Dopo anni di battaglie contro la Geotermia inquinante e speculativa da parte dei Comitati, accogliamo con soddisfazione le Risoluzioni presentate in Commissione Ambiente e Attività produttive della Camera dei Deputati da parte del M5S, di SEL e di parte del PD, che sulla geotermia sembra ancora non aver trovato una linea comune, visto che una parte di deputati di questo partito, in maggioranza TOSCANI, avevano firmato e sostenuto l’emendamento Abrignani (PDL) pro-geotermia.
Riteniamo che sia un ulteriore passo per la tutela dei territori, risultato che possiamo ascrivete anche, e soprattutto, alle molte iniziative che i comitati hanno negli anni portato avanti sia sul territorio che a livello nazionale, ricordiamo il Congresso nazionale di Epidemiologia, la pubblicazione sulla rivista nazionale di Medicina Democratica, la interrogazione parlamentare dell’On.Zaccagnini (alla quale non c’è stata ancora risposta) e il Convegno a Roma, proprio al Parlamento, del marzo scorso; questa volta, e per la prima volta, 29 deputati (M5S+SEL) pongono all’attenzione del decisore politico il tema della insostenibilità della geotermia flash (ENEL) dell’Amiata.
La battaglia non è finita, ma, come disse Galileo, “Eppur si muove”.
Di seguito il testo delle 3 Risoluzioni:
>>> M5S <<<
ATTO CAMERA
RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00530
Firmatari
Primo firmatario: SEGONI SAMUELE
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 18/11/2014
Elenco dei co-firmatari dell’atto
DAGA FEDERICA
ZOLEZZI ALBERTO
VALLASCAS ANDREA
DA VILLA MARCO
DE ROSA MASSIMO FELICE
BUSTO MIRKO
MANNINO CLAUDIA
TERZONI PATRIZIA
MICILLO SALVATORE
BERNINI MASSIMILIANO
ARTINI MASSIMO
CRIPPA DAVIDE
PRODANI ARIS
DELLA VALLE IVAN
FANTINATI MATTIA
MUCCI MARA
TOFALO ANGELO
Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA’ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera
Risoluzione in commissione 7-00530
presentato da
SEGONI Samuele
Mercoledì 19 novembre 2014, seduta n. 334
L’VIII e la X Commissione,
premesso che:
alla geotermia non possono essere attribuite valutazioni univoche e valide, in termini di sostenibilità e rinnovabilità, per ogni casistica, essendo un’attività che richiede di essere collocata in aree industriali ed è fortemente condizionata dalle riserve idriche, dalle caratteristiche geochimiche del sottosuolo, dall’assetto geo-tettonico e dalle tecnologie usate; le generalizzazioni, comunemente riscontrate in ambito normativo europeo e italiano, sulla energia geotermica non sono rispettose della realtà scientifica, della difesa della salute, del paesaggio e dell’ambiente;
il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 che abroga le precedenti disposizioni in materia fissate dalla legge 9 dicembre 1986, n. 896, semplifica le procedure d’assegnazione in concessione delle risorse geotermiche e le regole per ottenerne le autorizzazioni, con lo scopo di facilitare l’uso della geotermia a fini energetici e di ridurre le emissioni di anidride carbonica;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche sperimentali, ha agevolato la possibilità di installare su tutto il territorio nazionale impianti pilota, con potenza nominale installata non superiore a 5 MWe, sancendo che l’autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari fosse il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la regione interessata;
il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, «recante misure urgenti per la crescita del Paese», ha disposto l’inserimento dell’energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche;
il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante «disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia», ha stabilito che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale e che pertanto sono sottoposti alla valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e ha, inoltre, stabilito (per gli stessi impianti) l’esclusione dalle previsioni della «direttiva Seveso» (direttiva 96/82/CE), generando preoccupazioni rispetto alla loro sicurezza nelle operazioni di esercizio, con particolare riferimento alla prevenzione di incidenti connessi alla presenza di sostanze pericolose;
il decreto ministeriale 6 luglio 2012, in attuazione all’articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, introduce una incentivazione «base» per gli impianti geotermici ad autorizzazione regionale assoggettati alla doppia fase di ricerca e poi concessione, ma introducendo una incentivazione maggiore per gli impianti pilota sperimentali di potenza fino a 5 megawatt (per una potenza complessiva fino a 50 megawatt), ponendo una condizione paradossale in cui impianti di maggiore potenza, sperimentali e potenzialmente pericolosi, hanno un iter autorizzativo semplificato e un incentivo maggiorato;
