogna capire come faranno mai a controllare? E soprattutto con quali strumenti? La preoccupazione del comitato è che si corra il serio rischio di ritrovarsi fra qualche anno ad assistere ad un balletto di responsabilità tra Regione, Enel e Comuni. Alla luce del fatto che questa previsione, avanzata dal comitato, si profili in un futuro neanche troppo prossimo, il Coordinamento Sos Geotermia annuncia che farà ricorso al Tar e che a breve ci saranno mobilitazioni di piazza su tutto il territorio investito dallo sfruttamento geotermico, affinché la causa venga sposata dal maggior numero di residenti dell’Amiata.

La Nazione del 26 settembre 2012

«Vigileremo sulle emissioni e faremo riferimento alla Regione»

ARRIVA senza farsi attendere la risposta di uno dei sindaci dei Comuni chiamati a costituire l’osservatorio che dovrà pronunciarsi sul rispetto delle prescrizioni inserite sulla Via (Valutazione impatto ambientale) approvata dalla Regione intorno al progetto Enel di Bagnore-4. A seguito delle proteste di «Sos Geotermia» che paventava ipotesi nefaste sul futuro dell’Amiata dopo l’approvazione della Via per la centrale, il sindaco di Arcidosso Emilio Landi vuole fare chiarezza. «Quello che fino ad oggi è stato approvato è solo una parte di un progetto che nel suo iter di realizzazione ha ancora molto da vedere. Infatti, quello che è stato concluso con la delibera della Regione, oltre alla Via riguarda il coinvolgimento diretto dei comuni di Arcidosso, Santa Fiora e l’Unione dei Comuni attraverso un osservatorio, in fase di costituzione, che dovrà pronunciarsi su alcune delle 39 prescrizioni integrate nel progetto di Enel. Quindi il gruppo di specialisti costituito da i soggetti del territorio, dovrà verificare che le prescrizioni siano adempiute in modo corretto, inoltrando così direttamente alla Regione il proprio parere sul lavoro svolto. Verrà inoltre inserita una cabina di controllo delle emissioni a pochi metri dalla centrale geotermica per monitorare in loco i valori». Questo osservatorio che poteri avrà? «Saranno quelli di semplice verifica. Anche perché è bene ricordare che le azioni sanzionatorie, così come di concessione sulla sfruttamento geotermico, non sono in potere né ai Comuni né all’Unione, quindi il nostro ruolo sarà quello di verificare che le prescrizioni avanzate siano rispettate e se questo non avverrà non faremo altro che comunicarlo alla Regione la quale prenderà le dovute decisioni».

Risponde SOS Geotermia:

Non ci sembra che né quanto stabilisce la delibera 810 (‘…di individuare nei seguenti soggetti gli Enti competenti al controllo dell’adempimento delle prescrizioni: l’Unione dei Comuni Montani Amiata Grossetana nonché il Comune di Arcidosso e di Santa Fiora, ognuno per il territorio di rispettiva competenza.’ ), né le responsabilità in materia di salute pubblica che la legge pone in capo ai Sindaci, possano far dormire sonni tranquilli al Sindaco di Arcidosso e ai suoi colleghi amiatini.
Inoltre il Sindaco Landi sembra aver dimenticato le condizioni sottoscritte anche dal Sindaco di Arcidosso nell’Accordo con Regione Toscana ed ENEL, laddove si precisava in modo molto chiaro che nuovi impianti di sfruttamento geotermico avrebbe potuto essere autorizzati solo se le verifiche e i monitoraggi avessero escluso ogni possibile rischio, questo prima e non dopo le autorizzazioni.
Come paventavamo nel comunicato, non vorremmo che iniziassero i ‘balletti’ sulle responsabilità ancor prima che si inizi il cantiere della nuova centrale; meglio avrebbero fatto i Sindaci ad esigere, prima della VIA, le verifiche sull’impatto di una nuova centrale che triplicherà le emissioni a Bagnore.
Per questo rivolgiamo un ennesimo appello anche a loro: fermiamo adesso l’attività geotermica e apriamo un serio dibattito sul futuro dell’Amiata, prima che -a danni fatti- qualcuno sia chiamato a risponderne (e l’esperienza di casi analoghi in Italia suggerisce che a pagare saranno, oltre ai cittadini, solo i ‘pesci piccoli’).

Grosseto, 21 settembre 2012. Consiglio comunale ‘aperto’ sull’acqua

Consiglio comunale dedicato all’acqua oggi a Grosseto, aperto agli interventi dei cittadini. Ci saranno il presidente dell’Acquedotto del Fiora, Ceroni, e il Sindaco di Grosseto, Bonifazi, che è anche presidente dell’Assemblea dell’ATO.
Ci saranno anche Barocci del Forum Ambientalista Grosseto (che partecipa al coordinamento SOS Geotermia) e Andrea Marciani del Forum Acqua di Grosseto che col loro intervento di denuncia sull’inquinamento e sulla riduzione del bene Acqua richiameranno gli amministratori alle loro responsabilità amministrative e politiche. Di seguito il testo degli interventi.
-Aggiornamento del 24 settembre- pubblichiamo il comunicato del Comitato Acqua Bene Comune Grosseto Amiata Val d’Orcia:

Addio acqua del Fiora : berremo acqua di mare, senza sale, e acqua del Merse, senza veleni(?) con bollette alle stelle e profitti garantiti a chi inquina

Il 21 settembre us, a Grosseto, si è tenuto il Consiglio comunale “aperto” sulla tutela e gestione dell’acqua.
Confermata la notizia che le perdite della rete idrica si attestano ancora sul 50% (come dato di efficienza non c’è male! Nonostante che, come grossetani e senesi, paghiamo le bollette tra le più alte d’Italia), sia l’Acquedotto del Fiora, con Ceroni che il Commissario regionale dell’AIT, con  Periccioli sono stati concordi nel dire che senza un intervento finanziario pubblico la rete attuale dell’acquedotto non si può riparare. La soluzione secondo Periccioli, che evidentemente anticipa le decisioni che prenderà la Regione, sta in altri interventi, piuttosto che la manutenzione dell’esistente; sembrerebbe che si preferisca, così, abbandonare progressivamente l’acquedotto del Fiora.
Secondo loro, avendo davanti a noi un mare di acqua, si dovrebbero fare dissalatori lungo tutta la costa, anche se, come ha fatto notare l’AD di Ombrone SpA l’acqua dissalata sia oggi quella che costa di più (per tacere di quanto costerà in futuro e delle qualità organolettiche, aggiungiamo noi). Poi, sempre  secondo Periccioli, si potrà riprendere il progetto del grande invaso del Merse (senza il Farma), progetto a suo tempo abbandonato perché non economico dati i tempi brevi di riempimento da sedimenti. Ma, come non ricordare che il Merse diventò “rosso”, nel 2001 per lo sversamento, ancora in atto, dei veleni provenienti dalla Miniera di Campiano, che impongono un trattamento quotidiano di bonifica? Quale acqua ci regaleranno questi progetti e a quale costi?
Ma lo scenario che si intravede è ben più preoccupante, perché nel frattempo, sia Fiora che AIT  hanno espresso parere favorevole alla Regione affinché si lascino all’ENEL le acque dell’Amiata per triplicare lo sfruttamento Geotermico.
L’acquifero del Fiora sta diminuendo in rapida progressione mentre aumenta la quantità di arsenico. Il maggior imputato è lo sfruttamento geotermico che ENEL, su autorizzazione della Regione, incrementa, continuando ad usare tecnologie obsolete fortemente impattanti sull’ambiente.
Le royalties che ENEL paga sono più importanti per Regione e Comuni sede di impianti; che la salute delle popolazioni, la tutela dell’ambiente e l’acqua naturale per le future generazioni.
Né va meglio nel resto delle aree minerarie. L’acqua di falda della Piana di Scarlino, le acque dei canali drenanti di miniera non vengono bonificate, perdendo così una quantità immensa di acqua che potrebbe essere ad uso potabile. Ma anche qui ENI non viene chiamata a pagare.
Quindi sembra che abbiano già deciso di abbandonare all’ENEL e all’ENI le acque naturali dell’Amiata e delle Colline Metallifere, facendo pagare a noi contribuenti i dissalatori dell’acqua di mare, gli abbattitori di Arsenico e il grande invaso sul Merse.
Siamo usciti da questa riunione avendo avuto la dimostrazione lampante che il sistema di gestione misto pubblico/privato di questo bene primario che è l’acqua non può essere lasciata in queste mani, né che l’acqua possa continuare ad essere una merce; deve essere non solo pubblica ma, soprattutto, gestita in modo partecipato dal basso. Un’amara verità è emersa: se anche nel passato si fosse valutata la convenienza economica solo a brevissimo termine, come fanno oggi i neoliberisti, lo Stato non avrebbe mai investito e realizzato l’Acquedotto del FIORA e questa regione sarebbe oggi una landa abbandonata.

