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La geotermia e l’ambientalismo embedded

legambiente_maskRipubblichiamo il post di Andrea Marciano per Beni Comuni Manciano su un intervento di Legambiente in difesa della geotermia a riguardo delle emissioni.

In un articolo sul sito online Green-report (che riportiamo di seguito ed è visibile in originale qui) a firma di Lucia Venturi, del circolo Legambiente di Rispescia, sulla geotermia in Amiata, l’autrice interviene per rassicurare ed appoggiare l’ENEL, nel bel mezzo di un’aspra campagna che oppone a questa azienda (ed all’apertura di una nuova centrale da 40Mw a Bagnore.) molti comitati ambientalisti locali   Il titolo già dice tutto: Geotermia e acido solfidrico: l’odore è sgradevole, ma non nuoce alla salute. Anzi . Come dire: “Venite, gente, venite tutti a respirare acido solfidrico, perché fa bene alla salute

Premesso che una associazione ambientalista, che da quella multinazionale percepisce congrue sponsorizzazioni, dovrebbe avere quantomeno il buon gusto di non produrre interventi in sua difesa, ci indigna la superficialità dell’intervento, che pilucca dagli studi scientifici citati, (In particolare quello su di una popolazione maori costretta a convivere con un vulcano attivo) solo quel poco che serve a scagionare l’ENEL da quel 13% di mortalità in eccesso registrata dallo studio ARS nei comuni geotermici dell’Amiata, ignorando tutto il resto.

Qui di seguito alcuni dettagli che potrebbero colmare le vistose lacune dimostrate dall’autrice del pezzo:

  • Lo studio sui nativi neozelandesi prende in considerazione una popolazione esposta ad un campo geotermico naturale, in cui la componente gassosa principale (e pressoché unica) è rappresentata dall’acido solfidrico, ma non tutti i campi geotermici sono uguali.  In quello amiatino, insieme all’acido solfidrico vengono emessi: mercurio, boro, arsenico ed ammoniaca, ma anche anidrite carbonica ed anidrite solforosa e tutto in quantità superiore a quelle ammesse per delle centrali termoelettriche a carbone di pari potenza, che sono governate da norme assai più stringenti. La sola quantità d’arsenico di cui viene autorizzata l’emissione ad ogni centrale, ammonta a 43 chilogrammi per anno, arsenico che, depositato al suolo, contamina ogni organismo vegetale ed animale, oltre, naturalmente, alle falde idriche.
  • Inoltre, lo studio dell’isola di Rotorua scagiona solo l’acido solfidrico dall’incidenza dell’asma, mentre sull’Amiata si parla di morti per tumore.
  • L’affioramento dei vapori geotermici in Amiata non è un fenomeno naturale: senza lo scavo di pozzi appositi, i vapori di cui sopra non raggiungerebbero mai, se non in rarissimi casi, la superficie.
  • la geotermia non è una fonte rinnovabile! Sfrutta il calore residuo della formazione del pianeta, ed i pozzi che vengono scavati, devono essere continuamente rinnovati ed approfonditi, dato che nel tempo esauriscono il loro potenziale, sia termico che idrico, questo la colloca tra le attività minerarie-estrattive, non tra le energie rinnovabile.  Ma il sistema di incentivazione la considera tale e da questo equivoco scaturisce tutto l’interesse dell’Enel per la geotermia: I certificati verdi che guadagna dalla gestione dei campi geotermici, (e dalle centrali idroelettriche che sta costruendo in Centro-America contro il parere delle popolazioni native) gli consentono di tenere aperte le numerose centrali a carbone che continua a gestire (invece di chiuderle, come ci si aspetterebbe, in un percorso virtuoso verso l’abbandono delle fonti fossili). Centrali come la famigerata Federico II di Brindisi repertoriata come uno dei siti industriali più inquinanti d’Europa dall’EEA (European Environment Agency)
  • La geotermia consuma (ed inquina) acqua potabile: l’interdipendenza tra le falde di superficie ed i bacini magmatici è stata provata da innumerevoli studi scientifici. Ed è importante ricordare che il bacino idrico dell’Amiata è quello che rifornisce l’Acquedotto del Fiora (700 mila utenti)
  • La mortalità in eccesso nei comuni geotermici dell’Amiata è un dato di fatto. Accertato da uno studio ARS commissionato dalla Regione Toscana, ed a nulla valgono gli insensati argomenti con cui si è cercato in seguito di smussarne il significato, quello studio di 166 pagine è un macigno che pesa sulle future carriere degli amministratori locali che continuano ad ignorarlo.