l’evoluzione della normativa in materia di geotermia, non ha tenuto conto del parallelo sviluppo delle conoscenze scientifiche, che in recentissimi studi (a titolo di esempio non esaustivo si citano i lavori Ichese, Basosi, Borgia, Mucciarelli, Margottini e Valentini) hanno dimostrato l’impatto negativo che certe tecniche connesse alla coltivazione geotermica possono avere sul territorio (anche in termini di sismicità indotta), sull’ambiente e sulla salute pubblica; soltanto in Amiata (Toscana) le attività connesse allo sfruttamento geotermico rilasciano nell’atmosfera circa 2700 tonnellate di acido solforico, 28,97 chili di arsenico, 2460 tonnellate di ammonio, 889 chili di mercurio, 11,01 tonnellate di acido borico e 655.248 tonnellate di anidride carbonica all’anno, un quantitativo, quest’ultimo, paragonabile ad una centrale alimentata da combustibili fossili;
nelle aree sede di centrali geotermoelettriche, oltre al danno paesaggistico (presenza di strutture esteticamente sgradevoli in aree di interesse naturalistico), si sono verificati casi di danno ambientale e sanitario, connessi all’avvelenamento di importantissime falde idriche potabili che forniscono acqua ad aree limitrofe o distanti e l’immissione di inquinanti tossici nell’atmosfera con conseguente aumento del tasso di mortalità e morbilità fino al 13 per cento nelle popolazioni residenti;
i danni ambientali e sanitari maggiori sono documentati per impianti che impiegano le ormai antiquate tecnologie flash (scarico di gas e vapori in atmosfera) e per impianti a tecnologia binaria (con reimmissione dei vapori nel sottosuolo) che coinvolgono falde idropotabili (normalmente in collegamento con le falde geotermiche attraverso fratture nelle rocce o camini vulcanici);
nelle aree sede di tali centrali, non è mai stata effettuata alcuna valutazione riguardante gli impatti sull’economia locale, non è mai stato pubblicato un bilancio idrico e spesso non è stata effettuata, o quantomeno resa pubblica, alcuna valutazione di rischio idrologico, idrogeologico o sismico;
nonostante negli ultimi anni in Italia siano aumentate esponenzialmente le domande di autorizzazione alla ricerca per lo sfruttamento della risorsa geotermica, non esiste, ad oggi, una zonazione del territorio nazionale che evidenzi le aree di compatibilità in cui possano con ragionevole certezza essere esclusi rischi di sismicità indotta o provocata, di potenziale inquinamento delle falde idropotabili e di inquinamento atmosferico ed acustico, né esiste alcuna forma di tutela per le aree di pregio paesaggistico o di interesse architettonico, culturale e naturalistico: infatti non esistono ancora i nuovi «indirizzi e linee guida», né è stata effettuata alcuna revisione del quadro normativo resosi necessaria per la geotermia elettrica; quindi non possono essere fornite valutazioni scientifiche certe alle istanze di perforazione del sottosuolo in corso di approvazione;
le stesse regioni Lombardia ed Emilia-Romagna, con atti rispettivamente del 20 marzo 2014 e 23 aprile 2014, hanno deliberato, in via cautelativa, una moratoria per tutte le attività concernenti la perforazione del sottosuolo, in attesa della definizione di «Indirizzi e Linee Guida» la cui stesura è stata affidata dal Governo ad un gruppo di lavoro recentemente costituito;
impegnano il Governo
a predisporre attraverso i previsti «indirizzi e linee guida» e la revisione del quadro normativo per la geotermia elettrica una «zonazione» del territorio su basi geologiche, sismotettoniche ed idrogeologiche per identificare le aree che, già individuate dagli strumenti urbanistici come idonee per insediamenti industriali, siano adatte ad ospitare insediamenti geotermici e le aree in cui vietare il rilascio di concessioni di ricerca e la realizzazione di impianti geotermici al fine di evitare potenziali fonti di inquinamento ambientale e pericoli per la salute dei cittadini residenti in tali aree;
ad assumere iniziative per introdurre dei vincoli alle concessioni di ricerca e alla realizzazione di impianti geotermici in base alla vicinanza di aree di produzioni agricole di qualità;
a subordinare il rilascio di concessioni ad una valutazione di impatto economico sulle attività produttive locali e alla stesura del bilancio idrico;