Gli interventi:

Roberto Barocci

Se ci si limita a proclamare che l’acqua è sempre stata di proprietà pubblica e che i referendum non avevano ragione di essere, ma al contempo si tace sul fatto che le conoscenze, le competenze e il saper fare sono state affidate ad un soggetto privato, si compie un’operazione politica disonesta. Purtroppo in molti lo hanno fatto, approvando in queste aule, con tali argomentazioni, lo Statuto della Spa Acquedotto del Fiora, e, tutt’oggi, c’è chi sostiene ancora queste posizioni disoneste.
Infatti, da sempre è risaputo che il controllo reale di un impresa è nelle mani di chi  ha le conoscenze e le competenze, il sapere e il saper fare e in Economia Aziendale il Know how è persino sinonimo di buoni affari. Se poi una parte di tale conoscenze sono esercitate in regime di monopolio, come oggi accade per quelle idrogeologiche, sulla estensione e qualità di una falda idrica o sulle condizioni di stabilità di una conduttura o di un’opera di captazione, il proprietario reale dell’acqua, cioè il gestore della rete, gode anche di una posizione di rendita.
Con uno slogan, quindi semplificando, possiamo dire che l’Acqua appartiene a chi gestisce le tubature.
Per questo motivo in questi ultimi anni i consiglieri comunali sono stati espropriati delle scelte sull’acqua e mai hanno potuto scegliere quale tipo di opera fosse preferibile o quale tipo di finanziamento fosse più opportuno. Non credo di sbagliare affermando che neppure i Sindaci in sede di Assemblee dell’ATO abbiano avuto la possibilità di scegliere. Se i Sindaci sono stati trasparenti, al massimo hanno comunicato ai loro consiglieri le scelte già compiute e ratificate.
Per questi motivi siamo a illustrarvi tre fatti documentati, che possono esservi utili nel momento che fosse per voi possibile esercitare una funzione, che per legge vi è affidata: il diritto di scegliere come gestire il bene Acqua per conto dei cittadini e del mandato ricevuto.

1- Non corrisponde al vero che l’acqua manca.
E’ vero invece che molte sorgenti di acqua, in Amiata e in particolare in tutte le località delle Colline Metallifere sono inquinate da soggetti privati, da ENI in particolare. Nessun Ente pubblico, tranne l’ex sindaco di Montieri, ha imposto a tale società il rispetto della legge: quello di compiere le dovute bonifiche. Tanto meno si è attivato il sig. Moreno Periccioli, già Presidente dell’ATO/Acqua, poi commissario regionale, ma anche Presidente della Scarlino Energia, a cui spetterebbe da una parte la difesa delle risorse idriche e dall’altro tutte le bonifiche ereditate da Eni su Scarlino dopo l’acquisto dell’inceneritore da Ambiente Spa. Le bonifiche delle falde idriche attendono da decenni e il conflitto di interessi è evidentissimo anche perché fu Moreno Periccioli, al tempo Assessore regionale all’Ambiente, a consentire all’Eni l’allagamento della miniera di Campiano, nonostante che fosse stato informato del probabile avvelenamento delle falde del fiume Merse, consentendo che fosse terminato quello che la Magistratura ha definito “uno scellerato progetto”(1).
Per essere concreti, il solo canale drenante la miniera di Niccioleta versa sul fiume Carsia in media 300 litri al secondo. Se si moltiplica la portata dello scarico sul Carsia per i 60 secondi di un minuto, quindi per i 60 minuti di un’ora e infine per le 24 ore di una giornata, si trova la quantità d’acqua che si perde in un solo giorno: quasi 26 milioni di litri! Ciò avviene tutti utti i giorni dell’anno. Altre portate d’acqua dei canali drenanti da bonificare sono a Gavorrano, Fenice Capanne e Campiano, ma le procedure di bonifica della miniera di Niccioleta, iniziate nel secolo scorso, nel 1998, non procedono e nessun opera è stata compiuta per recuperare tali acque inquinate dalle attività minerarie.
Dal 2005 tale Canale drenante è inserito inutilmente anche nel Piano Regionale di Bonifica. Se un consigliere volesse documentarsi e far rispettare la legalità calpestata, basta leggere il Piano Provinciale di Bonifica, dove può trovare lo stato di tanti siti da bonificare sparsi nella nostra provincia e le relative portate d’acqua.

2- Non corrisponde al vero che esiste un’anomalia naturale di Arsenico nelle fonti d’acqua naturali della nostra provincia.
Secondo quanto riportato dai Decreti della Regione Toscana, l’Acquedotto del Fiora, a supporto delle richieste di deroghe alla concentrazione massima di 10 µgr/lt di Arsenico nelle acque potabili, ha presentato alle autorità studi idrogeologici realizzati in collaborazione con Arpat, attestanti che l’Arsenico è “in armonia con la circolazione idrica sotterranea”(1), che nelle acque naturali della provincia di Grosseto “sono presenti elevate anomalie di origine naturale dipendenti da particolarissime condizioni geochimiche” e, pertanto, non eliminabili con opere di bonifica, come previsto dalla legge.(2)
Per giustificare queste conclusioni sono state campionate come acque naturali anche diverse acque sicuramente inquinate da attività antropica, prelevate nei siti già inseriti nei Piani regionali di Bonifica e oggetto di procedura di bonifica o in corsi d’acqua inquinati, a valle di discariche minerarie da bonificare. Inserendo tra le fonti naturali analizzate, anche le acque dei canali drenanti le miniere e le acque di torrenti inquinati da scoli di discariche minerarie a cielo aperto, si sono sicuramente falsati i risultati. L’Arpat con queste scelte si dimostra uno strumento inaffidabile.
Dirigenti dell’ Arpat erano infatti sicuramente informati dell’inquinamento procurato dai canali drenanti le miniere, avendo ricevuto dati e informazioni in tal senso nell’ambito delle procedure di bonifica, realizzate negli anni precedenti ai suddetti studi sulle acque naturali (1).
Considerato che le ultime linee guida dell’EPA del 2006, riconoscono per l’Arsenico il valore di 2 µgr/lt relativo al rischio aggiuntivo di un caso di cancro per 10.000 persone ed il valore obiettivo zero (1), si può comprendere il nostro allarme per aver dovuto bere per molti anni As in concentrazioni diverse volte superiori al valore 10.
Dopo il salutare intervento della Comunità Europea, che ha recentemente bloccato l’ennesima richiesta di deroga della Regione Toscana, si sono realizzate a nostre spese gli abbattitori di Arsenico a valle delle sorgenti, che portano acqua con valori fuori norma. Non abbiamo più acque naturali.
Questi inserimenti impiantistici, necessari in fase emergenziale, devono essere posti, secondo legge, a carico dei soggetti inadempienti nelle opere di bonifica e a carico di quanti oggettivamente hanno operato impedendo l’applicazione della legislazione sulle bonifiche nel nostro territorio.

