Sabato 20 Giugno 2020 in piazza in tutta Italia: coi Sindaci Stop 5G per fermare Colao e il 5G

Sabato 20 Giugno 2020 l’Alleanza Italiana Stop 5G promuove una giornata nazionale di mobilitazione unitaria per denunciare la pericolosa deriva elettromagnetica contenuta nel dossier “Iniziative per il rilancio – Italia 2020-2022”, redatto per il Governo Conte dal Comitato di esperti in materia economica e sociale guidato da Vittorio Colao, ex dirigente d’azienda e amministratore delegato della multinazionale delle telecomunicazioni Vodafone.

Il documento tecnico, che peraltro contiene un evidente e malizioso errore di calcolo relativamente ai limiti di esposizione, contiene infatti una serie di richieste che, se adottate, trasformerebbe gli italiani in vere e proprie cavie umane per una sperimentazione non solo tecnologica ma sanitaria che non ha precedenti nella storia dell’umanità; la popolazione verrebbe irradiata senza soluzione di continuità fino a 61 V/m di campo elettrico emesse potenzialmente da milioni di nuove antenne per una sommatoria multipla e cumulativa di radiofrequenze da onde non ionizzanti, tra gli agenti cancerogeni per l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro che ne rivaluterà la classificazione oncogena entro il 2024.  

Il dossier prevede poi di escludere qualsiasi forma di opposizione locale al 5G, scontrandosi con il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, con la consolidata giurisprudenza amministrativa in materia sanitaria (che vede nel Sindaco – ufficiale di Governo – la massima autorità garante della tutela della salute pubblica), con le prerogative urbanistiche riconosciute a Regioni e Comuni di localizzare gli impianti di radiodiffusione e telefonia mobile regolamentandone l’installazione nel proprio territorio come previsto dalla “Legge Quadro sull’Inquinamento Elettromagnetico” n. 36/2001.

Stringendosi ai 346 Sindaci che hanno emanato ordinanze urgenti e contingibili fermando il  pericolo wireless di quinta generazione e ai 520 Comuni d’Italia che hanno approvato atti amministrativi precauzionali, l’Alleanza Italiana Stop 5G rinnova così l’invito a tutti i Sindaci d’Italia a continuare ad emanare provvedimenti contingibili ed urgenti atipici per tutelare la salute dei cittadini, invitando tutti i Consigli Comunali e Regionali ad adottare urgenti provvedimenti in difesa della salute pubblica, anche promuovendo il co-finanziamento pubblico di uno studio scientifico indipendente, slegato dall’industria, in grado di chiarire gli effetti ambientali e sociosanitari non termici, biologici e a medio-lungo termine delle inesplorate radiofrequenze.

Nella giornata nazionale di mobilitazione unitaria indetta per Sabato 20 Giugno 2020, L’Alleanza Italiana Stop 5G invita quindi tutti i cittadini consapevoli, le associazioni e i comitati territoriali per la moratoria a manifestare uniti ognuno nelle proprie città, nel proprio comune, al fianco del loro Sindaco, ricordando che – secondo il Decreto legge 16 maggio 2020 n. 33 – “è vietato l’assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico” ed “è consentito lo svolgimento delle manifestazioni pubbliche, soltanto in forma statica, a condizione che, nel corso di esse, siano osservate le distanze sociali prescritte e le altre misure di contenimento”.

Geotermia e terremoto. L’allarme dei 29 Sindaci della Tuscia

Siamo sindaci che rappresentano un territorio di circa mille chilometri quadri e 200.000 abitanti comprendente il Lago di Bolsena e zone limitrofi. Siamo sindaci che partecipano uniti alla difesa di una terra che attualmente è interessata da 18 titoli minerari per lo sfruttamento della risorsa geotermica.

La settimana scorsa abbiamo inoltrato due documenti al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dello Sviluppo Economico, al Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, al Ministro dell’Interno, al Dipartimento Protezione Civile Nazionale, alla Commissione Grandi Rischi, ai deputati e senatori del luogo, al Presidente della Regione Lazio ed a quello della Regione Umbria. (scarica il pdf)

Documenti in cui avvertiamo le istituzioni che rappresentano del rischio di innesco sismico con magnitudo potenzialmente distruttiva che incombe sul distretto vulcanico Vulsino e più in generale sull’intera area del Graben di Siena – Radicofani da attività di esplorazione e trivellazione, e da attività di estrazione e reiniezione di fluidi geotermici.

Sollecitiamo le autorità sopracitate, quali soggetti operanti nel sistema di Protezione civile Nazionale, a porre in atto ogni possibile intervento di prevenzione dei rischi e pericoli, al fine della tutela, della sicurezza e dell’incolumità delle comunità e dei loro territori.

Abbiamo preso conoscenza di evidenze scientifiche, maturate negli ultimi anni a livello nazionale e internazionale, che dimostrano il reale rischio di innesco sismico che incombe su un territorio di grande complessità e vulnerabilità geofisica come il nostro se sollecitato da attività di geotermia industriale.

Abbiamo seguito l’esempio della Regione Campania, dove due progetti di centrali geotermiche binarie pilota (Campi Flegrei ed Ischia del 2016) sono stati respinti e ritirati per i rischi di innesco ed induzione di terremoti. I rischi denunciati in particolare, a titolo personale, dal vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo, primo ricercatore dello Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), geologo esperto di disastri di fama mondiale e autore di numerose pubblicazioni scientifiche su dinamica e termo-fluido dinamica di caldere vulcaniche.

Analoghe denunce e osservazioni sono state ufficialmente presentate (in regione Toscana in occasione del VIA del progetto di centrale geotermica con tecnologia binaria “Val di Paglia” in comune di Abbadia San Salvatore, in provincia di Siena) dal Dott. Mastrolorenzo nello scorso gennaio in relazione al progetto analogo a quelli campani e con riferimento all’area che comprende sia il complesso vulcanico Amiata che il Vulsino, una unica depressione tettonica denominata Graben di Radicofani.

In tale documento il Dott. Mastrolorenzo ha evidenziato come il terremoto massimo atteso dell’area può avvicinarsi al 6° grado Richter che, data la modesta profondità ipocentrale e visto il patrimonio edilizio, potrebbe produrre gravi danni con effetti anche superiori al 9° grado Mercalli.

Tale conclusione, in sistemi di faglie analoghi al nostro distretto vulcanico, è confermata anche dalle risultanze del lavoro della Commissione Ichese, costituita a seguito della crisi sismica che ha interessato l’Emilia nel 2012, con magnitudo massima 6,1 e danni estesi. Per tale sequenza la commissione governativa conclude di non potere escludere la relazione causa-effetto fra attività di reiniezione e terremoto

Non mancano neanche a livello internazionale evidenze che sostengono questa sintesi. Citiamo, a titolo di esempio, il terremoto di Pohang del 2017 e le estese analisi scientifiche sulla sua origine, lo sciame sismico di Strasburgo nel 2019 vicino a un sito di geotermia profonda, le ricerche presentate al workshop internazionale di Schatzalp sulla sismicità indotta del 2019, la bocciatura un mese fa di un impianto binario pilota in Svizzera “perché il progetto non è realizzabile senza correre un grande rischio sismico”.

Non ci lasciano tranquilli, ma anzi ci hanno fatto ancor più preoccupare, le parole del presidente Carlo Doglioni, che al riguardo nella giornata del 18.05.2020 spiegava:
“L’alta Tuscia è un’area sismica, ma di media pericolosità. L’apprensione, quindi, deve comunque esserci. Si tenga però presente che in genere il 95% circa di questi sciami si esaurisce in un nonnulla, c’è poi un 5% che evolve in un grande terremoto. Al contempo non posso dire che non ci sia alcun pericolo. Una scossa di magnitudo (Richter) 5,5 o 6 , con una edilizia non antisismica, in base alla sua amplificazione e ad altri fattori, potrebbe comunque fare grossi danni … verificate se le vostre abitazioni siano in grado di resistere ad eventi di magnitudo importante, perché potrebbero esserci”.

