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Terremoto Lazio-Umbria-Toscana. Non è un territorio per trivelle

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Lo sciame sismico dal 30 al 31 maggio, ore 17 (fonte Iside-Ingv)

Oltre 30 scosse in due giorni: altre trivelle diminuiranno o aumenteranno i rischi?

 

 

 

Il 30 maggio sera una forte scossa, di 4.1 gradi di magnitudo, ha causato allarme e paura in tre regioni, Umbria, Toscana e Lazio, ricordando a chi spesso lo dimentica, che ci troviamo in una zona sismica peraltro ricca di fabbricati storici e paesi antichi di certo non costruiti per sostenere terremoti.

La scossa più forte fa parte di uno sciame che in due giorni, 30 e 31, ha già dato oltre trenta sismi e che si va manifestando spostandosi verso nord-ovest, in direzione val di paglia/amiata.

clicca per ingrandire (aggiornamento sismi alle ore 8 del 2/6/16)

A Castel Giorgio, epicentro delle scosse più forti, è in iter autorizzativo il permesso di ricerca finalizzato ad una centrale pilota da parte della società ITW-LKW Geotermia Italia e, sovrapponendo la mappa della concessione con gli epicentri, si nota proprio una sinistra coincidenza dei luoghi.

Sarebbe troppo facile dire oggi che bisogna stare molto attenti ad autorizzare impianti geotermici in queste zone, ma noi, come comitati, sono ormai anni che cerchiamo di fare informazione sui rischi da sismicità indotta e siamo spesso stati accusati di fare allarmismo. Ma la realtà ha la testa dura e, nonostante l’opera tranquillizzante di molti -interessati ai progetti-, la verità che realizzare impianti in queste zone è una follia torna prepotentemente alla ribalta.

Può un territorio con questa sismicità tollerare ulteriori stimolazioni -estrazioni e reiniezioni-? Noi siamo certi di no.

Anche per questo non possiamo che ribadire la contrarietà più netta alla realizzazione di altre centrali e la moratoria per tutti gli impianti inquinanti e speculativi esistenti.

 

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Comunicato Comitato Maremmattiva del 31/5/16:

Se non vi foste ancora convinti…la terra trema!

Gli episodi sismici di questi due giorni (30-31 maggio) con epicentro nel quadrante di confine tosco-umbro-laziale sono la riprova dell’attività sismica in questo territorio.

Fortunatamente le conseguenze non sono state gravi ma rappresentano un campanello di allarme serio nei confronti dei tentativi da parte di varie imprese (itw-lkw, Sorgenia…) di far diventare questo territorio una area di “sviluppo” geotermico.

Abbiamo già da tempo come comitato messo in guardia di fronte ai pericoli relativi alla sismicità indotta che le centrali geotermiche rappresentano.

Chissà che questa presa di posizione  da parte del sottosuolo possa riportare un po’ di buon senso rispetto ai tentativi di far entrare le trivelle geotermiche nelle terre che abitiamo.

Non è il primo episodio di questo tipo in questi anni e il fatto che particolarmente abbia interessato il comune di Castel Giorgio e quello di Acquapendente , entrambi interessati dai progetti geotermici che vogliono invadere la piana dell’Alfina, rappresenta simbolicamente un rifiuto netto da parte di un ecosistema che va tutelato e protetto.

Ribadiamo  quindi il nostro “NO” alle centrali geotermiche qui e altrove auspicando oltre a una corretta monitorizzazione dei fenomeni sismici nel territorio anche una presa di posizione netta da parte della cittadinanza e delle amministrazioni coerente con il principio di “precauzione”.

Da domani ci diranno che è tutto a posto e che è stato un caso.
Noi al contrario manteniamo l’attenzione molto alta e invitiamo tutti a farlo.

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Leggilo anche su:

GoNews.it del 31/5/16

Maremmanews del 31/5/16

UmbriaOn del 1/6/16

Il Cittadino online del 1/6/16

Contropiano.org del 1/6/16

OrvietoNews.it del 31/5/16

AmiataNews del 1/6/16

Il Tirreno del 2/6/16:

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Aggiornamento INGV del 31/5/16, ore 16

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Firenze, 9 aprile 2016. Dal convegno sulla geotermia un chiaro “no” al piano Rossi

20160409_firenze focus geotermia 19Sala piena all’Auditorium regionale e presidio in strada per il convegno “Geotermia: Focus Toscana”. Messe in evidenza tutte le criticità, i danni sociali e sanitari nella regione “geotermica” per eccellenza. La geotermia non ha una accettazione sociale neppure in Toscana.

 

E’ stato un convegno molto partecipato quello che si è svolto sabato 9 aprile 2016 a Firenze presso l’Auditorium del Consiglio Regionale della Toscana dal titolo “Geotermia: Focus Toscana” organizzato dai comitati della Rete Nazionale NOGESI (No geotermia elettrica speculativa e inquinante).
I tempi per organizzare un focus sulla geotermia erano maturi. Il Governo infatti ha finora disatteso l’impegno, preso con una Risoluzione approvata dalla Camera dei Deputati, di emanare le linee guida su tale argomento entro ottobre 2015. Nell’attesa di tale normativa in Toscana i progetti per nuovi insediamenti industriali stanno andando avanti in base a regole vecchie che non tutelano i territori soprattutto per quanto riguarda la tutela ambientale e sanitaria.
I dieci relatori invitati rappresentavano i settori professionali più legati al tema in discussione. Una serie di interventi interessanti si sono susseguiti davanti ad un pubblico attento e desideroso di capire meglio cosa sta avvenendo nei territori coinvolti dai progetti di costruzione di nuovi impianti geotermici: centrali geotermiche che fino a pochi anni fa venivano percepite come una risorsa, oggi vengono vissute come un problema per l’economia locale, la salute e l’ambiente.
L’aria che si respirava durante tutte le trattazioni era di chiaro dissenso verso la politica nazionale e regionale. Sia per il modo in cui viene sfruttata oggi la geotermia esistente sia per i permessi di ricerca rilasciati dalla Regione che preludono all’industrializzazione forzata di territori dove sono presenti economie che hanno investito tutte le loro energie e risorse puntando sullo sviluppo del settore dell’agricoltura e del turismo di qualità.
La consapevolezza che purtroppo tale attività industriale gode di particolari protezioni politiche è stata chiara fin da subito a tutti i presenti in sala. Un tipo di energia che per anni è stata propagandata come pulita e rinnovabile oggi mostra “tutti i suoi contro”. In tutti gli interventi sono state dimostrate le criticità collegate allo sfruttamento geotermico per come viene attuato oggi in Italia e in Toscana.
Fin dal primo intervento è stato ben chiarito quanto è avvenuto dal 2010 ad oggi con la liberalizzazione del mercato geotermoelettrico. Gli incentivi economici stanziati per le fonti rinnovabili e una normativa rivelatasi inefficace sin dalla sua nascita, hanno spinto società, fino a quel momento puramente finanziarie, a lanciarsi in una nuova corsa all’oro. La diffusione a macchia di leopardo dei nuovi permessi di ricerca ha quindi creato preoccupazione e malcontento nelle comunità locali. A questo proposito durante il convegno è stata portata la testimonianza di alcuni attivisti dei comitati nati sul territorio per contrastare la geotermia industriale. Emblematico il caso del “Masso delle Fanciulle” che ha visto i cittadini doversi impegnare in molteplici attività tra cui raccolte di firme e fondi per poter difendere i territori minacciati. Si è passati poi a parlare della non sostenibilità e dell’incompatibilità tra produzioni agricole di qualità e insediamenti di nuove centrali geotermiche.
L’intervento di un rappresentante sindacale ha messo in luce quanto sia elevato il tasso di disoccupazione nelle aree geotermiche “storiche”, sfatando il mito che questa tipologia di insediamenti industriali crei nuovi posti di lavoro, rispetto ai settori legati all’economia del paesaggio.
Un altro argomento trattato è stata la drammatica situazione sanitaria ed ambientale in Amiata. In particolare sono state esposte le tabelle riportanti le grosse quantità di ammoniaca ed altre sostanze velenose immesse in atmosfera dalle torri di raffreddamento delle centrali. I danni sociali e sanitari che provocano le sole emissioni di ammoniaca ammontano a decine di milioni di euro e sono stati confermati da recenti studi di affermati ricercatori indipendenti. Clamorosa poi la ricostruzione delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per le ultime due centrali realizzate in Amiata da Enel Green Power, rammentate dall’arch. Fabio Zita, ex responsabile della Regione Toscana del Settore VIA. Se i documenti citati dall’arch. Zita saranno confermati, tutte le forze sane di questa Regione dovranno chiedere con forza le dimissioni del Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi.
L’avv. Michele Greco ha quindi riportato la sua testimonianza di collaborazione con i comitati impegnati nella lotta alla geotermia industriale. E’ stato spiegato all’uditorio come sia debole ed inefficace l’impianto normativo statale.
Successivamente alcuni consiglieri regionali presenti in sala di SI-Toscana a Sinistra e M5S hanno preso a turno la parola per esporre le proprie posizioni sulla questione geotermica, concordando con la Rete NOGESI mozioni e interrogazioni da portare in Consiglio Regionale. La assenza di posizioni da parte del PD regionale testimonia della difficoltà di contrapporsi alle argomentazioni presentate nel convegno. E’ intervenuto poi l’on. Samuele Segoni che si è soffermato sul ritardo del Governo nella definizione di nuove regole per la geotermia.
Sul finale due docenti universitari, il prof. Andrea Borgia-geologo di chiara fama- e l’ing. Giorgio Santucci affrontavano le questioni più tecniche in relazione alle vistose problematiche legate allo sfruttamento geotermico dell’area amiatina – a rilascio libero in atmosfera-con la riduzione dell’acquifero, sismicità indotta e subsidenza e le criticità anche di quelle “binarie” proposte come “buona geotermia”. Veniva quindi presentata la tecnologia cosiddetta di terza generazione, con sonde geotermiche di sofisticata costruzione che hanno la caratteristica-non muovendo i fluidi sotterranei- di limitare al minimo l’impatto ambientale.
Concludeva il convegno Piero Pii, Sindaco di Casole d’Elsa. Nella sua relazione i temi toccati riassumevano tutti gli interventi precedenti: normativa, procedimenti amministrativi, strategie di sviluppo alternative alla geotermia industriale, partecipazione democratica e la proposta di una commissione di inchiesta sull’Amiata, nonché la possibilità di una class action collettiva.
Un successo quindi che rilancia le attività dei comitati della Rete NOGESI contrari al piano geotermico del governatore Rossi e delle vecchie centrali Enel Green Power, a partire dalla Giornata “100 fiori contro la geotermia “del prossimo 24 aprile.

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Orvieto News dell’11 aprile 2016

Amiatanews dell’11 aprile 2016

GoNews

Contropiano

Orvieto Sì

Difensori della Toscana

 

Enel in Amiata, dobbiamo aspettare il morto per fermare la geotermia?

cornaL’8 marzo, nel corso di “normali” operazioni intorno al pozzo PC38, “normali” emissioni e malori. Bimba e genitore al pronto soccorso. Chiediamo moratoria immediata e indagini rigorose sull’attività geotermica dell’Enel.

 

 

 

20160308_corriere di sienaL’Arpat, l’agenzia per la “protezione” ambientale alle dipendenze della regione Toscana, il 10 marzo us si vede costretta a “fornire informazioni” in merito a “una prova di produzione del pozzo” denominato PC38, l’8 marzo, in comune di Piancastagnaio, loc.Tre Case. “Costretta” perchè allarmata dal fatto che “sono apparsi sulla stampa locale di Siena alcuni articoli di stampa che hanno evidenziato il caso”, altrimenti sarebbe passato tutto sotto silenzio?

Ad ogno modo, per comunicare come tutto si sia svolto regolarmente e sotto stretto monitoraggio, Arpat mostra sì i monitoraggi, ma quelli dell’Enel (!) relativi ad un “Piano di Monitoraggio Ambientale – Pozzo PC38” che però sarebbe dovuto addirittura avvenire a luglio, come si legge in premessa: “Il periodo di test si svolgerà durante la prima settimana di luglio”. In base quindi ai controlli, “fatti dall’oste sul vino”, Arpat tranquillizza rilevando che durante tutto il periodo delle prove, dalle 10 alle 17, i limiti dell’idrogeno solforato (H2S) sono stati sembre ben al di sotto dai limiti previsti e, al massimo, “…è verosimile che una parte della popolazione abbia percepito le maleodoranze tipiche dell’H2S (uova marce)”.

20160313_corriere siena pronto soccorso_senza datiPurtroppo “parte della popolazione”, nell’area interessata dalle “prove”, sembra che si sia sentita proprio male tappandosi in casa, altro che “uova marce”; fino al caso della bambina e di suo padre che sono dovuti ricorrere al pronto soccorso, prima di Abbadia e poi di Nottola per disturbi agli occhi e alla pelle, diagnosticati come “iperemia congiuntivale oculare” ed “eritema”.
Ma se i valori dell’H2S, come ci racconta Arpat, erano molto al di sotto dei limiti, perchè ci sono stati malori?

Perchè l’Arpat si “accontenta” di far misurare solo idrogeno solforato e anidride carbonica?
E’ possibile che insieme all’H2S e alla CO2, le sole sostanze misurate dall’Enel, ci siano state -come in genere sull’Amiata- altre e altrettanto nocive sostanze come mercurio, arsenico, boro, radon, ecc.?
Abbiamo più volte denunciato come l’Arpat svolga il ruolo di “notaio” su quanto Enel dichiara, disponendo di pochi o niente mezzi autonomi di verifica, che spesso, come avvenuto all’accensione di Bagnore4, casualmente si guastano o sono in manutenzione

Non è la prima volta che l’Amiata deve subire danni a causa delle emissioni: oltre alle risultanze dello studio epidemiologico dell’Ars regionale che individua “eccessi significativi” di mortalità e altre patologie gravi rispetto ai comuni limitrofi e alla media regionale e che finora non hanno trovato “ufficialmente” una causa, e dovendo escludersi i famosi “stili di vita”, alibi buono per ogni disastro ambientale, nel corso degli anni più volte ci sono state fuoriuscite di gas che hanno provocato danni e moria di animali, per puro caso nessun umano, episodi di dominio pubblico, come il caso più eclatante al Podere Marchese nel settembre del 2000 (*), e alcuni dei quali già passati attraverso i tribunali con accertamento di responsabilità a carico dell’Enel.

20160308_terr abbadiaInoltre, di certo casualmente, durante le prove sul PC38, alle ore 12,46 a pochi chilometri di distanza, verso Abbadia, si verificava una scossa di magnitudo 1,6 a 6,8 km di profondità (fonte: INGV-Iside). Anche in merito agli episodi di sismicità indotta sono ormai acclarate le connessioni con la geotermia.

Da anni i comitati denunciano i gravi pericoli connessi alla attività delle centrali e dei pozzi geotermici dell’Enel in tutte le sedi, ma fino ad oggi né i sindaci, responsabili della salute pubblica, né le Asl, tantomeno la regione hanno imposto il fermo di tali attività.
Anzi, il “piano rossi” prevede un luminoso futuro per la geotermia in tutta la Toscana, soprattutto nell’area nord (Larderello) e in quella sud (Amiata) con l’aggiunta alle centrali ad alta entalpia dell’Enel anche decine di centrali a media entalpia, e nonostante che perfino quasi tutti i sindaci si siano mostrati, almeno a parole, contrari
Nel ribadire che non è questo lo sviluppo che vogliamo e che si merita una regione come la Toscana, trasformata in distretto industriale di produzione energetica, ribadiamo la richiesta di moratoria di ogni attività geotermia in Amiata, presente e futura; ci auguriamo altresì che la popolazione si faccia sentire presso i propri “eletti” e che finalmente qualche magistrato voglia prendere in carico la questione e verificare con rigore quanto accaduto e quanto sta accadendo sul monte Amiata.