3- Non corrisponde al vero che la Geotermia in Amiata non inquina e non sottrae acqua all’acquifero idropotabile.
E’ certificato dall’ARS che le centrali già operanti in Amiata depositano con la ricaduta dei fumi da 80 a 94 Kg/anno di Arsenico. Questo cancerogeno di I° classe IARC, secondo l’ISPEL non può non finire nelle acque superficiali e di falda. Il che significa che attualmente le centrali geotermiche sono in grado di rendere non potabili, da 8 a 9 miliardi di litri d’acqua.
Lo studio MOBIDIC, commissionato dalla Regione Toscana, ha reso pubblici i dati delle precipitazioni degli ultimi anni; nel 2008, 2009, 2010 sull’Amiata ha piovuto come non mai e anche il 2012 ha avuto le nevicate più cospicue rispetto agli ultimi anni. Ciò nonostante continua il calo pauroso dell’acquifero e, come testimoniano i dati del piezometro di Poggio Trauzzolo, il suo livello è ulteriormente sceso in un anno di altri 12 metri, dopo aver perso, con dati analitici indiscutibili, dall’inizio dello sfruttamento geotermico, ben 200 metri di profondità.
La Regione Toscana e i comuni dell’Amiata, a fronte di evidenze scientifiche e della   indubbia riduzione dell’acqua, che fanno affermare un probabile collegamento tra le due falde e in violazione del Principio di Precauzione e quello di Prevenzione consentono all’Enel di continuare a sfruttare con la geotermia i bacini profondi, per pochi decine di migliaia di euro. Ma volendo scaricarsi dalle responsabilità hanno scritto nelle ultime prescrizioni per la centrale di Bagnore 4 che l’Enel:“deve monitorare gli aspetti connessi alla possibilità di mobilizzazione dell’Arsenico per interazione tra acque sotterranee e roccia serbatoio e monitorare le eventuali relazioni idrodinamiche tra l’acquifero ospitato nelle vulcaniti e il sistema geotermico profondo.”(4). Il tutto non in sede preventiva, ma a posteriori, come a Taranto…
SOS Geotermia e noi sosteniamo che un amministratore, se opera nell’interesse della collettività, dovrebbe richiedere al soggetto privato, nel rispetto della legge esistente,  la certezza della mancanza di tali rischi con monitoraggi preventivi e non prescriverli a posteriori, per di più senza fissare i tempi, gli strumenti e le competenze, tutte lasciate al Comune montano, che sicuramente ne è privo.
Note:
1) La documentazione e gli approfondimenti sono sul libro “Arsenico e scellerati progetti – Cronache di abusi ed omissioni..” scaricabile da questo sito:
http://roberto.barocci.info/category/documenti/arsenico-e-scellerati-progetti/
2)Vedi:“Caratterizzazione e valutazione delle acque naturali in provincia di Grosseto” Contratti di ricerca fra Arpat…e Università degli Studi La Sapienza di Roma, 1995- 2003.
3) Scaricabile qui: http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/documents/2012/05/25/fd958d3f1a3759cf7fc90729b8a3a715_amiatamobidicrelfinale.pdf
4) Delibera della Giunta Regione Toscana n° 810 del 10.9.2012

Andrea Marciani

Con la sentenza 199/2012 della Corte Costituzionale che ha abolito l’art. 4 del decreto legge 138/2011 del governo Berlusconi, la gestione dei servizi idrici integrati è tornata a quanto stabilito dai decreti presidenziali 113 e 116 del 21 luglio 2011, l’abolizione dell’articolo 23-bis, non richiama in vita norme precedenti ma sottomette i servizi pubblici locali alla legislazione comunitaria.
La novità più rilevante che scaturisce dall’abrogazione di questo articolo è la possibilità di affidamento della gestione del servizio idrico integrato ad un azienda speciale, che ricordiamo è un ente strumentale dell’ente locale dotato di personalità giuridica, con autonomia imprenditoriale e dotata di uno statuto approvato dall’ente pubblico di riferimento (art.114 testo unico degli enti locali) .
Ora gli ATO hanno piena libertà di scelta sull’affidamento del SII.
La possibilità di arrivare ad una gestione realmente pubblica tramite un’azienda speciale deve misurarsi con la grande diversità delle situazioni gestionali esistenti, dalle SpA a totale capitale pubblico alle SpA miste fino ai rarissimi casi di SpA totalmente private.
Prendendo in esame l’Acquedotto del Fiora, che ci riguarda direttamente,e la cui concessione si conclude nell’anno 2026, la possibilità di trasformare questa SpA mista in un Azienda Speciale, passa attraverso la necessità di reperire risorse per riacquistare le quote dei soggetti privati (Acea e Mps).
Dall’esame del bilancio 2011 a noi risulta che a fronte di un utile d’esercizio di oltre 6 milioni d’euro, il valore complessivo della quota in mano ai privati, conteggiando Capitale sociale, Riserve ed Utili d’esercizio, non eccede i 9 milioni di euro.
A queste condizioni, i 56 Gomuni delle provincie di Grosseto e Siena, che ne detengono la quota pubblica, con il riacquisto della quota privata farebbero un ottimo affare, recuperando l’investimento in solo due anni d’esercizio.
Naturalmente non possiamo essere a conoscenza di eventuali patti para-sociali che potrebbero modificare il valore delle quote societarie e visto che in aula sono presenti molti dei protagonisti che potrebbero darci chiarimenti su questo punto li invitiamo a farlo.
Bisogna comunque tenere presente, che gli utili d’esercizio dell’Acquedotto del Fiora sono cresciuti negli ultimi 6 anni ad un ritmo esponenziale, nonostante si sia registrato al contempo un decremento dei consumi, dai 219 mila euro del 2005 ai 6 milioni 168mila euro del 2011. questo soprattutto per l’effetto congiunto del calo degli investimenti in manutenzione e dell’aumento delle tariffe, aumenti autorizzati dai sindaci dell’ATO 6 e che ci pongono al terzo posto in Italia per costo unitario dell’acqua nella fascia dei primi 200 metri cubi di consumo.
Per quanto i costi d’esercizio dell’acquedotto del Fiora siano appesantiti dalla vastità del territorio in rapporto al numero delle utenze, di fronte al livello di profitti raggiunti, le note difficoltà di accesso al credito bancario dovrebbero essere ormai superate, anche qualora tale credito dovesse servire al recupero alla parte pubblica del intera proprietà.
Senza dimenticare che la Cassa depositi e prestiti, che ha sostenuto negli scorsi anni molti imprenditori privati nelle operazioni di privatizzazione, potrebbe trovare una funzione molto più consona ai sua ragion d’essere nel finanziare il tragitto inverso dal privato al pubblico.
Infine per chi oppone all’ipotesi del ricorso alle Aziende speciali, il timore dei rigori imposti dal Patto di Stabilità degli enti locali e che renderebbero insostenibile la gestione pubblica delle stesse, ricordiamo che secondo la già citata sentenza 199/2012 della Corte Costituzionale, l’abrogazione dell’articolo 4, che prevedeva, tra l’altro, l’assoggettamento al patto di stabilità interno delle società “in house”, fa decadere i suoi effetti anche in quest’ambito.
Per concludere, anche se è difficile immaginare un immediato ritorno alla gestione pubblica del servizio idrico integrato, è importante che si faccia strada nella classe politica l’evidenza della sua necessità.
Infatti è ormai noto che l’irruzione del profitto privato nella gestione di un bene comune come l’acqua, abbia avuto ovunque effetti deleteri sul servizio, con enorme aumento delle tariffe e generale peggioramento dello stato della rete di distribuzione.
Gli italiani nel giugno dello scorso anno lo hanno capito e lo hanno affermato con vigore, ora tocca ai nostri amministratori dare esecuzione alla volontà popolare.
Vi invitiamo a farlo… meglio di quanto abbiate fatto finora.