Conosciamo la storia dei terremoti che nel nostro territorio hanno distrutto interi paesi e causato la morte di molte persone. Ci ricordiamo ancora dei sismi del 1957 di Castel Giorgio e del 1971 di Tuscania. Ancora a Castel Giorgio, solo 5 anni fa, un sisma ha seminato la paura nella popolazione e proprio lì, da diversi giorni ormai, la terra trema ancora con uno sciame sismico che ha raggiunto i 2,6 gradi Richter.

In tutti i modi faremo prevalere il principio di precauzione che la legge nazionale ci impone date le evidenze scientifiche a livello mondiale di cui disponiamo. La geotermia industriale su questi nostri mille chilometri quadrati non si può fare, salvo la Protezione Civile Nazionale, anche a seguito di queste nostre missive, se ne assuma in modo esplicito la responsabilità civile e penale.

Chiediamo, infine, che in questo percorso così fondamentale per il nostro territorio, in termini di sicurezza, salvaguardia delle acque, difesa del suolo e tutela dell’aria si parta dalla base, dalla trasparenza nelle decisioni e dalla condivisione del tipo di sviluppo che si vuole fare di questa area geografica.

I sindaci dei comuni di Acquapendente, Allerona, Arlena, Bagnoregio, Bolsena, Canino, Capodimonte, Castelgiorgio, Castel Viscardo, Celleno, Cellere, Civitella d’Agliano, Farnese, Gradoli, Graffignano, Grotte di Castro, Ischia di Castro, Latera, Marta, Monte Romano, Montefiascone, Onano, Piansano, Proceno, San Lorenzo Nuovo, Tessennano, Tuscania, Valentano, Viterbo

Contro il 5G. Consegnata petizione al Ministro della Salute

Alleanza Italiana Stop 5G consegna 340mila firme al Ministro della Salute e 415 Comuni sono per la moratoria: Udine, Vicenza, Grosseto, Fermo, Messina e Siracusa vietano il 5G.

 

Alleanza Italiana Stop 5G ha consegnato 340mila firme al Ministro della Salute Roberto Speranza per chiedere una moratoria nazionale in grado di fermare i pericoli sanitari del 5G. La consegna dei plichi contenenti le firme è avvenuta tramite il portavoce nazionale Maurizio Martucci grazie al sostegno dell’On. Sara Cunial. Si è così concretizzata la volontà dei cittadini italiani contrari all’avanzata dell’Internet delle cose che, attraverso la petizione, intendono far sentire la loro voce al dicastero sanitario chiedono garanzie e tutela per la salute, minacciata da un’overdose elettromagnetica senza precedenti nella storia dell’umanità.

In piena emergenza Covid-19, da nord a sud è poi inarrestabile l’opposizione al 5G: a soli 14 mesi dal consenso nella Risoluzione di Vicovaro, inoltrate a tutti gli 8.000 municipi documentazione comprovante del rischio, è infatti salito a 415 il numero dei Comuni che hanno ufficialmente approvato atti amministrativi per la precauzione, mentre 263 sono i Sindaci che hanno emanato ordinanze urgenti e contingibili per vietare l’installazione di antenne sul territorio. Tra grandi città e capoluoghi di provincia, il Sindaco di Udine ha annunciato di volersi uniformare alle scelte precauzionali emesse dai primi cittadini di Vicenza, Fermo, Grosseto, Messina e Siracusa, mentre aderendo al progetto Noi la Ricerca promosso dall’Alleanza Italiana Stop 5G i consigli comunali di Trento, Bologna e Torino hanno approvato il co-finanziamento pubblico per sostenere uno studio scientifico indipendente sugli effetti del 5G. Mozioni cautelative votate e approvate anche nei consigli comunali di Catania, Firenze e nel Municipio XII di Roma Capitale. Proprio come tra i Consigli RegionaliToscana e Marche hanno approvato mozioni contro i pericoli del wireless. E tra le Comunità Montane, in quella del Matese (Caserta) s’è poi tenuto il primo incontro Stop 5G in alta quota.

Le firme consegnate al Ministro della Salute fanno invece riferimento a due diverse istanze che l’Alleanza Italiana Stop 5G ha preso in incarico per sensibilizzare il Governo Conte all’adozione di azioni concrete ispirate al principio di precauzione. Si tratta di circa 60.000 firme prese nella petizione lanciata on-line lo scorso anno dalla scienziata Fiorella Belpoggi, mentre 280.000 firme provengono dall’Appello Internazionale Stop 5G dalla Terra e dallo Spazio sottoscritto in oltre 216 paesi al mondo, recepito dall’Alleanza Italiana Stop 5G come co-firmataria per il nostro paese.

Nel consenso popolare, si tratta dell’atto di partecipazione politica più incisivo e partecipato mai raggiunto sinora nella lotta contro il wireless di quinta generazione: 250 mila firme, tanto per fare un esempio, è infatti la soglia richiesta in Italia per avanzare iniziative di riforma legislativa popolare. E a breve, sempre da Alleanza Italiana Stop 5G di concerto con Alleanza Europea Stop 5G, partirà la raccolta europea da 1 milione di firme come iniziativa di legge dei cittadini del vecchio continente per girare al Parlamento europeo di Bruxelles la richiesta di una moratoria internazionale.

In sintesi dalle due petizioni, queste le richieste formulate al Ministero della Salute da Alleanza Italiana Stop 5G:

1) sospendere con una moratoria qualsiasi forma di sperimentazione tecnologica del 5G su tutto il territorio nazionale in attesa della produzione di sufficienti evidenze scientifiche per giudicarne l’innocuità, promuovendo uno studio sugli effetti biologici delle radiofrequenze 4G e 5G presso un ente indipendente e privo di conflitti d’interessi con l’industria, attesa la disponibilità dell’Istituto Ramazzini che ha già provata esperienza nel tipo di studio necessario;

2) mantenere gli attuali valori limite di legge nella soglia d’irradiazione elettromagnetica, puntando sulla minimizzazione del rischio proprio come indicato nei Report del Bioinitiative Group, dal Parlamento Europeo nella Risoluzione del 2009 e l’Assemblea del Consiglio d’Europa con la Risoluzione n° 1815 del 2011, volta ad un abbassamento dei limiti di legge a 0,6 V/m nell’immediato e a 0,2 V/m sul lungo termine, valutando tutte le opinioni critiche e i giudizi negativi giunti dalla comunità scientifica in merito agli effetti di un eventuale innalzamento dei limiti di legge, abrogando altresì l’articolo 14 del Decreto Sviluppo “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (DL n° 179 del 18/10/2012 pubblicato sulla G.U. n° del 19/10/2012), che impone una misurazione dei campi elettromagnetici su una media di 24 ore (valore arbitrario), anziché sui 6 minuti (valore basato su motivazioni biologiche);

3) minimizzare il rischio sanitario promuovendo anche uno studio epidemiologico sui campi elettromagnetici che sia sviluppato da enti indipendenti non riconducibili alle aziende di telecomunicazione interessate a sviluppare la tecnologia 5G anche a discapito della salute della popolazione.

Alleanza Italiana Stop 5G, Coordinamento Associazioni Orvietano, Tuscia e Lago di Bolsena, RIPA (Rete Interregionale Protezione Ambiente), Associazione Bolsena Lago d’Europa,
SOS Geotermia, Difensori della Toscana, Rete Nazionale NOGESI

5G, un’altra grave minaccia alla salute pubblica. In aggiunta a tutto il resto…

Una lettera aperta con oggetto “Notifica sui rischi per la salute correlati alle radiazioni del 5G – Richiesta di sospensione della fase sperimentale 5G sui territori comunali” è stata inviata ai Sindaci delle aree geotermiche toscane e ai Sindaci delle province di Viterbo e Terni. 
La tecnologia 5G prevede l’installazione di milioni di  nuove antenne; sono già “126 ordinanze urgenti e contingibili emesse dai sindaci tra i 265 Comuni d’Italia che, a seguito della Risoluzione di Vicovaro nel consenso del 2019 dell’Alleanza Italiana Stop 5G hanno approvato atti per la moratoria, la precauzione e la difesa della salute pubblica minacciata dalle radiofrequenze onde non ionizzanti già possibili agenti cancerogeni per l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, Michele Carducci Ordinario di Diritto Costituzionale Comparato presso l’Università del Salento ha quindi affermato che “si deve concludere che, in linea generale, sospendere precauzionalmente il 5G è la decisione più fedele alla Costituzione e precisamente agli artt. 1, 2, 3, 21, 32 e 33 Cost.“. (da comunicato stampa 22/4/20 di Alleanza Italiana Stop 5G)
Per seguire il dibattito sul 5G su facebook: Alleanza italiana Stop 5G e Stop sperimentazione 5G

 

Gentili sindaci,

Dopo la presente pandemia CORONA VIRUS e la geotermia elettrica un nuovo pericolo affligge i nostri territori: il 5G.