L’EEA ha prodotto uno studio sui costi indotti sulla società dall’inquinamento atmosferico (visionabile qui).

Dalle pragmatiche tabelle contenute a pagina 49 risulta che danni, malattie e decessi hanno un costo sociale che può essere accuratamente calcolato e che tale prezzo dovrebbe essere pagato per intero dal responsabile dell’inquinamento.  Non serve una calcolatrice per accorgersi che le indennità pagate dall’Enel ai comuni amiatini sono, al confronto, un’elemosina irrisoria, lontana anni luce dal conto che pagherebbe in un paese dove l’interesse dei cittadini fosse anteposto a quello degli azionisti, dei politici e dei loro “ambientalisti embedded”

Andrea Marciani

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A quanto detto nel post aggiungiamo quanto, nello studio Bates sugli indigeni di Rototua, viene rilevato anche dall’Ars ma taciuto da Legambiente:

“Del resto gli stessi autori non escludono la presenza di possibili fattori di distorsione (bias) dell’interpretazione dei risultati, come ad esempio un survivor effect, ossia il fatto che persone sofferenti di asma potrebbero essersi spostate dalle zone più esposte a H2S.”
…cioè, che i risultati potrebbero non essere corretti perchè magari (ma che strani questi indigeni…) chi si ammala si allontana dalla zona, oppure, diciamo noi, è già morto e non può rispondere ai questionari degli ineffabili studiosi americani.

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Geotermia e acido solfidrico: l’odore è sgradevole, ma non nuoce alla salute. Anzi
di Lucia Venturi
La presenza di acido solfidrico (H2S) nelle aree geotermiche toscane è ben nota, in particolare da chi vi abita. L’ARPAT e l’ARS sono ormai attive da molto tempo al fine di rilevare le eventuali conseguenze dal punto di vista ambientale e sopratutto sanitario. E proprio l’Agenzia Regionale di Sanità della Regione Toscana (ARS-Toscana) si è recentemente attivata per un confronto diretto con il gruppo di lavoro di Michael Bates, dell’Università della California che da tempo studia la popolazione di Rotorua, un‘isola vulcanica in Nuova Zelanda, caratterizzata, anch’essa, dalla presenza di emissioni naturali di acido solfidrico.
La popolazione di Rotorua, è la più ampia al mondo (60 mila persone) ad essere esposta ad emissioni geotermiche naturali, in particolare H2S e da tempo è sotto osservazione da parte del gruppo dei ricercatori guidati da Bates, che, in occasione del convegno su “Geotermia e Salute” organizzato dall’ARS per confrontare l’esperienza neozelandese e quella toscana, aveva anticipato alcuni risultati rassicuranti sugli effetti dell’esposizione ad acido solfidrico.
Lo studio neozelandese include varie linee di ricerca sugli effetti dell’esposizione a basse concentrazioni di H2S, tra cui l’asma ed effetti correlati.
La nuova ricerca, pubblicata su Environmental Research, si riferisce proprio a questo tipo di disturbi respiratori e mostra che l’esposizione cronica a basse concentrazioni di acido solfidrico non è associata a incrementi di rischio per asma e sintomi respiratori simili all’asma.
La nuova campagna di misurazioni effettuata dal gruppo di ricerca di Michael Bates mostra valori di concentrazione di H2S (sia in ambienti di vita che di lavoro) che si attestano nel range 0-64 ppb (0-91.4 µg/m3).
Valori, quindi, del tutto assimilabili a quelli  medi rilevati da ARPAT nel periodo 1997-2009 che sono risultati pari a 16.5 µg/m3 nell’area geotermica dell’Amiata senese, 2.8 µg/m3 nell’Amiata grossetana, 8.6 µg/m3 nell’area di Larderello-Lago e di 6.0 µg/m3 nell’area di Radicondoli-Travale.
Allo studio neozelandese, hanno partecipato 1.637 soggetti, di età compresa tra i 18 e i 65 anni, che hanno compilato un questionario sulla salute respiratoria (in particolare diagnosi di asma e altri sintomi respiratori), sulla storia residenziale e lavorativa, sull’abitudine al fumo di tabacco e sulle caratteristiche sociali e demografiche (etnia, titolo di studio, reddito). I risultati non mostrano aumenti di rischio di asma all’aumentare dell’esposizione ad acido solfidrico. Al contrario suggeriscono una diminuzione della prevalenza di asma e sintomi asma-correlati nei soggetti esposti a concentrazioni più alte di H2S.
Oltre all’asma e a sintomi asma-correlati, i ricercatori americani hanno preso in considerazione altri esiti sanitari, che saranno oggetto di future pubblicazioni.
(8 marzo 2013)