Civitavecchia, 29-30 settembre 2012: 2a Assemblea Nazionale della campagna “Stop Enel”

Riceviamo e pubblichiamo l’invito alla 2a Assemblea Nazionale della campagna “StopENEL – per un nuovo modello energetico”

I promotori e sostenitori della rete StopENEL, invitano cittadini, attivisti, amministratori, a partecipare alla II Assemblea Nazionale della campagna che si svolgerà il 29 e 30 settembre a Civitavecchia.
La campagna “Stop Enel” si è costituita in aprile 2012 con una prima assemblea internazionale alla quale hanno partecipato rappresentanti delle comunità colpite dagli impianti dell’ENEL in Italia, in America Latina e nell’Est Europa.
La campagna nasce per denunciare ed arrestare il modello energetico praticato dalla multinazionale italiana, ancora oggi per il 31% di proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Un modello insostenibile e distruttivo per l’ambiente, che viola i diritti umani ed il diritto ad un ambiente sano e impedisce alle comunità coinvolte di partecipare alla pianificazione del territorio. Inoltre la sua disperata e affannosa ricerca di fonti energetiche, obsolete e inquinanti o tecnologie sedicenti eco-sostenibili, non risponde ad altra logica che quella del profitto, andando a sostenere un modello economico basato sulla crescita infinita della produzione di merci e di conseguenza del consumo energetico regolato da tariffe monopolisitche e speculative.
Obiettivo della campagna è promuovere un modello energetico alternativo che metta al centro i diritti umani, la giustizia ambientale e sociale, la difesa della salute dei cittadini e del territorio come bene comune. “Stop Enel” intende mettere in rete le comunità locali, i movimenti sociali e le associazioni coinvolte nei diversi conflitti con lo scopo di costruire strategie congiunte, aumentare la capacità di incidenza sull’opinione pubblica nazionale e internazionale.
La rete, che ha raccolto più di 50 adesioni di associazioni, gruppi e comitati locali, invita tutti a partecipare alla sua IIa assemblea nazionale che si svolgerà a Civitavecchia il 29-30 settembre.
L’incontro è ospitato dal Movimento No Coke Alto Lazio che da oltre dieci anni si batte contro la riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga nord. La nuova centrale, che emette ogni anno 10,3 milioni di tonnellate di CO2 e oltre 6 milioni di metri cubi l’ora di emissioni inquinanti varie, è attiva dal 2010 e si inscrive in un contesto già duramente colpito da una ultradecennale servitù ambientale costituita da numerosi impianti. I dati sulla salute pubblica nel comprensorio di Civitavecchia, sono allarmanti: la zona è al primo posto nel Lazio ed al terzo in Italia per mortalità causata da tumori ai polmoni, alla trachea e ai bronchi, con leucemie e linfomi diffusi in maniera nettamente superiore rispetto alla media nazionale.
Vogliamo realizzare assieme un differente modo di abitare questo pianeta, assieme a tutte le comunità dove Enel sviluppa i suoi progetti, valorizzando il nostro diritto a un ambiente sano, a una vita degna di essere vissuta, (al rispetto dei diritti umani, alla difesa dei beni comuni), alla partecipazione nella pianificazione del territorio.
L’incontro darà un’occasione per aprire un dibattito nazionale sul modello energetico, rafforzare il coordinamento e l’azione dei comitati e delle associazioni e fra le diverse reti, portare un contributo al dibattito in corso a Civitavecchia
L’incontro si articolerà su due giornate, un incontro pubblico sabato 29 e l’assemblea della rete StopENEL la mattina di domenica 30 settembre e si svolgerà secondo il seguente programma di massima:
Sabato 29 Settembre
Ore 15.30 – Presentazione della campagna “Stop Enel” e del CNNC (Coordinamento Nazionale No al Carbone)
Ore 16.00 – Interventi, collegamenti e video dai territori italiani, dall’America Latina e dall’Europa dell’Est.
Ore 17.00 – Movimento No Coke Altolazio, schiavitù energetica e legalità.
Ore 17.30 – Dichiarazione di intenti e proposte di azione delle associazioni ed i comitati aderenti alla rete StopENEL
Ore 18.30 –Da un modello energetico obsoleto alla democrazia e la sostenibilità energetica
Ore 20.00 – Cena sociale
Ore 21.00 –StoppaEnelLive Musica dal vivo
Domenica 30 Settembre
ore 10.00 – Riunione della rete “Stop Enel” aperta a tutte le associazioni ed i comitati aderenti (sintesi delle proposte – costruzione di un’agenda comune – prossime scadenze).
La rete StopENEL invita a partecipare comitati, associazioni, cittadini interessati a promuovere un nuovo modello energetico, che sia rispettoso della salute, dell’ambiente e dei diritti delle comunità locali.
TUTTI A CIVITAVECCHIA IL 29 E 30 SETTEMBRE
Per informazioni, adesioni e per comunicare la partecipazione scrivere a:
noenel-adesioni@autistici.org
Perché la campagna Stop Enel
L’ENEL è la più grande società elettrica italiana e la seconda in Europa per potenza installata. Nel 1999 è stata privatizzata ed oggi è quotata in borsa contando 1,2 milioni di azionisti. In parte resta una società pubblica in quanto il 31% è proprietà del Ministero dell’Economia e delle finanze, quindi dei cittadini italiani.
Oggi sono 40 i paesi dove ENEL opera nel settore dell’energia elettrica e del gas. Nel 2009 con la definitiva acquisizione della società elettrica spagnola ENDESA, Enel ha ereditato impianti e progetti in numerosi paesi dell’America Latina. Ad accomunarli è purtroppo un evidente retaggio coloniale, che include legislazioni nazionali anti-democratiche e sistemi di valutazioni ambientale chiaramente inadeguati e orientate al settore corporativo come dimostra la gravità degli impatti socio-ambientali. L’arroganza di Enel si è gravemente manifestata anche in Italia verso i territori interessati dai suoi progetti e gli abitanti coinvolti.
Nonostante l’immagine verde e di impegno verso la sostenibilità, che la multinazionale italiana si affanna a comunicare attraverso i suoi messaggi promozionali, la realtà è ben diversa. L’ENEL continua a costruire centrali a carbone nonostante gli impegni di riduzione dell’emissione di gas serra, e usando in maniera ingannevole terminologie come “carbone pulito”. Ciò è possibile grazie ai meccanismi cosiddetti flessibili del protocollo di Kyoto che consentono alle imprese di continuare ad inquinare, assegnando veri e propri permessi di emissione in cambio della costruzione di impianti di energie rinnovabili. Ma l’energia può essere considerata verde solo ad alcune condizioni. Non quando rischia di distruggere ecosistemi incontaminati, come nel caso del progetto Hydroaisèn nella Patagonia cilena e dei progetti previsti sulle nostre Alpi, o quando calpesta i diritti, le economie locali e l’accesso all’acqua delle comunità contadine e dei popoli indigeni, come avviene nella regione Ixil in Guatemala, in Colombia e in Cile spesso in violazione della Convenzione 169 dell’ILO. L’energia non può essere considerata verde o rinnovabile quando prosciuga le falde acquifere, emette sostanze dannose per la salute dei cittadini o li espone a rischi incalcolabili come nel caso della geotermia sull’Amiata e del nucleare in Slovacchia o in Russia.
ENEL è pertanto responsabile di promuovere in Italia ed esportare all’estero un modello energetico insostenibile e obsoleto, aggravato da un atteggiamento autoritario e irrispettoso dei territori locali. Un modello basato su una produzione centralizzata per mezzo di grandi impianti, imposti alle comunità locali e velati da compensazioni economiche elargite ai comuni o ai governi compiacenti, spesso mascherate da politiche di responsabilità sociale d’impresa che dividono intere comunità. E’ nei grandi cantieri infatti che si annidano la corruzione, la speculazione, il conflitto di interesse e si realizzano i profitti maggiori, a scapito dell’ambiente e dei diritti delle comunità. Un modello di produzione finalizzato non a migliorare la qualità della vita dei cittadini e garantirne l’approvigionamento energetico, ma ad alimentare l’industria estrattiva ed un’economia basata sul saccheggio e sullo sfruttamento illimitato delle risorse. Un modello che sta inevitabilmente generando conflitti ambientali e sociali con le comunità locali. I principali a livello internazionale sono oggi in corso in Cile, e particolarmente nella regione dell’Aysènin Patagonia, nel territorio ancestrale e nei siti sacri di Panguipulli (Cile), nel Municipio indigeno di San Juan Cotzal (Guatemala), nella zona di El Quimbo, Dipartimento di Huila (Colombia), a Porto Romano (Albania), a Mochovce (Slovacchia), nel Distretto di Galati(Romania), a Kaliningrad (Russia). In Italia, a Civitavecchia, sul Monte Amiata, sulle Dolomiti, a Porto Tolle, a Brindisi, a Bastardo, a Fusina, a Genova, a La Spezia.
La risposta che l’alleanza tra impresa e governi ha troppo spesso riservato alle comunità locali che si battono per difendere il territorio è repressione, violenza e criminalizzazione attraverso leggi speciali.
Noi vogliamo un altro modello di produzione, distribuzione e gestione dell’energia e di definizione delle priorità. Un modello reticolare, decentralizzato ed efficiente basato su impianti di energia rinnovabile di piccola scala, che avvicini la produzione di energia al consumo, eliminando la necessità di grandi linee di trasmissione, che preveda l’effettiva partecipazione delle comunità locali nei processi decisionali di pianificazione e gestione e che non danneggi la salute delle persone e l’ambiente.
Per questo ci attiviamo con una campagna internazionale che:
> Denunci e arresti un modello di sviluppo estrattivista e un modello energetico insostenibile e distruttivo per l’ambiente, che viola i diritti umani ed il diritto alla partecipazione delle comunità coinvolte.
> Promuova un modello energetico alternativo che metta al centro i diritti umani, la difesa della salute dei cittadini e la difesa del territorio come bene comune
> Sostenga unitariamente le rivendicazioni delle comunità locali in Italia e a livello internazionale
> Dia vita ad una campagna globale che metta in rete le comunità locali, i movimenti sociali e le associazioni coinvolte nei diversi conflitti.
http://stopenel.noblogs.org/