Dopo la fase sperimentale del 2017 esaurita in alcune città pilota, dal 2019 sono iniziate in Italia le installazioni dei sistemi mobili di quinta generazione, noti come strutture 5G, che prevede il posizionamento di nuova infrastruttura tecnologica di milioni di gruppi di nuove mini-antenne a microonde millimetriche su abitazioni, scuole, centri diurni, centri ricreativi, lampioni della luce, tombini dei marciapiedi e altro ancora. C’è poi anche il progetto di satelliti Wi-Fi lanciati in orbita nello spazio e di droni wireless per coprire il 98% del territorio nazionale di radiofrequenze e servire il 99% della popolazione col servizio del cosiddetto Internet delle cose, prevedendo un’impennata elettromagnetica ubiquitaria a cui la popolazione sarà esposta 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno.

Teniamo presente che le radiazioni del 5G vanno a sommarsi a quelle della telefonia mobile attuale (2G, 3G, 4G)  e sistemi Wi-Fi e Wi-Max ed è necessario valutare l’impatto sulla salute pubblica, sulla flora e sulla fauna, della sommatoria cumulativa e multipla di tali esposizioni prolungate nel tempo alla luce degli effetti biologici causati dall’esposizione sinergica a tutte queste frequenze, soprattutto in considerazione del fatto che la ricerca ha trovato effetti biologici potenzialmente responsabili di rischi di patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer, ormonali, per la fertilità, nonché rischi per la flora e per la fauna, anche al di sotto degli attuali limiti di legge.

La ragione per cui l’industria ha deciso di passare alle frequenze estremamente alte del 5G è che con frequenze così estremamente elevate è possibile trasportare molte più informazioni per mezzo di molte più pulsazioni, rispetto a quanto sia possibile trasportare con frequenze più basse anche mantenendosi nella gamma delle microonde. Possiamo essere certi, quindi, che il 5G implicherà un numero di pulsazioni molto maggiore rispetto ai campi elettromagnetici a cui siamo attualmente esposti.

Eppure dal 2011 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato le onde non ionizzanti a radiofrequenza come “possibili cancerogeni” inserendoli nel gruppo 2B. Inoltre, entro 2-3 anni, attraverso le “Raccomandazioni del gruppo consultivo sulle priorità per la Monografia IARC” per il periodo 2020-2024, è prevista la rivalutazione della classificazione per portarla eventualmente a Classe 2A (probabili cancerogeni) se non addirittura in Classe 1 (cancerogeni certi), facendo seguito ai nuovi dati epidemiologici e soprattutto sperimentali contenuti nel rapporto finale del National Toxicology Program, dal quale è emersa una «chiara evidenza che i ratti maschi esposti ad alti livelli di radiazioni da radiofrequenza, come 2G e 3G, sviluppino rari tumori delle cellule nervose del cuore», e «alcune evidenze di tumori al cervello e alle ghiandole surrenali».

Anche l’Istituto Ramazzini (Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni) di Bologna ha considerato sperimentalmente esposizioni alle radiofrequenze della telefonia mobile mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio statunitense, riconducibili alle esposizioni attuali alle antenne della telefonia mobile nell’uomo, ha riscontrato gli stessi tipi di tumore. Infatti, sono emersi aumenti statisticamente significativi nell’incidenza degli schwannomi maligni, tumori rari delle cellule nervose del cuore, nei ratti maschi del gruppo esposto all’intensità di campo più alta, 50 V/m, e ha osservato un aumento dell’incidenza di altre lesioni, già riscontrate nello studio americano: iperplasia delle cellule di Schwann e gliomi maligni (tumori del cervello) alla dose più elevata. Recentemente la direttrice dell’Istituto Ramazzini dr.ssa Mirella Belpoggi ha detto:” … il 5G deve passare uno scrutinio sulla sicurezza”.

Sono poi circa 200 gli scienziati indipendenti che, guidati dal Prof. Lennart Hardell, hanno sottoscritto l’appello internazionale per una moratoria del 5G. E un altro appello ha già raccolto oltre 100.000 adesioni di ricercatori, cittadini e organizzazioni di 187 paesi al mondo e mette a disposizione una bibliografia ricchissima, che attesta numerosi rischi biologici da elettrosmog. In Italia, non da ultimo, nel 2018 i medici di ISDE Italia hanno chiesto al Governo Conte “un piano di monitoraggio dei possibili effetti sanitari e una moratoria per l’esecuzione delle sperimentazioni 5G su tutto il territorio nazionale sino a quando non sia adeguatamente piani­ficato un coinvolgimento attivo degli enti pubblici deputati al con­trollo ambientale e sanitario”.

Nel 2019 il Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti (SCHEER) della Comunità Europea ha quindi affermato che il 5G “evidenzia criticità sconosciute sui problemi di salute e sicurezza. La polemica è in merito ai danni causati dalle attuali tecnologie wireless 2G, 3G e 4G.” E lo stesso dichiara che la questione di come “l’esposizione ai campi elettromagnetici potrebbe influenzare l’uomo, rimane un’area controversa e gli studi non hanno fornito prove chiare dell’impatto su mammiferi, uccelli o insetti. La mancanza di prove chiare per informare lo sviluppo delle linee guida sull’esposizione alla tecnologia 5G lascia aperta la possibilità di conseguenze biologiche non intenzionali”».

Fa eccezione, more solito, la c.d. “Commissione internazionale sulla Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP)” (che alcuni di noi si trovarono contro in occasione della approvazione del Parlamento Italiano della legge 36/2001 sull’inquinamento elettromagnetico) ovvero da un organismo privato con sede in Germania già al centro di numerose polemiche e attacchi da parte di scienziati, medici e ricercatori di mezzo mondo che lo accusano di conflitti d’interesse e scarsa trasparenza nell’operato, motivo per cui tali studi non vengono considerati dai tribunali italiani, poiché ICNIRP seguita a perorare una tesi negazionista sui cosiddetti effetti non termici a medio-lungo termine, ovvero rimane ferma su parametri obsoleti e superati dalla letteratura biomedica che invero attesta effetti biologici da irradiazione a radiofrequenze.

Martin Pall, professore emerito di biochimica e scienze mediche di base della Washington State University (USA) nonché più esperti al mondo in materia di interazione tra campi elettromagnetici e salute, nel Commento dell’8 Ottobre 2018 alle ‘Linee Guida’ dell’ICNIRP e alle relative ‘Appendici sui Limiti per l’Esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo (da 100 kHz a 300 GHz)’ ha denunciato il pericolo per la salute umana correlato alle radiofrequenze compreso il 5G, sottolineando storture, falle metodologiche e grossolani limiti di contenuto nel controverso documento diffuso dell’ICNIRP.

Ma ci sono stati in questi anni molte prime sentenze di Tribunali italiani: riscontrati gli “effetti nocivi sulla salute umana” il 15 Gennaio 2019 il TAR del Lazio ha così condannato i Ministeri di salute, ambiente e pubblica istruzione a promuovere un’adeguata campagna informativa “avente ad oggetto l’individuazione delle corrette modalità d’uso degli apparecchi di telefonia mobile”, mentre una serie di sentenze emesse nell’ultimo decennio dalla magistratura internazionale e italiana (l’ultima dal Tribunale di Monza nel Marzo 2019) attestano il danno da elettrosmog, l’elettrosensibilità e il nesso telefonino=cancro oltre ogni ragionevole dubbio (Cassazione 2012), tanto che note compagnie internazionali di assicurazione come Swiss Re e Llyoid’s non ne coprono più il danno e l’Alleanza Contro il Cancro (fondata dal Ministero della Salute, ne fa parte pure l’Istituto Superiore di Sanità) sta studiando le cause di un tumore maligno al cervello (glioblastoma) puntando sull’invisibile inquinamento dei cellulari.