(*) Emissioni che nel 1992 inquinarono l’area attorno al pozzo Senna 1 e che nei primi anni 2000 danneggiarono il Podere del Marchese, per il quale, con la nota sent. 692/09 R.S. pronunciata il 9.3.09 dalla IV Sez. Penale della Suprema Corte di Cassazione, veniva accertata in via definitiva la correlazione diretta fra le attività geotermiche svolte da Enel ed il disastro che ne derivò e per le quali l’allora Erga (l’attuale Enel Green Power) è stata condannata in primo grado, in sede civile, a risarcire il privato che le aveva subite, come non abbiamo dimenticato le emissioni che in loc. Lavinacci, sempre a Piancastagnaio, fecero evacuare varie case e per cui Enel ha risarcito i danni.
da Il Tirreno del 17 settembre 2000:
Eruzione devasta un podere. Intensa attività geotermica vicino a Piancastagnaio
AMIATA. Una casa è stata devastata, nelle adiacenze a Piancastagnaio, per un’esplosione di vapori gassosi, fango e sassi eruttati da un cratere che si è creato improvvisamente proprio sotto l’edificio,il «Podere del Marchese» in località «I Troni», di proprietà di Marcello Perugini. Era da mercoledì notte che in quell’area si registravano fenomeni di attività geotermica spontanea che avevano aperto un primo cratere, poi un secondo a poca distanza quando il primo era stato imbrigliato,ed infine il terzo – ieri mattina – che ha devastato l’edificio e causato, per le emissioni di gas venefici, la morte di alcuni gatti, di animali da cortile e dei pesci di un vicino invaso. L’assessore regionale all’ambiente e alla protezione civile, Tommaso Franci, ha dichiarato ieri pomeriggio che l’amministrazione regionale sta seguendo con attenzione quanto si sta verificando, e domani saranno a Piancastagnaio tecnici della Regione per una verifica della situazione e per dare supporto tecnico alla amministrazione comunale. Da diversi mesi l’attività sismica nella zona amiatina è in preoccupante aumento, ed è di ieri la notizia (la riportiamo a pagina VII della cronaca)che sono in arrivo gli assegni per le famiglie evacuate dopo il sisma del 1 aprile, sul versante senese dell’Amiata, che provocò solo a Piancastagnaio danni alle cose per un valore stimato di circa venti miliardi di lire. La delibera è all’ordine del giorno della prossima giunta regionale.

 

Geotermia vecchia e nuova sotto la lente dei giornali

Grafico di Pierpaolo Balani a corredo dell'articolo de Il Fatto Quotidiano

Grafico di Pierpaolo Balani a corredo dell’articolo de Il Fatto Quotidiano

La stampa si accorge finalmente che la geotermia può essere un problema e che può nascondere, oltre ai problemi sanitari/ambientali, anche la speculazione sugli incentivi; cose che diciamo ormai da anni, ma che oggi sono alla ribalta nazionale, anche grazie ad onesti giornalisti, come nel caso di Veronica Ulivieri su La Stampa del 31 marzo e 3 aprile us, di Virginia Della Sala su Il Fatto Quotidiano dell’8 aprile us e di Francesca Ferri de Il Tirreno del 12 aprile us.
Riproponiamo i tre articoli di seguito:

Geotermia sul monte Amiata: va davvero tutto bene?
di
Veronica Ulivieri
Antico vulcano, poi sito di estrazione di mercurio e, dagli anni Sessanta, monte dell’energia geotermica. Mentre sull’Amiata (Toscana meridionale) stava entrando in funzione la nuova centrale geotermica di Bagnore 4, nei mesi scorsi si è riaccesa la polemica sugli impatti ambientali e sanitari dello sfruttamento dell’energia della terra nell’area. Da una parte ci sono i comitati riuniti nel coordinamento SOS Geotermia, dall’altra Enel Green Power, cui fanno capo tutte le centrali attive nel territorio. E ci sono un ricorso dei comitati al Consiglio di stato e un’interpellanza alla Camera presentata a dicembre 2013 dai deputati Adriano Zaccagnini, Serena Pellegrino (entrambi SEL) e Alberto Zolezzi (M5S).
L’industria geotermica sull’appennino della Toscana meridionale – cinque oggi gli impianti attivi, due a Bagnore, nel comune di Santa Fiora, e tre a Piancastagnaio – produce dagli anni Sessanta energia, occupazione, compensazioni ambientali per gli enti locali. A cui si aggiunge, però, secondo il Coordinamento SOS Geotermia, «un alto prezzo da pagare sul piano ambientale e della salute, in un territorio già segnato dalle emissioni delle miniere di mercurio, dismesse una quarantina di anni fa».
Inquinanti atmosferici
Per esplorare i diversi nodi della discussione, si può partire dalla qualità dell’aria.
Le emissioni geotermiche, spiega uno studio accademico realizzato tra il 2009 e il 2013 , «sono composte per lo più da anidride carbonica (85,4%), idrogeno solforato (1-2%) e metano (0,4%). In misura minore vengono emessi anche azoto, idrogeno, ammoniaca, acido borico, radon, gas rari ed elementi in tracce in forme volatili, come mercurio, arsenico e antimonio». La ricerca è stata condotta dagli scienziati di CNR, università di Pisa e fondazione Monasterio su richiesta della Regione Toscana, con lo scopo di valutare lo stato di salute della popolazione delle aree geotermiche.
Per ridurre la concentrazione in atmosfera di idrogeno solforato e mercurio, EGP ha brevettato la tecnologia AMIS, che però non agisce su CO2, metano e altri inquinanti: «Gli impianti AMIS hanno un’efficienza di abbattimento superiore al 90%. Sono già presenti nella quasi totalità delle 34 centrali geotermiche toscane – entro il primo trimestre del 2015 sarà installato anche nelle ultime sei centrali che ne sono prive – e costituiscono un’innovazione tecnologica e un’eccellenza a livello mondiale. A Bagnore 4 è prevista anche l’installazione di un impianto per l’abbattimento delle emissioni di ammoniaca, con un’efficienza anche in questo caso di oltre il 90%», spiega Massimo Montemaggi, responsabile Geotermia di Enel Green Power.
Secondo un altro studio accademico del 2013 però, nonostante gli sforzi dell’azienda, «l’elettricità da impianti geotermici nell’area del monte Amiata non può essere considerata “carbon free” come sostenuto fino ad oggi»: per le caratteristiche dei fluidi geotermici e del sottosuolo dell’area, avrebbe cioè un impatto ecologico da considerare. La ricerca, realizzata da Riccardo Basosi, docente di Chimica dell’università di Siena con un curriculum internazionale, insieme a Mirko Bravi, allora ricercatore dell’università di Pisa, ha preso in esame l’impatto sull’atmosfera della produzione di elettricità con centrali geotermiche sul monte Amiata, messe a confronto con impianti alimentati con fonti fossili. «Nonostante il Potenziale di tossicità umana non fornisca valori preoccupanti» scrivono i due scienziati, «le emissioni di gas serra sono in alcuni casi generalmente più alte di quelle generate da impianti a gas naturale e per alcune campionature non molto distanti dai valori delle centrali a carbone».
Le acque
Oltre che sulla qualità dell’aria, le polemiche si concentrano anche sulle risorse idriche. L’Amiata è un monte ricchissimo di corsi d’acqua: al centro delle discussioni c’è l’esistenza o meno di un collegamento tra le falde acquifere di superficie e i serbatoi geotermici in profondità. Legame da cui, secondo i comitati e alcuni studiosi, deriverebbe una riduzione della portata e una contaminazione delle acque che alimentano gli acquedotti. Per EGP non si può parlare di interazioni: «Si tratta di bacini che distano migliaia di metri l’uno dall’altro. Gli stessi studi commissionati dalla Regione Toscana alle università di Siena del 2008 e di Firenze del 2010 e al CNR confermano che non c’è connessione tra i due sistemi. Anche i dati del gestore idrico, l’Acquedotto del Fiora, dimostrano che le portate misurate hanno un andamento ciclico, dovuto esclusivamente alla diversa piovosità e nevosità registrate negli anni; dal 1990 ad oggi la media della portata è rimasta la stessa», aggiunge Montemaggi. Secondo Andrea Borgia, docente di Geotermia all’università di Milano e ricercatore presso il Lawrence National Laboratory di Berkeley, negli Stati Uniti, invece, «i due bacini sono strettamente collegati: riducendo la pressione del campo geotermico in profondità, dall’acquifero superficiale si richiama acqua verso il basso, che venendo in contatto con le rocce calde del campo si vaporizza. I gas incondensabili, tra cui gli inquinanti acido solfidrico (ossia idrogeno solforato, ndr), mercurio e arsenico, risalendo contaminando poi le falde superficiali. Ogni centrale consuma dalle 200 alle 600 tonnellate di acqua potabile all’ora, che, entrando nel sistema idrotermale in profondità, si contamina».

L’Amiata, Toscana meridionale, è una delle più grandi aree di produzione dell’energia geotermica in Italia. Oggi le centrali che sfruttano il calore della terra sono cinque, per un totale di 120 MW di potenza installata. L’entrata in funzione dell’ultimo impianto, Bagnore 4, inaugurato da Enel Green Power a fine 2014, ha fatto crescere molte polemiche mai sopite, contrapponendo i comitati riuniti nel coordinamento SOS Geotermia all’azienda. Nella prima parte dell’inchiesta abbiamo raccontato le diverse posizioni di Enel Green Power, cittadini e ricercatori riguardo gli impatti su aria e acqua legati allo sfruttamento dell’energia della terra. In questa seconda parte ci concentriamo invece sui temi della salute, della sicurezza e della tecnologia.
Geotermia e salute
Un eccesso di decessi del 13% per i maschi nell’area amiatina che «risente della mortalità per malattie respiratorie, per alcuni tipi di tumore, tra cui quello dello stomaco, e per malattie infettive». Intorno a questo dato, frutto dello studio in due parti condotto dai ricercatori di CNR, università di Pisa e fondazione Monasterio tra il 2009 e il 2013 su richiesta della Regione Toscana, si coagulano molte delle preoccupazioni dei comitati e le rassicurazioni dell’azienda.
La relazione finale della ricerca lancia un messaggio tranquillizzante, definendo il quadro epidemiologico nell’area geotermica – che però viene considerata qui nella sua interezza, sommando i dati nell’area Nord con quelli relativi all’Amiata – «rassicurante perché simile a quello dei comuni limitrofi non geotermici ed a quello regionale». Gli scienziati però ammettono che «l’analisi di correlazione tra dati ambientali e sanitari, sebbene di limitato valore a causa del tipo di dati disponibili, segnala una correlazione tra mercurio e acido solfidrico nell’aria e malattie respiratorie che non deve essere trascurata, mentre le relazioni riscontrate tra boro ed alcune patologie sono suggestive ma richiedono valutazioni più specifiche».
Roberto Barocci, coordinatore di SOS Geotermia, cita l’allegato 6 della prima parte della ricerca, che «individua 54 relazioni statisticamente rilevanti tra concentrazione degli inquinanti, patologie e decessi. Secondo noi è molto probabile che le centrali concorrano, insieme ad altre fonti di inquinamento, a generare le emissioni. Allo stesso tempo, lo studio sugli stili di vita partito dopo questa ricerca ha evidenziato che non ci sono differenze tra i comuni dell’area geotermica amiatina e quelli limitrofi». E se è vero che i rilevamenti ARPAT restituiscono spesso concentrazioni entro i limiti OMS, Valerio Gennaro, epidemiologo dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova, fa notare che «questi inquinanti sono comunque noti per la loro pericolosità, da soli e in sinergia tra loro. Fenomeno, quest’ultimo, che non è stato segnalato nello studio. Inoltre, bisognerebbe precisare maggiormente le specifiche popolazioni e le fasce di età interessate dagli eccessi di mortalità: è inutile allarmare con un dato medio la popolazione che non è in emergenza, ma nel contempo è necessario individuare precocemente la popolazione inquinata che può essere in emergenza sanitaria». Massimo Montemaggi, responsabile Geotermia di Enel Green Power, risponde spiegando che la ricerca «dichiara che “i risultati sono ancora in linea con l’ipotesi che le emissioni geotermiche abbiano un ruolo del tutto marginale o assente negli eccessi delle malattie”. Questa tesi è, peraltro, confermata dalla constatazione che “gran parte delle debolezze del profilo di salute dell’area sud riguardano solo i maschi”, per cui la causa non può riguardare l’inquinamento ambientale perché altrimenti avrebbe dovuto interessare entrambi i sessi».
Terremoti e tecnologie
Accanto alla salute, c’è il capitolo legato all’esistenza o meno di un legame tra scosse sismiche di piccola e media entità e sfruttamento dell’energia geotermica. «Molti studi dimostrano che esiste una correlazione tra sfruttamento dell’energia geotermica e sismicità. Le scosse sono causate soprattutto dalle attività di reiniezione dei fluidi in profondità dopo il loro utilizzo in centrale. Questi fluidi aumentando la pressione di poro facilitano lo scivolamento delle faglie», spiega Andrea Borgia, docente di Geotermia all’università di Milano e ricercatore presso il Lawrence National Laboratory di Berkeley, negli Stati Uniti. Per Montemaggi, «la correlazione è con il tipo di suolo, non con la geotermia. EGP ha una rete di monitoraggio microsismica, con la quale controlliamo le aree: quelli che vengono registrati sono valori microsismici sotto i 2 gradi scala Mercalli, dati tipici delle zone vulcaniche come quella dell’Amiata, presenti anche molto prima dell’intervento di Enel».
Infine la tecnologia: la scelta del sistema di sfruttamento dell’energia della terra, secondo i comitati e alcuni ricercatori, si ripercuote sugli effetti ambientali. Nel loro studio accademico del 2013, Riccardo Basosi, docente di Chimica all’università di Siena con un curriculum internazionale, e Mirko Bravi, ex ricercatore dell’ateneo pisano, sostengono che la sostituzione dell’attuale tecnologia “flash” con una a ciclo chiuso (il così detto “sistema binario”), permetterebbe di «rendere gli impianti geotermici del Monte Amiata “carbon free” e sostenibili dal punto di vista ambientale». Tesi sostenuta anche da Borgia: «Gli impianti a ciclo binario, anche se più costosi e meno efficienti, non hanno impatti sulla qualità dell’aria e, se ben dimensionati, possono avere impatto minimo sugli acquiferi superficiali». Montemaggi respinge questa teoria: «La critica che ci viene fatta si basa sulla non conoscenza del problema tecnico e tecnologico. La scelta della soluzione impiantistica è guidata dal tipo di fluido geotermico: in campi ad alta temperatura e con significativo contenuto di gas, è d’obbligo l’utilizzo di impianti a vapori di flash, mentre nelle medie entalpie è di norma più opportuno l’utilizzo di processi a ciclo binario». Dagli scienziati, però, arriva l’invito a tentare: «In Paesi come le Hawaii e la Nuova Zelanda sono in funzione impianti a ciclo binario anche con fluidi ad alta entalpia», dice Bravi. Anche in Italia, secondo l’esperto, le difficoltà «possono essere superate puntando su investimenti in ricerca e sviluppo per l’implementazione di queste tecnologie, tenendo conto delle caratteristiche sito-specifiche dei fluidi geotermici. I soggetti che appaiono come i naturali promotori di questa ricerca sono proprio le aziende che lavorano con la risorsa geotermica in Italia, poiché possiedono già know how, risorse e conoscenza del territorio».

