Con il nuovo documento riepilogativo sulla geotermia “Problematiche presentate da impianti geotermici in contesti geologici complessi” la Rete NoGESI coglie l’occasione per scrivere al nuovo Governo Draghi, che si presenta come quello della “transizione ecologica”, affinché sulla geotermia assuma -finalmente- una posizione corretta che non confonda questo tipo di energia come rinnovabile e sostenibile.
Di seguito la lettera al Governo e il documento.
Prof. Mario Draghi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Prof. Daniele Franco, Ministro dell’Economia e delle Finanze
Prof. Roberto Cingolani, Ministro della Transizione Ecologica
Prof. Enrico Giovannini, Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili
On. Giancarlo Giorgetti, Ministro dello sviluppo economico
On. Roberto Speranza, Ministro della Salute
Oggetto: Centrali geotermoelettriche
Esimio Presidente del Consiglio dei Ministri, Gentili Ministri,
con questa lettera vogliamo portare l’esperienza sulla geotermia elettrica acquisita dalla Rete Nazionale NOGESI in quasi 10 anni di attività e interloquire con loro per tentare di fare finalmente anche in Italia quel salto di comprensione necessario rispetto a questa fonte ritenuta, a torto, “ecologica”.
Abbiamo mandato molte lettere al Governo Conte 1 e 2 e forse si è insinuato il dubbio che la geotermia non è così” ecologica” come si crede…In particolare alla Sottosegretaria al MISE Todde in cui si accoglieva positivamente una “consultazione pubblica” retta da una legislazione apposita, prima della definizione finale del Decreto FER2.
Come sostiene autorevolmente, ma ancora non a sufficienza, la stessa Unione Europea nella Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 sull’uso dell’energia da fonti rinnovabili (considerando 46): “L’energia geotermica è un’importante fonte locale di energia rinnovabile che di solito genera emissioni considerevolmente più basse rispetto ai combustibili fossili, e alcuni tipi di impianti geotermici producono emissioni prossime allo zero. Ciononostante, a seconda delle caratteristiche geologiche di una determinata zona, la produzione di energia geotermica può generare gas a effetto serra e altre sostanze dai liquidi sotterranei e da altre formazioni geologiche del sottosuolo, che sono nocive per la salute e l’ambiente. Di conseguenza, la Commissione dovrebbe facilitare esclusivamente la diffusione di energia geotermica a basso impatto ambientale e dalle ridotte emissioni di gas a effetto serra rispetto alle fonti non rinnovabili”.
La geotermia italiana attuale sembra “ecologica” soltanto perché le autorità nazionali omettono di comunicare all’European Environment Agency (Eea) le emissioni di gas serra delle centrali ed altri inquinanti, abbellendo così il quadro emissivo italiano, come risulta da nostri contatti con la UE.
La realtà della ricerca scientifica mondiale e delle esperienze sul campo mostrano con tutta evidenza che la geotermia non è affatto sempre pulita, rinnovabile e sostenibile. Ma lo è solo a determinate condizioni, che dipendono dalle specificità del territorio nel quale la si vuole usare e dalla tecnologia impiegata. Ogni caso va esaminato a parte, con appropriata attenzione e grandissime cautele.
La presenza delle centrali geotermoelettriche in Italia attualmente riguarda la sola Regione Toscana con l’uso della tecnologia “flash”, con rilascio dei vapori in atmosfera, ed è contestata da anni nell’area del monte Amiata in Toscana, dove c’è l’ultima centrale autorizzata nel 2014 (Bagnore 4), mentre la “privatizzazione della geotermia” voluta dal Governo Berlusconi (D.Lgs.22/2010) in 10 anni non ha prodotto alcuna centrale “pilota”, proprio per l’opposizione di Regioni, Comuni e cittadini. Come è il caso, da ultimo, degli impianti pilota di Castel Giorgio (Umbria) e Torre Alfina (Lazio), che la Magistratura ha dato parere negativo nel mese di febbraio 2021.
Gli impianti geotermoelettrici italiani (come detto localizzati nella sola Toscana), emettono grandi quantità di gas, polveri sottili (PM10, PM2,5, micro-polveri) e altre sostanze tossico-nocive (Mercurio, Arsenico, Boro, Ammoniaca, Uranio, Torio Cesio, Tallio, ecc.) e climalteranti (CO2, Metano, Idrocarburi, ecc.) – per la maggior parte delle quali non vi sono limiti alle emissioni – questo fatto è ben noto da molto tempo (scarica il DOSSIER GEOTERMIA AMIATA).