Proprio per questo oltre 300 Sindaci americani promettono strascichi in tribunale mentre il 5G è stato bloccato a Bruxelles e in tre cantoni svizzeri, così come Olanda e Germania pretendono test che possano scongiurare un’overdose da elettrosmog e il Comune di Ravensburg progetta zone Free (cioè senza irradiazioni del 5G) per proteggere malati e categoria più a rischio, motivo per cui Portogallo e Malta non hanno ancora messo all’asta le nuove bande, al contrario del nostro Paese che s’è spinto molto più in là.

Infatti in Italia, dopo una prima fase di sperimentazione nel 2017 avviata sul 5G nelle città di Prato, L’ Aquila, Matera, Bari, Milano, a cui si sono aggiunte Roma, Torino, Genova e Cagliari è stata bandita nel 2018 (con Delibera Delibera n° 231/18/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) l’asta da 6,5 miliardi di euro per l’aggiudicazione dei lotti di tre nuove bande di radiofrequenze (694-790 MHz, 26.5-27.5 GHz, 3400-3800 MHz) e sono stati individuati una ulteriore lista di 120 piccoli comuni d’Italia in cui è prevista l’adozione del 5G; dopo di che si sta progettando a piè sospinto le installazioni 5G entro il 2022.

Eppure, a vario titolo istituzionale, tra Regioni, Province e Comuni si contano circa 200 amministrazioni tra Regioni, Province e Comuni (vedi comunicato stampa linkato nell’introduzione, ndr) in cui – all’indomani della Risoluzione di Vicovaro approvata nei lavori del 1° meeting nazionale promosso dall’Alleanza Italiana Stop 5G – ci si sta in questi giorni interrogando sui lati oscuri dell’Internet delle cose, mentre sono state approvate 22 tra mozioni o delibere per la moratoria sul 5G, mentre ben dieci interrogazioni sono state presentate alla Camera dei Deputati e in Senato da parlamentari appartenenti a diversi schieramenti politici, così come una recente mozione presentata a Montecitorio da cinque deputati ha impegnato il Governo in una moratoria nazionale sul 5G. Infine numerose sono state anche le diffide all’adozione del 5G sottoscritte da cittadini, comitati e associazioni rivolte ai membri del Governo e/o ai Sindaci in qualità di massima autorità sanitaria sul territorio, senza contare i 110 esposti per la prevenzione di eventuali danni alla salute già prodotti presso alcune Procure della Repubblica.

Gentili sindaci,

Vi ricordiamo che, ad ogni futuro effetto, è vostra la responsabilità penale, civile, amministrativa (da accertarsi nelle competenti sedi) per le conseguenze di ordine sanitario, che dovessero manifestarsi a breve, medio e lungo termine nella popolazione residente nel territorio comunale e specificatamente nell’area caratterizzata dalle criticità ambientali sopra indicate sulla base del vostro prudente apprezzamento, sia attraverso ordinanze previste dal T.U.E.L. (artt. 50 e 54), sia attraverso il regolamento per localizzazione di antenne.

Per questo motivo vi preghiamo di:

1.Intervenire a tutela della salute pubblica e di sospendere immediatamente la sperimentazione 5G nell’ambito di tutto il territorio comunale fino a quando non siano sufficientemente chiari tutti i rischi ad esso connessi e fino a che non verranno prodotti da Centri di Ricerca indipendenti che ne attestino la non nocività e l’innocuità per umanità ed ecosistema; e di sospendere ogni potenziamento delle infrastrutture e ogni nuova installazione 3G/4G;

2. Proclamare i vostri territori ”Liberi dal 5 G ” fino a che non siano chiariti quali problemi possono derivare per la salute pubblica;

3. Di tenere conto del diritto alla salute delle persone colpite dalla Sindrome dell’Elettro-sensibilità (EHS), Sensibilità Chimica Multipla (MCS), ma anche di donne incinte, malati, neonati, bambini, anziani, portatori di protesi e pacemaker, la cui salute sarebbe in grave pericolo a causa della massiccia irradiazione ubiquitaria, permanente di inesplorate (nel caso del 5G) radiofrequenze;

4.Di prevedere aree senza elettrosmog ed incentivare la scelta del cavo (fibra ottica) per le connessioni casalinghe.

Coordinamento Associazioni Orvietano, Tuscia e Lago di Bolsena, RIPA (Rete Interregionale Protezione Ambiente), Associazione Bolsena Lago d’Europa, SOS Geotermia, Difensori della Toscana, Rete Nazionale NOGESI

Polveri sottili e Covid-19. Quegli allarmisti di Harvard…

Dopo il documento del Sima, Università di Bari e Bologna, anche uno studio (stavolta ufficiale) dell’Università di Harvard conferma la relazione tra inquinamento e pandemia covid-19. E intanto le centrali geotermoelettriche “fumano”…

 

 


La cosa che fa più rabbia non è dover dire “ve l’avevamo detto”, ma vedere che ogni qualvolta lanciamo un allarme si scatenano le armate dei difensori della geotermia, finanziati o in buona fede che siano. Questo succede fin da quando, in pochi, male attrezzati, quasi ignoranti in materia, analizzavamo lo Studio epidemiologico dell’Ars Toscana dove si rilevava che nelle aree geotermiche, soprattutto in Amiata, c’erano valori di mortalità e malattie di molto superiori alla media regionale. Abbiamo subito attacchi da ogni lato: ENEL, politica, imprenditori, scettici per natura o per interesse, ecc. Negli anni poi abbiamo ampliato le conoscenze e circostanziato le denunce allargando lo sguardo anche ad altri aspetti, come la correlazione con terremoti e subsidenza, sull’impatto ambientale e climatico, sugli incentivi pubblici, sui presunti benefici economici e i reali danni, tanto che la lobby della geotermia speculativa e inquinante nulla può fare se non, appunto, continuare a dire che “non è vero niente”, almeno finché poi i fatti, non le opinioni, li smentiscono.

Sull’ultima “novità” della correlazione tra inquinamento e contagio da COVID-19 abbiamo dato pubblicità, il 20 marzo scorso, ad un documento (position paper) stilato da 12 studiosi e ricercatori del Sima e delle università di Bari, Bologna, Milano e Trieste in cui -con tutte le cautele del caso- si rilevava, appunto, la correlazione tra inquinamento e COVID-19; nello specifico il particolato atmosferico che ha esercitato un’azione di carrier (cioè da vettore di trasporto) e di boost (cioè di impulso alla diffusione virulenta).

Era naturale quindi mettere in relazione tale allarme con il fatto che la geotermia toscana “produce” il 39% delle emissioni nazionali di Ammoniaca secondo lo Studio di Basosi-Bravi (1), che è un precursore del particolato secondario inorganico PM10 e PM2,5 e, di conseguenza e a maggior ragione, chiedere la sospensione di ogni attività delle centrali termoelettriche.

Figurarsi! E’ partita la canea dei difensori delle centrali per ribadire che, uno, non è vero che ci sia questa correlazione e che il documento non è uno studio validato e, due, che nelle aree geotermiche c’è qualità dell’aria tra le migliori in Toscana. A poco vale ricordare che se non ci sono centraline che rilevano il particolato, come in pianura padana, non risulterà neanche questo tipo di inquinamento specifico, ma tant’è, chi ha più carte -e soldi- se le gioca…

Purtroppo, come diciamo, i fatti hanno la testa dura e il 5 aprile scorso è uscito uno studio dell’università di Harvard sullo stesso argomento da cui risulta “che un aumento di solo 1 μg/m3 nel PM 2,5 è associato ad un aumento del 15% del tasso di mortalità COVID-19, intervallo di confidenza al 95% (CI) (5%, 25%). I risultati sono statisticamente significativi e robusti per le analisi secondarie e di sensibilità.” e giunge a concludere che “un piccolo aumento dell’esposizione a lungo termine a PM 2,5 porta a un grande aumento del tasso di mortalità COVID-19, con l’entità di un aumento di 20 volte rispetto a PM 2,5 e mortalità per tutte le cause. I risultati dello studio sottolineano l’importanza di continuare a far rispettare le vigenti normative sull’inquinamento atmosferico per proteggere la salute umana sia durante che dopo la crisi COVID-19.”.