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Geotermia, Bolletta Salata per l’Energia che non ha Mercato
Sono dieci le centrali pilota in Italia che producono quantità risibili ma legate a un giro di 5 miliardi l’anno di incentivi. In ballo, i soliti noti.
Nell’affare si ritrovano Sorgenia, Saras o Gruppo Maccaferri, ma emergono anche strutture con sede in Liechtenstein. La protesta dei comitati territoriali
di Virginia Della Sala

A San Gallo, cittadina svizzera che è patrimonio dell’Unesco, da due anni si chiedono cosa fare di un foro profondo quattromila metri, realizzato per una centrale geotermica. Hanno scavato per sfruttare il calore dell’acqua calda e produrre energia. I lavori, costati circa 80 milioni di franchi, sono stati bloccati perché la perforazione ha provocato un terremoto di magnitudo 3,5 e la fuoriuscita di gas.
Non esistono, infatti, dati certi e scientifici sulla sicurezza dei procedimenti per l’estrazione di energia geotermica né sul loro impatto ambientale. Nel 2012, ad esempio, in un’area di 400 chilometri quadrati attorno all’epicentro del terremoto in Emilia Romagna (13,2 miliardi di euro di danni e 27 vittime) c’erano diverse concessioni di ricerca e sfruttamento per idrocarburi. L’anno scorso, la commissione scientifica Ichese, costituita per decreto dal capo della Protezione civile, Franco Gabrielli ha concluso che “non si può escludere” che il terremoto sia stato “innescato” da attività antropica legata a uno dei siti, quello di Mirandola . La variazione di volume dei fluidi estratti e poi reintrodotti nel terreno, si legge nel rapporto, potrebbe aver anticipato un sisma già pronto ma che, magari, avrebbe potuto scatenarsi in un altro momento. Tipo tra cent’anni.
Gli impianti: dove sono e di chi sono Fino a cinque anni fa, le uniche centrali geotermiche in Italia appartenevano all’Enel, in Toscana, sul monte Amiata e a Lardarello . Poi gli incentivi statali hanno cominciato a spostare su questa tecnologia l’interesse di parecchi imprenditori, soprattutto perché il mercato di altre rinnovabili –ad esempio il fotovoltaico – è ormai saturo. Secondo i dati del ministero dello Sviluppo economico (Mise) più di cento aziende hanno chiesto di poter scavare per cercare fonti geotermiche o per creare centrali. Dal 2010, il settore è stato liberalizzato e oggi, per le aziende, ci sono due tipi di permessi.
Il primo: le autorizzazioni delle Regioni per la cosiddetta geotermia tradizionale, che ha tre fasi di ricerca e tre diversi permessi prima di arrivare al rilascio della Valutazione di impatto ambientale (Via). I costi sono alti, gli investimenti pari a decine di milioni di euro.
Il secondo: l’autorizzazione per le dieci centrali di geotermia pilota previste dal governo per una produzione totale di 50 Megawatt. È il jack-pot: basta un’unica autorizzazione, concessa da Mise e ministero dell’Ambiente d’intesa con la regione, e via con la centrale.
Nell’elenco di chi ha chiesto o già strappato una concessione ci sono nomi ricorrenti e, spesso, sanno di centrosinistra: c’è Sorgenia fondata dalla Cir dei De Benedetti e ora in mano alle banche; Exergy del gruppo Maccaferri (grandi finanziatori della politica con una passione per i democratici e, da ultimo, Matteo Renzi); un paio di controllate della Graziella Green Power dell’im – prenditore aretino Gianni Gori (una delle quali diretta dall’ex sottosegretario all’Agricoltura dei Verdi Stefano Boco). Ci sono gli italo-canadesi di K.R. Energy e pure Saras della famiglia Moratti.
Ad agosto 2014 è stata poi creata Rete geotermica, associazione di cui fanno parte quindici aziende italiane, la maggior parte di quelle interessate alla geotermia: presidente è Gianni Gori, patron del Gruppo Graziella, conosciuto per la produzione di gioielli, che da anni è entrato nel mercato dell’energia verde col nome di Graziella Green Power e ha in programma nel prossimo quinquennio la creazione di venti centrali con investimenti tra 150 e i 300 milioni di euro. Come si vede, in ballo ci sono forti interessi economici, per quanto “green”. Le richieste di impiantare centrali, ad oggi, sono quasi tutte concentrate nell’Italia centrale e in Sardegna. Insieme alle autorizzazioni o ai progetti sono arrivati anche i comitati per bloccare la sperimentazione: in giro per la penisola ce ne sono 46.
Secondo Vittorio Fagioli, per 35 anni funzionario Enel, oggi portavoce della rete Nogesi che riunisce i comitati contro la geotermia speculativa e inquinante, il problema vero sono gli incentivi altissimi concessi alle “energie rinnovabili”, tra cui la geotermia: “Le centrali regionali ricevono il doppio del costo dell’ener – gia elettrica prodotta; gli impianti pilota cinque volte il costo dell’energia. Parliamo di 200 euro circa a Mw/h: per un impianto si spendono 30 milioni di euro e in 20 anni se ne incassano ben 250. Il tutto per produrre una quantità ridicola di energia. Questi impianti hanno un rendimento dell’8 per cento: si immette 100 di calore e si produce 8 di elettricità”. Contributi altissimi per dosi piccolissime.
D’altra parte non c’è bisogno di avere un mercato: il guadagno è garantito. E chi paga gli incentivi? Gli italiani, in bolletta, visto che le rinnovabili fanno parte della voce A3 del conteggio. Solo nel 2013, il Gse ne ha erogati per circa 15 miliardi di euro, a gennaio del 2015 si è scesi a 5,7 miliardi: “È chiaro –spiega Fagioli – che se fossero ridotti ancora, si fermerebbe anche la corsa alle rinnovabili inutili”. Peraltro, nonostante la differenza in termini di permessi e remunerazione, gli impianti pilota e quelli tradizionali usano le stesse tecnologie: da quelle flash, che immettevano nell’aria le sostanze di scarto, a quelle che prevedono la reimmissione delle sostanze nel sottosuolo. Tra le centrali pilota in progetto, Castel Giorgio, in Umbria, ha ottenuto per prima la Via. Già negli anni Ottanta, però, Enel aveva effettuato studi e perforazioni in zona rinunciando poi alle centrali perché la conformazione geologica non era adatta: l’area è sismica.
Per di più, Castel Giorgio si trova su una delle falde acquifere che alimenta il lago di Bolsena e, secondo esperti e biologi, le perforazioni rischiano di inquinarle. A preoccupare i comitati, comunque, non è tanto la geotermia, ma il modo di gestire le concessioni: “La maggior parte delle ditte per le centrali pilota non ha competenze specifiche – spiega Fagioli – Fanno quasi tutte riferimento a un’unica ditta, la Turbo den, che ha realizzato impianti nei deserti israeliani. Le aziende partecipano ai bandi e nella maggior parte dei casi l’impianto lo fa la Turboden”, che è una società di Brescia, ma di proprietà dei giapponesi di Mitsubishi Heavy Industries . Il progetto di Castel Giorgio, ad esempio, è stato presentato dalla Itw & Lkw Geotermia Italia srl, che poi sono due aziende, entrambe con sede nel paradiso fiscale del Liechtenstein.
È proprio Itw & Lkw ad aver organizzato, il 31 marzo a Roma, un convegno (interrotto dai comitati) sulla geotermia intitolato “Il futuro dell’emissioni zero è già qui” in cui si è raccontato come ver- ranno creati ben 30 mila posti di lavoro. Torniamo a Castel Giorgio. A guidare il progetto c’è Franco Barberi, toscano, ex capo della Protezione civile. Era il 2012 quando i comitati locali si sono accorti di una cosa strana. La Commissione per gli Idrocarburi e le Risorse Minerarie (Cirm) aveva approvato il progetto della Itw & Lkw invitandola a produrre la documentazione per la Via: peccato che, della commissione, nel 2011 faceva parte come esperto (è un vulcanologo) lo stesso Barberi, pur essendo primo firmatario e project supervisorper la società. Un conflitto di interessi, che Itw & Lkw non ha negato: il ministero dello Sviluppo, ha spiegato, “era ufficialmente informato dell’attività di consulenza che Barberi prestava”. Nel febbraio 2013, poi, alla prima seduta della conferenza di Via, per conto della società era presente Guido Monteforte Specchi, che è pure presidente della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale per il ministero dell’Ambiente. “Effettivamente – racconta Fagioli – ciò che era stato deciso in quelle sedute è stato annullato dopo una segnalazione dell’assessore regionale dell’Umbria.
La commissione ha emesso nuovi pareri. Ma, tra ingegneri, geologi e funzionari, nel gruppo non c’era nessuno che, a nostro parere, avesse specifiche competenze tecniche per gestire progetti così complessi”. Quanto serve davvero questo tipo di energia? In Italia non c’è l’esigenza di ottenere altra energia elettrica. Anche se il decreto legge del 22 giugno 2012 inserisce quella geotermica tra le fonti strategiche, le dieci centrali pilota produrrebbero solo 5 megawatt ognuna (in Italia c’è una potenza di centrali elettriche installate pari a 130 mila).
Neanche la necessità di raggiungere i parametri richiesti dalla direttiva Ue 20-20-20 sembra giustificare la corsa. Secondo le stime del Gestore elettrico nazionale, nel 2012 abbiamo raggiunto il 27,1 per cento del consumo interno lordo di energia proveniente da fonti rinnovabili superando l’obiettivo del 26,4 per cento, ritenuto necessario per arrivare ai parametri richiesti dall’Ue. Anche il mondo ambientalista è diviso. Greenpeace e, soprattutto, Legambiente appoggiano il ricorso a questo tipo di energia elettrica con iniziative, campagne di sensibilizzazione e convegni.
Il Wwf , invece, negli ultimi anni ne ha preso le distanze: “Tutto può essere fatto più o meno bene –spiega Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf – e, in generale, non siamo contrari alla geotermia. Non capiamo però perché sia stato considerato un settore strategico. Saltare passaggi e ignorare l’opposizione delle Regioni non è sicuramente un buon modo per stabilire un dialogo con i cittadini”. Sul caso Castel Giorgio si susseguono le interrogazioni parlamentari dei Cinque Stelle, mentre gli eletti Pd hanno chiesto una risoluzione che impegna il governo a identificare le aree sfruttabili in Italia senza creare danni all’ambien – te e in accordo con gli enti locali. “Vogliamo solo che sia posto un freno alla liberalizzazione selvaggia – spiega Fagioli – Non c’è controllo da parte dello Stato. Fanno tutto le società e non c’è confronto con gli enti locali. Chiediamo una moratoria dei permessi concessi e una mappa delle zone in cui perforare sia sicuro. Non siamo contro la geotermia, ma vogliamo sia applicata con consapevolezza”.
Finora solo la Toscana ha bloccato i 38 permessi già concessi con una moratoria di sei mesi che ha fatto arrabbiare le imprese coinvolte e i fan della geotermia. A spingere il governatore Enrico Rossi a questa decisione sono tre elementi: la regione non ha bisogno di altra energia elettrica; le proteste di sindaci e cittadini; le imminenti elezioni regionali. Dopo il 31 maggio, insomma, si vedrà.

Diamo conto di seguito della rettifica pubblicata su richiesta di una delle società citate e una nota della Rete NOGESI:

DIRITTO DI REPLICA (Il fatto quotidiano del 10.04.2015)
In riferimento all’articolo pubblicato mercoledì 8 aprile dal titolo “Geotermia, bolletta salata per l’energia che non ha mercato” per quanto riguarda la citazione dell’azienda nell’articolo vorremmo chiarire che in Italia non vi sono in funzione impianti geotermici realizzati da Turboden e nemmeno in Israele. In Italia, dove l’azienda ha sede e più di 200 dipendenti, l’azienda può citare due referenze: la prima risale al 1992, a Castelnuovo Val di Cecina, e oggi non è in funzione; la seconda è un prototipo realizzato per Enel nel 2010, in funzione per un anno combinato a una caldaia ad acqua calda, quindi mai stato collegato a pompe geotermiche. È evidente che il sig.Fagioli si è confuso con un’ altra società.
Roberto Carnazza, Turboden
RISPOSTA DELLA GIORNALISTA
Prendiamo atto, ma bisogna aggiungere che in Italia la Turboden ha aderito a Rete Geotermica, che ha tra gli obiettivi “promuovere la geotermia” sul territorio e “sviluppare progetti industriali”, anche tramite protocolli d’intesa con le regioni. Quindi, nonostante la plausibile precisazione, la società non può considerarsi esclusa dal panorama della geotermia italiana.( Vd s)

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NOTA di Vittorio Fagioli, portavoce Rete nazionale NOGESI
La società TURBODEN che erroneamente ho citato nell’intervista al posto della società ORMAT (israeliana) coinvolta nel progetto geotermico di Castel Giorgio si è risentita ed ha fatto pubblicare una precisazione sullo stesso giornale.  Nella precisazione la società ammette di non aver mai fatto impianti significativi di produzione di energia elettrica da fonte geotermica(!!!)
Da tenere presente che detta società è interna alla RETE GEOTERMICA che ha fatto protocolli di intesa con la Regione Toscana con lo scopo di realizzare impianti geotermoelettrici di produzione (prima della “moratoria “di Rossi” ! …).
Ma non era meglio che stava zitta?

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Il reportage – Nuove centrali geotermiche sull’Amiata ma c’è preoccupazione per la salute
La calamita degli incentivi ha attirato nel Grossetano l’attenzione di una decina di società che hanno chiesto 18 permessi. Ma tra impianti storici e nuovi progetti non mancano le perplessità legate soprattutto alla salvaguardia dell’ambiente e della salute della popolazione
di Francesca Ferri