Le posizioni sulla Geotermia di SOS Geotermia

Il logo del CoordinamentoIl 3 febbraio 2013 la Rete dei comitati di Asor Rosa si riunisce a Firenze; uno dei temi principali in discussione è la questione Geotermia in Amiata. Pur non invitato, il coordinamento SOS Geotermia vuole dare un contributo chiarificatore sulla questione, in coerenza con quanto andiamo sostenendo da sempre e ribadito nel nostro Manifesto.
Riportiamo di seguito il documento che può anche essere letto e scaricato, impaginato in formato pdf

 

Per SOS Geotermia è un fatto importante che la Rete dei Comitati di Asor Rosa abbia posto il tema della Geotermia al centro della propria iniziativa con un documento specifico, che riprende alcuni problemi da noi denunciati da anni. Su molti punti siamo d’accordo con le analisi fatte dalla Rete dei Comitati, altri non ci trovano concordi e riteniamo utile e necessario un confronto a tutto campo che consenta di chiarire questioni di merito e di metodo sia sulla geotermia che più in generale sulle tematiche ambientali.

A differenza di quello che si è cercato di nascondere per anni, fornendo una scarsa e cattiva informazione, le attuali coltivazioni geotermiche in Toscana producono un pesante impatto ambientale, che varia da un territorio ad un altro a seconda delle sostanze inquinanti contenute nei fluidi presenti nel sottosuolo: non possono pertanto essere attribuite all’attività geotermica valutazioni univoche, né è possibile generalizzare quando si parla di sostenibilità e rinnovabilità di questa fonte energetica.

Sull’Amiata la quantità di inquinanti è di gran lunga superiore rispetto all’area di Larderello, pertanto criticità e pericoli risultano maggiori e stanno già compromettendo quelle che da sempre sono state le vere risorse di questa montagna: acqua, aria e ambiente.

L’estrazione del vapore sta depauperando l’acquifero dell’Amiata, il più importante della Toscana: i piezometri installati in vari punti della zona di ricarica dell’acquifero indicano che la superficie della falda si sta abbassando di un metro al mese senza che ci sia alcuna iniziativa da parte delle autorità preposte.

Nessuno degli studi redatti su incarico della Regione ha smentito i collegamenti esistenti tra i due acquiferi, quello superficiale e quello geotermico, collegamenti dovuti ai camini vulcanici e alla presenza di fratture e faglie vulcano-tettoniche che gli stessi geologi di ENEL avevano segnalato nei loro studi redatti nel 1970.

Anche la qualità delle acque in questi anni è stata compromessa per la presenza di arsenico che in alcune sorgenti ha superato il limite di legge tanto che, per renderla potabile, vengono praticate operazioni di miscelamento con altre acque ed in alcuni casi sono stati installati abbattitori di questo pericoloso inquinante.