10 settembre 2012. La giunta regionale delibera parere favorevole alla megacentrale Bagnore 4. Un colpo mortale

A seguito del Verbale della Conferenza dei servizi del 4 settembre 2012, con la Delibera n.810 del 10 settembre 2012 la Giunta regionale, presieduta da ENRICO ROSSI, approva all’unanimità, presenti ANNA RITA BRAMERINI, SALVATORE ALLOCCA, LUCA CECCOBAO, RICCARDO NENCINI, GIANNI SALVADORI, GIANFRANCO SIMONCINI e STELLA TARGETTI, il PARERE FAVOREVOLE alla megacentrale BAGNORE 4 da 40 MW, che triplicherà quindi la potenza fin qui presente con la ‘vecchia’ centrale Bagnore 3 di 20 MW.
Come prevedibile il via libera è condizionato da innumerevoli prescrizioni che dovranno poi essere controllate –non si sa come– dagli enti locali interessati. Quindi se, come temiamo, dovessero verificarsi incidenti, malfunzionamenti, rilascio nell’aria e nell’acqua di sostanze tossiche (come già avviene), assisteremo al solito balletto di responsabilità tra regione, comuni ed enel e nessuno pagherà mai!
I Comitati nell’incontro del 18 luglio scorso avevano posto una serie di domande precise alle quali l’Enel –semplicemente– non ha mai risposto; nè la Regione ne ha tenuto conto.
I Comitati del coordinamento SOS Geotermia, di fronte a questo ennesimo scempio reagiranno mettendo in campo tutte le iniziative necessarie.

Di seguito riportiamo il comunicato del Forum Ambientalista di Grosseto:

Autorizzata in Amiata Bagnore 4
La Giunta regionale con Delibera n.810 del 10 settembre scorso, pubblicata ieri, ha dato il via alla realizzazione di una nuova centrale geotermica dell’Enel a Bagnore, triplicando la potenza installata, approvando le prescrizioni che una Commissione tecnica regionale aveva sollecitato.
Tali prescrizioni, che se davvero realizzate modificherebbero sostanzialmente il Progetto presentato da Enel al punto da non renderlo fattibile; sono ben 53 (cinquantatre) e sono state date perché il progetto non rispettava i requisiti di legge.
Come giustamente ha segnalato il Coordinamento di SOS Geotermia, nessuno salirebbe per un volo, affidando la sua vita a un nuovo aereo sapendo che, dopo un primo collaudo, i tecnici hanno prescritto 53 modifiche alla sua struttura, perché fuori norma e pericolosa. Ma all’appello di SOS Geotermia nessun amministratore locale ha dato una risposta, come se non fosse in gioco la vita e la salute dei cittadini e come se non sapessero che nei Comuni sede di impianti geotermici è stato già quantificato un +13% di mortalità, rispetto ai comuni limitrofi e ai comuni della Toscana.
Sconcerta poi il fatto che la Giunta regionale affidi ai Comuni dell’Amiata il compito di controllo delle prescrizioni da realizzare, senza prevedere al contempo il trasferimento degli strumenti, delle competenze e i tempi. Sembra che i Sindaci non si rendano conto delle responsabilità che si assumono, accettando tranquillamente di essere i controllori senza ricevere gli strumenti di controllo.
Se nel frattempo quegli impianti entreranno in funzione e distribuiranno altri tumori e faranno mancare l’acqua potabile alle sorgenti del Fiora, la responsabilità non sarà della Regione Toscana. In Italia è ormai prassi consolidata, come è avvenuto per le acciaierie di Taranto, per l’amianto sparso a Casale Monferrato, per le diossine distribuite dall’Acna di Cengio che, non volendo contraddire le scelte già compiute a priori, si approva la realizzazione di impianti altamente pericolosi per la salute pubblica con prescrizioni, che nessuno controllerà.
Ma, d’altra parte, la Giunta regionale ha fatto proprio il contributo dell’Agenzia Regionale di Sanità, la quale in merito all’impatto sanitario rileva che la ricadute delle sostanze emesse dalle centrali geotermiche avvengono “in aree quasi del tutto non abitate”. C’è un “quasi” significativo, alla faccia della salute e di quanto respirato e annusato in questi anni dagli abitanti di Santa Fiora, di Arcidosso e Castel del Piano.
Roberto Barocci – Forum Ambientalista Grosseto

La Nazione del 15 settembre 2012

Bagnore, polemiche dopo il potenziamento della nuova centrale
SANTA FIORA – LA GIUNTA regionale ha dato il via alla realizzazione di una nuova centrale geotermica dell’Enel a Bagnore, triplicando la potenza installata, approvando le prescrizioni che una Commissione tecnica regionale aveva sollecitato. Tali prescrizioni, che se realizzate modificherebbero sostanzialmente il Progetto presentato da Enel al punto da non renderlo fattibile, sono ben 53 e sono state concesse perché il progetto non rispettava i requisiti di legge. «Sos Geotermia ha lanciato l’allarme dice Roberto Barocci del Forum Ambientalista ma nessun amministratore locale ha risposto, come se non fosse in gioco la vita e la salute dei cittadini e come se non sapessero che nei Comuni sede di impianti geotermici è stato già quantificato un più 13% di mortalità. Se nel frattempo quegli impianti entreranno in funzione e distribuiranno altri tumori e faranno mancare l’acqua potabile alle sorgenti, la responsabilità non sarà della Regione Toscana». Barocci chiude: «La Giunta, in merito all’impatto sanitario, rileva che le ricadute delle sostanze emesse dalle centrali geotermiche avvengono in aree “quasi” del tutto disabitate. C’è un “quasi” che è significativo, a dispetto della salute e degli abitanti di Santa Fiora, di Arcidosso e Castel del Piano».

Il Tirreno del 16 settembre 2012

No di Sos Geotermia alla nuova centrale «Sindaci passivi» Barocci accusa i primi cittadini dopo il sì della Regione «Saranno controllori delle emissioni ma senza strumenti»
di Fiora Bonelli
AMIATA – L’autorizzazione per la centrale geotermica di Bagnore 4 arriva fresca fresca dalla giunta regionale e subito, accompagnato dal tam tam di comitati ambientalisti compreso quello di Sos geotermia, molto attivo anche su Facebook, arriva la presa di posizione di Roberto Barocci del Forum ambientalista grossetano che punta il dito in specie contro i sindaci locali. «L’autorizzazione ha dato il via alla realizzazione di una nuova centrale geotermica dell’Enel a Bagnore – dice Barocci – triplicando la potenza installata, approvando le prescrizioni che una Commissione tecnica regionale aveva sollecitato. Prescrizioni, che se davvero realizzate, modificherebbero sostanzialmente il Progetto presentato da Enel al punto da non renderlo fattibile (sono ben 53). Sono state date perché il progetto non rispettava i requisiti di legge». Barocci sottolinea che agli appelli del comitato Sos Geotermia «nessun amministratore locale ha dato una risposta, come se non fosse in gioco la vita e la salute dei cittadini e come se non sapessero che nei Comuni sede di impianti geotermici è stato già quantificato un +13% di mortalità, rispetto ai comuni limitrofi e ai comuni della Toscana. Sconcerta poi il fatto che la giunta regionale affidi ai comuni dell’Amiata il compito di controllo delle prescrizioni, senza prevedere al contempo il trasferimento degli strumenti, delle competenze e i tempi. Sembra che i sindaci non si rendano conto delle responsabilità che si assumono – dice Barocci – accettando tranquillamente di essere i controllori senza ricevere gli strumenti di controllo. Se nel frattempo quegli impianti entreranno in funzione e distribuiranno altri tumori e faranno mancare l’acqua potabile alle sorgenti del Fiora, la responsabilità non sarà della Regione Toscana». La giunta regionale ha fatto proprio il contributo dell’Agenzia Regionale di Sanità, la quale in merito all’impatto sanitario rileva che la ricadute delle sostanze emesse dalle centrali geotermiche avvengono “in aree quasi del tutto non abitate”. «C’è un “quasi” significativo, conclude Barocci, alla faccia della salute e di quanto respirato e annusato in questi anni dagli abitanti di Santa Fiora, di Arcidosso e Castel del Piano».