SANTA FIORA. Su per i tornanti la strada si addentra tra i boschi, attraversa ponti, rasenta paesini medievali. Sullo sfondo il monte Amiata, maestoso come un re in trono, con la cima incoronata dalla neve nonostante sia primavera. Il vento non riesce a spazzare via le nuvole, il cielo è una cappa plumbea. Una curva ancora poi un’altra. Le ruote si arrampicano e finalmente valicano il poggio. Una nuvola di vapore investe il parabrezza e avvolge l’auto, finché non rimane alle spalle e lascia aperto lo sguardo alla vallata. Non ci sono più boschi, non ci sono pittoreschi paesini. Appena sotto la strada, su una distesa brulla, un polmone di tubi, acciaio, camini e valvole sbruffa e sputa fuori una perenne nuvola bianca dal vago odore di zolfo. Pochi metri accanto, una struttura simile, con una nuvola ancora più grossa. Tutt’intorno, un reticolo di tubi che si inerpicano per ogni dove fino a lontanissimi pozzi.
Altra strada, altro paesaggio. La montagna digrada verso la collina. Le curve sono più dolci, i campi sono coltivati o ombreggiati da ulivi alternati a filari. Su per uno stradello sterrato si arriva a un declivio che si affaccia su un panorama mozzafiato: la Val d’Orcia inferiore, incantevole e incontaminata, si stende a perdita d’occhio. E sarà che è spuntato il sole e il vento si è acquietato, ma questo posto sembra incantato. Difficile immaginare che possa diventare un centro industriale, senza vapori e camini, certo, ma con tutto il suo ventre di tubi e condutture che si allungano per i campi.
Impianti storici e nuovi progetti. Secondo centro toscano di produzione di elettricità dal calore della terra, dopo Larderello, l’Amiata geotermica di ieri, di oggi e forse di domani è questa. Da un lato ci sono le centrali storiche di Enel Green power, arrivata negli anni Sessanta, a cosiddetta alta entalpia o “flash”, che estraggono il fluido geotermico fino a quattromila metri di profondità e, dopo averlo passato nelle turbine, in parte lo reiniettano nel sottosuolo, in parte lo liberano in aria in forma di vapore. Ce ne sono cinque in Amiata: tre a Piancastagnaio sul versante senese e due – Bagnore 3 e la nuovissima Bagnore 4 – su quello grossetano, tra l’omonima frazione di Santa Fiora e il territorio di Arcidosso. In tutto, 140 Megawatt d’energia all’ora.
Poi c’è la “nuova geotermia”, le centrali a media e bassa entalpia, al massimo da 5 Mw/h. O, meglio, ci sono i loro progetti e i permessi di ricerca, una ventina in tutto sull’Amiata (trentotto in Toscana), presentati da una variegata compagine di società, alcune di dubbia esperienza nel settore e scarso capitale sociale. Non prevedono rilascio di vapore in aria, ma non sono meno impattanti per l’occhio.
Le accuse degli ambientalisti. Benvolute dai sindaci della zona, che per le casse sempre bisognose dei loro Comuni ricevono laute compensazioni, le centrali Enel sono una presenza familiare per la popolazione locale. Per lo più i santafioresi così come i vicini del comprensorio sono disinteressati al dibattito sulla geotermia, se non infastiditi. Dibattito che, invece, è vivissimo nelle battaglie delle associazioni ambientaliste, raccolte nel coordinamento Sos Geotermia.
Secondo gli ambientalisti, la geotermia ad alta entalpia, universalmente riconosciuta energia rinnovabile e pulita, sull’Amiata non sarebbe né così rinnovabile, né pulita. L’Amiata è un ex vulcano e nel suo ventre conserva sostanze inquinanti e pericolose per la salute, alcune cancerogene. Ammoniaca, mercurio, acido solfidrico, boro, arsenico, solo per citarne alcune, in parte sono rilasciate in atmosfera insieme al vapore. Le centrali di Bagnore hanno installati dei filtri per trattenere in parte mercurio e idrogeno solforato. Bagnore 4 ne ha anche per l’ammoniaca. Il resto finisce in aria ovviamente nei limiti di legge. Per gli ambientalisti, però, questi limiti non sono sufficienti a evitare rischi per la salute delle persone e l’ambiente.
Percorrendo la strada intorno alle due centrali con Sergio Bovicelli (Rc), ex assessore provinciale alle Infrastrutture ed ex consigliere comunale a Santa Fiora, e con Carlo Balducci (Sos Geotermia), si aggirano i due coni di vapore. «In questa zona non è mai stato analizzato nulla – dice Bovicelli guardando i camini – non gli animali che qui vengono allevati, non l’erba che mangiano e nemmeno le persone. E centrali come queste sull’Amiata esistono da mezzo secolo».
Un Osservatorio sulla salute.Tra il 2009 e il 2010 l’Agenzia regionale di sanità della Toscana ha commissionato al Cnr di Pisa e alla fondazione Monasterio un’indagine sullo stato di salute delle popolazioni amiatine delle aree geotermiche. Lo studio si è basato su dati sanitari e ambientali d’archivio. Solo a dicembre 2014, dopo l’avvio di Bagnore 4, Ars e Asl hanno annunciato un Osservatorio permanente sulla salute che per la prima volta raccoglierà e analizzerà campioni biologici di uomini, animali e vegetali.
Alle preoccupazioni per l’inquinamento di aria e suolo si aggiunge quella per l’abbassamento della falda acquifera – l’Amiata è il bacino più importante del centro Italia – e del suo inquinamento che gli ambientalisti riconducono all’estrazione e alla reintroduzione nel terreno del fluido geotermico. Ma c’è di più.
I pozzi e il sisma. Dopo il terremoto dell’Emilia Romagna la commissione scientifica Ichese, istituita per decreto dall’allora capo della Protezione Franco Gabrielli, ha concluso che «non si può escludere» che il sisma sia stato innescato dall’attività di uno dei pozzi geotermici del territorio. Gli ambientalisti da anni mettono in guardia sul rischio di un’accelerazione dell’insorgenza dei terremoti nelle zone dove si svolge attività geotermica. Pd, Sel e M5s lo scorso inverno hanno presentato tre risoluzioni in parlamento per chiedere una mappatura del sottosuolo che evidenzi le aree fragili, incompatibili con la geotermia. Enel ha sempre respinto ciascuno di questi argomenti.
La questione incentivi. «Quel che droga tutto – dice Bovicelli – sono le compensazioni e gli incentivi previsti per le rinnovabili. Come fu per la corsa all’eolico». Si calcola che solo per Bagnore 4 tra ricavi e incentivi per la costruzione della centrale Enel avrebbe all’anno 31 milioni di euro, che per i 25 anni di vita media di una centrale fanno 775 milioni. Da tener presente che Bagnore è costata 120 milioni, finanziati in parte con risorse della Banca europea per gli investimenti. «Di fronte a queste cifre, i 6,3 milioni che Enel versa ai tre Comuni geotermici amiatini sono briciole. Voglio ricordare che gli incentivi li pagano i cittadini e rappresentano fino al 23 per cento della bolletta».
Lasciamo Bagnore ma non la questione degli incentivi. È questa, per i comitati, la calamita che ha attirato nel Grossetano l’attenzione di una decina di società che, in quattordici comuni, hanno chiesto diciotto permessi di ricerca per altrettante centrali a bassa e media entalpia. Qui le più malvolute dalla popolazione sono a Seggiano, Castel del Piano e Cinigiano. Una di queste è la centrale pilota “Montenero” che Gesto Italia vorrebbe costruire a Montenero d’Orcia (Castel del Piano) da una costola della concessione “Montalcino”. Il nome dice tutto. Lasciata Bagnore, sulla strada per la Val d’Orcia il panorama si apre sulla patria del Brunello, del Montecucco, di pregiati olii d’oliva e di decine di produzioni biologiche. Il business della nuova geotermia potrebbe cambiare per sempre i connotati di questo territorio e farne un polo industriale costretto a chiudere con le produzioni di qualità e il turismo.
Una rovina per l’agricoltura. Vasco Meiattini, 64 anni, tuta da lavoro e faccia avvezza all’aria aperta, fa gli ultimi ritocchi ai suoi filari di Montecucco. L’impianto pilota è previsto nel terreno del suo vicino e occuperebbe un ettaro e mezzo più i tubi. «Al tavolino dicono bene, ma qui nei campi è tutto il contrario. Se fanno la centrale qui mi rovinano». Non lo consola l’assenza di camini e vapore; sarebbe lo stesso un pugno in faccia e una rovina per chi, come lui, da una vita si sveglia all’alba per lavorare nei campi. Meiattini è solo uno dei tanti imprenditori della zona contrari alla nuova geotermia. I principali nomi dell’agroalimentare di pregio hanno alzato le barricate e i sindaci, qua, sono dalla loro parte. In tutti i paesi sono nati comitati confluiti nella rete Nogesi (No geotermia speculativa e inquinante). Non tranquillizza la moratoria di sei mesi voluta a gennaio dalla Regione sulle ricerche geotermiche. Una pausa per valutare il numero di pozzi sostenibile, ha detto il governatore Rossi. Un’operazione politica in vista delle elezioni, dicono i critici.
Non tranquillizza certo Mario Simoncioli del comitato di Monticello Amiata (Cinigiano), che si arrampica su per una mulattiera per mostrare il campo dove Geoenergy cerca fluido geotermico in previsione di un’altra centrale, con il permesso di ricerca “Monte Labbro”. Proprio questo, infatti, è il “monte sacro” che fu del profeta Lazzaretti. «Il carico geotermico con le due Bagnore è già troppo – dice Simoncioli –. Il nostro territorio è fragile. Abbiamo un ambiente pulito, non l’abbiamo mai industrializzato e lo vogliamo fare oggi? La centrale non si deve fare».

La Rete NOGESI porta la voce dell’Amiata in Parlamento

20140305_rm convegno geotermia camera_38Si è tenuta oggi, 19 gennaio 2015, l’audizione della Rete Nazionale NOGESI (NO alla Geotermia Elettrica, Speculativa e Inquinante) presso le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera dei Deputati che stanno lavorando ad una risoluzione sulla geotermia.
La delegazione, formata da Barocci, Carotenuto, Tommasi e il sindaco di Casole Pii, oltre ad esporre le ragioni dei diversi territori contro la geotermia che attualmente si fa e che si vorrebbe fare, ha consegnato ai parlamentari presenti un documento che riportiamo e che puoi scaricare qui.

Audizione presso le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera dei Deputati – Risoluzioni sulla Geotermia –

Documenti, informazioni e proposte alle Commissioni per una Geotermia socialmente utile

Il 5 marzo 2014 la scrivente Rete ha tenuto a Roma una giornata di mobilitazione nazionale presso la Camera dei Deputati, con lo scopo di aprire un dialogo con il Governo ed il Parlamento sul tema della geotermia elettrica.
Dalle numerose relazioni presentate al convegno da parte di parlamentari, amministratori, comitati ed illustri esponenti del mondo scientifico (1), sono emersi alcuni punti importanti e precise richieste al Governo. Infatti, il piano governativo di espansione e sviluppo della geotermia, varato nel 2010 dal governo Berlusconi IV, presenta una serie di problematiche, anche gravi, che non sono state sufficientemente considerate dalle istituzioni governative. Autorevoli scienziati a livello nazionale ed internazionale pongono il concreto problema dei danni per la salute, del depauperamento delle risorse idriche, della sismicità indotta ed innescata, della subsidenza ed, in genere, dell’inquinamento ambientale connessi con lo sfruttamento geotermico per la produzione di energia elettrica.
Le zone nelle quali la geotermia tradizionale, con emissioni dirette ed indirette in atmosfera, è già sviluppata hanno rivelato danni ambientali ed alla salute delle popolazioni (eppure per moltissimi anni è stato fatto credere colpevolmente che la “geotermia” era pulita e rinnovabile!). Le nuove forme di geotermia “a ciclo chiuso”, senza dichiarate emissioni in atmosfera, comportano tutta una serie di rischi, che in tutto il mondo – anche a seguito di incidenti verificatisi – hanno enormemente preoccupato le popolazioni e gli addetti ai lavori. Ciò ha dato luogo ad intensi programmi di ricerche sugli effetti delle tecniche di sfruttamento geotermico ed ha indotto le autorità locali (vedi anche in Italia le recenti scelte delle Giunte della Regione Toscana e Veneta) a preveder apposite normative tendenti a regolamentare il settore. Appare ormai chiaro a livello mondiale che lo sfruttamento geotermico per la produzione di energia elettrica ha degli impatti ambientali, che devono essere adeguatamente conosciuti, previsti e regolamentati. Esistono dei territori dove lo sfruttamento geotermico è sconsigliabile ed altri nei quali, con una serie di indispensabili accorgimenti a salvaguardia delle popolazioni e dell’ambiente, è invece possibile. In Italia, gli studi scientifici sul settore sono carenti, così come ancora del tutto carente è la normativa del caso.
Il principale problema da affrontare e superare è quello del dogma culturale della eco-compatibilità della geotermia, secondo il quale la geotermia è sempre di per sé pulita e rinnovabile. Un dogma alimentato dal circuito degli imprenditori geotermici attratti dagli enormi incentivi statali, e fideisticamente accettato dall’opinione pubblica e in molti ambienti della pubblica amministrazione senza discussioni o veri approfondimenti.
La realtà della ricerca scientifica mondiale e delle esperienze sul campo mostra invece con tutta evidenza che questo dogma è inaccettabile, e che non può guidare l’azione del Governo, in quanto la geotermia in generale- e particolarmente in Italia – non è né pulita, né rinnovabile. Lo sfruttamento geotermico può diventare accettabile unicamente a determinate condizioni, che dipendono dalle specificità dei territori e dalle tecnologie impiegate.
Alcune tecnologie cosiddette “flash”, sono così inquinanti da aver trasformato la montagna amiatina in uno dei siti inquinati del nostro Paese. Come recentissimamente sostenuto dai proff. Basosi e Bravi (2) :” In alcuni casi l’impatto della produzione di elettricità da geotermia è perfino maggiore di quello della produzione di elettricità da combustibili fossili “….inoltre :” la produzione di elettricità dalle centrali geotermiche dell’area del Monte Amiata non può essere considerata “carbon free” … le emissioni di gas serra sono in alcuni casi generalmente più alte di quelle prodotte da centrali a gas naturale ed in alcuni casi non molto lontane dai valori di centrali a carbone”.
Lo studio epidemiologico “Progetto di Ricerca Epidemiologica sulle popolazioni residenti nell’intero bacino geotermico toscano-Progetto Geotermia, realizzato nel 2010 da ARS e CNR di Pisa, ha stabilito come statisticamente significative le relazioni tra l’aumento notevole di mortalità, con il + 13% statisticamente significativo negli uomini in Amiata (3) e le concentrazioni crescenti, misurate nelle matrici ambientali , di arsenico, mercurio, acido solfidrico ecc. (4); essendo ritenuta ancora come vera l’esistenza di emissioni significative in atmosfera di arsenico, mercurio, acido solfidrico ecc. dalle centrali geotermiche dell’Amiata (2), per normale logica si deduce che le emissioni delle centrali geotermiche concorrono nel determinare l’incremento delle malattie e mortalità registrate in Amiata.
Gli studi comparativi sugli stili di vita realizzati dalla stessa ARS Toscana (5) hanno decisamente escluso che gli stili di vita possano essere la spiegazione di tali allarmanti dati sanitari. Queste le conclusioni dello studio Voller del 2012:“Il confronto tra la popolazione residente nei comuni delle due aree geotermiche e quella dell’area non geotermica compresa entro 50 chilometri dall’area geotermica, non rivela differenze rilevanti rispetto alle caratteristiche socio demografiche e agli stili di vita (fumo, alcol, dieta, attività fisica)”.
Inesistente, secondo il suddetto studio, è l’incidenza oggi delle patologie tipiche delle attività minerarie, anche perché le ultime miniere furono chiuse negli anni ’70 e ridicole, se non criminali, appaiono infine le dichiarazioni di quanti sostengono che le emissioni dei gas in uscita dalle centrali geotermiche dell’Amiata sarebbero naturali. Infatti, si omette di precisare che queste emissioni potrebbero naturalmente verificarsi in un periodo di tempo misurabile in milioni di anni e non in pochi mesi, come in realtà oggi avvengono grazie ai pozzi di estrazione che scendono a 4-5 mila metri di profondità.
Mentre le nuove tecnologie a “ciclo binario” a media entalpia (soprattutto quelli definiti “impianti pilota”) in itinere di approvazione in molte regioni del Paese (e segnatamente in Umbria, Lazio, Toscana) pur evitando l’emissione di veleni nell’aria, presentano numerose criticità, tra cui:
seri rischi di sismicità indotta nelle zone ad alta sismicità naturale; seri rischi di inquinamento dei bacini idropotabili, in particolare da arsenico, in territori che già sono al limite, se non al disopra, dei valori ammessi; possibili fenomeni di subsidenza dei terreni;
rendimenti molto bassi, a fronte di enormi incentivi governativi;
forti impatti negativi sul territorio, sulle economie locali e sul paesaggio di zone di alto pregio con vocazione turistica e agricola;
l’impiego di pochissimo personale mettendo a rischio altre attività produttive che impiegano invece molti più addetti;
libero afflusso nel settore di società improvvisate, soprattutto interessate a lucrare sugli incentivi e prive di seri requisiti per occuparsi di impianti con notevoli tassi di rischio;
eccessiva facilità nelle procedure di autorizzazione di ricerca e di impianti geotermici, stanti le attuali insufficienti normative;
forte attivazione delle attività di lobbying politico per garantire permessi di ricerca e sfruttamento anche dove ciò presenta dei seri rischi;
crescente preoccupazione delle popolazioni, che non si sentono affatto tranquillizzate da un quadro di questo tipo; nel quale – in assenza di salvaguardie – si sta sviluppando una sorta di corsa all’oro degli incentivi. Senza adeguate informazioni, condivisioni e predisposizioni cautelari.
La valutazione di questa serie di problemi non può essere lasciata ai centri di ricerca ed ai tecnici che lavorano per le società che fanno impianti geotermici. Troppo forti sono le attese e gli appetiti generati da incentivi governativi altissimi. Occorre che lo Stato riprenda in modo sostanziale e non solo formale la propria funzione di salvaguardia di tutti gli interessi in gioco, primo fra tutti quello delle popolazioni coinvolte.
Non si può portare avanti un piano di espansione della geotermia che appare procedere in modo frettoloso, improvvisato e per giunta a dispetto delle popolazioni locali. Laddove la geotermia è praticabile e sostenibile, occorre fornire ai cittadini proposte valide, mostrare con sincerità ed onestà i problemi e convincerle nei vantaggi di queste tecnologie. Per averne il consenso. Non ci si può basare solo sul consenso di strutture politiche spesso troppo sensibili al lavoro lobbistico delle imprese.
Molte le pressioni per procedere con urgenza alla realizzazione di questo piano, ma è di tutta evidenza che non c’è alcuna fretta, per vari motivi tra i quali:
il Paese ha già raggiunto elevati livelli di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;
la forte e prolungata crisi economica sta riducendo drasticamente i consumi elettrici, tanto che l’ENEL–per la prima volta nella sua storia- sta programmando la chiusura di impianti di produzione di energia elettrica;
il divario tra la potenza elettrica installata in Italia ed i consumi è altissimo, tanto da permettere una valutazione oggi più attenta delle scelte energetiche, non sempre in passato -secondo noi- sviluppate nell’interesse del Paese e pure pesantemente pagate dai cittadini e dalle imprese sulle bollette elettriche.
Questi incentivi e questa fretta appaiono-particolarmente nella situazione attuale- del tutto inappropriati e forzosi. A meno che essi non servano esclusivamente a favorire circuiti industriali dotati di forti connessioni politiche, come dimostrano i continui e pesanti interventi di modifica legislativa favorevoli agli imprenditori geotermici. Interventi spesso in palese contrasto con i regolamenti parlamentari, con la Costituzione e con le normative europee.

Il modo di procedere attuale porta invece allo scontro con le opinioni pubbliche locali, ad impianti affidati frettolosamente a società inesperte, ad un elevato rischio di incidenti e ad una conclusione che sarà: “o una geotermia fatta male o nessuna geotermia”. Questo i cittadini e le istituzioni del nostro Paese non lo possono accettare.