ad adottare una moratoria sugli impianti geotermici, sulle trivellazioni profonde e sui progetti di impianti geotermici, ad eccezione di quelli finalizzati unicamente all’utilizzo diretto del calore, almeno fino alla emanazione da parte del Governo degli «indirizzi e linee guida» e del quadro normativo, che permettano di valutare il rischio ambientale e sismico connesso alle attività antropiche effettuate in profondità, con particolare riferimento agli impianti geotermici pilota attualmente in fase di valutazione di impatto ambientale presso Castel Giorgio (Umbria) e Montenero (Toscana) e agli impianti «flash» in Amiata (Toscana);
ad assumere iniziative per inserire nella regolamentazione, con opportune penali, l’obbligo della sigillatura del pozzo atta ad evitare la possibilità di scambio tra falde idriche diverse e l’obbligo di evitare il depauperamento della risorsa idrica di falda e di superficie sia in termini quantitativi che qualitativi;
a considerare nelle linee guida richiamate in premessa, oltre al concetto di rinnovabilità delle fonti energetiche, anche il concetto di sostenibilità ambientale, con particolare riferimento al chimismo dei fluidi e delle falde;
a valutare la possibilità di riconsiderare – anche in sede europea – la classificazione delle fonti energetiche effettivamente rinnovabili e meritevoli di incentivazione pubblica, con particolare riferimento alla possibilità di non annoverare più tra esse lo sfruttamento delle acque sotterranee riscaldate da gradienti di temperatura ma solo lo sfruttamento diretto del calore ivi presente;
a concedere la qualifica di impianto pilota solo ad impianti per cui il contributo di innovazione e sperimentazione sia attestato da specifico brevetto nazionale per il quale venga dimostrato, sulla base di documentate evidenze tecnico-scientifiche, l’impiego di tecniche di coltivazione, di uso diretto del calore o di trasformazione del calore endogeno in energia elettrica migliori in termini ambientali aspetto alle tecniche standard;
ad assumere iniziative dirette a rivedere la norma contenuta nella legge 9 agosto 2013, n. 98 richiamata in premessa per includere di nuovo le previsioni della «direttiva Seveso» nelle operazioni di trivellazione ed esercizio degli impianti geotermici pilota, con particolare riferimento alla prevenzione di incidenti rilevanti ed all’assenza ex lege dei requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale, con riferimento alla destinazione e utilizzazione dei suoli che tengano conto della necessità di mantenere le opportune distanze tra stabilimenti e zone residenziali o frequentate dal pubblico;
ad assumere iniziative dirette ad armonizzare i diversi regimi di incentivazione attualmente vigenti per gli impianti geotermici pilota e quelli ad autorizzazione regionale utilizzanti le stesse tecnologie;
ad assumere iniziative dirette a subordinare il rilascio delle concessioni alla stipula di una polizza fidejussoria a garanzia di eventuali danni all’ambiente, alla salute pubblica e alle attività produttive circostanti;
a prevedere nella fase prerealizzativa un pieno coinvolgimento delle amministrazioni e delle popolazione locali nel processo decisionale favorendo l’eventuale applicazione del principio di precauzione;
ad assumere iniziative normative affinché siano favoriti processi secondo cui le amministrazioni comunali coinvolte possano entrare nella compagine societaria al fine di mantenere un controllo pubblico sugli impianti;
ad assumere iniziative normative affinché per gli impianti già a regime e per quelli che eventualmente verranno realizzati sia previsto (pena la sospensione della concessione) un sistema di controlli ambientali effettuati dalla competente Agenzia Regionale per la Protezione ambientale, a spese del concessionario, volti a verificare (pena la sospensione della concessione) che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti del decreto legislativo n. 31 del 2001, che le altre matrici ambientali non risultino contaminate e che la sismicità non aumenti significativamente prevedendo anche che i risultati dei controlli e dei monitoraggi supplementari siano divulgati al pubblico entro 15 giorni per il tramite dei siti WEB del gestore, dell’autorità ambito e dell’agenzia ambientale competente per quel territorio.
(7-00530) «Segoni, Daga, Zolezzi, Vallascas, Da Villa, De Rosa, Busto, Mannino, Terzoni, Micillo, Massimiliano Bernini, Artini, Crippa, Prodani, Della Valle, Fantinati, Mucci, Tofalo».