‘UN MONTE D’ACQUA’. Anteprima del documentario sulla geotermia in Amiata

La Coop Trasparenze, col supporto e sostegno dei Comitati di SOS Geotermia, sta lavorando al documentario ‘Un monte d’acqua’ ed ha prodotto un primo video che è una anteprima del lavoro, che è già a buon punto.
La produzione del documentario viene finanziata dalle sottoscrizioni dei sostenitori con il sistema di ‘produzione dal basso‘ e necessita di altri contributi affinché il lavoro possa finalmente concludersi. Per questo invitiamo tutti coloro che hanno a cuore le sorti della magnifica montagna a contribuire prenotando/acquistando un buono di prevendita a 10 euro, che da diritto ad una copia del DVD finale, richiedendolo a:

Buona visione! Sostenete la realizzazione del documentario!

Firenze, 4 settembre 2012. Parere positivo della Commissione Via della Regione sul progetto per la realizzazione della centrale geotermica di Bagnore 4. Un nuovo scempio per la Toscana e l’Italia!

PRENDERESTE UN NUOVO AEREO SAPENDO CHE I TECNICI HANNO PRESCRITTO MODIFICHE ALLA SUA STRUTTURA, PERCHÉ FUORI NORMA E PERICOLOSA?

Per l’Amiata Intera è sempre più concreto il rischio che la Giunta regionale Toscana faccia partire la nuova centrale Enel Bagnore 4, triplicando la potenza installata da 20 a 60 MW, e ciò dopo che il 4 Settembre a Firenze, la commissione tecnica regionale, pur prescrivendo decine e decine di modifiche al progetto presentato da ENEL, ha dato parere positivo alla Valutazione di Impatto Ambientale dello stesso progetto.
Se, nel frattempo,  quegli impianti entrando in funzione  dovessero, per ipotesi, distribuire tumori, avvelenare l’aria, far mancare l’acqua potabile alle sorgenti del Fiora, la responsabilità sarà di altri…In Italia è ormai prassi consolidata, come è avvenuto per le acciaierie di Taranto, per l’amianto sparso a Casale Monferrato, per le diossine distribuite dall’Acna di Cengio…che i tecnici (incaricati all’ultimo minuto) non volendo contraddire le scelte già compiute a priori nelle alte sfere, approvino con riserva la realizzazione di impianti altamente pericolosi per la salute pubblica, ma, volendosi scaricare da responsabilità future, inseriscano ‘a futura memoria’ prescrizioni su prescrizioni.
Quelle numerosissime prescrizioni sono la conferma della illegittimità e pericolosità del progetto presentato, della mancanza di rispetto delle regole da noi sostenute: le prescrizioni non potrebbero essere legittime, se non fossero fondate su evidenti irregolarità, ma tutti sanno che nessuno potrà controllare in futuro se quelle prescrizioni verranno rispettate e in che tempi verranno attuate.
Chi ha, a livello locale e decentrato, i mezzi e le competenze  per compiere le verifiche a posteriori ?
In Amiata la storia si ripete, ma conosciamo i nomi e i cognomi dei Sindaci e degli amministratori regionali che, davanti al dato insopprimibile del + 13% di mortalità dei residenti in comuni  sede di impianti geotermici, hanno già addebitato queste centinaia di morti aggiuntive a particolari “stili di vita” degli amiatini…
Andremo davanti ai giudici e tra la popolazione più convinti di ieri delle nostre ragioni, presentando il conto a chi dovrà pagarlo.
E sarà un conto salato.

Il Tirreno del 10 settembre 2012

Via libera da Firenze a Bagnore 4 in Amiata

AMIATA – Via alla nuova centrale Enel Bagnore 4, che triplica la potenza installata da 20 a 60 MW: lo scorso 4 settembre a Firenze, la commissione tecnica regionale, pur prescrivendo molte modifiche al progetto presentato da Enel, ha dato parere positivo alla Via. E i comitati ambientalisti si scatenano. «Quelle prescrizioni sono la conferma della illegittimità e pericolosità del progetto presentato, della mancanza di rispetto delle regole da noi sostenute: le prescrizioni non potrebbero essere legittime, se non fossero fondate su evidenti irregolarità, ma tutti sanno che nessuno potrà controllare in futuro se quelle prescrizioni verranno rispettate. In Amiata la storia si ripete, ma conosciamo i nomi e i cognomi dei sindaci e degli amministratori regionali che, davanti al +13% di mortalità dei residenti in comuni sede di impianti geotermici, hanno già addebitato queste centinaia di morti aggiuntive a particolari “stili di vita” degli amiatini. Andremo davanti ai giudici e tra la popolazione più convinti di ieri delle nostre ragioni, presentando il conto a chi dovrà pagarlo».

MaremmaNews del 9 settembre 2012

Bagnore 4: “Uno scempio” dicono dal Comitato Sos Geotermia
Il 4 settembre, la Commissione Via della Regione Toscana ha dato parere positivo al progetto per la centrale geotermica Enel di Bagnore 4, ma con numerose prescrizioni ‘a futura memoria’. Il Comitato Sos Geotermia non ci sta.

Monte Amiata – “Un nuovo scempio per la Toscana e l’Italia. Per l’Amiata Intera è sempre più concreto il rischio che la Giunta regionale Toscana faccia partire la nuova centrale Enel Bagnore 4, triplicando la potenza installata da 20 a 60 MW – scrivono tornando all’attacco dal comitato Sos Geotermia – e ciò dopo che il 4 Settembre a Firenze, la commissione tecnica regionale, pur prescrivendo decine e decine di modifiche al progetto presentato da ENEL, ha dato parere positivo alla Valutazione di Impatto Ambientale dello stesso progetto. Se, nel frattempo, quegli impianti entrando in funzione dovessero, per ipotesi, distribuire tumori, avvelenare l’aria, far mancare l’acqua potabile alle sorgenti del Fiora, la responsabilità sarà di altri…In Italia è ormai prassi consolidata, come è avvenuto per le acciaierie di Taranto, per l’amianto sparso a Casale Monferrato, per le diossine distribuite dall’Acna di Cengio…che i tecnici (incaricati all’ultimo minuto) non volendo contraddire le scelte già compiute a priori nelle alte sfere, approvino con riserva la realizzazione di impianti altamente pericolosi per la salute pubblica, ma, volendosi scaricare da responsabilità future, inseriscano ‘a futura memoria’ prescrizioni su prescrizioni. Quelle numerosissime prescrizioni sono la conferma della illegittimità e pericolosità del progetto presentato, della mancanza di rispetto delle regole da noi sostenute: le prescrizioni non potrebbero essere legittime, se non fossero fondate su evidenti irregolarità, ma tutti sanno che nessuno potrà controllare in futuro se quelle prescrizioni verranno rispettate e in che tempi verranno attuate. Chi ha, a livello locale e decentrato, i mezzi e le competenze per compiere le verifiche a posteriori ? In Amiata la storia si ripete, ma conosciamo i nomi e i cognomi dei Sindaci e degli amministratori regionali che, davanti al dato insopprimibile del + 13% di mortalità dei residenti in comuni sede di impianti geotermici, hanno già addebitato queste centinaia di morti aggiuntive a particolari “stili di vita” degli amiatini… Andremo davanti ai giudici e tra la popolazione più convinti di ieri delle nostre ragioni, presentando il conto a chi dovrà pagarlo. E sarà un conto salato” concludono dal Comitato.

