Riportiamo l’articolo di Carlo Carlucci pubblicato su Il Cambiamento 20 febbraio 2012
“Accettiamo la sfida, l’Amiata, la montagna sacra, ora così terribilmente violata, merita qualsiasi nostro sforzo”. Lo sfruttamento geotermico dell’Amiata, montagna dei corsi d’acqua sacra per gli etruschi, è stato così poco accorto all’ambiente da aver determinato l’inquinamento per arsenico delle risorse idriche. Carlo Carlucci, attivista amiatino, continua a raccontarci come.
Il Mons ad meata, la montagna dei corsi d’acqua, il monte sacro per gli etruschi, sacro per i suoi boschi e soprattutto per l’acqua, l’Amiata, insomma, non c’è più. Cioè i suoi poderosi contrafforti sono sempre maestosamente visibili, ma l’acqua oltre ad essere dimezzata è tutta arsenicata. Dopo averla fatta bere con arsenico alle stelle è intervenuta la Comunità europea che ha detto “guai se si supera la soglia 10 dell’OMS”.
E adesso? Filtri a sabbia sono stati applicati sulle fonti piccine, quelle che servono i paesi tutt’intorno, ma come si ovvierà sulle sorgenti de Fiora (dimezzate come tutte), ma che tuttavia ancora possono erogare una quantità di prezioso liquido per 4-500 mila utenti? Già, perché l’arsenico anche a S.Fiora è vicinissimo ai dieci, l’Arpat regionale l’anno scorso lo ha monitorato a 10 e 70.
Le riserve di questa montagna altro non sono che le sue rocce porose che assorbono e trattengono l’acqua piovana. Una volta le fonti buttavano fin dalla sommità ora bisogna scendere di ottocento metri per trovare l’acqua. Ma si continua imperterriti con Enel e con le sue centrali che sono pronte al raddoppio, pur essendo in buonissima parte responsabili del vicino collasso idrico dell’Amiata.
Una geotermia che è stata così poco attenta all’ambiente da aver portato oggi all’inquinamento per arsenico della preziosa risorsa idrica. Certo Enel sostiene che la diminuzione delle riserve d’acqua è dovuta alla diminuita piovosità, che l’arsenico viene dalle miniere di mercurio (abbandonate circa 50 anni fa) e che le percentuali di veleno sono dovute alla diminuzione di volume delle riserve idriche. Sono le stesse giustificazioni (cause naturali e quindi non imputabili a chichessia) che Enel portò avanti fino in Cassazione quando fu chiamata in causa per il disastro del Vajont. E i parenti delle oltre 2.000 vittime furono risarciti grazie alla tenacia e alla volontà di un grande avvocato e di un ancora più grande italiano, l’avv. Ascari.
Per la Regione Toscana, titolare dei diritti di concessione delle Centrali geotermiche, l’ultima trovata dell’assessore Bramerini è un confronto all’americana tra i tecnici dell’Enel e i rappresentanti dei comitati. Un confronto un po’ impari tenuto conto che qui il deus ex machina dell’Enel è un uomo temutissimo da tutti i geologici toscani, l’ing. Montemaggi, che è dotato oltretutto di una retorica (valzer di date e cifre) consumatissima. Quando parla lui, e lo ricordo al convegno dei geologi toscani proprio dedicato all’emergenza geotermia sull’Amiata, nessuno (tra i geologi) osò obiettare alcunché, pena l’ostracismo.
Esageriamo? Chiedetelo al prof. Borgia, il grande geologo, ma soprattutto grande uomo e grandissimo italiano, come l’avv. Ascari appunto, che si vide, per le sue posizioni coraggiose verso la Regione Toscana e verso Enel, costretto a chiudere il suo studio (Edra) a Roma e trovare lavoro negli Stati Uniti, dove tra l’altro (insegna a Standford) è diventato consulente (per la geotermia) del governo federale.
Nemo profeta in patria? Qualcosa di più perché Borgia aveva i suoi riconoscimenti in Italia, ma Enel onnipotente voleva, nel chiedere la sua testa, dare un segnale irrevocabile: guai al geologo che si mette contro. Per questo Einstein aveva ridicolizzato la pretesa obiettività della scienza oramai soggiogata ai poteri forti. Einstein questo lo scriveva negli anni cinquanta, in Italia forse questa soggezione della scienza rimonta… a Galileo.
La Regione dunque vuol buttarci allo sbaraglio contro il – o i – deus ex machina dell’Enel? Accettiamo la sfida, l’Amiata, la montagna sacra, ora così terribilmente violata, merita qualsiasi nostro sforzo. La battaglia in difesa dell’acqua contro questa geotermia (perché è bene ricordare che vi sono altre forme di sfruttamento geotermico) è del resto la punta emergente di tutta una vasta manovra per seppellire nel cemento e nell’asfalto quello che resta della maremma.
Mattioli, maremmano doc, orrido ex ministro di B, è in prima linea e in combutta con gli amministratori Pd per l’autostrada tirrenica che taglierà in due 300 ettari di aziende bio e finirà di distruggere la costa con porti e porticcioli turistici. La domanda è retorica e persino stupida tanto è ovvia la risposta: ne abbiamo proprio bisogno? Questo angolo relativamente risparmiato del già Bel Paese, ha veramente bisogno di finire di essere spalmato di asfalto e cemento oppure dobbiamo risolutamente opporci e proteggerlo, strenuamente proteggerlo da ‘loro’ i fautori, i cementificatori, i costruttori di autostrade sulle quali fra poco correranno rari bolidi inutili.
E l’Amiata e le sue fonti plurimillenarie? Ce la faremo a raccogliere forze sufficienti per fermare il dilagare dell’arsenico e l’ultimo scempio? L’avv. Nannetti di Arcidosso – a capo di una lista civica, da lui costituita anche per superare l’impasse di un Comitato che si stava disgregando – propone di riesaminare a fondo la questione tenendo conto che l’assessore regionale all’Ambiente, arcidossina doc, quando era assessore provinciale all’ambiente (Grosseto) dichiarò a più riprese che questa geotermia amiatina era contraria alle vocazioni turistiche della Montagna. Mai parole più profetiche.
Ma non sarà che ritirino fuori il progetto di fare un enorme invaso (Orcia-Merse alta), quello di cui si parlava qualche anno fa? Si avrebbe acqua perlomeno senza arsenico e così ci si metterebbe una croce sulle sorgenti del Fiora. La manciata dei posti di lavoro (per i figli dei Pd che contano, naturalmente) sarebbe poi la ciliegina sulla torta. Così si bypassano le sacre fonti millenarie una volta per tutte. Per i paesini dell’Amiata magari si continua coi filtri a sabbia come si sta facendo ora.
L’arsenico appunto è colpa delle miniere chiuse 50 anni fa. La politica della Regione segue questo andazzo. Altrimenti la Bramerini non sarebbe andata a consolare i poveri operai dell’inceneritore di Scarlino in cassa integrazione perché il Tar ha finalmente accolto quanto richiesto dagli ‘ambientalisti’. Il fatto che il lavoro ci sarebbe per tutti con la raccolta differenziata è un argomento nemmeno preso in considerazione, vecchio discorso. Idem per i veleni in più dell’inceneritore.