>>> SEL <<<
ATTO CAMERA
RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00529
Dati di presentazione dell’atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 334 del 19/11/2014
Firmatari
Primo firmatario: PELLEGRINO SERENA
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’
Data firma: 18/11/2014
Elenco dei co-firmatari dell’atto
ZACCAGNINI ADRIANO
RICCIATTI LARA
ZARATTI FILIBERTO
FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO
NICCHI MARISA
Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA’ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Risoluzione in commissione 7-00529
presentato da
PELLEGRINO Serena
testo di
Mercoledì 19 novembre 2014, seduta n. 334
Le Commissioni VIII e X,
premesso che:
in questi ultimi anni sono considerevolmente aumentate le richieste di nuovi permessi per produrre elettricità da risorse geotermiche. Il Piano di azione italiano per le rinnovabili (PAN), prevede per questa fonte un notevole sviluppo, e fissa obiettivi importanti al 2020 per la geotermia nel settore elettrico: aumenti della capacità stimati in circa 170 megawatt, dal 2010 al 2020, e della produzione annua di circa 1.100 GWh;
nel nostro Paese la produzione geotermoelettrica ha avuto, dal 1990 al 2010, un aumento del 65 per cento circa passando da 3.222 GWh/anno a 5.343 GWh/anno, contribuendo a ridurre la dipendenza energetica nazionale dall’estero e a contenere le emissioni di gas serra;
con l’obiettivo di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale, il decreto legislativo n. 22 del 2010, come modificato dal decreto legislativo n. 28 del 2011 ha definito di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e comunque con emissioni nulle e con potenza nominale installata non superiore a 5 megawatt altresì per ciascuna centrale. L’autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che sono tenuti ad acquisire l’intesa con la regione interessata;
il decreto-legge 83 del 2013 ha quindi inserito (articolo 38-ter) l’energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche. Successivamente, con l’articolo 41, comma 7-bis, del decreto-legge 69 del 2013, si è stabilito che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale. I progetti geotermici pilota sono quindi sottoposti alla valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
detta legge ha inoltre previsto per gli stessi impianti la loro esclusione dall’applicazione del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (di recepimento della direttiva 96/82/CE, cosiddetta «Direttiva Seveso»), producendo legittime preoccupazioni rispetto alla loro sicurezza nelle operazioni di trivellazione ed esercizio, con particolare riferimento alla prevenzione di incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose;
per quanto concerne gli incentivi, il decreto ministeriale del 6 luglio 2012, relativo all’incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dalla solare fotovoltaica, ha previsto specifici incentivi per gli impianti geotermici ad autorizzazione regionale assoggettati alla doppia fase di ricerca e concessione, mentre il medesimo decreto ha previsto degli incentivi maggiori (oltre che a un iter autorizzativo più semplificato) per gli impianti pilota sperimentali di potenza fino a 5 megawatt;
contestualmente allo sviluppo dell’utilizzo della risorsa geotermica, si sono sempre più sollevate perplessità sugli impatti negativi legati alle procedure connesse ad alcune tipologie di sfruttamento geotermico per la produzione di energia elettrica: impatti sulla salute, depauperamento delle risorse idriche, rischi di sismicità indotta e innescata, subsidenza e, in genere, inquinamento ambientale. E ciò ha acuito le preoccupazioni e le perplessità da parte delle regioni e delle comunità interessate da progetti pilota per la geotermia, relativamente all’impatto che i relativi impianti potrebbero avere sull’assetto geologico e ambientale del loro territorio;
ricordiamo che il 10 aprile 2014, sulla rivista scientifica specializzata Science, si sono messi in evidenza i risultati della relazione della suddetta commissione tecnico-scientifica ICHESE (International commission on hidrocarbons, exploration and seismicity in Emilia region) istituita dal dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri su richiesta del presidente della regione Emilia, con il compito di valutare i possibili collegamenti tra la produzione di idrocarburi e i terremoti del 20 e 29 maggio 2012 e comunque con l’aumento della sismicità nel territorio dell’Emilia Romagna;