Significa che, ad esempio, chi vive in aree con alti livelli di particolato fine (PM 2.5) ha il 15% in più di probabilità di morire di COVID-19 rispetto a chi vive in un’area con un’unità in meno (1 μg per metro cubo) di inquinamento da particolato fine PM 2.5.

Peraltro la funzione di “veicolo” svolta dal particolato era ben nota a seguito di un precedente studio di scienziati e ricercatori cinesi del 2004 che aveva rilevato che le polveri trasportano micro-organismi (inclusi batteri, funghi e virus) e grazie all’inquinamento dell’aria vengono sollevati dal suolo assieme alle polveri e finiscono nei nostri polmoni.

Si aggiunga, come abbiamo scritto pochi giorni fa, che anche anche il Copernicus Climate Change Service (C3S), che lavora per l’Unione Europea, sta monitorando l’inquinamento e sta “…esaminando altri effetti che l’inquinamento potrebbe avere su Covid-19”.

“Un indizio è un indizio, ma più indizi fanno una prova”: cosa aspetta la politica a pronunciarsi contro la strage continua? Abbiamo chiuso in casa un Paese intero, messo a rischio di fame interi strati della popolazione, è in corso un’enorme caccia ai passeggiatori e corridori, ma le attività inquinanti, come le centrali geotermiche, sono sempre aperte e continuano a intascare gli incentivi pubblici (e si beccheranno, magari, anche un bel risarcimento per i guadagni ridotti dall’emergenza…).

Niente sarà come prima, chi ha la responsabilità politica fermi subito l’attività delle centrali geotermiche e dirotti gli incentivi per sostenere i territori, le famiglie e l’economia locale sostenibile.
Gli avvocati delle cause perse, per favore, tacciano.

Rete nazionale NoGESI, Sos Geotermia, Forum Ambientalista Toscano


Nota:
(1) Basosi-Bravi: Geotermia d’Impatto, su QualEnergia, giugno-luglio 2015, pagg.96-99, scaricabile QUI.

La pandemia Covid-19 impone un ripensamento sul modello di sviluppo, anche sulla geotermia

I fatti hanno la testa dura, le opinioni sono un venticello… Cambiare radicalmente il modello di sviluppo è necessario per la sopravvivenza.

 

 

Nulla sarà come prima, la “normalità” che abbiamo vissuto finora è probabilmente una delle cause dei problemi, dal riscaldamento globale, ai disastri climatici, al saccheggio delle risorse naturali e, finanche, alle epidemie.
Senza un radicale cambiamento di atteggiamento sull’ambiente, sui modelli di vita e di consumo la catastrofe sarà inevitabile. Da anni denunciamo che il modello di sfruttamento del calore della terra attraverso le centrali geotermoelettriche è una follia perché contribuisce con le sue emissioni al riscaldamento globale, all’inquinamento, ai danni alla salute, alla devastazione dei territori ed è, per assurdo, finanziato con soldi pubblici (prelevati dalle bollette pagate dai cittadini) perché ritenuto invece “ecologico”.

Abbiamo, nel corso del tempo, denunciato i guasti provocati dalla geotermia inquinante e speculativa utilizzando dati e studi prodotti da enti pubblici, tecnici e scienziati con opinioni anche diverse sulle misure da adottare. Vogliamo però ribadire che un conto sono i dati, altra cosa sono la lettura e le conclusioni che se ne traggono.

Un esempio valga per tutti: lo Studio epidemiologico 2010 sulle popolazioni delle aree geotermiche commissionato dall’Ars Toscana nel quale si registra un eccesso di mortalità statisticamente significativo nei maschi del +13%, con eccessi statisticamente significativi dell’ordine del 30% per tumori, in tre paesi: Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio e  Arcidosso; ebbene, le conclusioni dello stesso studio erano che “In estrema sintesi… gli indizi e le prove raccolti evidenziano un quadro epidemiologico nell’area geotermica rassicurante…” e, a ruota, l’allora assessore regionale Bramerini dichiarava lo studio “…poderoso e importante perché uno dei primi completi che valutano la situazione sanitaria nelle aree geotermiche, evidenzia dati di salute rassicuranti…”.

Tutt’altra lettura ne abbiamo dato noi, come comitati, ma anche Medicina Democratica, l’ISDE ed altri epidemiologi, ritenendo che nelle aree geotermiche, in particolare in Amiata, ci fosse un eccesso di patologie e di decessi correlati anche all’attività delle centrali.

Questo significa, appunto, che le opinioni a volte fanno a pugni con i dati e che per avere un quadro complessivo bisogna analizzare tutti i dati, comprese le opinioni, ma poi bisogna sceglierne la lettura in base agli interessi che si vogliono tutelare: il profitto delle aziende e gli interessi politici oppure la salute, l’ambiente e una economia sostenibile. Noi, da sempre, abbiamo scelto la seconda!

Lo stesso è accaduto in merito alle possibili correlazioni tra l’incidenza del Covid-19 e l’inquinamento -in particolare PM10-, rilevato da un documento del Sima e Università di Bari e Bologna; abbiamo scritto che se tale correlazione è possibile allora sarebbe doveroso interrogarsi sul fatto che le emissioni geotermiche toscane sono il 39% di tutte le emissioni d’Italia di ammoniaca, che è universalmente riconosciuto come un precursore del particolato secondario inorganico PM10 e PM2,5, e che quindi, anche solo in via precauzionale, andrebbero cessate tutte le attività delle centrali.

I difensori della geotermia ci hanno immediatamente contestato, con opinioni diverse ma che davano per certo che l’aria delle aree geotermiche è tra le migliori della Toscana (anche se in queste aree non ci risulta siano presenti centraline di rilevamento del particolato), scoprendo poi che anche il Copernicus Climate Change Service (C3S), che lavora per l’Unione Europea, sta monitorando l’inquinamento e sta “…esaminando altri effetti che l’inquinamento potrebbe avere su Covid-19”. Non abbiamo i mezzi tecnici per affermare o sconfessare la tesi di una possibile correlazione, ma nel dubbio riteniamo debba sempre valere il principio di precauzione.

Siamo peraltro preoccupati da coloro che invece credono di poter utilizzare l’epidemia Covid-19 e la crisi economica che, di certo, ne seguirà, come argomento per sostenere che le elemosine che arrivano ai territori dagli incentivi alle centrali (questi sì cospicui…) ora più che mai sono necessari per sopravvivere all’emergenza.

Ci permettiamo di riprendere la tesi già espressa e ribadendo che invece questa emergenza deve per forza farci ripensare ad un modello di sviluppo (e di società) più attento all’ambiente e alla salute, in grado di valorizzare solo quell’economia sostenibile e legata alle eccellenze dei territori ed impiegando tutte le risorse per tale scopo e non per perpetrare speculazione, inquinamento e danni alla salute.
Papa Francesco proprio ieri diceva nel commemorare la domenica delle Palme, riferendosi all’epidemia da COVID-19: “i veri eroi non sono quelli che hanno successo, fama, soldi ma quelli che danno sé stessi per aiutare gli altri”.

Siamo ad un bivio, tocca a noi scegliere la direzione. 

Rete Nazionale NoGESI, SOS Geotermia

Geotermia esente da emissioni? Errare e perseverare. Lettera aperta a Governo e Commissione Europea

Lettera Aperta alla Commissione Europea e al Governo Italiano sulla geotermia elettrica

 

 

 

Dal documento Eionet Report – ETC/CME 2019/8 “Renewable energy in Europe — 2019” sembra che la produzione geotermica (così come quelle associate all’eolico, al fotovoltaico ed all’idroelettrico) sia considerata esente dall’emissione in atmosfera di sostanze climalteranti e quindi possa contribuire ad evitare le emissioni prodotte dai combustibili fossili.