Dobbiamo registrare, per finire, che lo stesso Consiglio dei Ministri italiano (del Governo precedente) nella seduta del 10.09.2020 ha impugnato la legge della regione Toscana sulle ANI (aree non idonee alla geotermia) dando un pesante colpo di freno nei confronti della volontà fin qui manifestata dalla Regione Toscana di procedere al dissennato sviluppo dello sfruttamento geotermico, anche in aree in cui è lo Stato ad avere la competenza amministrativa. Essendo inidonea la legge regionale sulle ANI, l’autorizzazione degli impianti geotermici è tutt’oggi ferma e lo sarà per tutta la fase in cui si svilupperà il contenzioso con lo Stato e in caso, come ci auguriamo, che lo Stato prevalga si dovrà rimettere mano ad una legge regionale toscana più consona alle volontà dei territori, che avevano in passato manifestato la loro avversione alla geotermia.
Mentre gli impianti “binari”, oltre a non fornire alcuna garanzia in merito alla possibilità che i gas incondensabili re-iniettati nelle formazioni di provenienza permangano nel sottosuolo e non fuoriescano in superficie (il Centro Italia ove si vogliono installare impianti binari la concentrazione di gas incondensabili varia dal 6 al 10%), possono provocare terremoti indotti o innescati, oltre al depauperamento ed inquinamento delle falde acquifere per uso potabile. La necessità di tutelare dette falde non è inferiore alla necessità di tutelare l‘atmosfera, anzi, mentre l’energia può essere prodotta con altre tecniche sostenibili, l’inquinamento degli acquiferi è irreversibile (leggi sotto il documento “Problematiche presentate da impianti geotermici in contesti geologici complessi”). Altro documento che vi forniamo quello sulla autocertificazione geotermica.
Le stesse Commissioni VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) della Camera dei Deputati italiana (presidenti rispettivamente Ermete Realacci e Guglielmo Epifani) avevano sentenziato in data 15.04.2015 con disponibilità della Rete Nazionale NOGESI, la possibilità di “favorire lo sviluppo e la diffusione della geotermia a bassa entalpia, ossia ad impianti che sfruttano il calore a piccole profondità, per l’importante contributo che può dare alla riduzione del fabbisogno energetico del patrimonio edilizio italiano”.
Mentre siamo favorevoli alla ricerca in campo geotermico. E ad incentivare gli impianti DBHE (Deep Borehole Heat Exchanger) (scambiatori di calore in pozzi profondi) che a differenza degli altri sistemi, estraggono dal sottosuolo solamente calore, senza movimentare i fluidi sotterranei e senza entrare in contatto diretto con i fluidi geotermici. Essi subiscono una minima alterazione rispetto alle condizioni naturali di pressione oltre che ovviamente a quelle di temperatura; ciò riduce immensamente l’inquinamento derivante dal fluido geotermico, dai gas incondensabili in esso contenuti, da possibili “precipitazioni” di sali o da eventuali residui finali.
In sostanza non è semplicemente più ammissibile costruire e chiedere incentivi destinati alla riduzione dell’effetto serra per centrali le quali, come quasi tutti gli impianti geotermoelettrici della Toscana, emettono più gas a effetto serra che centrali a combustibile fossile. Non è più ammissibile realizzare centrali che inquinano, sono pericolose ed allo stesso tempo inefficienti e costose.
Per molti anni, le centrali geotermiche hanno ricevuto incentivi enormi per la loro capacità di abbattere le emissioni di Gas Serra e di combattere così il cambiamento climatico – una capacità basata su un errore o un falso scientifico, smentito doppiamente dall’Unione Europea. Hanno sottratto, a danno del popolo italiano e della Terra, fondi essenziali ad incentivare tecnologie rinnovabili veramente in grado di combattere il cambiamento climatico”.
Gradiremmo una risposta a questa lettera in modo che si possa stabilire un contatto e si possa proseguire verso l’uso di quelle energie veramente rinnovabili, cosa che non è la geotermia elettrica in uso in questo momento.