la commissione internazionale ICHESE ha consegnato il rapporto il 13 febbraio 2014. Il 17 febbraio 2014 il dipartimento ha trasmesso il rapporto alla regione e, nella relazione conclusiva, si legge come: «…non si può escludere che le attività estrattive effettuate nel giacimento in località Cavone di Mirandola (Modena) possano avere innescato il sisma del 20 maggio 2012, il cui epicentro si trova a 20 chilometri di distanza, anche in relazione all’incremento delle attività estrattive nel pozzo a partire dall’aprile 2011. Variazioni di sforzi e pressioni all’interno della crosta terrestre, dovute sia all’estrazione di greggio che all’iniezione di fluidi pressurizzati per facilitarne l’uscita, possono non essere stati sufficienti a produrre un terremoto così violento, ma è possibile che la faglia responsabile dell’evento del 20 maggio 2012 si trovasse già vicina al punto di scivolamento, e che le variazioni prodotte dall’uomo nella crosta, benché estremamente piccole, siano state sufficienti per “innescare” il terremoto»;
è importante sottolineare come, secondo le raccomandazioni della Commissione ICHESE, le attività di sfruttamento di idrocarburi e dell’energia geotermica, devono essere accompagnate da reti di monitoraggio ad alta tecnologia, finalizzate a seguire l’evoluzione nel tempo di tre aspetti fondamentali: l’attività microsismica, le deformazioni del suolo, la pressione di poro;
a seguito di dette raccomandazioni, la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie (CIRM) del Ministero dello sviluppo economico, ha istituito il 27 febbraio 2014, un gruppo di lavoro per la definizione di linee guida per i monitoraggi microsismici, delle deformazioni del suolo e delle pressioni di poro in presenza di attività di sfruttamento del sottosuolo;
un ulteriore gruppo di lavoro è stato costituito, in ambito ISPRA, dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per definire dettagliatamente lo stato della sismicità indotta e provocata dall’attività antropica nel nostro Paese;
la Rete nazionale no geotermia elettrica speculativa e inquinante con una nota al Governo del 28 aprile 2014, ha sollecitato la richiesta di un provvedimento di moratoria sospensivo di tutte le procedure in atto relative a permessi di sfruttamento geotermico sia di tipo binario (in modo specifico quelli definiti «pilota» in quanto autorizzati sulla base di conoscenze di bibliografia; con iter amministrativi semplificati, e con incentivi maggiori rispetto agli altri impianti binari), che utilizzanti tecnologia «flash» come quella per gli impianti di ENEL Green Power dell’Amiata;
nella geotermia tradizionale e convenzionale si usa il cosiddetto ciclo flash, che disperde in atmosfera gran parte dell’acqua calda o dei vapori intercettati in profondità. Solo una parte di quest’acqua viene reimmessa dopo essere stata recuperata. La situazione ambientale è relativamente sostenibile se il ciclo flash viene usato in aree dove dal profondo della terra non emergono CO2 e inquinanti. Se invece, come per esempio in Amiata, dai pozzi insieme all’acqua emergono gas e sostanze inquinanti, oltre a una elevata quantità di CO2, la crisi ambientale rischia di diventare inevitabile;
le tecnologie cosiddette «flash», lo dimostrano i dati sanitari del Monte Amiata, sono così inquinanti da aver trasformato la montagna amiatina in uno dei siti inquinati del nostro Paese;
ciascuna centrale geotermica emette nell’atmosfera, oltre a vapore di acqua e anidride carbonica, vapori di mercurio, arsenico, acido solfidrico, ammoniaca ed altri inquinanti provocando gravi danni all’ambiente e alla salute degli abitanti interessati;
peraltro, proprio riguarda l’Amiata, il serbatoio geotermico, dal quale sono estratte migliaia di tonnellate di vapore, è ad acqua dominante. La produzione di energia comporta un consumo di milioni di metri cubi di acqua proveniente anche dagli acquiferi superficiali oltre che da quelli termali e geotermici. I serbatoi geotermici perdono vigore nel tempo e nell’arco di un decennio la portata iniziale si riduce di circa il 30 per cento, fino a mettere il pozzo di estrazione fuori produzione;