Questa modalità di sfruttamento geotermico non produce energia pulita, e neppure rinnovabile; non si può più raccontare la favola sentita per tanti anni, minimizzando i problemi e le criticità, anche in considerazione del fatto che la geotermia è stata esclusa dal dover rispettare le norme concernenti la riduzione dei gas ad effetto serra.

In realtà le centrali dell’Amiata producono una quantità di anidride carbonica per unità di energia prodotta ben superiore a quelle alimentate ad olio combustibile (852 t/Gwh rispetto a 700 t/Gwh), oltre a diverse tonnellate al giorno di metano ed altri inquinanti ben più pericolosi, quali mercurio, arsenico, acido solfidrico, ammoniaca, acido borico, alcuni dei quali “con caratteristiche tossicologiche ed ecotossicologiche rilevanti” secondo la definizione di ARPAT..

La geotermia, dopo l’agricoltura, che è ampiamente diffusa in Toscana, rappresenta a livello regionale la seconda fonte di produzione di ammoniaca, sostanza precursore, insieme all’acido solfidrico, alla formazione del PM10 secondario che incide pesantemente sulla qualità dell’aria. “Ai fini del rispetto dei valori limite della qualità dell’aria nel territorio regionale, in particolare per il PM10, (e in seguito alla direttiva 2008/50/CE anche per il PM25), la Regione deve ridurre le emissioni dei precursori del PM10 secondario”. Questo è quanto scritto nella DGRT n.344/2010 relativa all’approvazione dei criteri direttivi per il contenimento delle emissioni in atmosfera delle centrali geotermoelettriche.

Il limite di emissione annua di ammoniaca è stato fissato anche a livello nazionale, al fine di tutelare l’ambiente e la salute umana dagli effetti nocivi causati dall’acidificazione e dalla eutrofizzazione del suolo.

La centrale di Bagnore 3, sulla base dei valori rilevati da ARPAT negli anni 2002-2012, ha prodotto in media oltre 3 t. al giorno (Kg. 3.319) di ammoniaca, con punte che nel 2005 hanno addirittura raggiunto le 13 t. (Kg. 13.125). Se teniamo presente che le emissioni totali stimate nel 2007 e dichiarate dalla stessa Regione oscillano tra 4000 e 6500 tonnellate all’anno, possiamo ritenere che la centrale di Bagnore 3 (20 MW) rappresenti la maggiore fonte inquinante di ammoniaca a livello regionale. La DGRT 344/2010 prevede quale valore limite dell’ammoniaca 2 kg./h, ossia 48 kg. al giorno, indipendentemente dalla potenza della centrale, valore di gran lunga non rispettato né da Bagnore 3, né dalla prevista centrale Bagnore 4.

Questi sono i fatti che da anni i comitati ambientalisti dell’Amiata denunciano, sulla base di dati ARPAT, che comunque tiene sempre a precisare nelle sue note che “non valida i dati degli autocontrolli di ENEL GP, ma effettua proprie analisi”.

Le autorità preposte alla tutela dell’ambiente sono ben consapevoli di questo pesante inquinamento e della grave situazione sanitaria presente sull’Amiata, emersa anche dall’Indagine Epidemiologia a cura dell’Agenzia Regionale di Sanità.

Le emissioni di sostanze particolarmente pericolose, quali il mercurio e l’ammoniaca, sommandosi all’arsenico, all’acido solfidrico, alle emissioni naturali e a quelle di precedenti attività minero-metallurgiche, già conosciute, producono criticità e pericoli maggiori rispetto all’area geotermica tradizionale.

In Amiata si registra negli uomini un eccesso di mortalità statisticamente significativo del +13%, sia rispetto ai comuni limitrofi, scelti per gli stessi caratteri socio economici, sia rispetto al resto della regione.

Sono state individuate ben 54 relazioni, statisticamente significative, tra incrementi di malattie mortali e concentrazioni crescenti di diversi inquinanti, presenti in Amiata e prodotti anche dalle centrali geotermiche.