Inoltre come a voi noto, lo scorso 10 aprile 2014 è apparso sulla prestigiosa rivista Science un articolo dal titolo “Human Activity May Have Triggered Fatal Italian Earthquake… “ riferito a quanto contenuto nel rapporto redatto dalla Commissione ICHESE (6) fino ad allora ignoto al grande pubblico, secondo cui non è dato escludere l’ipotesi di una correlazione tra le operazioni di trivellazione in corso ed il sisma che ha colpito l’Emilia nell’estate del 2012. Tralasciamo qui le considerazioni sulla omessa pubblicazione del Rapporto se non dopo le notizie di stampa e sul fatto che il giornalista di Science abbia ricevuto “pressioni per non pubblicare il rapporto”, oltre a tentativi tendenti a screditare l’operato degli scienziati.
Quello che ci interessa è che la Commissione ha evidenziato alcuni dati importanti – in particolare in merito ai “terremoti innescati” – che non possono essere taciuti:
1.Sostiene infatti la Commissione come: “una piccola perturbazione generata dall’attività umana è sufficiente a spostare il sistema da uno stato quasi-critico ad uno stato instabile”. Ed inoltre che “la condizione necessaria perché questo meccanismo si attivi è la presenza di una faglia già carica per uno sforzo tettonico, vicina ad un sito dove avvengono azioni antropiche che alterano lo stato di sforzo, dove vicina può voler dire anche decine di chilometri di distanza a seconda della durata e della natura dell’azione perturbante”;
2.Inoltre che: “poiché in questo caso le operazioni tecnologiche attivano solamente il processo di rilascio dello sforzo tettonico, la magnitudo dei terremoti innescati può essere grande, dello stesso ordine di quella dei terremoti tettonici, e dipenderà dall’entità della deformazione elastica accumulata sulla faglia a causa del carico tettonico”;
3.Aggiunge inoltre che: “l’esame di tutta la letteratura esistente mostra che la discriminazione tra la sismicità indotta o innescata e quella naturale è un problema difficile, e attualmente non sono disponibili soluzioni affidabili da poter essere utilizzate in pratica”; proseguendo conclude: “quindi non può essere escluso che le azioni combinate di estrazione ed iniezione di fluidi in una regione tettonicamente attiva possano aver contribuito, aggiungendo un piccolissimo carico, alla attivazione di un sistema di faglie che aveva già accumulato un sensibile carico tettonico e che stava per raggiungere le condizioni necessarie a produrre un terremoto”.
Il Rapporto termina con una prima indicazione di possibili azioni preventive che meglio saranno definite da numerosi “Indirizzi e Linee guida” la cui stesura è stata affidata al gruppo di lavoro costituito in data 27.02.2014, in ambito MISE, con Decreto del Direttore Generale della DGRME ing. Franco Terlizzese, attività ancora in corso.
Ci sembra rilevante inoltre che la Commissione ICHESE rilevi due nuove necessità che non hanno finora fatto parte della storia delle trivellazioni nel nostro Paese:
1.come sia necessario che “i dati in possesso delle compagnie siano da esse messi a disposizione degli enti responsabili per il controllo”;
2. e che “l’implementazione di un Programma di Interazione e Comunicazione con la popolazione e gli amministratori locali ha una importanza critica perché venga acquisita fiducia nella gestione ottimale delle operazioni”.
Ci confortano quindi la conclusioni “problematiche” della Commissione ICHESE, primo tentativo-se esse si tradurranno in efficaci procedure, aventi valore di legge – di realizzare il più volte richiesto “punto di vista “dello Stato in una materia dove troppo spesso si è lasciato fare alle compagnie, più interessate ai propri bilanci che alla incolumità delle popolazioni e delle economie residenti, oltre che dell’ambiente.

In conclusione si ritiene necessario operare secondo le seguenti direttrici:
1. una pianificazione delle aree di sfruttamento geotermico che definisca le zone dove questo sfruttamento non può avvenire, ispirandosi ad un sostanziale e rigoroso principio di precauzione;
2. un intervento ormai non più procrastinabile di riduzione/annullamento degli eccessivi incentivi alla geotermia elettrica, tenendo conto che essa è stata irragionevolmente considerata una energia rinnovabile o non esauribile (e non lo è scientificamente, poiché i pozzi di prelievo hanno una specifica durata dopo di che si esauriscono) e spesso non proprio “pulita” come sicuramente nel caso dello sfruttamento ENEL in Amiata (no carbon free);
3. più stringenti normative per la definizione dei soggetti dotati delle necessarie risorse e competenze per operare nel campo geotermico; trivellazioni profonde in zone spesso instabili e poco conosciute, richiedono altissime competenze, notevoli esperienze e grandi e comprovate capacità di intervento finanziario e tecnico in caso di incidenti; non possono essere società con capitali sociali limitati a lanciarsi in avventure geotermiche, come sta ora avvenendo;
4. una normativa più definita che garantisca in modo pienamente soddisfacente la minimizzazione del rischio di incidenti e l’identificazione della parte responsabile che deve essere sempre identificabile e essere in grado di pagare tutte le spese necessarie a riparare i danni che ha causato. La parte responsabile deve sempre essere chiaramente identificabile prima dell’avvio delle operazioni di sfruttamento geotermico;
5. introduzione di procedure di maggiore coinvolgimento delle popolazioni in tutte le fasi autorizzative, ivi incluse le fasi preliminari, nel pieno rispetto della Convenzione di Aarhus, recepita con l’art.6 della Direttiva 2011/92/UE dalla Unione Europea (e ratificata in Italia con legge n. 108 del 16.03.2001) che prevede che il pubblico debba essere informato “in una fase precoce delle procedure decisionali in materiale ambientale” e ben prima che sul progetto si pronunci l’amministrazione pubblica.

Per tutto quanto sopra esposto si motiva con forza il rinnovo della richiesta di un provvedimento di moratoria sospensivo di tutte le procedure in atto relative a permessi di sfruttamento geotermico “flash” (in Toscana a cominciare dalle aree dell’Amiata), di impianti binari “pilota” e di ricerca geotermica, nonché un intervento di riduzione/annullamento degli incentivi relativi alla geotermia elettrica. In attesa di disporre di un quadro normativo maggiormente idoneo alla salvaguardia delle popolazioni e dell’ambiente, che consenta di:
6. ripensare l’economicità del piano di sviluppo geotermico;
7. valutare in modo più approfondito e sistematico le criticità e gli impatti delle varie tecnologie ed adeguare la normativa in modo conseguente;
8. mappare il territorio nazionale decidendo le zone di esclusione, dove gli impianti geotermici presentano rischi eccessivi o comunque problematiche legate alla distruzione delle già esistenti economie (Alfina umbro -laziale e Val d’Orcia toscana per fare due esempi, che stanno sollevando allarme nella pubblica opinione).

Pertanto nel consegnare alle Commissioni parlamentari i documenti autorevoli citati e le relazioni tecniche degli scienziati, che hanno partecipato al nostro convegno del marzo scorso, affinché ciascuno possa essere consapevole delle proprie decisioni e delle responsabilità politiche che ne derivano, auspichiamo che si giunga ad una sintesi unitaria dei contenuti delle Risoluzioni n.7-00486 Braga, n.7-00529 Pellegrino e n.7-00530 Segoni, sintesi finalizzata alla riscrittura di un nuovo Piano geotermico nazionale che possa concedere un’opportunità per il paese, anziché la sopravvivenza del Piano speculativo e inquinante di Berlusconi – Scajola.

Buon lavoro.

Rete Nazionale NO Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante.

Note e documenti allegati:
1- Le Relazioni del Convegno si possono vedere e ascoltare dal sito:

Roma, 5 marzo 2014. La mobilitazione contro la geotermia elettrica -video, foto-


2- M. Bravi et R. Basosi “Environmental impact of electricity from selected geothermal power plants in Italy”, in Journal of Cleaner Production, Volume 66, 1 March 2014, Pages 301-308) Si scarica da: http://www.sciencedirect.com/science?_ob=ShoppingCartURL&_method=add&_eid=1-s2.0-S0959652613007798&_ts=1419498545&md5=16aa0d440f16509f44027cc0c7a0abd3
3- L’eccesso di mortalità registrato nell’area amiatina, per i maschi e per tutte le cause di morte, è molto simile sia rispetto all’intera regione toscana (+13,7%, pag. 82 dello Studio CNR-ARS), sia rispetto all’area di riferimento locale (+13,1%), scelta sulla base di caratteri di omogeneità socio economica (pag.68 dello Studio).Lo studio CNR-ARS è scaricabile da: https://www.ars.toscana.it/it/geotermia-e-salute/dati-e-statistiche/1728-progetto-di-ricerca-epidemiologica-sulle-popolazioni-residenti-nellintero-bacino-geotermico-toscano-ottobre-2010.html
4- Vedi Allegato 6 dello studio ARS-CNR che si scarica dal file 16 nella suddetta pagina dal titolo: “Risultati statisticamente significativi delle analisi di correlazione geografica tra dati ambientali e dati sanitari. Analisi dei ricoverati e analisi della mortalità.”
5- Fabio Voller, Ars, “Le informazioni sugli stili di vita”, Ottobre 2012. Vedi: http://www.ars.toscana.it/files/eventi/eventi_2012/geotermia_e_salute/2012_10_25_presentazione_stili_vita_voller.pdf
6- International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region

LA GEOTERMIA NON E’ RINNOVABILE. CHI LO DICE? L’ENEL. Per rianimare i pozzi, che naturalmente perdono potenza, hanno usato l’EGS, definito su The Economist, “il fracking geotermico”

fracking rapaceSappiamo per certo che la geotermia in generale, ed in particolare quella amiatina, non è ‘pulita’ in quanto, soprattutto con il rilascio libero in atmosfera della vecchia tecnologia ‘flash’ delle centrali del monte Amiata, sono tonnellate le sostanze tossiche e climalteranti che vengono disperse in atmosfera e sul suolo, come riferisce Arpat e lo studio Basosi-Bravi.

Anche la favola della rinnovabilità dell’energia geotermica, smentita da molti studiosi tra cui il prof.Borgia, viene confermata da un’insospettabile relazione della stessa Enel che ha presentato in un convegno internazionale sulla geotermia tenutosi ad Orleans, in Francia, tra il 12 e il 15 febbraio 2006.

Partecipa, per conto dell’Enel, Guido Cappetti che con una eloquente presentazione racconta i mirabolanti risultati ottenuti su pozzi che andavano declinando, attraverso una ‘stimolazione chimica’ ad alta pressione, una tecnica chiamata EGS (Enhanced Geothermal Systems) definito anche dall’autorevole The Economist come ‘fracking geotermico’, equiparabile alla ben nota pratica del fracking usato per recuperare il gas intrappolato nelle rocce e sotto accusa in tutto il mondo per la sismicità indotta e la distruzione delle risorse idriche di falda.
L’EGS è la tecnica che è stata usata anche a Basilea, in Svizzera, e che ha provocato sismicità fino a magnitudo 3,4 nel 2006, costringendo a cessare le attività ed abbandonare il progetto geotermico.

Dalle slides pubblicate sul sito della conferenza di Orleans (di seguito i links), saltano agli occhi, ai profani come noi, due cose:

– lo sfruttamento intensivo porta all’esaurimento, o meglio alla forte riduzione, della produttività dei pozzi;

– per far aumentare tale produttività hanno testato l’iniezione a pressione di una miscela di acido cloridrico e fluoruro di idrogeno (HCl e HF) con acqua.

– tale pratica è stata sicuramente usata nell’area nord di Larderello-Travale, ma anche nel pozzo Bagnore 25 e nessuno può garantire che non venga tuttora utilizzata per ‘rianimare’ i pozzi che perdono potenza, visto che l’Enel mantiene uno stretto riserbo sulle attività interne alle centrali.

Sarebbe doveroso, oltrettutto, che l’Arpat, ma anche l’Ars e i sindaci per gli aspetti sanitari, chiedessero ad Enel tutti i dati delle operazioni e delle sostanze utilizzate nelle centrali amiatine, e non solo, e che rendessero pubblici tali dati, compresi quelli sulle quantità di ‘vapore’ estratto che è necessario per valutare correttamente il bilancio idrico che proprio per questo motivo probabilmente non è mai stato fatto né mai si farà, nonostante le imposizioni di legge.

p.s.: la geologa Adele Manzella, primo ricercatore presso l’IGG del CNR, in un’intervista rilasciata alla Adnkronos nel gennaio 2014 e ripresa prontamente da siti e testate filogeotermiche, afferma, in tema di sismicità indotta dalla geotermia, che: “Altra cosa se si considerano le nuove tecnologie che sono allo studio  per aumentare la produzione geotermica. «Una delle tecnologie che si sta utilizzando – ha spiegato Manzella – è la Enhanced geothermal systems (EGS) che prevede iniezioni di flusso in profondità per rompere le rocce e, in alcuni casi, è emerso un rischio sismico».”
Ma la stessa è a conoscenza di quanto scritto sopra?

 

LINKS:

> Il sito della conferenza di Orleans

> Il documento Enel presentato da Cappetti

> The Economist su EGS/fracking

 

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La Nazione del 30 dicembre 2014
«Ma la geotermia non è rinnovabile»
I comitati attaccano le tecniche per «rianimare» i pozzi
di NICOLA CIUFFOLETTI
«LA GEOTERMIA non è rinnovabile». Lapidario il commento di Sos Geotermia che tende a scardinare le politiche di Enel sul territorio amiatino. I comitati ambientalisti che certo non hanno accolto con buoni propositi la nuova centrale geotermica di Bagnore 4 proseguono nelle loro attività di controinformazione e appoggiati anche da studiosi del calibro del Professor Borgia affermano: «Sappiamo per certo che la geotermia in generale, ed in particolare quella amiatina, non è pulita in quanto, soprattutto con il rilascio libero in atmosfera della vecchia tecnologia flash delle centrali del monte Amiata, si parla di tonnellate per le sostanze tossiche e climalteranti che vengono disperse in atmosfera e sul suolo, come riferisce Arpat e lo studio Basosi-Bravi».
POI CONTINUANO: « Per rianimare i pozzi, che perdono potenza spiegano sarebbe stato utilizzato l’Egs, definito su The Economist, il fracking geotermico». Per il comitato la rinnovabilità dell’energia geotermica è una favola: «una storia smentita da molti studiosi tra cui il professor Borgia che viene confermata da un’insospettabile relazione della stessa Enel che ha presentato in un convegno internazionale sulla geotermia tenuto ad Orleans, in Francia, tra il 12 e il 15 febbraio 2006».
ECCO LA SPIEGAZIONE: «Al convegno partecipò per conto dell’Enel Guido Cappetti che con un’eloquente presentazione racconta i mirabolanti risultati ottenuti su pozzi che andavano declinando, attraverso una stimolazione chimica ad alta pressione, una tecnica chiamata Egs (Enhanced Geothermal Systems) equiparabile alla ben nota pratica del fracking usato per recuperare il gas intrappolato nelle rocce e sotto accusa in tutto il mondo per la sismicità indotta e la distruzione delle risorse idriche di falda».
PER SOS GEOTERMIA la tecnica Egs provoca sismicità: «è la tecnica che è stata usata anche a Basilea, in Svizzera, e che ha provocato sismicità fino a magnitudo 3,4 nel 2006, costringendo a cessare le attività ed abbandonare il progetto geotermico».
«DALLA SPIEGAZIONE che Enel dà a Orleans emerge che lo sfruttamento intensivo porta all’esaurimento, o meglio alla forte riduzione, della produttività dei pozzi e per far aumentare tale produttività è stata testata l’iniezione a pressione di una miscela di acido cloridrico e fluoruro di idrogeno (HCl e HF) con acqua. Tale pratica, continua Sos geotermia, è stata usata nel pozzo Bagnore 25 e nessuno può garantire che non venga tuttora utilizzata per rianimare i pozzi che perdono potenza, visto che l’Enel mantiene uno stretto riserbo sulle attività interne alle centrali».
POI IL COMITATO conclude: «sarebbe doveroso, oltretutto, che l’Arpat, ma anche l’Ars e i sindaci per gli aspetti sanitari, chiedessero ad Enel tutti i dati delle operazioni e delle sostanze utilizzate nelle centrali amiatine».

QuiGrosseto del 24 dicembre 2014
Sos Geotermia: la geotermia non è rinnovabile. chi lo dice? l’Enel
…segue ns. comunicato

MaremmaNews del 23 dicembre 2014
La geotermia non è rinnovabile, lo dice Enel
…segue ns. comunicato

Contropiano.org del 23 dicembre 2014
La geotermia non è rinnovabile. Chi lo dice? L’Enel
…segue ns. comunicato

Il Cittadino online del 23 dicembre 2014
SOS Geotermia: “Enel ‘rianima’ i pozzi con l’EGS”
…segue ns. comunicato

Cortocircuito.org del 23 dicembre 2014
LA GEOTERMIA NON E’ RINNOVABILE. CHI LO DICE? L’ENEL
…segue ns. comunicato

GoNews del 23 dicembre 2014
“La geotermia non è rinnovabile, lo dice Enel
…segue ns. comunicato

Il silenzio dei colpevoli: Rossi e Bramerini a domanda “NON” rispondono

rossi bagnore vaporeLA RISPOSTA ALLA REGIONE TOSCANA DELLA RETE NAZIONALE NOGESI – “No Geotermia Elettrica, Speculativa ed Inquinante”

I comitati amiatini e maremmani che si battono contro la Geotermia Speculativa ed Inquinante hanno tenuto una conferenza stampa gioverdì 20 novembre, di cui è stata data ampia cronaca dalla stampa locale.