in data 6 novembre 2013 dal sito del quotidiano Il Tirreno un articolo a firma di Francesca Ferri riportava la seguente notizia — «Il “caso geotermia” in Amiata entra nei lavori del 27o congresso dell’Associazione italiana di epidemiologia, a Roma, e lascia il segno. I partecipanti — scienziati e ricercatori di varie università e istituti di ricerca — non sono rimasti indifferenti ai dati relativi alle sostanze inquinanti rilasciate in atmosfera dalle cinque centrali amiatine e certificate dall’Arpat […] né alle 54 relazioni, certificate dallo studio epidemiologico dell’Agenzia regionale di sanità (Ars) della Toscana tra incrementi di malattie e concentrazioni crescenti degli inquinanti prodotti dalle centrali»;
il territorio italiano, e in particolare Toscana, Umbria e Lazio è ricco di riserve di calore sotterraneo: 45 sono i permessi di ricerca concessi, e circa altrettante le domande arrivate al Ministero dello sviluppo economico. Proprio nella zona geografica alla convergenza di queste tre regioni, diversi comuni fra cui Orvieto, Acquapendente e Montefiascone, si sono attivati per bloccare il progetto di una centrale geotermica a Castel Giorgio, a nord est del lago di Bolsena. Di mezzo ci sono la sicurezza di una falda acquifera e la stabilità di interi paesi costruiti sul tufo;
tra le numerose richieste di permessi di ricerca, molte riguardano proprio territori laziali, come la provincia di Viterbo, che presentano problemi sanitari e ambientali legati alla presenza di arsenico nelle falde idropotabili, con il rischio che le eventuali trivellazioni in profondità possano portare a un incremento dei fluidi a elevato contenuto di arsenico;
va comunque evidenziato come accanto alla tecnica del ciclo flash, dannosa per la salute e l’ambiente, esiste la tecnica del ciclo binario. Il ciclo binario abbinato alla reimmissione totale dei fluidi e dei gas è decisamente meno invasivo, e ha contribuito a determinare lo sviluppo internazionale della geotermia;
in ambito sia europeo che italiano il fenomeno geotermico è finora stato approcciato con eccessiva generalizzazione e non tiene conto delle singole realtà, come dimostra il caso Amiata suesposto,
impegnano il Governo:
a favorire e sostenere l’uso della risorsa geotermica solo laddove compatibile con la piena tutela, e salvaguardia ambientale e sanitaria, approfondendo le criticità e gli impatti delle varie tecnologie ed adeguando la normativa in modo conseguente, avviando a tal fine una mappatura del territorio nazionale e individuando le zone di esclusione dove gli impianti geotermici presentano rischi eccessivi o comunque si presentano fortemente impattanti e quindi non sostenibili;
ad assumere iniziative per rivedere gli attuali meccanismi incentivanti garantiti al geotermico, in quanto fonte rinnovabile, al fine di confermare detti incentivi solo qualora la produzione di energia non comporta consumo di acqua proveniente dagli acquiferi superficiali oltre che da quelli termali e geotermici;
a prevedere una moratoria sui progetti pilota di impianti geotermici e delle procedure autorizzative in atto relative allo sfruttamento geotermico e più in generale a permessi di trivellazione, in attesa almeno delle conclusioni del gruppo di lavoro istituito per la definizione di linee guida per i monitoraggi microsismici, delle deformazioni del suolo e delle pressioni di poro in presenza di attività di sfruttamento del sottosuolo, come richiesti nelle raccomandazioni della Commissione ICHESE esposte in premessa;
ad assumere le opportune iniziative normative, volte ad assegnare alle regioni interessate la competenza in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), anche per gli impianti geotermici pilota;
ad assumere iniziative per rivedere le modificazioni apportate al decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, che ha disposto, per gli impianti geotermici pilota, l’esclusione dall’applicazione del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (di recepimento della cosiddetta «direttiva Seveso»), concernente il controllo dei rischi da incidente rilevante che coinvolgano sostanze pericolose;
a favorire lo sviluppo e la diffusione della geotermia a bassa entalpia, ossia ad impianti che sfruttano il calore a piccole profondità, per l’importante contributo che può dare alla riduzione del fabbisogno energetico del patrimonio edilizio italiano.
(7-00529) «Pellegrino, Zaccagnini, Ricciatti, Zaratti, Ferrara, Nicchi».