Nonostante ciò, il quadro epidemiologico è stato giudicato “rassicurante” dalla Giunta della Regione Toscana e gli eccessi di mortalità sono stati attribuiti agli stili di vita degli amiatini: tuttavia un recente studio di un ricercatore della stessa ARS ha smentito questa tesi.

Essendo riconosciuta, nei comuni geotermici, come vera la relazione tra l’aumento notevole di mortalità e le concentrazioni crescenti di Arsenico, Mercurio, acido solfidrico, ecc., ed essendo ritenuta ancora come vera l’esistenza di emissioni significative di Arsenico, Mercurio, acido solfidrico, ecc. dalle centrali geotermiche dell’Amiata, per la legge transitiva della Logica, è vera anche la conclusione: che l’incremento delle malattie e mortalità sull’Amiata è dovuta anche alle emissioni delle centrali geotermiche. Da Aristotele in poi, nel mondo, questa è una legge, non riconosciuta soltanto dalla Giunta regionale Toscana.

A fronte di questi evidenti e gravi problemi, non sono state date risposte chiare e certe, quelle risposte tra l’altro previste dall’Accordo Volontario attuativo del Protocollo d’Intesa sottoscritto nel 2009 tra ENEL e Regione Toscana, dove è scritto: …”La previsione di sviluppo dell’attività geotermica in queste aree, pertanto, resta subordinata alla verifica, sul piano scientifico, delle condizioni di assoluta salubrità della coltivazione geotermica”.

Pur in assenza di tali condizioni dichiarate, hanno già avuto inizio gli interventi previsti dal piano di riassetto dell’area di Piancastagnaio, che comportano un aumento dell’energia prodotta dalle attuali 47 MW. a 60 MW., ed è stata anche rilasciata l’autorizzazione unica per la costruzione di Bagnore 4 (40MW), la centrale più grande dell’Amiata, prevista nell’area geotermica più inquinante, al centro di un’area a massima pericolosità di frana ed in una zona ad alto grado di sismicità. Il tutto supportato da decine di prescrizioni che prevedono interventi di monitoraggio a tutto campo, ma a cose fatte, senza applicare il principio di precauzione, senza aver fatto un attento esame sul piano scientifico sulle tecnologie impiegate da ENEL e non più utilizzate in gran parte del mondo, dove da tempo vengono praticate tecnologie a ciclo chiuso che prevedono la completa re-iniezione nella stessa falda geotermica dei fluidi estratti, dando così credito al fatto che quelle proposte da ENEL siano le migliori tecniche al momento disponibili.

E’ quindi evidente la responsabilità della Regione Toscana e l’accondiscendenza delle amministrazioni locali, allettate dalle “compensazioni ambientali” corrisposte da ENEL, nel voler sviluppare e tutti i costi una attività di sfruttamento che porterà all’esaurimento delle risorse di questo territorio, compromettendo qualsiasi prospettiva di sviluppo di altri settori economici, in particolare il turismo, l’agricoltura, le produzioni di qualità, come pure il patrimonio edilizio e le attività del settore.

Dopo anni di inutili appelli al dialogo e alla ragionevolezza, oggi i Comitati e S.O.S. Geotermia, sostenuti anche da Associazioni Ambientaliste a livello nazionale (WWF Italia, Italia Nostra e Forum Ambientalista), stanno portando avanti azioni legali nei confronti dei provvedimenti emanati dalla Regione Toscana, azioni che continueranno anche in seguito, e che già stanno trovando sempre più sostegno tra la popolazione.

Gli sviluppi di questa vicenda hanno dimostrato l’assenza della volontà di ricercare soluzioni condivise e l’impossibilità di un vero confronto democratico tra cittadini e istituzioni, dal momento che sono stati anteposti gli interessi economici ai diritti della collettività.