In realtà non è così: come riconosciuto anche al “considerato n. 46” della DIRETTIVA (UE) 2018/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, “L’energia geotermica è un’importante fonte locale di energia rinnovabile che di solito genera emissioni considerevolmente più basse rispetto ai combustibili fossili, e alcuni tipi di impianti geotermici producono emissioni prossime allo zero. Ciononostante, a seconda delle caratteristiche geologiche di una determinata zona, la produzione di energia geotermica può generare gas a effetto serra e altre sostanze dai liquidi sotterranei e da altre formazioni geologiche del sottosuolo, che sono nocive per la salute e l’ambiente. Di conseguenza, la Commissione dovrebbe facilitare esclusivamente la diffusione di energia geotermica a basso impatto ambientale e dalle ridotte emissioni di gas a effetto serra rispetto alle fonti non rinnovabili”.
In particolare le centrali geotermiche a “ciclo aperto” (di tipo “flash” e “a vapore secco”) costruite da ENEL in Toscana, le uniche attive in Italia, producono rilasci di sostanze climalteranti e nocive per la salute dei cittadini e per l’ambiente in enormi quantità.
Ora, secondo il documento, nel settore della produzione di energia elettrica da centrali geotermiche, le emissioni evitate di Gas a Effetto Serra (GHG) ammontano a circa 0,51 Mt per l’anno 2018 (vedi tabella allegata allo studio).
Considerata la sporadicità dei controlli eseguiti dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, si ritiene maggiormente significativo, ai fini della quantificazione delle emissioni effettive delle centrali, quanto si può ricavare da un recente studio (Parisi-Ferrara-Torsello-Basosi, Life cycle assessment of atmospheric emission profiles of the Italian geothermal power plants , su Journal of Cleaner Production n. 234(2019), 881-894), che ha calcolato le emissioni medie che si sono avute da tutte le centrali geotermiche toscane nel periodo di tempo che va dal 2002 al 2016, rapportate ad ogni MWh di potenza prodotta; per ottenere le emissioni di ogni sostanza in un particolare anno, si può moltiplicare il valore medio riportato per la potenza generata dalle centrali in quello stesso anno; con questo metodo, per la potenza lorda di 6.105,40 GWh, si ottengono le seguenti quantità di sostanze emesse nel 2018:

Anidride carbonica (CO2): 6.105,40 * 483 kg/h = 2.948.908 t.
Metano (CH4): 6.105,40 * 7,10 kg/h = 43.348 t.
Anidride solforosa (SO2): 6.105,40 * 1,99 kg/h = 12.150 t.
Acido solfidrico (H2S): 6.105,40 * 1,34 kg/h = 8.181 t.
Ammoniaca (NH3): 6.105,40 * 1,23 kg/h = 7.510 t.
Monossido di carbonio (CO): 6.105,40 * 49,6 g/h = 303 t.
Mercurio (Hg) : 6.105,40 * 0,372 g/h = 2,27 t.
Antimonio (Sb): 6.105,40 * 0,041 g/h = 250 kg.
Arsenico (As): 6.105,40 * 0,04 g/h = 244 kg.

Queste emissioni reali sono in contraddizione palese rispetto ai dati riportati dall’EEA. Nello specifico quindi, nel settore della produzione di elettricità nelle centrali geotermiche italiane, non è stata evitata l’emissione di 510 mila tonnellate di CO2 come riportato dall’EEA, ma sono stati emessi quasi 3 milioni di tonnellate di CO2 e 43 mila tonnellate di CH4. E considerato che ogni kg di metano produce un effetto serra circa 25 volte maggiore di un kg di CO2, il fattore di emissione delle centrali geotermiche risulta pari a circa 650 kg.equiv.CO2/MWh, superiore a quello di centrali alimentate ad olio combustibile.
Non è più accettabile la tesi che le emissioni di CO2 delle centrali geotermiche siano sostitutive di quelle “naturali”, che si avrebbero comunque attraverso il terreno; esse in realtà si aggiungono a quelle naturali in quanto derivanti dall’estrazione di CO2 che “naturalmente” impiegherebbe secoli per venire alla luce dalla profondità di 3.500-4.000 mt.
Nel 2015 è stato pubblicato sul numero Giugno-Luglio della rivista QualEnergia un articolo del Prof. Basosi, dell’Università di Siena, e del Dott. Bravi, all’epoca ricercatore nella stessa Università, in cui si afferma: “… Il Protocollo di Kyoto e l’IPCC (Gruppo intergovernativo per i cambiamenti climatici) hanno considerato fino ad ora tutti i tipi di centrali geotermiche senza emissioni di CO2 e di gas climalteranti, adottando un concetto – ormai dimostratosi errato – che le emissioni naturali di CO2 delle zone geotermiche siano paragonabili a quelle causate dallo sfruttamento energetico delle stesse zone, trascurando la variabile temporale. Non hanno lo stesso effetto ambientale emissioni prodotte nell’arco di trent’anni di vita di una centrale o emissioni naturali di pari entità che si generino in 100.000 anni…”.
Molto significative ed inquinanti sono anche le emissioni di Acido solfidrico, Mercurio, Antimonio, Arsenico e di altre sostanze ancora, che non compaiono nella lista, come ad esempio il Boro ed il Radon.

In particolare, le emissioni di ammoniaca sono molto importanti, soprattutto nell’ area geotermica di Bagnore, in cui ENEL ha messo a punto un sistema di abbattimento che consiste nel pompaggio, all’interno degli AMIS delle centrali Bagnore 3 e Bagnore 4, di grandi quantità di acido solforico (280 kg./ora per ogni gruppo da 20 MW, per un totale di circa 20 tonn./giorno) per ridurre il contenuto di ammoniaca nelle emissioni del 75% rispetto alla quantità in ingresso, come richiesto dalle autorizzazioni. Ciononostante l’ammoniaca emessa dalle centrali dà ancora luogo alla formazione di particolato secondario inorganico (PM10 e PM2,5) in misura considerevole (per ogni 5 kg di ammoniaca si produce in media 1 kg di polveri sottili, attraverso la combinazione in atmosfera con sostanze quali nitrati e solfati, presenti anch’esse nelle emissioni geotermiche); ARPAT sostiene che tale formazione non avviene in prossimità degli impianti ma su aree distanti, a livello regionale, il che comunque è un fatto negativo conosciuto come “smokestack syndrome”: promuove la diffusione su vasta scala di sostanze nocive e longevi.
Il Piano Regionale per la Qualità dell’Aria vigente in Toscana ribadisce che il 9% delle polveri sottili circolanti nel territorio regionale è prodotto dall’attività geotermica: è veramente incomprensibile che, all’interno delle aree geotermiche toscane, non sia presente ad oggi nemmeno una centralina di rilevazione pubblica, che consenta effettivamente di affermare, come fa ARPAT, che “nel 2019 il valore limite relativo all’indicatore della media annuale di PM10 è stato ampiamente rispettato in tutte le stazioni della rete regionale”; se poi si ritiene che il 9% rappresenti una percentuale contenuta, basta tener presente che essa risulta di pochissimo inferiore a quella dell’intero comparto industriale regionale (10%) e pari a quella dell’intero riscaldamento domestico (9%), e che il massimo contributo proviene dalle centrali di Bagnore, un semplice puntino sulla carta geografica della Toscana.
Alle emissioni di Ammoniaca in atmosfera sono stati spesso associati costi sanitari indotti; due studiosi americani dell’Università di Harward, F. Paulot e D. J. Jacob, nel 2014 hanno quantificato tali costi in 100 $ per ogni kg di ammoniaca; nel 2005 il Comitato CAFE (Clean Air for Europe) aveva fissato per l’Italia danni per 22,5 €/kg. Si tratta, in ogni caso, di decine di milioni di Euro all’anno a carico del servizio sanitario nazionale.
Chiediamo gentilmente quindi un urgente controllo di tutti questi elementi, ed un’eventuale revisione dei dati ufficiali che sono di estrema importanza per le prossime decisioni del governo italiano sull’incentivazione delle energie rinnovabili.

Rete Nazionale NoGESI (No Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante)

Geotermia e Covid-19. Come fare greenwashing e derogare ai controlli ambientali al tempo del coronavirus

Con la scusa dell’emergenza sanitaria, anziché sospendere le attività inquinanti, si concedono pericolose deroghe, con il sostegno attivo di campagne di greenwashing strabico.