Le domande poste erano chiare e precise:

  1. bilancio idrico comprensivo dei consumi delle centrali geotermiche;
  2. identificazione e vincoli sulle aree di ricarica delle falde acquifere;
  3. mappatura delle zone sismiche e relativi vincoli alle variazioni di pressioni indotte in profondità.

Queste tre domande facevano riferimento a leggi dello Stato e della Regione che sulla nostra montagna non sono MAI state poste in essere (nonostante alcune di esse stiano per raggiungere la venerabile età del quarto di secolo), e che sono – a nostro avviso – DETERMINANTI e propedeutiche all’eventuale permesso, regionale o nazionale, per la costruzione di un qualsiasi tipo di impianto industriale. A maggior ragione se l’impianto in questione ha a che fare con il sottosuolo e le risorse – tra tutte una: l’acqua – ivi custodite.

Bene (…anzi, male): a queste domande precise NON c’è stata alcuna risposta.

Evidentemente il Presidente Rossi e l’assessora Bramerini NON possono rispondere, perché se lo facessero sarebbero costretti a dire la verità: che la Regione non ha MAI posto in essere quanto è obbligo di legge e quindi NON possono essere certi che quando danno il permesso di costruire impianti industriali – e geotermici in primis – non si vada ad impattare pesantemente con le risorse idriche, con le criticità sismiche e, quindi, con la tutela della salute, dell’economia locale e del paesaggio delle nostre terre.

Visto quanto sopra, l’unica risposta diventa automaticamente una NON-risposta: quando, nel suo articolo/velina/comunicato del 21 novembre, la Regione – e quindi Rossi e Bramerini – dicono che lo sviluppo dell’Amiata è

uno sviluppo fondato sulla valorizzazione e il rispetto del territorio e di tutte le sue risorse, dove la geotermia sia elemento in piena coerenza con tutte le vocazioni presenti, da quella agricola a quella turistica. È questo il modello al quale la Regione pensa e al quale sta lavorando con un confronto sempre aperto con istituzioni e società civile

MENTONO sapendo di mentire.

NON si può rispettare il territorio quando non lo si conosce; non si può valorizzare il territorio, quando si concedono 38 permessi di ricerca (in Toscana) per arrivare a costruire 19-20 nuove centrali geotermiche in Provincia di Grosseto, oltre a quelle già esistenti. Non si può parlare di confronto con le popolazioni locali, se di questi permessi, di questi progetti e degli accordi con le aziende (in gran parte straniere) che vorrebbero sfruttare la risorsa geotermica noi cittadini veniamo a sapere dai giornali.

Quando Rossi e la Bramerini dicono che

la Regione ricorda l’emendamento al Piano energetico che la giunta ha presentato alle commissioni consiliari in vista dell’approvazione, che fissa lo stop all’alta entalpia in Amiata e detta le condizioni per lo sviluppo della media entalpia

MENTONO sapendo di mentire. Perché gli emendamenti di cui parlano fanno esattamente il contrario di quanto loro affermano ai giornali, visto che in una nota resa pubblica il 31 ottobre 20142 la Regione dice:

L’emendamento al Paer prevede una presenza delle centrali geotermolettriche volta a evitare il cosiddetto effetto cumulo degli impianti. Deve inoltre essere assicurata la collocazione delle centrali nelle aree di destinazione produttiva purché compatibile con i risultati delle ricerche.

E le aree di destinazione produttiva altro non sono che il Monte Amiata e le zone limitrofe, ad iniziare dalla Val d’Orcia.

Queste NON-risposte confermano quanto già sapevamo noi cittadini: che la Regione NON ha nessuna intenzione di mettere in discussione il suo piano geotermico, completamente indifferenti a quanto hanno chiesto a gran voce cittadini, aziende, associazioni di categorie e alcune amministrazioni locali.

Sappia, la Regione che la nostra pazienza ha raggiunto il limite: il futuro delle nostre vite, delle vite dei nostri figli, della nostra terra deve tornare nelle nostre mani, e lo sarà. Daremo battaglia in tutte le sedi, e sul territorio in primis, perché lo scempio che quelli che dovrebbero essere i nostri rappresentanti – e che, invece, rappresentano solo il danaro e i poteri forti – stanno portando avanti sia fermato. E lo sarà.

Rete Nazionale NOGESI “No Geotermia Elettrica, Speculativa ed Inquinante”

a cui aderiscono:

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La Nazione del 26 novembre 2014
«Vogliamo risposte da Firenze»
I comitati contro la geotermia si rivolgono a Rossi e a Bramerini
 AMIATA GLI AMBIENTALISTI CHIEDONO RISPETTO E TUTELA DEL TERRITORIO
di NICOLA CIUFFOLETTI
IL BOTTA e risposta tra comitati che si battono contro la geotermia in Amiata e la Regione Toscana non si ferma. Agorà Cittadinanza Attiva, Comitato per la Salvaguardia della Valle dell’Orcia Inferiore e il coordinamento di Sos Geotermia continuano a chiedere al governatore Rossi e all’assessore all’ambiente Annarita Bramerini il bilancio idrico comprensivo di consumi delle centrali geotermiche, l’identificazione e i vincoli sulle aree di ricarica delle falde acquifere e la mappatura delle zone sismiche e relativi vincoli alle variazioni di pressioni indotte in profondità. Tre quesiti importanti posti già in passato ai quali ancora i comitati attendono risposte. «Queste tre domande facevano riferimento a leggi dello Stato e della Regione che sulla nostra montagna non erano mai state poste in essere e che sono affermano i comitati determinanti e propedeutiche all’eventuale permesso, regionale o nazionale, per la costruzione di un qualsiasi tipo di impianto che ha a che fare con il sottosuolo e le risorse».Poi le accuse: «A queste domande precise non c’è stata alcuna risposta, evidentemente continuano il presidente Rossi e l’assessore Bramerini non possono rispondere, perché, pensiamo, se lo facessero sarebbero costretti a dire la verità». Poi i comitati continuano sulla loro linea, che è di rottura, con le affermazioni delle istituzioni: «La Regione non ha mai posto in essere quanto è obbligo di legge e quindi non possono essere certi che quando danno il permesso di costruire impianti geotermici non si vada ad impattare pesantemente con le risorse idriche, con le criticità sismiche e, quindi, con la tutela della salute, dell’economia locale e del paesaggio delle nostre terre». Per i comitati le prese di posizione, che anche nei giorni passati la Regione ha interpretato su queste questioni sono delle non risposte: «Rossi e Bramerini spiegano dicono che lo sviluppo dell’Amiata è uno sviluppo fondato sulla valorizzazione e il rispetto del territorio e di tutte le sue risorse. Mentono sapendo di mentire, perché non si può rispettare il territorio quando non lo si conosce; non si può valorizzare il territorio, quando si concedono 38 permessi di ricerca, in Toscana, per arrivare a costruire nella provincia di Grosseto 19-20 nuove centrali geotermiche, oltre a quelle già esistenti. Non si può parlare ribattono i comitati di confronto con le popolazioni locali, se di questi permessi, di questi progetti e degli accordi con le aziende che vorrebbero sfruttare la risorsa geotermica noi cittadini veniamo a sapere dai giornali. La nostra pazienza ha raggiunto il limite. Il futuro delle nostre vite, delle vite dei nostri figli, della nostra terra concludono deve tornare nelle nostre mani».

Il Tirreno del 26 novembre 2014
Geotermia, i comitati a Rossi e Bramerini
«Leggi mai attuate»
GROSSETO «La Regione non ha mai posto in essere quanto è obbligo di legge» e quindi il presidente Enrico Rossi e l’assessore all’Ambiente Anna Rita Bramerini «non possono essere certi che quando danno il permesso di costruire impianti geotermici non si vada a impattare pesantemente con le risorse idriche, le criticità sismiche e quindi con la tutela della salute, dell’economia locale e del paesaggio delle nostre terre». I Comitati amiatini e maremmani contro la geotermia speculativa ed inquinante non demordono. E ribattono così alla Regione che, ha seguito delle loro domande, ha risposto che il modello che Firenze ha in mente per l’Amiata è quello di uno «sviluppo fondato sulla valorizzazione e il rispetto del territorio e di tutte le sue risorse». Per i comitati questa è una «non risposta». I comitati, preoccupati per lo sfruttamento geotermico in Amiata – nel cui sottosuolo ci sono molte sostanze pericolose che le trivelle e l’emungimento del fluido geotermico possono portare in superficie – chiedono che sia redatto il bilancio idrico comprensivo dei consumi delle centrali geotermiche, che si faccia l’identificazione e si individuino i vincoli sulle aree di ricarica delle falde acquifere e che si stili la mappatura delle zone sismiche e dei relativi vincoli alle variazioni di pressioni indotte in profondità. Problemi di recente approdati in parlamento grazie a tre risoluzioni presentate da Pd, M5s e Sel. «Queste tre domande – spiegano Agorà Cittadinanzattiva di Monticello Amiata, Comitato per la salvaguardia della Valle dell’Orcia inferiore di Montenero d’Orcia e Coordinamento Sos Geotermia – fanno riferimento a leggi dello Stato e della Regione che sulla nostra montagna non sono mai state poste in essere e che sono a nostro avviso determinanti e propedeutiche all’eventuale permesso, regionale o nazionale, per la costruzione di un qualsiasi tipo di impianto che ha a che fare con il sottosuolo e le risorse (tra tutte una l’acqua) ivi custodite. A queste domande precise non c’è stata alcuna risposta». Rossi e Bramerini, secondo i comitati, «mentono sapendo di mentire, perché non si può rispettare il territorio quando non lo si conosce, non lo si può valorizzare quando si concedono 38 permessi di ricerca in Toscana per arrivare a costruire in provincia di Grosseto 19-20 nuove centrali geotermiche oltre a quelle già esistenti. Non si può parlare di confronto con le popolazioni locali se di questi permessi, progetti e accordi con le aziende noi cittadini veniamo a sapere dai giornali». I comitati accusano gli amministratori regionali di essere «indifferenti a quanto hanno chiesto a gran voce cittadini, aziende, associazioni di categorie e alcune amministrazioni locali» e promettono battaglia in tutte le sedi. (f.f.)

Contropiano.org del 25 novembre 2014
Sos Geotermia: i comitati rispondono alla Regione Toscana
…segue ns. comunicato

Il Giunco.net del 25 novembre 2014
Geotermia, i comitati alla Regione: «Non si può tutelare ciò che non si conosce
…segue ns. comunicato

Maremmanews del 25 novembre 2014
La risposta dei comitati contro la Geotermia dell’ Amiata alla Regione Toscana
…segue ns. comunicato

Terremoto a Piancastagnaio. ‘Excusatio non petita’ del sindaco Agnorelli e della Regione Toscana

sismi_1982-2009_fonte_enelIl PD ancora contro i comitati e a difesa della geotermia (le dichiarazioni di Agnorelli e della Regione sono riportate in fondo al nostro precedente comunicato)

SOS geotermia non può che rimanere sconcertata dinnanzi alla risposta del Sindaco di Piancastagnaio che per la prima volta “si è sentito chiamato in causa”, quali fosse un addetto Enel (che invece non ha risposto) di fronte a chi chiedeva rassicurazioni in merito al possibile collegamento fra i terremoti verificatisi a Piancastagnaio lo scorso 16-17 marzo, e l’attività di sfruttamento operata dall’Enel nel nostro territorio.

Le perplessità sollevate dai Comitati traggono fondamento dalle osservazioni di esperti di fama internazionale che da sempre (e non ultimo il 5 marzo 2014 presso la sala Mercede della camera dei deputati ove si è tenuto il convegno organizzato dalla rete No Geotermia Elettrica, Speculativa, inquinante) hanno ribadito che terremoti come quelli verificatisi a Piancastagnaio, aventi profondità dell’ipocentro a solo 1300 metri, in prossimità del centro abitato e vicini a pozzi di trivellazione siano inquadrabili in eventi di sismicità indotta.

Il sindaco si lancia anche in conclusioni che, se non fossero drammatiche, sarebbero comiche:se ci sono tanti altri terremoti in Italia anche dove non ci sono trivellazioni, è normale che ci siano anche in Amiata; come dire tutto: è regolato dal Caso e dal Destino.

Vista la sua competenza, il Sindaco magari potrà anche spiegare la normalità dei numerosi sismi rilevati proprio dall’Enel e concentrati, sempre per il Caso (ci mancherebbe), a Piancastagnaio e S.Fiora/Arcidosso di cui alleghiamo una mappa tratta dagli studi di impatto ambientale delle centrali ENEL in Amiata.

Cosa grave è che il Sindaco, nella sua esplicita difesa dell’attività dell’Enel, purtroppo viene appoggiato dalla Regione la quale, a sua volta crede di riuscire a tranquillizzare la cittadinanza asserendo che “Gli esperti consultati dalla Regione” (quali??) affermano che l’ evento «rientra nello stile sismico dell’area ed è collegato con l’apparato vulcanico dell’ Amiata, caratterizzato da eventi non particolarmente intensi ma che, a causa delle limitate profondità sono avvertiti distintamente».

Sos geotermia rileva come purtroppo sia ormai accertato e accettato dalla comunità scientifica che la produzione di energia geotermica comporti un aumento del rischio sismico e sia causa di terremoti anche in zone classificate a bassa sismicità, e ricorda come l’Amiata sia da sempre citata come esempio negativo di sismicità indotta (vedasi ad es. le dichiarazioni ufficiali inerenti ad uno studio condotto dall’Osservatorio Vesuviano: la reiniezione ad alta pressione di fluidi in un sottosuolo già instabile naturalmente è una operazione che causa una sismicità indotta come è notoriamente risaputo per gli eventi avvenuti nella zona del Monte Amiata in Toscana e in Svizzera”; ed ancora le osservazioni dell’ing.Marco Mucciarelli, del Centro ricerche sismologiche dell’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, il quale in più occasioni ha ribadito che il “terremoto dell’1 aprile 2000 al monte Amiata, di magnitudo 4.5, profondo 2 chilometri, fa supporre si tratti di un sisma legato allo sfruttamento geotermico dell’area».

Ci chiediamo perché il Sindaco Agnorelli in questi casi non si sia mai sentito chiamato in causa e non abbia mai ribattuto di rispondere a simili paragoni; perché non ha ritenuto di chiamare “allarmisti”, l’lNVG o il dott. Mucciarelli dell’INOGS, come fa invece con Sos Geotermia, accusandoci di “rovinare il territorio”? Perché non “sfrutta le sue risorse e le sue energie” per chiedere un monitoraggio continuo e costante alla Regione, monitoraggio che tra l’altro, malgrado gli impegni, non è stato predisposto?

In particolare non sappiamo quali possano essere i soggetti “esperti” sentiti e dal Sindaco Agnorelli e dalla Regione per prodigarsi in dichiarazioni così rassicuranti, visto che il Comitato Tecnico per la Geotermia in Amiata (CTGA) dopo due anni di lavoro ha terminato con un nulla di fatto e non ci risulta che i suoi esponenti, fra i quali il prof. Andrea Borgia e il prof. Giuseppe De Natale (dirigente di ricerca dei sistemi vulcanici e Geotermia del’INVG Sez. Napoli), siano stati interpellati.

Al contrario il prof. Borgia, esprimendosi sull’articolo di rassicurazione della Regione Toscana ritiene che “nessuno può affermare che il sisma registrato non sia indotto o innescato dallo sfruttamento geotermico fintanto che il gestore del campo geotermico non renda pubbliche tutte le attività che ha fatto e sta facendo nel campo geotermico stesso (perforazione pozzi nuovi e riapertura pozzi vecchi, reiniezioni di acqua, iniezioni di fluidi acidi, estrazione di vapore, pressioni, ecc.) e fintanto che sia dimostrato dall’analisi dei dati che tali attività non siano correlate.” Continua il prof.:“Io dal canto mio avendo studiato ormai da anni tali problemi in Amiata (per la Comunità Montana Senese e per il Comune di Piancastagnaio) oltre che in altre parti del mondo, ritengo piuttosto che vi sia una correlazione diretta ed ormai ben conosciuta sia dal gestore che dalle autorità Regionali oltre che locali. Ritengo che terremoti di questo tipo siano con probabilità innescati dallo sfruttamento geotermico su faglie criticamente stressate oltre che indotti direttamente dalla reiniezione dei fluidi. Ritengo che debba anche essere analizzata con estrema serietà la possibilità di una correlazione tra questo terremoto e le fuoriuscite di gas sentite tra dicembre 2013 e gennaio 2014 in un’area che sembrerebbe essere coincidente con zona dell’epicentro del sisma. Ritengo che la decantata rete sismica con stazioni a S. Casciano Bagni, Arcidosso e Latera siano un bluff, in quanto totalmente incapaci di ubicare l’ipocentro del terremoto con sufficiente approssimazione. Occorrerebbe avere almeno 5-10 stazioni a tre componenti a larga banda tutte nel raggio di 2-3 km da Piancastagnaio per poter ubicare con serietà l’ipocentro. Ritengo che le autorità preposte dovrebbero prendere in seria considerazione di richiedere al gestore di valutare l’“adeguatezza sismica” degli edifici pubblici e privati, prima che siano indotti/innescati ulteriori terremoti!”