Siamo convinti che l’unico modo per salvare il monte Amiata sia il blocco della costruzione di nuove centrali e la “moratoria” su quelle esistenti per aprire una discussione a tutto campo sul futuro di questo territorio e sulle attività compatibili con esso, senza deroga alcuna sul principio della salvaguardia della salute e dell’ambiente.

In questo ambito un ruolo importante lo può avere la valorizzazione della risorsa geotermica “a bassa entalpia”, lo sfruttamento e l’uso del calore e dell’acqua calda, per un piano di sviluppo della risorsa energetica presente nell’Amiata per gli usi civili e produttivi: teleriscaldamento per uso civile e artigianale, serre, acquacoltura, riscaldamento impianti sportivi e turistici, etc. Una energia a uso e a favore del nostro territorio, controllata e gestita dalle nostre comunità, non finalizzata quindi allo sfruttamento dell’alta (e media) entalpia per le centrali geotermiche, gestite da Enel.

Non è questa geotermia il futuro di questa terra, ricca di risorse naturali, già oggi pesantemente messe in crisi, di biodiversità, di beni ambientali e paesaggistici da tutelare e valorizzare, perché sempre più preziosi in una società in cui cementificazione, inquinamento e desertificazione sono diventati luoghi comuni. Tra l’altro la presenza nei fluidi geotermici di una grande quantità di sostanze inquinanti la rendono insostenibile anche sotto l’aspetto sanitario.

Il tema della salvaguardia ambientale e della salute delle popolazioni amiatine è per noi, insieme al lavoro utile e dignitoso per tutti, “tema centrale” di ogni iniziativa di mobilitazione e di lotta che deve tendere alla partecipazione diretta e al coinvolgimento dei cittadini, contro le scelte delle multinazionali in campo energetico, come peraltro ribadito nel manifesto “Non è questo il futuro che vogliamo” alla base della nostra manifestazione del 15 dicembre ultimo scorso a Piancastagnaio.

Auspichiamo pertanto che la Rete faccia proprie queste nostre considerazioni per le quali i comitati ambientalisti e il Coordinamento SOS Geotermia si stanno battendo, e se vuole veramente essere la portavoce di queste istanze prima di tutto le deve condividere e sostenere in tutte le sedi.

Se questo non sarà possibile deve risultare evidente che esistono posizioni diverse e che quelle della Rete non rappresentano i Comitati dell’Amiata. Noi abbiamo già assunto impegni con le popolazioni e con il territorio e abbiamo già detto “NO alla logica del profitto a tutti i costi”.

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…a Manciano nuove miniere? Basta saccheggio del territorio!

Riprendiamo e pubblichiamo un comunicato di Beni Comuni Manciano a firma di Andrea Marciani

I punti rossi indicano le trivellazioni previste dai sondaggi, mentre in giallo i 10 corsi d’acqua (numerati) interessati dall’area sondaggi