 

A seguito del nostro comunicato che dava risalto, anche per le possibili connessioni con la geotermia toscana, al recente documento del Sima/Università di Bari e Bologna sulla possibile connessione tra inquinamento ed epidemia Covid 19 (scaricalo qui ), si è scatenato il solito can can a difesa delle centrali Enel, soprattutto dal solito Greenreport, sponsorizzato dal Cosvig, il consorzio che gestisce gli incentivi geotermici toscani, che ci tira in ballo direttamente.

Lo stesso aveva già, forse incautamente, dato pubblicità al citato documento Sima, ma, dopo il nostro comunicato, ha iniziato a produrre articoli per cercare di ”riparare il danno” e smentire il Sima, noi e anche se stessi, che pure gli avevano dato spazio.

C’è da dire che tale condotta non è nuova per chi si dichiara ambientalista, ma mai contro la geotermia, anzi! In un recente e documentato articolo denuncia che “Approfittando dell’emergenza coronavirus, Trump sospende l’applicazione delle leggi ambientali, peccato però che non si accorge che in Toscana, il governatore Rossi, sempre all’avanguardia, con il Decreto n.4519 del 27 marzo 2020, autorizza l’Enel a “derogare rispetto alle scadenze previste per l’effettuazione dei controlli alle emissioni in atmosfera degli autocontrolli e dei vari monitoraggi delle centrali geotermoelettriche e per la centrale a biomasse di Cornia per il periodo di emergenza sanitaria”. Che dire? Ambientalismo strabico o ambientalisti col c…o degli altri?

Tornando agli articoli recenti in difesa della geotermia, per quanto riguarda le emissioni delle centrali geotermiche della Toscana, leggiamo che Adele Manzella, presidente dell’Unione geotermica italiana, rispondendo al nostro citato comunicato “Coronavirus e centrali geotermiche”, scrive: “…condivido l’attenzione alla qualità della vita arrivando però a conclusioni esattamente antitetiche”.

Di cosa parliamo? Nel comunicato avevamo scritto che “l’Ammoniaca (NH3) è universalmente riconosciuto come un precursore del particolato secondario inorganico PM10 e PM2,5. Quindi più Ammoniaca significa più inquinamento da particolato atmosferico. Le centrali geotermiche toscane emettono mediamente (anni 2016-2018) 7.598 tonnellate di Ammoniaca all’anno; si consideri che nello studio Basosi-Bravi (su dati IRSE-regione Toscana) viene calcolato che le emissioni toscane sono il 39% di tutte le emissioni d’Italia. Possiamo quindi affermare che la Toscana, soprattutto nelle aree geotermiche, è soggetta ad un maggior inquinamento da particolato atmosferico”. Concludevamo, considerando che anche alla luce del citato documento Sima, chiedendo che le autorità preposte dovessero in via cautelativa attenersi alla sollecitazione degli studi a prendere conseguenti “misure restrittive di contenimento dell’inquinamento” con l’immediata sospensione di tutta l’attività geotermica in essere e di progetto. Abbiamo visto che Rossi va esattamente nella direzione opposta…

Invece Adele Manzella ritiene infondata questa nostra richiesta perché “…ad oggi tutti i monitoraggi ARPAT indicano per la Toscana geotermica l’ottima qualità ambientale della produzione industriale…”. Questo è un enunciato senza senso se consideriamo che non esiste nessuna misurazione del particolato atmosferico nelle aree geotermiche, infatti nessuna delle 34 centraline ARPAT funzionanti a livello regionale è posizionata in tali aree. Poi il fatto che nelle centrali geotermiche della Toscana la produzione industriale “…impiega le migliori tecnologie attualmente disponibili, e in alcuni casi le sviluppa, per evitare o abbattere le contaminazioni” non ci dà nessuna indicazione concreta circa la sostenibilità ambientale degli impianti, visto che i fluidi sono “ricchi di contaminanti naturali” (vedi nota §).

Queste “migliori tecnologie” sono lontane da essere sufficienti a salvaguardare la salute della popolazione e, anche, a soddisfare l’indicazione delle Direttive Europee, peraltro imprecise e incomplete, laddove prescrivono che le centrali geotermiche dovrebbero avere “un basso impatto ambientale”. Non siamo quindi d’accordo con Adele Manzella che le misure di contenimento vadano cercate altrove e non certo in ambito geotermico. Non siamo neanche d’accordo che tale attività è “ambientalmente e comprovatamente sostenibile”, che è un’affermazione priva di ogni fondo scientifico soprattutto per le centrali a ciclo aperto della Toscana.

In un altro articolo sull’ultimo rapporto sulle energie rinnovabili pubblicato dall’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), citato più volte, non ci convincono alcuni punti oscuri.

Per quanto riguarda la produzione elettrica italiana, il rapporto constata (vedi la tabella riprodotta anche nell’articolo), che la produzione di elettricità dalla geotermia ha permesso di evitare l’emissione di 0,51 Mt di CO2. Ora, secondo i dati dell’ARPAT relativi alla media delle centrali toscane, il fattore di emissione per la CO2 è di 483 gCO2/kWh. Il fattore di emissione totale per i gas climalteranti (considerando anche l’emissione di metano) risulta quindi di circa 640 gCO2/kWh. Sappiamo che nella media nazionale delle centrali termoelettriche a combustibile fossile, questo fattore è di 491 gCO2/kWh. Quindi le centrali geotermoelettriche italiane aumentano l’emissione di CO2, invece di ridurla. Ci chiediamo: quali sono i dati alla base delle conclusioni dell’EEA? Non essendo più accettabile la tesi che le emissioni di CO2 delle centrali geotermiche siano sostitutive di quelle “naturali” mentre sono invece in aggiunta a quelle naturali in quanto derivanti dall’estrazione di CO2 che “naturalmente” impiegherebbe secoli per venire alla luce, ci siamo rivolti all’UE con la richiesta di chiarimenti, di cui vi informeremo. Gli impianti geotermoelettrici della Toscana non rispettano gli indirizzi di abbattimento di gas climalteranti. Sono lontani da essere a “…ridotte emissioni di gas a effetto serra rispetto alle fonti non rinnovabili”; potrebbero diventarle solo nel momento in cui le attuali emissioni venissero almeno dimezzate.

L’incentivazione della geotermia elettrica toscana, con le sue centrali a ciclo aperto, è un esempio dei “sussidi ambientalmente dannosi” rilevati dal Ministro dell’ambiente. Insistere su questi incentivi vuol dire impedire la diffusione di energie ambientalmente favorevoli, rallentare la de-carbonizzazione e arrecare un enorme danno alla salute e all’ambiente, promuovendo tra l’altro il riscaldamento globale. Crediamo quindi che l’enorme opera di mistificazione e di greenwashing raffazzonata tenti inutilmente di sostenere la linea che vorrebbe la geotermia come “fonte rinnovabile” col diritto a incentivi pubblici (pagati in bolletta dai cittadini) e senza lacci e lacciuoli burocratici e ambientalisti.

Ribadiamo che nessun dibattito serio sulla geotermia si possa affrontare con le centrali aperte e enormi risorse economiche (pubbliche) elargite anche per condizionare tale dibattito e quindi confermiamo la richiesta di sospensione immediata di tutta l’attività geotermica esistente e di progetto, dirottando gli enormi incentivi per ridurre i costi delle bollette elettriche più utile alle famiglie, specie in questo periodo di emergenza.

Rete Nazionale NOGESI, SOS Geotermia, Forum Ambientalista Toscano

Nota §

Considerata la sporadicità dei controlli eseguiti da ARPAT, si ritiene maggiormente significativo, ai fini della quantificazione delle emissioni effettive delle centrali, quanto si può ricavare da un recente studio, che ha calcolato le emissioni medie che si sono avute da tutte le centrali geotermiche nel periodo di tempo che va dal 2002 al 2016, rapportate ad ogni MWh di energia prodotta; per ottenere le emissioni di ogni sostanza in un particolare anno, si può moltiplicare il valore medio riportato per la potenza generata dalle centrali in quello stesso anno; con questo metodo, per energia lorda di 6.105,40 GWh, si ottengono le seguenti quantità di sostanze emesse nel 2018:

Anidride carbonica (CO2): 6.105,40 * 483 kg/h = 2.948.908 t.