Ancora una volta quello che viene richiesto dagli esperti e da Sos Geotermia è l’applicazione del “principio di precauzione” che si applica in tutta Europa (ma l’Amiata è ancora in Europa?): non potendo “escludersi” la correlazione fra lo sfruttamento geotermico e l’evento sismico, si deve presumere, in via cautelativa, che tale correlazione vi sia e quindi occorre porre in essere tutte quelle misure che sono necessarie ad evitarla, prima fra tutte la moratoria e l’immediata sospensione dell’attività di estrazione dei fluidi e la relativa reiniezione.

Il principio di precauzione cioè non è “nel dubbio, pro-reo” bensì “nel dubbio, pro-ambiente e salute”.

Paradossale infine il fatto che il Sindaco di Piancastagnaio Voglia sminuire l’episodio di fuoriuscita di gas verificatosi nell’abitazione di un pianese, tenuto conto del fatto che la fuoriuscita di non meglio “individuati gas” non è stata ancora esaustivamente spiegata (vedasi nota Sindaco 7.2.14 con il quale, invitando il privato a fare egli stesso ed a proprie spese, i monitoraggi e le analisi, testualmente afferma “non essendo possibile risalire alle cause dell’episodio verificato”).

Noi non abbiamo dimenticato, e non dovrebbe farlo neanche il Sindaco Agnorelli, le emissioni che nel 1992 inquinarono l’area attorno al pozzo Senna 1 e che nei primi anni 2000 danneggiarono il Podere del Marchese (fatto questo ultimo per il quale, con la nota sent. 692/09 R.S. pronunciata il 9.3.09 dalla IV Sez. Penale della Suprema Corte di Cassazione, veniva accertata in via definitiva la correlazione diretta fra le attività geotermiche svolte da Enel ed il disastro che ne derivò) e per le quali l’allora Erga (l’attuale Enel Green Power) è stata condannata in primo grado, in sede civile, a risarcire il privato che le aveva subite, come non abbiamo dimenticato le emissioni che in loc. Lavinacci, sempre a Piancastagnaio, fecero evacuare varie case e per cui Enel ha risarcito i danni, e vorremmo avere rassicurazioni e certezze che tali eventi non si ripetano.

Ma la cosa più strana è che, nel silenzio di chi dovrebbe sentirsi chiamato in causa, cioè l’Enel, risponda un amministratore del PD che invece dovrebbe avere tutto l’interesse a chiedere conto proprio all’Enel di che cosa stia realmente avvenendo nel campo geotermico; questo stesso amministratore tra l’altro, così come la sua coalizione, deve ancora rispondere “scientificamente” alle interpellanze ed alle diffide dei Comitati sul perché, ad esempio, oltre ai terremoti, ad un calo dell’acquifero superficiale e al suo inquinamento, si registrino dati sanitari così allarmanti soprattutto nel comune di Piancastagnaio, non essendo affatto sufficiente attribuire gli aumenti di patologie correlabili a fattori ambientali, alle cattive abitudini dei cittadini amiatini ed in particolare di quelli Pianesi, presunzione tra l’altro smentita dagli stessi studi “ufficiali”.

Dispiace anche che l’Agnorelli si sia sempre sottratto al confronto con i Comitati (singolare e qualificante la sua assenza, e quella della sua giunta, ai vari convegni via via organizzati dai Comitati alla presenza di esperti imparziali) e mentre non ci meraviglia la tempestività e lo zelo della risposta della Regione, che comunque deve difendere il proprio operato avendo concesso una VIA ed autorizzazioni su dati per noi non rassicuranti o comunque non scientificamente “certi”, non pensavamo che il Sindaco Agnorelli si spingesse così in là e la sua ‘excusatio non petita’ non lascia alcun dubbio sul fatto che egli non sia imparziale sul tema degli effetti dello sfruttamento geotermico sul territorio.

Ricordiamo all’Agnorelli, qualora la cosa gli fosse sfuggita, che le perplessità dei Comitati che tanto critica sono stati oggetto dell’interpellanza n. 146 presentata il 27.12.13 alla Camera dai deputati dall’On. Zaccagnini ed altri e nella quale (per la parte relativa ai terremoti) si chiede ai Ministeri competenti se “tale situazione non comporti rischi elevati per l’incolumità pubblica in caso di eventi sismici che, stante i fatti, si potrebbe verificare con conseguenze disastrose; quindi se non ravvedano un reale rischio per l’incolumità degli abitanti del territorio, considerato che l’Amiata è reputata anche zona sismica, e se non ritengono, per quanto di competenza, di fare proprie le considerazioni del professore Mucciarelli docente di sismologia applicata; se non ritengano doveroso, per quanto di competenza, colmare le lacune normative, finora troppo generalizzate, in tema di geotermia, facendo proprie le istanze dei movimenti e dei coordinamenti locali che denunciano un grave rischio per la salute e per l’ambiente.

Vogliamo comunque comunicare al Sindaco Agnorelli e alla ‘lontana’ Regione Toscana che malgrado le loro difese d’ufficio della geotermia targata Enel, le obiezioni e le più o meno velate minacce, noi continueremo la nostra opera di informazione e mobilitazione contro lo sfruttamento, oggi pressoché incondizionato, della nostra montagna; per quanto lo riguarda il Sindaco dovrebbe avere il pudore di lasciare che l’Enel si difenda da sé e cercare invece di onorare il ruolo istituzionale che ancora ricopre e che lo vede responsabile in prima persona della salute pubblica e del territorio che ha governato da 10 anni.

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Contropiano del 26 marzo 2014
Terremoto a Piancastagnaio. Il PD ancora contro i comitati e a difesa della geotermia
…segue ns. comunicato

GoNews del 25 marzo 2014
Terremoti e attività dell’Enel, l’affondo di SOS Geotermia Amiata: “La produzione di energia comporta l’aumento del rischio sismico”
…segue ns. comunicato

Il Cittadino online del 25 marzo 2014
“SISMA A PIANCASTAGNAIO: ‘EXCUSATIO NON PETITA’ DEL SINDACO”
Sos Geotermia: “Il PD ancora contro i comitati e a difesa della geotermia”
…segue ns. comunicato

Aletheia online del 25 marzo 2014
La Terra trema sull’Amiata. Geotermia sotto accusa, ma il sindaco difende la centrale Enel
…segue ns. comunicato

Ancora terremoti sul Monte Amiata, sottovalutati i nostri allarmi

 

ombrello rosso monticelliLa terra ha tremato ancora sul monte Amiata, ma fortunatamente senza gravi conseguenze, né danni  per persone e cose. Una scossa di terremoto di magnitudo 2.5 è stata registrata domenica 16 marzo dall’INGV alle ore 20,37 nell’area di Piancastagnaio con ipocentro ad una profondità di 1,3 km. La scossa è stata avvertita dalla popolazione, che si è molto spaventata ed è scesa in strada. Alla scossa principale sono seguite altre due, più lievi, rilevate dal sistema ISIDe.
La profondità di 1,3 chilometri in cui è stato localizzato l’epicentro rimanda immediatamente a quella materia sulla  sismicità indotta e/o innescata nel campo geotermico (di Piancastagnaio), di cui gli esperti parlano da tempo, ma che  localmente costituisce ancora oggi un ‘tabù’, coperto da silenzio, soprattutto da parte delle autorità, ma che avevamo portato all’attenzione dei cittadini nel Convegno del 17 settembre scorso ad Arcidosso .
Ci chiediamo e chiediamo alle autorità preposte ai controlli: cosa sta succedendo nell’area geotermica di Piancastagnaio? quali attività l’Enel sta conducendo? cosa stanno facendo i Sindaci, l’Arpat, la Regione a seguito degli eventi sismici?
Sappiamo che la sismicità può essere innescata da varie cause. Il mondo scientifico, da almeno mezzo secolo, afferma che la estrazione e la reiniezione di fluidi nel sottosuolo generano terremoti anche di entità rilevante. “Non fa eccezione la geotermia”, ha più volte sostenuto il vulcanologo Andrea Borgia, nel ricordare che “Enel stessa nel SIA di Bagnore 4 e del Piano di riassetto di Piancastagnaio riporta come la maggior parte i terremoti originino nei campi geotermici o nelle aree immediatamente limitrofe a questi”.
E non si stanca di ripetere quanto sia di primaria necessità la realizzazione di una rete sismica, “per un monitoraggio della durata di almeno un anno, con almeno 10 stazioni a tre componenti  e a banda larga” prima di dare qualunque concessione geotermica, come ha recentemente illustrato a Roma, durante il convegno di Montecitorio, in occasione della giornata di mobilitazione nazionale contro la geotermia elettrica che abbiamo organizzato, il 5 marzo us, come ‘Rete Nazionale NO Geotermia Elettrica’.
In base ai dati a disposizione, è naturale chiedersi se la crisi sismica appena accaduta sia innescata dallo sfruttamento del campo geotermico di Piancastagnaio su faglie criticamente stressate e l’epicentro sembra non essere distante dalla zona dove tra dicembre e gennaio scorsi erano state percepite fuoriuscite di gas nelle case. Ed è naturale chiedersi se i due fenomeni possano essere connessi, così come sarebbe naturale che le autorità preposte forniscano al riguardo e quanto prima  tutte le risposte e rassicurazioni del caso.
Di “geotermia e sismicità indotta” si è molto occupato anche il Prof. dell’OGS di Trieste Marco Mucciarelli, il quale ha recentemente  enunciato che “la probabilità di indurre terremoti aumenta con il differenziale di pressione e temperatura” e “poiché la pressione dipende anche dalla permeabilità, la probabilità di indurre terremoti aumenta con la compattezza delle rocce”.
In pochi territori, tra cui quello amiatino, viene negata o sottaciuta l’importanza di eseguire specifici monitoraggi per rilevare la sismicità indotta, che può raggiungere localmente i valori di quella “naturale” (5 – 5,5 Richter nell’area dell’Amiata) ma con effetti molto pesanti nelle zone epicentrali a causa della limitata profondità a cui solitamente si manifestano tali fenomeni. La regione Emilia Romagna, per esempio, ha richiesto che una ricerca del genere venisse effettuata ‘prima’ del rilascio della autorizzazione per l’impianto geotermico di Casaglia, mentre in Amiata, all’interno concessione geotermica di Bagnore, non è prevista nessuna stazione sismica!
Oltre alla realizzazione di una rete con dati pubblici, altre misure raccomandate dagli esperti sismologi sono: i confronti compiuti con la accelerazione attesa per la sismicità naturale; le indagini specifiche sulla sicurezza sismica di tutti gli edifici; le polizze assicurative da stipulare in favore di chi dovesse subire danni.
Alla luce delle evidenze scientifiche e le misure oggettivamente insufficienti alla prevenzione e controllo dell’attività sismica indotta dagli impianti geotermici amiatini, non possiamo che ribadire la richiesta di una moratoria immediata di ogni attività per una verifica della compatibilità di questi impianti anche con la struttura del monte Amiata.

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Il Cittadino online del 22 marzo 2014
GEOTERMIA E SISMICITÀ: IL PARERE DEL VULCANOLOGO
Andrea Borgia conferma l’ipotesi di una relazione tra i fenomeni
di Fabrizio Pinzuti
PIANCASTAGNAIO. Tra i tanti pareri raccolti a proposito della possibilità di un collegamento tra le scosse telluriche registrate domenica scorsa nell’Amiata e l’attività geotermica dell’Enel, ospitiamo l’intervento del professor Andrea Borgia, che non ha solo l’autorevolezza dello studioso di vulcanologia e geotermia a livello internazionale ma che può vantare anche l’esperienza diretta in Amiata, avendo studiato il fenomeno dietro incarico della Comunità Montana Amiata Zona Senese e del Comune di Piancastagnaio.
“La posizione che si dice essere della Regione, e cioè che non vi è correlazione tra terremoto ed attività di sfruttamento del campo geotermico, è quantomeno assurda oltre che espressa da incompetenti, e quindi non posso ritenere che sia né vera né possibile. Nessuno può affermare che il sisma registrato domenica sera e le molte scosse successive non siano indotte o innescate dallo sfruttamento geotermico, fintanto che il gestore del campo geotermico non renda pubbliche tutte le attività che ha condotto negli ultimi sei mesi e che sta conducendo nel campo geotermico stesso (perforazione pozzi nuovi e riapertura pozzi vecchi, reiniezioni di acqua, iniezioni di fluidi acidi per la dissoluzione di sali precipitati, estrazione di vapore, registrazione delle pressioni a livello del campo geotermico ed a boccapozzo, ecc.) e fintanto che sia dimostrato dall’analisi dei dati che tali attività non siano correlabili ai terremoti avvenuti. Io dal canto mio avendo studiato ormai da anni tali problemi in Amiata (per la Comunità Montana Senese e per il Comune di Piancastagnaio) oltre che in altre parti del mondo, ritengo piuttosto che vi sia una correlazione diretta ed ormai ben conosciuta sia dal gestore che dalle autorità Regionali oltre che locali. Ritengo che terremoti di questo tipo siano con probabilità innescati dallo sfruttamento geotermico su faglie criticamente stressate oltre che indotti direttamente dalla reiniezione dei fluidi. Ritengo che debba anche essere analizzata con estrema serietà la possibilità di una correlazione tra questo terremoto e le fuoriuscite di gas sentite da vari cittadini tra dicembre 2013 e gennaio 2014 in un’area che sembrerebbe essere coincidente con zona dell’epicentro del sisma. Ritengo che la decantata rete sismica con stazioni a S. Casciano Bagni, Arcidosso e Latera siano un bluff, in quanto totalmente incapaci di ubicare gli ipocentri dei terremoto indotti dallo sfruttamento geotermico con adeguata approssimazione. Occorrerebbe, infatti, avere almeno 5-10 stazioni a tre componenti a larga banda tutte nel raggio di circa 2 km da Piancastagnaio per poter ubicare con serietà tali ipocentri. Ritengo che le autorità preposte dovrebbero pretendere dal gestore la valutazione dell’“adeguatezza sismica” degli edifici pubblici e privati, prima che siano indotti/innescati ulteriori terremoti”.
Ricordiamo per inciso che il professor Borgia non è l’unico a sostenere l’ipotesi di una relazione tra attività geotermica e sismi. Tale possibilità ha trovato altri riscontri scientifici; citiamo tra i tanti la conclusioni dei professor Mucciarelli, dell’Università della Basilicata, che indicò l’origine indotta del terremoto del 1 aprile 2000 di Piancastagnaio e che è stato relatore insieme a Borgia in un convegno sul tema “geotermia-sismicità” svoltosi nel settembre scorso ad Arcidosso, già oggetto della nostra attenzione.