La Regione Toscana si riscatti e fermi le centrali. Carlucci scrive a Rossi

Pubblichiamo la lettera aperta che Carlo Carlucci, che partecipa anche al coordinamento SOS Geotermia, ha scritto il 28 agosto us al presidente della regione Toscana Enrico Rossi.

Egregio Presidente,
nel caso la Valutazione di Impatto Ambientale ricevesse dalla Regione parere positivo è evidente che saremo costretti a ricorrere  in quanto ci sono tanti, troppi segnali sfavorevoli ( l’acqua ai minimi storici e che continua a calare malgrado le ultime annate di particolare piovosità, l’arsenico che aumenta, le risposte sulle emissioni fornite dall’ARS contorte e distorsive, etc.).
Nel caso invece fosse concesso un’ulteriore posticipo continueremo a batterci contro i giochi della scienza (degli specialisti), contro questi depositari di un ignoranza particolareggiata così come ebbe ad esprimersi il grande avv.Ascari, colui che finalmente ebbe ragione su Enel per il disastro del Vajont.
Ci batteremo contro l’anomalia tutta italiana del controllato che è anche il controllore.
E non a caso l’avv.Ascari fustigava nei primi anni ’70 la legge del profitto fine a se stesso,  la legge del profitto pronta a trovare le mille giustificazioni che la ‘scienza’ era disposta  a fornirgli.
Nel caso la Regione, ritornando sui propri passi, negasse una volta per tutte la possibilità di continuare con questa geotermia (che noi riteniamo assolutamente non sostenibile sull’Amiata e sul suo territorio) noi vorremmo partecipare attivamente all’individuazione delle scelte alternative.
Su una pregevole rivista amiatina, Amiata Storia e Territorio, lei (e un qualsiasi giudice) può constatare che tutte le invocazioni, i richiami, gli appelli al sostanziale principio di preoccupazione sono stati sostanzialmente, sistematicamente, disinvoltamente disattesi nel corso di questo quarto di secolo.
Non so se è vero quanto hanno riportato i giornali secondo i quali lei avrebbe definito di destra coloro che si oppongono all’inceneritore e alla nuova autostrada Grosseto-Civitavecchia… Sempre di più viene fatto ricorso (da una parte e dall’altra) a un linguaggio offensivo e riduttivo. In realtà privati cittadini, fuori da ogni calcolo egoistico, che sacrificano anni della loro vita in nome della difesa del loro territorio sarebbero tutt’altro che definibili con linguaggio denigratorio.
La prova evidente dell’anomalia protratta per la quale il controllato è sostanzialmente il controllore e gli organi di controllo (Arpat, Ars…) della Regione svolgono appena, col loro dire-non dire, una funzione sostanzialmente subalterna; questa prova è stata data nel confronto in Regione tra noi e i tecnici dell’Enel: a una serie di questioni pressanti e  fondamentali da noi sollevate, i tecnici Enel non hanno avuto di che rispondere.
Martini ha presieduto al Protocollo 2007 nel quale, secondo il principio del do ut des, si è consumato l’accordo con Enel e cioè il raddoppio della produzione geotermica in cambio di un aumento vertiginoso dei compensi per la Regione. Bagnore 3 priva di Via sarebbe stata indebitamente prorogata al 2013 e poi col colpo di mano (come chiamarlo altrimenti?) Enel/Scajola, fino al 2024. La dr.ssa Bramerini, per addolcire la nostra profonda delusione, ci disse che ove fossero emerse evidenze si sarebbe provveduto a chiudere anche centrali esistenti. Queste evidenze oggi ci sono.
Distinti saluti, Carlo Carlucci

Piccoli allarmisti crescono… E’ suonata la sveglia ai consiglieri del versante grossetano

Qualcosa si muove nei consigli comunali di Arcidosso e Castel del Piano.
Due articoli di Cristiano Bernacchi su La Nazione del 24 e 25 agosto, che riportiamo di seguito, riferiscono dei subbugli provocati dalle -seppur timide- posizioni dei consiglieri di minoranza dei due consigli e le preoccupazioni per l’aumento dello sfruttamento geotermico con l’entrata in funzione della progettata centrale Bagnore 4.

Avremmo preferito che le posizioni fossero più decise e, soprattutto, si fosse intervenuti già da tempo considerato che i Comitati amiatini da anni denunciano i rischi e i danni, ma …meglio tardi che mai!

La Nazione – 24 agosto 2012

Opposizione preoccupata per la geotermia
«Ci vorrebbe un’autority con pieni poteri»

ARCIDOSSO CHIESTA LA CONVOCAZIONE DI UN CONSIGLIO COMUNALE
I CONSIGLIERI di opposizione di Arcidosso richiedono un Consiglio comunale: alla luce delle costanti preoccupazioni sullo sfruttamento geotermico amiatino, sollevate da più parti, i consiglieri di opposizione del Comune di Arcidosso richiedono la convocazione del Consiglio Comunale per affrontare l’argomento. Il punto all’ordine del giorno che intendono discutere in Consiglio i tre consiglieri, Michele Nannetti, Alberto Lazzaretti e Donella Garosi, propone di deliberare sulla richiesta alla Regione Toscana, in sede di eventuali concessioni di sfruttamento geotermoelettrico, di porre al gestore fra le altre condizioni anche quella di accettare controlli interni ed esterni all’impianto da parte di una autority che cooperi con l’Arpat. Questa autority dovrebbe essere composta da personale qualificato scelto nell’ambito dei Comuni interessati dallo sfruttamento, tra cui quello di Arcidosso, e dotata di ampi poteri tra cui, quelli ispettivi, sanzionatori e inibitori. La richiesta da parte dei consiglieri cerca di arrivare ad una delibera, da discutere durante il prossimo incontro pubblico in Regione, previsto per il 9 settembre.

La Nazione – 25 agosto 2012

Questione geotermia «Serve un Consiglio»
AMIATA L’OPPOSIZIONE CHIEDE CHIAREZZA
DOPO la proposta dei consiglieri di minoranza di Arcidosso di discutere in Consiglio la questione geotermoelettrica, anche quelli di Castel del Piano fanno la stessa richiesta. Il dibattito sullo sfruttamento geotermico amiatino ed il possibile potenziamento con la centrale di Bagnore4, ha generato forti dubbi nella comunità locale, rinforzati dalle richieste di approfondimento sulle emissioni nocive. L’ultima è quella della comunità buddista Dzogchen di Merigar che esorta cautela e studi certi sui quali far proseguire lo sfruttamento geotermico. Sulla scia delle prese di posizione e richieste di approfondimenti i consiglieri di opposizione di Castel del Piano, richiedono quindi la convocazione di un Consiglio sull’argomento. Il fine dei consiglieri è quello di arrivare ad una deliberazione condivisa per poter richiedere alla Regione che in caso di nuove concessioni ci sia una Autority composta anche da personale qualificato che viva sul territorio. La deliberazione sull’argomento, viene spinta dai consiglieri in vista del vicino incontro pubblico sull’argomento che si svolgerà il 12 settembre in Regione Toscana.