>>> PD <<<
ATTO CAMERA
RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00486
Dati di presentazione dell’atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 304 del 07/10/2014
Abbinamenti
Atto 7/00519 abbinato in data 12/11/2014
Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA’ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Atto Camera
Risoluzione in commissione 7-00486
presentato da
BRAGA Chiara
testo di
Mercoledì 15 ottobre 2014, seduta n. 310
Primo firmatario: BRAGA CHIARA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 07/10/2014
Elenco dei co-firmatari
BENAMATI GIANLUCA
TERROSI ALESSANDRA
TENTORI VERONICA
MARCHI MAINO
MARIANI RAFFAELLA
ALBINI TEA
AGOSTINI LUCIANO
GNECCHI MARIALUISA
MANZI IRENE
GIULIANI FABRIZIA
MORETTO SARA
MAZZOLI ALESSANDRO
CENNI SUSANNA
DALLAI LUIGI
Le Commissioni VIII e X,
premesso che:
il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, concernente «Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche», si pone l’obiettivo di favorire l’utilizzo della risorsa «rinnovabile» geotermica, in particolare la semplificazione delle procedure in coerenza con gli indirizzi comunitari ed internazionali per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e l’apertura a un regime concorrenziale che assicuri una trasparente e non discriminatoria assegnazione in concessione delle risorse geotermiche; viene inoltre definito che le risorse geotermiche di interesse nazionale sono patrimonio indisponibile dello Stato, mentre quelle di interesse locale sono patrimonio indisponibile regionale e che l’autorità competente per le funzioni amministrative, ai fini del rilascio del permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione, riguardanti le risorse geotermiche d’interesse nazionale, è il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, mentre per quelle locali le autorità competenti sono le regioni o gli enti da esse delegati, nel cui territorio sono rinvenute;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE», ha previsto che, al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale, sono considerati di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione – su tutto il territorio nazionale – di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e comunque con emissioni nulle e con potenza nominale installata non superiore a 5 MWe per ciascuna centrale. L’autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l’intesa con la regione interessata;
ai sensi del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, le autorità competenti per le funzioni amministrative, inclusa la valutazione di impatto ambientale, ai fini del rilascio del permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione, comprese le funzioni di vigilanza sull’applicazione delle norme di polizia mineraria, riguardanti le risorse geotermiche d’interesse nazionale e locale sono le regioni o gli enti da esse delegati;
il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, (recante misure urgenti per la crescita del Paese) ha disposto l’inserimento dell’energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche;
il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia», ha disposto che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale (integrando l’articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
ai sensi di tale normativa i progetti geotermici pilota sono quindi sottoposti alla Valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
la citata legge ha inoltre disposto per gli stessi impianti l’esclusione dalle previsioni della «direttiva Seveso» (direttiva 96/82/CE) generando ulteriori preoccupazioni rispetto alla loro sicurezza nelle operazioni di esercizio, con particolare riferimento alla prevenzione di incidenti connessi alla presenza di sostanze pericolose utilizzate come vettori del calore specialmente nei cosiddetti cicli binari;
il decreto ministeriale 6 luglio 2012, «Attuazione dell’articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi da quella solare fotovoltaica», introduce una incentivazione «base» per gli impianti geotermici ad autorizzazione regionale assoggettati alla doppia fase di ricerca e poi concessione, mentre una incentivazione maggiore viene introdotta per gli impianti pilota sperimentali di potenza fino a 5 megawatt (per una potenza complessiva fino a 50 megawatt) con la conseguenza che tali impianti hanno un iter autorizzativo semplificato ed un incentivo maggiorato;
quanto sopra citato ha comportato numerose richieste di permessi di ricerca in tutta Italia – in particolare nelle regioni Umbria, Lazio, Toscana, Campania, Sicilia e Sardegna – oltre che alla immediata saturazione del plafond di 10 permessi per impianti pilota sperimentali, in particolare nel settore della media entalpia, con temperature della risorsa geotermica compresa tra 90o C e 150o C;
nella sola regione Lazio, sono state inoltrate 38 domande di autorizzazione alla ricerca per lo sfruttamento della risorsa geotermica. Di queste, 20 riguardano siti ricadenti nella provincia di Viterbo molti dei quali prospicienti il lago di Bolsena;
si aggiunge che il Lazio settentrionale, come ben noto, è affetto da problematica da arsenico nelle falde idropotabili, proveniente dai fluidi geotermici del sottosuolo; un elevato numero di trivellazioni intorno al lago di Bolsena potrebbe incrementare la risalita di fluidi ad elevato contenuto di arsenico, mettendo a rischio non solo i pozzi che attingono dalla falda acquifera, ma anche la possibilità di utilizzare l’acqua dello stesso lago – che contiene bassissime percentuali di arsenico – per una eventuale miscelazione con la rete potabile della provincia di Viterbo ad oggi contenente percentuali di arsenico superiori a quelle consentite dalla normativa nazionale ed europea vigente;