Il Tirreno del 21 marzo 2014
Geotermia e sisma La Regione replica «Non c’è relazione»
SANTA FIORA «Sono oltre dieci anni che l’area amiatina è tenuta sotto controllo per ciò che riguarda l’attività sismica. Da questo punto di vista è sempre possibile fare di più e meglio, tanto che entro quest’anno abbiamo in programma di far partire un nuovo specifico progetto di studio. I cittadini devono quindi stare tranquilli circa il fatto che sia la Regione che gli altri enti interessati, a partire dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, stanno monitorando tutti i fenomeni che si registrano nelle aree interessate dall’attività geotermica, sia in quelle cosiddette tradizionali che quelle amiatine, tenendo conto che siamo su un vulcano, naturalmente soggetto a questo tipo di attività». La Regione Toscana risponde in questo modo alle preoccupazioni sollevate dai comitati ambientalisti in seguito alla scossa di 2,5 gradi di magnitudo registrata domenica scorsa con ipocentro a Piancastagnaio. Gli esperti consultati dalla Regione affermano che l’evento «rientra nello stile sismico dell’area ed è collegato con l’apparato vulcanico dell’Amiata, caratterizzato da eventi non particolarmente intensi ma che, a causa delle limitate profondità sono avvertiti distintamente». La Regione ricorda inoltre che fin dal 2003 sono attive sull’Amiata 5 stazioni di rilevazione dei fenomeni, 3 gestite dall’Ingvi (a San Casciano dei Bagni, Arcidosso e Latera) e 2 gestite dalla protezione civile nazionale (Piancastagnaio e San Casciano dei Bagni). Entro l’anno la Regione conta di aggiungere a queste postazioni fisse una rete di stazioni mobili. Per questo obiettivo sono stati stanziati 120mila euro in tre anni. Serviranno a garantire il loro funzionamento. L’intento è quello di continuare a tenere sotto controllo l’evoluzione sismica del territorio. «Giova infine ricordare – conclude la Regione – che nell’area di Santa Fiora è presente da molti anni una stazione di monitoraggio geochimico delle acque profonde che fa parte delle rete geochimica toscana ed è finalizzata a rilevare eventuali anomalie di alcuni parametri delle acque per metterli in correlazione con significativi eventi sismici. Da oltre un decennio sempre nella stessa area sono attive le azioni di prevenzione sismica promosse e cofinanziate dalla Regione per circa 3,2 milioni di euro».

La Nazione del 21 marzo 2014
AMIATA La Regione investe 120 mila euro in stazioni mobili per monitorare l’attività sismica
«SONO OLTRE dieci anni che l’area amiatina è tenuta sotto controllo per ciò che riguarda l’attività sismica. Da questo punto di vista è sempre possibile fare di più e meglio, tanto che entro quest’anno abbiamo in programma di far partire un nuovo specifico progetto di studio. I cittadini devono quindi stare tranquilli circa il fatto che sia la Regione che gli altri enti interessati, a partire dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, stanno monitorando tutti i fenomeni che si registrano nelle aree interessate dall’attività geotermica, sia in quelle cosiddette “tradizionali” che quelle amiatine, tenendo conto che siamo su un vulcano, naturalmente soggetto a questo tipo di attività». La Regione Toscana risponde in questo modo alle preoccupazioni sollevate dai comitati ambientalisti in seguito alla scossa di 2,5 gradi di magnitudo registrata domenica sera con ipocentro a Piancastagnaio. La Regione ricorda inoltre che fin dal 2003 sono attive sull’Amiata 5 stazioni di rilevazione dei fenomeni. Entro l’anno la Regione conta di aggiungere a queste postazioni fisse una rete di stazioni mobili. Per questo obiettivo sono stati stanziati 120.000 euro in tre anni.

Il Cittadino online del 20 marzo 2014
Agnorelli: “A proposito di geotermia e terremoti…”
Le riflessioni del sindaco di Piancastagnaio sul tema
PIANCASTAGNAIO. In riferimento agli articoli di questi giorni relativi alla scossa di terremoto di domenica scorsa ed alla relativa nota stampa di “S.O.S. Geotermia”, vorrei offrire alcune riflessioni.
I terremoti e l’Amiata: anche chi è competente ed esperto non riesce, purtroppo, a spiegare compiutamente gli eventi sismici ma comunque, tralasciando la storia e limitandosi alla cronaca, andando sul sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e leggendo la cronologia degli eventi sismici di domenica scorsa, si potrà vedere che i terremoti sono distibuiti in tutta la penisola e
non solo nei territori geotermici. Le tredici scosse di magnitudo superiore a 2.0 registrate in Italia il 16 Marzo vanno dal Golfo di Augusta all’Appennino Forlivese, dalle Alpi Cozie alla costa calabra passando, appunto, dall’Amiata.
Collegamento tra terremoti ed altri fenomeni: nella nota del Comitato si parla di “fuoriuscite di gas nelle case” a Piancastagnaio nel periodo dicembre gennaio. Non è assolutamente vero! C’è stata la segnalazione di un solo cittadino e, in seguito alle relative verifiche fatte dai Vigili del Fuoco il 22 ed il 24 Gennaio per “presunta fuga di gas”, ai controlli strumentali ed a successivi campionamenti dell’aria, non è stato evidenziato nessun pericolo ma un probabile episodio legato a problematiche createsi in condotte fognarie.
Vorrei quindi far presente che, al di là dell’ennesimo tentativo di strumentalizzare avvenimenti di varia natura, dopo dieci anni di polemiche sull’attività geotermica, che noi abbiamo cercato di regolare e migliorare, quello che è per me insopportabile è lo stato di falso allarme che si vuol incutere ai nostri cittadini, le continue minacce e la paura che si vuol trasmettere, le motivazioni più assurde mascherate da risposte scientifiche ma che di scientifico non hanno niente. In questo modo, oltre che a falsare un giusto dibattito si contribuisce a penalizzare ancora di più i nostri territori.
Il sindaco Fabrizio Agnorelli

Il Tirreno del 19 marzo 2014
«Geotermia e terremoti: dateci risposte»
Dopo la scossa sull’Amiata gli ambientalisti tornano a chiedere un monitoraggio: «Lo sfruttamento può favorire sismicità» SANTA FIORA Torna a tremare la terra sul monte Amiata e trema anche l’associazione ambientalista Sos geotermia, contraria allo sfruttamento della geotermia in Amiata. L’associazione, che raccoglie diversi comitati locali, da tempo sostiene che ci sia un nesso tra l’attività di estrazione del vapore geotermico e il verificarsi di terremoti. La scossa, di magnitudo 2.5, è stata registrata domenica dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia alle 20.37 nell’area di Piancastagnaio con ipocentro a una profondità di 1,3 chilometri. «La scossa – spiega Sos geotermia – è stata avvertita dalla popolazione, che si è molto spaventata ed è scesa in strada. Alla scossa principale sono seguite altre due, più lievi, rilevate dal sistema Iside. La profondità di 1,3 chilometri in cui è stato localizzato l’epicentro rimanda immediatamente a quella materia sulla sismicità indotta e/o innescata nel campo geotermico di Piancastagnaio, di cui gli esperti parlano da tempo, ma che localmente costituisce ancora oggi un tabù, coperto da silenzio, soprattutto da parte delle autorità, ma che avevamo portato all’attenzione dei cittadini nel convegno del 17 settembre scorso ad Arcidosso». Sos geotermia torna dunque a chiedere alle autorità preposte ai controlli: «Cosa sta succedendo nell’area geotermica di Piancastagnaio? Quali attività l’Enel sta conducendo? Cosa stanno facendo i sindaci, l’Arpat, la Regione a seguito degli eventi sismici?» La sismicità può essere innescata da varie cause. «Il mondo scientifico da almeno mezzo secolo afferma che la estrazione e la reiniezione di fluidi nel sottosuolo generano terremoti – spiega Sos geotermia – anche di entità rilevante. “Non fa eccezione la geotermia”, ha più volte sostenuto il vulcanologo Andrea Borgia, nel ricordare che “Enel stessa nel Sia di Bagnore 4 e del Piano di riassetto di Piancastagnaio riporta come la maggior parte i terremoti originino nei campi geotermici o nelle aree immediatamente limitrofe». Borgia reputa anche di primaria necessità realizzare una rete sismica per un monitoraggio di almeno un anno prima di dare concessioni geotermiche. «In base ai dati a disposizione – dice Sos geotermia – è naturale chiedersi se la crisi sismica appena accaduta è probabilmente innescata dallo sfruttamento del campo geotermico di Piancastagnaio su faglie criticamente stressate; l’epicentro sembra non essere distante dalla zona dove tra dicembre e gennaio scorsi erano state percepite fuoriuscite di gas nelle case. Ed è naturale chiedersi se i due fenomeni possano essere connessi, così come sarebbe naturale che le autorità preposte forniscano quanto prima risposte e rassicurazioni». Risposte che Sos geotermia lamenta di non ricevere. «In pochi territori, tra cui quello amiatino, viene negata o sottaciuta l’importanza di eseguire specifici monitoraggi per rilevare la sismicità indotta. La regione Emilia Romagna, per esempio, ha richiesto che una ricerca del genere venisse effettuata prima del rilascio della autorizzazione per l’impianto geotermico di Casaglia, mentre in Amiata, all’interno concessione geotermica di Bagnore, non è prevista nessuna stazione sismica». Oltre alla rete con dati pubblici, Sos geotermia fa presente che gli esperti suggeriscono indagini specifiche sulla sicurezza sismica degli edifici e polizze assicurative da stipulare in favore di chi dovesse subire danni. E torna a chiedere una moratoria di ogni attività geotermica. (f.f.)

Il Cittadino online del 18 marzo 2014
Terremoti in Amiata: Sos Geotermia si preoccupa
“Sottovalutati i nostri allarmi” dice il comitato
…segue ns. comunicato

PrimaPagina online del 18 marzo 2014
SOS GEOTERMIA: ” ANCORA TERREMOTI SUL MONTE AMIATA, SOTTOVALUTATI I NOSTRI ALLARMI”
…segue ns.comunicato

Contropiano del 18 marzo 2014
“Ancora terremoti sul Monte Amiata, sottovalutati i nostri allarmi”
…segue ns.comunicato

GoNews del 18 marzo 2014
Sos geotermia: “Ancora terremoti sul Monte Amiata, sottovalutati i nostri allarmi”
…segue ns.comunicato

MaremmaNews del 18 marzo 2014
Ancora terremoti sul Monte Amiata, sottovalutati i nostri allarmi
Intervento degli esponenti S.O.S Geotermia Amiata
…segue ns.comunicato

OkSiena del 18 marzo 2014
SOS GEOTERMIA: “LA TERRA HA TREMATO ANCORA SULL’AMIATA, ALLARME INASCOLTATO”
…segue ns.comunicato

AntennaRadioEsse del 18 marzo 2014
SOS Geotermia Amiata: “Terremoti, sottovalutati nostri allarmi”
…segue ns.comunicato

Roma, 5 marzo 2014. La mobilitazione contro la geotermia elettrica -video, foto-

20140305_rm convegno geotermia camera_34Si è tenuta a Roma il 5 Marzo la giornata di mobilitazione indetta dalle Rete Nazionale contro la Geotermia Elettrica Speculativa ed Inquinante, con un convegno, una manifestazione di fronte al Parlamento ed una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati.
Scopo della giornata era quello di aprire un dialogo con il governo su tema della geotermia. In quanto il modo di procedere delle iniziative governative in questo settore presenta delle obiettive criticità che stanno creando forti critiche, disagio e risentimento nelle popolazioni interessate. Ed un rinnovato interesse critico da parte del mondo scientifico.
Il convegno, presso la Camera dei Deputati, ha visto la partecipazione di un folto pubblico, tra cui esponenti dei comitati laziali, umbri, toscani e sardi. Parlamentari, sindaci, amministratori, esperti, esponenti dei Ministeri e degli enti interessati, rappresentanti dei media.
Dalle numerose relazioni presentate al convegno da parlamentari, amministratori, comitati ed illustri esponenti del mondo scientifico, sono emersi alcuni punti importanti e precise richieste al Governo.
Il piano governativo di espansione e sviluppo della geotermia, varato nel 2010 dal governo Berlusconi, presenta una serie di problematiche gravi che non sono state sufficientemente considerate dalle istituzioni governative. Ma che nel contempo, visto il moltiplicarsi di richieste di nuovi impianti e di permessi di ricerca, stanno suscitando serissime preoccupazioni nelle popolazioni e da parte di qualificati ambienti scientifici.
Il principale problema da affrontare è quello dell’esistenza di un dogma culturale, dovuto a scarsa conoscenza del problema sia nell’opinione pubblica che negli ambienti della pubblica amministrazione: il Dogma della Infallibilità della Geotermia. Secondo il quale la geotermia è sempre di per sé Pulita, Rinnovabile, Sostenibile.
Un dogma alimentato dal circuito degli imprenditori geotermici attratti dagli enormi incentivi statali, e fideisticamente accettato da molti ambienti governativi senza discussioni o veri approfondimenti.
La realtà della ricerca scientifica mondiale e delle esperienze sul campo mostra invece con tutta evidenza che questo dogma è inaccettabile, e che non può guidare l’azione del Governo, in quanto la geotermia non è affatto sempre pulita, rinnovabile e sostenibile. Ma lo è solo a determinate condizioni, che dipendono dalla tecnologia impiegata e dalle specificità del territorio nel quale la si vuole usare. Ogni caso va esaminato a parte, con appropriata attenzione e grandissime cautele.
Alcune vecchie tecnologie, come quella FLASH, ad alta entalpia, con emissioni a cielo aperto, usata sul Monte Amiata, ha dato abbondanti prove di essere del tutto nefasta per i cittadini di quelle zone e per l’ambiente. Inducendo sensibili aumenti nei livelli di malattia e di mortalità, e trasformando un paradiso naturale in un incubo con livelli di inquinamento pari ai peggiori d’Italia.
Mentre le nuove tecnologie a ciclo chiuso, binarie a media entalpia, pur evitando l’emissione di veleni nell’aria, presentano numerose criticità:
·    bassissimo rendimento, a fronte di enormi incentivi governativi,
·    presentano seri rischi nelle zone ad alta sismicità,
·    possono creare fenomeni di subsidenza,
·    mettono a rischio i bacini idropotabili,
·    presentano forti impatti sul territorio, sulle economie locali, sul paesaggio di zone di pregio e spesso a vocazione turistica e agricola
·    impiegano pochissimo personale, ed in determinate zone la loro presenza mette a rischio attività produttive locali che impiegano molti più addetti.
Studi scientifici importanti cominciano ad evidenziare questi problemi, dei quali occorre tenere conto. Anche perché le popolazioni locali sono sempre più informate di queste criticità. E sempre più preoccupate.
La valutazione di questa serie di problemi non può essere lasciata ai centri di ricerca ed ai tecnici che lavorano per le società che fanno impianti geotermici. Troppo forti sono le attese e gli appetiti generati da incentivi governativi altissimi.
Occorre che lo Stato riprenda in modo sostanziale e non solo formalistico la propria funzione di salvaguardia di tutti gli interessi in gioco, primo fra i quali quello delle popolazioni coinvolte.
Non si può portare avanti un piano di espansione della geotermia che appare procedere in modo frettoloso, improvvisato e per giunta a dispetto delle popolazioni locali.  Dove la geotermia è praticabile e sostenibile, occorre fornire ai cittadini proposte valide, mostrare con sincerità ed onestà i problemi e convincerle dei vantaggi di queste tecnologie. Per averne il consenso. Non ci si può basare solo sul consenso di strutture politiche spesso troppo sensibili al lavoro lobbistico delle imprese.
Molte le pressioni per procedere di corsa con questo piano, ma è di tutta evidenza che non c’è alcuna fretta, per i seguenti motivi:
·    il Paese ha già ampiamente raggiunto gli obiettivi previsti di produzione di energie rinnovabili;
·    le capacità di produzione elettrica italiane sono elevatissime, con grandi impianti costretti a rimanere spenti per mancanza di domanda;
·    gli impianti FLASH con emissioni in aria ogni giorno avvelenano l’ambiente e i cittadini, mentre quelli proposti a ciclo binario presentano criticità pesanti ed hanno rendimenti bassi, a fronte di elevatissimi incentivi pagati in bolletta dai cittadini e dalle imprese.
Questi incentivi e questa fretta appaiono nella situazione attuale del tutto inappropriati e forzosi. A meno che la fretta e gli incentivi non servano esclusivamente a favorire circuiti industriali dotati di forti connessioni politiche, come dimostrano i continui e pesanti interventi di modifica legislativa favorevoli agli imprenditori geotermici. Interventi spesso in palese contrasto con i regolamenti parlamentari, con la Costituzione e con le normative europee.
Questo noi cittadini e le istituzioni del nostro Paese non lo possono accettare.
Per tutti questi motivi dal convegno e dalla giornata di mobilitazione emerge una richiesta al governo:
una Moratoria con sospensione del Piano Geotermico e dei relativi incentivi che consenta di:
·    ripensare l’economicità del piano di sviluppo geotermico;
·    valutare in modo più approfondito e sistematico le criticità e gli impatti delle varie tecnologie; ed adeguare la normativa in modo conseguente;
·    mappare il territorio nazionale decidendo le zone di esclusione, dove gli impianti geotermici presentano rischi eccessivi o comunque si presentano come fortemente impattanti e non sostenibili.
La richiesta viene rivolta ad un Governo che ha tutto l’interesse ad evitare spese inutili, affrettate, dannose e che pesano direttamente sui bilanci di cittadini e imprese già duramente provati dalla crisi.

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RETE NAZIONALE NO GEOTERMIA ELETTRICA