L’acqua diminuisce, ma le bugie aumentano. I dati sulle precipitazioni smentiscono Enel e amministratori pubblici

Tabella 12, studio Mobidic, pag.24: Precipitazioni annue 1990-2010

Abbiamo sempre detto che erano una bugia le giustificazioni dell’enel e degli amministratori pubblici che da sempre imputano la diminuzione dell’acquifero dell’Amiata alla minor piovosità; finchè il tutto era basato sulle percezioni personali di ciascuno hanno continuato imperterriti il ritornello ‘c’è meno acqua perchè ci sono meno piogge‘.
Ma, come si sa, le bugie hanno le gambe corte: con lo studio MOBIDIC, commissionato dalla stessa regione Toscana, sono stati resi pubblici i dati delle precipitazioni degli ultimi anni; ebbene gli anni 2008, 2009, 2010 sull’Amiata sono stati i più piovosi in assoluto e l’inverno 2011-2012 -anni non rilevati nello studio Mobidic- ha avuto le nevicate più cospicue rispetto agli ultimi anni (ed è cosa nota che lo scioglimento del manto nevoso garantisce la migliore ricarica dell’acquifero superficiale in quanto non vi è perdita da ruscellamento).
Ciononostante, come testimoniano i dati del piezometro di Poggio Trauzzolo, il livello dell’acquifero dell’Amiata è ulteriormente sceso solo nell’ultimo anno di altri 12 metri (*) e, considerato che la superficie del bacino dell’acquifero è ormai in proporzioni analoghe a quelle del lago di Bolsena, si può immaginare bene l’entità della ulteriore perdita.
Se quindi fosse vero quanto vanno favoleggiando avremmo dovuto assistere ad una risalita dell’acquifero anziché la perdita registrata.
Lo stesso studio Mobidic, pur non nominando mai il problema geotermia e la possibile interferenza con l’acquifero (non lo conoscono? è irrilevante? altri motivi?), nelle conclusioni rimane spiazzato nella valutazione e si trova in ‘difficoltà‘ nel capire perchè ‘…l’ampiezza delle oscillazioni (delle portate misurata alle sorgenti principali, ndr)  riprodotte risulta sottostimata. Ciò tende a suggerire che la variabilità climatica possa non essere l’unico fattore di controllo di tali oscillazioni, ma che possa potenzialmente giocare un ruolo anche una fluttuazione della pressione inferiore…’ (punto 4 delle Conclusioni, pag.66).
Evidentemente la diminuzione è da imputare ad altra causa e noi un sospetto ce l’abbiamo, ma chiediamo alla Regione e a tutti gli amministratori: sarà il caso di trovare la causa ‘reale’ della diminuzione dell’acquifero? Nel frattempo sarà il caso di sospendere cautelativamente quelle attività industriali che potrebbero interferire con lo stesso acquifero rischiando di lasciare l’Amiata e i 700.000 utenti che ne usufruiscono, senza acqua potabile?
Aggiungiamo queste domande e richieste a quelle sull’aumento della concentrazione di arsenico che abbiamo già rese pubbliche.
Riteniamo che non dare risposte a questi problemi sia da irresponsabili e chi oggi ha tra i suoi compiti quello della salvaguardia della salute e dell’ambiente o provvede immediatamente o è meglio che si dimetta.

(*) Rilevazioni del 21 luglio 2011 e del 21 luglio 2012. La prima misurazione indicava la superficie di falda a meno 290,66 metri, la seconda a meno 302,69; la falda si  abbassa mediamente di un metro al mese!  Le misurazioni avvengono circa ogni sei mesi: la prima (luglio 2011- febbraio 2012) aveva mostrato un abbassamento di sei metri; la seconda  (febbraio 2011-luglio 2012) di ulteriori sei metri.

La Nazione 1 settembre 2012
CONTRO Ambientalisti di nuovo all’attacco
«Geotermia, quanti guai alle falde»
RISORSE DATI ALLARMANTI DEGLI AMBIENTALISTI IN LOCALITÀ TRAZZUOLO
IL COORDINAMENTO dei Comitati ambientalisti della Provincia di Grosseto entra nel dibattito sulla carenza idrica. «Lo sfruttamento dall’Enel per produrre energia elettrica geotermica dice Angelo Properzi . Per molti anni Enel ha sostenuto che la nostra preziosa acqua è sana e salva, che la geotermia non la consuma, che il calo del suo livello nel bacino freatico è dovuto a fattori climatici e che non ci sia nessun collegamento tra questo bacino (che fornisce l’acqua potabile all’Acquedotto del Fiora e quindi per 3 province) e i pozzi geotermici. Questa dichiarazione è stata smentita clamorosamente dai dati del piezometro di Poggio Trauzzolo, l’unico piezometro i cui dati sono disponibili. Attendiamo, come da richiesta avanzata dalla stessa Regione che ne siano messi in disposizione 5 o 6». Poi i dati: «Si vede chiaramente che nonostante 3 anni di piovosità eccezionale, il livello del bacino freatico (già calato da 300 metri negli anni 70 fino a 90) si è abbassato altri 12 metri, e che cala un metro al mese. Lo studio Mobidic, commissionato dalla Regione stessa, è stato costretto ad ammettere che l’abbassamento di questo bacino non può essere solo dovuto a fattori climatici, ma che possa potenzialmente giocare un ruolo anche una fluttuazione della pressione inferiore». Questi dati smentiscono un altro mito cioè, quella attualmente prodotta dalle centrali esistenti e che l’Enel intende triplicare usando la stessa tecnologia, non è rinnovabile. «Perché? Perché l’elevato consumo di acqua non è compensato dalle precipitazioni chiudono gli ambientalisti , le emissioni di anidride carbonica sono maggiori di una corrispondente centrale idroelettrica».

Corriere di Maremma 30 agosto 2012
Il caso. Gli ambientalisti preoccupati i dati rilevati dal piezometro
Acqua, la falda si abbassa
AMIATA. Clima torrido e secco con gravissime conseguenze per la mancanza di acqua che ha quasi messo in ginocchio vaste zone della regione toscana. Sull’Amiata si tace. Ma le preoccupazioni non sono poche per i prossimi mesi. Lo stato dell’acquifero dell’Amiata è tenuto sotto osservazione dagli ambientalisti amiatini, ai quali non sono sfuggiti i più recenti dati (richiesti) relativi al piezometro regionale di Poggio Trauzzolo, i quali indicano che la superficie di falda si trova a meno 302,69 metri, mentre un anno fa era stata rilevata a 290,66 metri. Un dato preoccupante, poiché significa che in un anno (dal 21 luglio 2011 al 21 luglio 2012) la superficie piezometrica si è abbassata di 12 metri, con una decrescita costante. Come dimostrano per altro i dati della misurazione intermedia del febbraio 2012, che evidenziavano una diminuzione di circa sei metri. L’ulteriore calo degli ultimi mesi ha creato molta apprensione tra gli ambientalisti, i quali si aspettavano prudenzialmente una crescita della falda, favorita – secondo i loro ragionamenti – dalla ricarica che di solito avviene nel periodo febbraio-luglio. E, invece, nulla di fatto. A conferma per altro che “l’acquifero non reagisce alle fluttuazioni climatiche”. Come sembra avvalorare la tabella pluviometrica della relazione finale relativa allo studio Mobidic (il modello idrologico per il bilancio dei bacini idrografici e dell’acquifero del Monte Amiata), la quale definisce la piovosità dell’ Amiata negli ultimi tre anni (2008-2010) eccellente. Nel 2010 circa 2000 mm/anno, il massimo registrato in circa mezzo secolo ( i dati di partenza risalgono al 1965). L’inverno 2011, inoltre, è stato interessato da nevicate “storiche”, degne degli anni cinquanta. I recenti dati hanno sollecitato agli ambientalisti amiatini la formulazione di nuove osservazioni, che puntualmente sono state inviate ai soggeti deputati, relativamente alla procedura di via del progetto di Bagnore 4 (centrale geotermoelettrica- comune di Santa Fiora). La prima di queste recita: “considerato che i dati relativi alle precipitazioni meteoriche degli ultimi anni avrebbero dovuto far registrare una crescita del livello dell’acquifero, considerato che nello stesso periodo il prelievo ai fini potabili non è aumentato, a quale causa è attribuibile l’abbassamento registrato?”. La seconda osservazione, chiede: “Quali argomenti tecnici sono usati per escludere con certezza che l’abbassamento registrato dell’acquifero idropotabile non possa dipendere dalla ridotta pressione dei fluidi geotermici?”. La terza osservazione, infine, pone un quesito: “considerato che la falda idro potabile dell’Amiata è assimilabile a un unico sistema idraulico incapace di soddisfare tutte le esigenze della popolazione servita dall’Acquedotto del Fiora, quali iniziative si prevedono per garantire il mantenimento della risorsa idropotabile?”.