le stesse trivellazioni potrebbero incidere anche sui sistemi termali con conseguente riduzione dei volumi delle acque che attualmente sono alimentate dalle sorgenti, con gravissime conseguenze per le economie dei territori interessati, contravvenendo alle disposizioni della legge n. 323 del 2000 che promuove la crescita qualitativa dell’offerta termale nazionale sulla qualificazione dei contesti ambientali e, quindi, sulla stabilità dei parametri chimico-fisici della acque. Tutto ciò arrecherebbe gravi danni al turismo, attività economica molto importante, ad esempio, per la provincia di Viterbo e anche per il comprensorio del lago di Bolsena;
nella regione Lazio un impianto pilota sperimentale è previsto nel comune di Acquapendente e nella regione Umbria ne è previsto un altro nel comune di Castel Giorgio, contermine al precedente, entrambi inseriti nel bacino idrogeologico SIC (sito di interesse comunitario) del lago di Bolsena;
con riferimento agli impianti pilota precedentemente citati situati nei comuni di Castelgiorgio (Terni) e Acquapendente (Viterbo), si sottolinea la elevata fragilità sismotettonica del territorio, dimostrata da importanti terremoti storici (a memoria si ricordano i terremoti a Tuscania nel 1971 e a Castelgiorgio nel 1957) a cui si associa un contesto edilizio fortemente vulnerabile dal punto di vista della resilienza sismica (centri abitati della civiltà del tufo);
i comuni situati in prossimità del lago di Bolsena, ricadenti sia in provincia di Viterbo sia in provincia di Terni hanno, negli ultimi mesi, già dichiarato la loro opposizione alle trivellazioni ed alla utilizzazione di pozzi profondi nel loro territorio finalizzati allo studio ed alla produzione di energia da fonte geotermica, vista anche la esperienza negativa vissuta dal territorio con la centrale geotermoelettrica di Latera pur portata avanti da una società con esperienza nel settore come ENEL S.p.A.;
il Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche ha ritenuto, inoltre, necessario valutare in via preventiva le autorizzazioni di operazioni tecnologiche che prevedano perforazioni nel sottosuolo con particolare riferimento alla sismicità indotta e provocata per cui saranno individuate e definite attraverso «linee guida» la cui stesura è stata affidata al gruppo di lavoro costituito in data 2014;
il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ritenuto necessario costituire, in ambito ISPRA, un gruppo di lavoro per definire puntualmente lo stato della sismicità indotta e provocata dall’attività antropica nel nostro Paese;
le stesse regioni Lombardia e Emilia-Romagna con atti rispettivamente del 20 marzo 2014 e 23 aprile 2014 hanno deliberato in via cautelativa, una moratoria per tutte le attività concernenti la perforazione del sottosuolo, in attesa della definizione delle suddette «linee guida» del Governo;
l’attività dei suddetti gruppi di lavoro è tuttora in corso pertanto, ad oggi, non esistono ancora le nuove linee guida, né è stata effettuata la revisione del quadro normativo resosi necessario per la geotermia elettrica; quindi non possono essere fornite valutazioni scientifiche certe alle istanze di perforazione del sottosuolo in corso di approvazione;
non esiste inoltre ad oggi una zonazione del territorio nazionale che evidenzi le aree di compatibilità in cui non possano esserci rischi di sismicità indotta o provocata, ma anche di potenziale inquinamento delle falde idropotabili e di inquinamento atmosferico ed acustico a tutela delle aree urbane di pregio o di interesse naturatistico,
impegnano il Governo:
ad avviare le procedure di zonazione del territorio italiano, per le varie tipologie di impianti geotermici, identificando le aree potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli orientamenti europei relativamente all’utilizzo della risorsa geotermica, e in linea con la strategia energetica nazionale;
ad emanare «linee guida» a cura dei Ministeri dello sviluppo economico e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che individuino anche i criteri attraverso i quali definire, a livello nazionale, quali dei siti potenzialmente sfruttabili risultino effettivamente suscettibili di sfruttamento, tenendo conto delle implicazioni che l’attività geotermica comporta relativamente al possibile inquinamento delle falde, qualità dell’aria, induzione di sismicità ed altro ancora;
a far sì che, nella valutazione di impatto ambientale (via) per gli impianti pilota geotermici di Castel Giorgio (Umbria) e Montenero (Toscana), si tenga conto in particolare delle implicazioni che l’attività geotermica comporta relativamente al possibile inquinamento delle falde, alla qualità dell’aria, all’induzione di sismicità;
a rilasciare le autorizzazioni per i progetti di impianti geotermici solo nel rispetto delle prescrizioni previste dalle linee guida in corso di definizione;
a valutare la possibilità di riconsiderare la classificazione delle fonti energetiche rinnovabili, con particolare riferimento alla possibilità di non annoverare più tra le stesse, lo sfruttamento delle acque sotterranee riscaldate da gradienti di temperatura ma solo quello del calore ivi presente che è effettivamente rinnovabile.
(7-00486) «Braga, Benamati, Terrosi, Tentori, Marchi, Mariani, Albini, Luciano Agostini, Gnecchi, Manzi, Giuliani, Moretto, Mazzoli, Cenni, Dallai».