Riprendiamo e pubblichiamo un comunicato di Beni Comuni Manciano a firma di Andrea Marciani
Nel Cinema di Manciano è stata presentato oggi pomeriggio (4/9, ndr) un progetto per una ricerca di oro, argento, rame, zinco, piombo ed antimonio nella zona di Petriccio e Faggio scritto. Il permesso riguarda un area complessiva di circa 900 ettari dove la ditta canadese Adroit intende realizzare 388 perforazioni a profondità tra i 70 ed i 120 metri (31 Km di scavi complessivi).
I tecnici incaricati di illustrare il progetto hanno subito chiarito che in verità l’unico minerale che si vorrebbe estrarre (e di cui è stata già accertata una presenza significativa) è l’antimonio, un semimetallo tossico all’inalazione, con effetti cancerogeni sull’organismo paragonabili a quelli dell’arsenico.
Le trivellazioni esplorative insisteranno tutte su una delle rare zone di ricarica delle falde dell’acquifero carbonatico dell’area di Capalbio, e data l’alta densità delle perforazioni ed il sistema di chiusura cementizia ad alta fluidità prevista per i fori di sondaggio sarebbe logico paventare una estesa occlusione della superficie di ricarica (di circa 40 ettari) con conseguente severa riduzione dei livelli di falda, ma mentre su questo argomento si è scorsi con rapidità e noncuranza, grande risalto è stato dato alle attenzioni che si intendono riservare alla nidificazione dell’occhione, grazioso pennuto autoctono, per la quale si è prevista una sospensione precauzionale delle trivellazioni da maggio ad agosto. Nessuna considerazione è stata tributata, in compenso, agli autoctoni proprietari dei terreni su cui si potrebbe abbattere la calamità mineraria, che nessuno, prima di noi dei Beni Comuni di Manciano, si era preoccupato di avvisare del pericolo incombente.
Guardando oltre la pur devastante fase della ricerca, unico oggetto della odierna VIA, abbiamo chiesto lumi sull’attività estrattiva che dovrebbe seguire i sondaggi, scoprendo che in realtà la società canadese sa già, da ricerche effettuate in precedenza, di aver individuato sui terreni della sfortunata Azienda agricola Sercera, un giacimento di circa 20.000 tonn. di antimonio, che intende estrarre con una miniera a cielo aperto di una superficie tra i 50 ed i 100 ettari, con buona pace degli abitanti circostanti e degli effetti cancerogeni dell’antimonio che verrebbe disperso nell’atmosfera. L’esperienza dei precedenti insediamenti minerari dovrebbe averci messo in guardia: Per restare nel comune di Manciano, la miniera del Tafone, il cui insanabile degrado ha dato giustificazione prima ad una discarica di rifiuti urbani e poi ad una de-perimetrazione di 220 ettari destinati dalla Regione al fotovoltaico industriale.
Come un cancro, il degrado ambientale, mette radici e si propaga, giustificandone altro.
Infiniti gli esempi nel grossetano, dalle miniere di mercurio dell’Amiata a quella di Campiano, dalla Tioxide di Scarlino alla Polytecne di Fenice Capanne; in tutti questi casi, ad una breve stagione produttiva (in media 10/15 anni), ha fatto seguito un degrado ambientale irreversibile, qualche sciatta ed inefficace opera di bonifica, lavoratori ed abitanti deceduti prematuramente o con la salute gravemente compromessa e maldestri tentativi di ottenere indennizzi, vanificati dall’improvvisa scomparsa delle fideiussioni bancarie che avrebbero dovuto garantirli.
Purtroppo più che di nuove miniere avremmo bisogno, in questo paese, di una nuova classe politica, che invece di farsi allettare dagli irrisori proventi dei diritti di ricerca mineraria (5,20 euro per ettaro all’anno!!!) cominci a guardare un po’ più lontano, al futuro nostro e delle generazioni che seguiranno, ispirandosi a principi di precauzione e di cura delle risorse che già possediamo.
Non c’è oro o metallo che possa rivaleggiare in preziosità con l’acqua cristallina delle nostre falde. Non c’è ormai al mondo un bene più esclusivo e raro dei nostri paesaggi campestri incontaminati. Non c’è attività antropica più nobile, utile e sostenibile dell’agricoltura.
Con amarezza registriamo infine l’assenza all’incontro di oggi, su di un progetto suscettibile di sconvolgere in maniera irreversibile il territorio mancianese, di un qualsivoglia amministratore comunale, non era presente il sindaco, non l’assessore all’ambiente ma neanche l’ultimo impiegato dell’ufficio tecnico, proprio nessuno.