Metano (CH4): 6.105,40 * 7,10 kg/h = 43.348 t.

Anidride solforosa (SO2): 6.105,40 * 1,99 kg/h = 12.150 t.

Ammoniaca (NH3): 6.105,40 * 1,23 kg/h = 7.510 t.

Acido solfidrico (H2S): 6.105,40 * 1,34 kg/h = 8.181 t.

Monossido di carbonio (Co): 6.105,40 * 49,6 g/h= 303 t.

Mercurio (Hg): 6.105,40 * 0,372 g/h = 2,27 t.

Antimonio (Sb): 6.105,40 * 0,041 g/h = 250 kg.

Arsenico (As): 6.105,40 * 0,04 g/h= 244 kg.

Coronavirus e centrali geotermiche: ci mancava anche questo!

Un recente studio mette in relazione inquinamento e diffusione del Covid-19. Quale relazione con le emissioni delle centrali geotermiche e perché fermare subito l’attività geotermica.

 

 

In un recente studio del SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale) con l’Università di Bologna e l’Università di Bari “si evidenzia una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10 Febbraio-29 Febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 Marzo” arrivando alle conclusioni che “si evidenzia come la specificità della velocità di incremento dei casi di contagio che ha interessato in particolare alcune zone del Nord Italia potrebbe essere legata alle condizioni di inquinamento da particolato atmosferico che ha esercitato un’azione di carrier (cioè da vettore di trasporto) e di boost (cioè di impulso alla diffusione virulenta). Come già riportato in casi precedenti di elevata diffusione di infezione virale in relazione ad elevati livelli di contaminazione da particolato atmosferico, si suggerisce di tenere conto di questo contributo sollecitando misure restrittive di contenimento dell’inquinamento”.

Di cosa parliamo e che c’entrano le centrali geotermiche dell’Enel?

L’Ammoniaca (NH3) è universalmente riconosciuto come un precursore del particolato secondario inorganico PM10 e PM2,5. Quindi più Ammoniaca significa più inquinamento da particolato atmosferico.
Le centrali geotermiche toscane emettono mediamente (anni 2016-2018) 7.598 tonnellate di Ammoniaca all’anno (*); si consideri che nello studio Basosi-Bravi (su dati IRSE-regione Toscana) viene calcolato che le emissioni toscane sono il 39% di tutte le emissioni d’Italia.
Possiamo quindi affermare che la Toscana, soprattutto nelle aree geotermiche, è soggetta ad un maggior inquinamento da particolato atmosferico, simile, e a volte maggiore, di quello rilevato nella pianura Padana oggetto dello studio del Sime/università Bologna/Bari.

Pertanto le autorità preposte alla tutela della salute regionale, dalla regione Toscana, all’Ars, Arpat, Asl e Sindaci dovrebbero in via cautelativa attenersi alla sollecitazione dello studio citato a prendere misure restrittive di contenimento dell’inquinamento.
Noi riteniamo che tale ulteriore possibile correlazione tra centrali geotermiche e danni alla salute non possa che rafforzare la richiesta di immediata sospensione di tutta l’attività geotermica in essere e di progetto.

Rimane comunque incomprensibile come sia passato in Italia nel più assoluto disinteresse delle autorità preposte alla tutela della salute, il dato del numero dei morti premature in Italia per gli eccessi di polveri sottili calcolato dal Rapporto “Air quality in Europe 2018” e pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente: circa 60.000 morti annue. Tale numero è almeno 15 volte superiore ai morti oggi registrati in Italia per il Coronavirus.

Rete Nazionale NOGESI, SOS Geotermia, Forum Ambientalista toscano

(*) Ammoniaca NH3. Il calcolo delle emissioni complessive per gli anni 2016, 2017 e 2018, è stato fatto moltiplicando le emissioni medie (dati ARPAT 2002-2016) relative alla produzione di 1 MWh per la produzione annuale lorda che è stata rispettivamente 6.225,3 GWh (2016), 6201,2 GWh (2017) e 6105,4 GWh (2018) (Dati TERNA)
Emissioni per produrre un Mwh: 1,23 Kg/h (con amis) 3,07 Kg/h (senza amis)
Emissioni totali calcolate con amis attivi: 2016 7.657 Tonn., 2017 7.627 Tonn., 2018 7.510 Tonn.
Emissioni medie annue: 7.598 Tonnellate
Vedi: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2352340919306936

Abbadia SS e Sorgenia. Beneficenza o compravendita del consenso?

Mentre il Comune di Abbadia San Salvatore deve esprimersi sulla centrale geotermica “Le Cascinelle” arriva una sponsorizzazione dalla stessa Sorgenia.

 

 

La Giunta comunale di Abbadia San Salvatore, nella seduta del 13 Marzo con atto deliberativo n. 37, ha accolto la “proposta spontanea di sponsorizzazione presentata dalla società Sorgenia le Cascinelle srl per la progettazione definitiva e esecutiva del nuovo plesso scolastico di via Hammann, per un importo massimo di 250.000 euro”.

Ma che la società Sorgenia abbia pensato al nostro comune e non ai tanti altri in Italia che si trovano anche essi senza scuole nuove e moderne o che non abbia pensato ad esempio a donare i 250.000 euro alla Protezione civile per acquisto di macchinari e respiratori per la terapia intensiva nell’attuale grave situazione data dal coronavirus (come stanno facendo in queste ore molte aziende del settore “rinnovabili”), ci lascia qualche dubbio e qualche retro pensiero. Siccome nessuno, tanto meno società private come Sorgenia, fa niente per niente, ci domandiamo quale sia il vero scopo di tanta beneficenza. E allora ci viene spontaneo pensare che, guarda caso, Sorgenia è la stessa società che ha presentato al nostro Comune il progetto per la realizzazione di una centrale geotermoelettrica a ciclo binario di 10 MW, in località Val di Paglia (ai confini con Acquapendente e la Val d’Orcia), sulla quale è in atto l’iter amministrativo della Valutazione di Impatto Ambientale presso la Regione Toscana.

In sostanza Sorgenia finanzia un progetto del Comune mentre esso deve esprimersi sulla compatibilità ambientale e di tutela del territorio e dei cittadini del progetto presentato dalla stessa Società. Ricordiamo che l’Ufficio tecnico del Comune aveva espresso sulla VIA un parere negativo, poiché il progetto è in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti ed ora la Giunta ha iniziato le procedure per modificare lo stesso regolamento urbanistico, al fine di favorire la realizzazione della centrale.

Ci domandiamo: è corretto elargire al nostro Comune 250.000 euro nel momento in cui sono in atto le procedure per l’autorizzazione della centrale, sulle quali la nostra amministrazione comunale è pienamente coinvolta? A noi appare più che evidente il tentativo di Sorgenia di acquisire la “benevolenza” del Comune riguardo al suo progetto e questo mette in luce un enorme conflitto di interessi che invano la Deliberazione della Giunta dichiara non esistente. Sorgenia sta comprando il “consenso del Comune” in cambio dell’approvazione del progetto di una centrale che presenta pesanti criticità sul piano minerario, sul piano sismico e geologico, su quello paesaggistico, sulla sostenibilità economica e sociale, sugli impatti acustici, sulla strategia di sviluppo territoriale complessiva, per citare solo le principali.

Il Comune, il Sindaco, la Giunta per togliere ogni dubbio sulla correttezza del procedimento devono respingere fermamente tale sponsorizzazione. Il territorio dell’Amiata e della Val d’Orcia merita rispetto, ascolto e attenzione e non ambigue operazioni di “compravendita del consenso”: le Associazioni firmatarie di questo comunicato a maggior ragione si impegneranno per evitare la costruzione della centrale geotermica.

Rete Nazionale NOGESI, Sos Geotermia, Forum Ambientalista Toscano,
Ecosistema Val D’Orcia, Comitato Salvaguardia Ambiente Amiata, Italia Nostra Toscana