Nel Cinema di Manciano è stata presentato oggi pomeriggio (4/9, ndr) un progetto per una ricerca di oro, argento, rame, zinco, piombo ed antimonio nella zona di Petriccio e Faggio scritto. Il permesso riguarda un area complessiva di circa 900 ettari dove la ditta canadese Adroit intende realizzare 388 perforazioni a profondità tra i 70 ed i 120 metri (31 Km di scavi complessivi).
I tecnici incaricati di illustrare il progetto hanno subito chiarito che in verità l’unico minerale che si vorrebbe estrarre (e di cui è stata già accertata una presenza significativa) è l’antimonio, un semimetallo tossico all’inalazione, con effetti cancerogeni sull’organismo paragonabili a quelli dell’arsenico.
Le trivellazioni esplorative insisteranno tutte su una delle rare zone di ricarica delle falde dell’acquifero carbonatico dell’area di Capalbio, e data l’alta densità delle perforazioni ed il sistema di chiusura cementizia ad alta fluidità prevista per i fori di sondaggio sarebbe logico paventare una estesa occlusione della superficie di ricarica (di circa 40 ettari) con conseguente severa riduzione dei livelli di falda, ma mentre su questo argomento si è scorsi con rapidità e noncuranza, grande risalto è stato dato alle attenzioni che si intendono riservare alla nidificazione dell’occhione, grazioso pennuto autoctono, per la quale si è prevista una sospensione precauzionale delle trivellazioni da maggio ad agosto. Nessuna considerazione è stata tributata, in compenso, agli autoctoni proprietari dei terreni su cui si potrebbe abbattere la calamità mineraria, che nessuno, prima di noi dei Beni Comuni di Manciano, si era preoccupato di avvisare del pericolo incombente.
Guardando oltre la pur devastante fase della ricerca, unico oggetto della odierna VIA, abbiamo chiesto lumi sull’attività estrattiva che dovrebbe seguire i sondaggi, scoprendo che in realtà la società canadese sa già, da ricerche effettuate in precedenza, di aver individuato sui terreni della sfortunata Azienda agricola Sercera, un giacimento di circa 20.000 tonn. di antimonio, che intende estrarre con una miniera a cielo aperto di una superficie tra i 50 ed i 100 ettari, con buona pace degli abitanti circostanti e degli effetti cancerogeni dell’antimonio che verrebbe disperso nell’atmosfera.  L’esperienza dei precedenti insediamenti minerari dovrebbe averci messo in guardia: Per restare nel comune di Manciano, la miniera del Tafone, il cui insanabile degrado ha dato giustificazione prima ad una discarica di rifiuti urbani e poi ad una de-perimetrazione di 220 ettari destinati dalla Regione al fotovoltaico industriale.
Come un cancro, il degrado ambientale, mette radici e si propaga, giustificandone altro.
Infiniti gli esempi nel grossetano, dalle miniere di mercurio dell’Amiata a quella di Campiano, dalla Tioxide di Scarlino alla Polytecne di Fenice Capanne; in tutti questi casi, ad una breve stagione produttiva (in media 10/15 anni), ha fatto seguito un degrado ambientale irreversibile, qualche sciatta ed inefficace opera di bonifica, lavoratori ed abitanti deceduti prematuramente o con la salute gravemente compromessa e maldestri tentativi di ottenere indennizzi, vanificati dall’improvvisa scomparsa delle fideiussioni bancarie che avrebbero dovuto garantirli.
Purtroppo più che di nuove miniere avremmo bisogno, in questo paese, di una nuova classe politica, che invece di farsi allettare dagli irrisori proventi dei diritti di ricerca mineraria (5,20 euro per ettaro all’anno!!!) cominci a guardare un po’ più lontano, al futuro nostro e delle generazioni che seguiranno, ispirandosi a principi di precauzione e di cura delle risorse che già possediamo.
Non c’è oro o metallo che possa rivaleggiare in preziosità con l’acqua cristallina delle nostre falde. Non c’è ormai al mondo un bene più esclusivo e raro dei nostri paesaggi campestri incontaminati. Non c’è attività antropica più nobile, utile e sostenibile dell’agricoltura.
Con amarezza registriamo infine l’assenza all’incontro di oggi, su di un progetto suscettibile di sconvolgere in maniera irreversibile il territorio mancianese, di un qualsivoglia amministratore comunale, non era presente il sindaco, non l’assessore all’ambiente ma neanche l’ultimo impiegato dell’ufficio tecnico, proprio nessuno.

 

Le Terme di Saturnia a rischio? Piccoli allarmisti crescono…

Ci hanno tacciato di ‘allarmisti’, ‘ecoterroristi’, minacciando denunce e querele perchè in questi mesi SOS Geotermia ha riportato all’attenzione i problemi legati allo sfruttamento geotermico, primo fra tutti la possibile e probabile correlazione tra l’attività geotermica e la riduzione della falda acquifera e l’aumento della concentrazione dell’arsenico.
Sembra proprio che il ‘virus’ dell’informazione stia dilagando e non sia più possibile continuare a nascondere la realtà dei dati nei cassetti di qualche ente o società o, al massimo, continuare ad affermare che è tutto ‘naturale’.

Stavolta, giustamente preoccupati anche per le ricadute economiche, sono i cittadini di Manciano, nel cui territorio ricadono le famose Terme di Saturnia, riuniti nel comitato “i Beni Comuni Manciano”.
Riportiamo l’articolo apparso su Il Tirreno del 2 luglio scorso, invitando il Comitato a contattarci:

«Geotermia, Saturnia a rischio»
Da Manciano allarme acqua termale: «Lo sfruttamento eccessivo può seccare le nostre falde»
MANCIANO. Non c’è solo una parte della popolazione amiatina preoccupata per la propria salute, a far sentire la sua voce sulla geotermia. Dalle pendici della montagna, divenuta da tempo una sorta di eldorado per chi vuole ricavare energia alternativa dal sottosuolo, si alza ora un nuovo grido d’allarme, che riguarda un altro tema, non meno inquietante. L’sos arriva da Manciano. Lo lancia Andrea Marciani a nome de “i Beni Comuni Manciano”, sollevando una questione della quale fin qui poco si è parlato: uno sfruttamento eccessivo sull’Amiata, dice “Beni Comuni”, potrebbe seccare anche le falde che alimentano Saturnia. «Il rischio è concreto», dice Marciani, che sull’argomento ha inviato una lettera dai toni pacati, ma preoccupati, all’assessore regionale Cristina Scaletti, assessore al turismo e dunque competente sulle questioni termali. Una lettera che si può sintetizzare così: lo sfruttamento geotermico dell’Amiata, per il quale la Regione ha ricevuto decine di richieste di ricerca, rischia di intaccare le falde che alimentano le terme di Saturnia; per l’economia del territorio sarebbe un colpo devastante; per questo – osserva Beni Comuni – lascia perplessi il fatto (emerso in un recente incontro con la stessa Scaletti) che l’assessore al turismo non sia coinvolto nelle decisioni che portano ad autorizzare le concessioni per ricerca ed eventuale sfruttamento geotermico. Per ribadire alla Scaletti l’entità del problema, Beni Comuni le invia una folta mole di documenti «sul possibile conflitto tra ricerche geotermiche e acque termali. La maggior parte dei materiali – spiega Marciani – riguarda direttamente la centrale di Bagnore 4 che l’Enel conta di realizzare sul monte Amiata, in provincia di Grosseto. Si tratta di documenti inerenti allo studio Macgeo, commissionato dalla Regione stessa, per monitorare l’impatto della geotermia nell’ambiente e sulle risorse idriche ed è uno studio molto lacunoso, per ammissione di molti membri della commissione stessa, e apertamente contestato dal prof. Borgia (docente alla University of California at Berkeley e membro lui stesso della commissione)». Ad allarmare Beni Comuni è in particolare un fatto: «Solo negli ultimi 8 mesi, sulle pagine che il sito web della Regione dedica alla procedura di assoggettabilità, sono comparse 51 richieste di sondaggi e perforazioni inerenti alla geotermia», 27 delle quali in territorio grossetano. «La crisi energetica, unita ai ricchi incentivi statali previsti dal 5º conto energia per l’energia geotermica, sta imprimendo una forte accelerazione alla ricerca di campi geotermici e la Regione Toscana al momento sembra decisa a lasciare mano libera alle imprese. La Regione però non dovrebbe dimenticare i suoi 65 stabilimenti termali». Per questo, scrive Marciani alla Scaletti, «il mancato coinvolgimento del suo assessorato in tutte le procedure di Via correlate allo sfruttamento geotermico, solleva forte perplessità e timore». Dunque, al di là delle «pur pesanti implicazioni di carattere ambientale e sanitario di questa attività industriale», per Beni Comuni è necessario che l’assessorato regionale al turismo abbia «voce in capitolo su un attività che, ai crescenti ritmi di sfruttamento che si prospettano, anche nel settore della bassa e media entalpia, finirà inevitabilmente per interferire e compromettere l’attività turistico/sanitaria che Lei è chiamata a tutelare».