27 marzo 2021
Rete Nazionale NOGESI (NO Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante)
Problematiche presentate da impianti geotermici in contesti geologici complessi
1) Introduzione
A fronte delle importanti criticità ambientali degli impianti geotermoelettrici a ciclo aperto (“a vapore secco” nella zona di Larderello, “flash” nella zona dell’Amiata) – di cui i principali sono emissioni di gas climalteranti e di gas e sostanze tossico-nocive, sismicità indotta e consumo della risorsa -, l’industria geotermica mondiale punta sempre di più sulle centrali “a ciclo chiuso” (dette “binarie”) con totale reiniezione del fluido estratto.
A lungo questi impianti sono stati considerati la soluzione ideale a tutti i problemi, e pubblicizzati come centrali “a zero emissione”, a “zero sismicità” e globalmente a “zero impatto ambientale”. In verità, la scienza aveva da molto tempo rilevato certe criticità ambientali i cui vari aspetti sono emersi sempre più distintamente negli ultimi anni. È ormai acquisito, che impianti a ciclo chiuso possono avere impatti ambientali anche gravi soprattutto in funzione del contesto geologico e sismo-tettonico in cui sono realizzati.
Tutto ciò ha portato a una rivalutazione critica di questo tipo di impianti, la quale in vari modi ha trovato riscontro nella comunità scientifica, per esempio nella valutazione del loro impatto ambientale così come nei tentativi di esplorare la natura di questi impatti e di modellarne numericamente meccanismi e conseguenze.
In quanto segue tentiamo di indicare le tappe più significative di questa progressiva rivalutazione (tutt’ora in corso), dall’immagine della centrale ideale che appartiene ormai al passato verso una concezione realistica delle centrali binarie reali.
2) Elementi di rivalutazione progressiva
• Fino al 2013
Rappresentativi per la visione iniziale della centrale ideale senza impatti, sono gli studi di impatto ambientale presentati per gli impianti pilota di Castel Giorgio e Torre Alfina. Sono documenti dove ogni possibile impatto ambientale viene negato sulla base di argomenti non pertinenti, di una modellazione numerica del sistema geotermico insufficiente e di una simulazione degli effetti dell’esercizio delle centrali su questo sistema tranquillizzante ma senza alcun valore scientifico (leggi documento di approfondimento 1). Pertanto, sul piano pratico, reale, già dall’inizio delle esplorazioni dei campi dell’Alfina e di Latera circa 50 anni fa, erano stati rilevati indizi per una struttura vulcano-tettonica non omogenea, complessa e fortemente fagliata del sottosuolo, e sono stati osservati sismi indotti dall’iniezione di fluidi, fenomeno non previsto dai modelli ideali. In parallelo era stato dimostrato l’esistenza di un’estesa struttura tettonico profonda legata all’orogenesi degli Appennini, capace di generare un’importante sismicità in tutto il margine tirrenico della penisola. La parte di questa struttura che interessa la zona Vulsina appartiene al cosiddetto graben Siena-Radicofani-Cimino.
• 2013
Il primo lavoro che ha riassunto questi indizi e discusso i problemi ambientali che tale struttura reale del sistema geotermico potrebbe causare è quello di Vignaroli et al. (2013) 1, che dimostra la suddivisione in compartimenti stagni del campo geotermico dell’Alfina e illustra la possibilità di flussi di scambio tra il serbatoio geotermico e l’acquifero superficiale attraverso i piani di faglia presenti.
• 2014 – 2017
Nelle osservazioni ai progetti di impianti geotermici pilota di Castel Giorgio (2014 2) e Torre Alfina (2017 3), presentate dalle associazioni ambientaliste locali, sono stati sottolineati i pericoli che squilibri pressori indotti dall’esercizio delle centrali in questo contesto disomogeneo possano provocare terremoti, che possano spingere del fluido geotermico nell’acquifero superficiale per inquinarlo e che possano aspirare acque potabili nel serbatoio profondo. Queste osservazioni sono state in larga misura ignorate dalla Commissione di valutazione d’impatto ambientale e la CTVIA ha espresso parere positivo in merito alla realizzazione degli impianti.
• 2015
Allo stesso tempo, in un’altra parte dell’Italia, il dott. Giuseppe Mastrolorenzo (vulcanologo e primo ricercatore dell’INGV) ha presentato (a titolo personale), nell’anno 2015, argomenti dettagliati e convincenti circa i possibili rischi sismici e vulcanici presentati da impianti binari, riassunte nelle sue osservazioni rispetto ai progetti geotermici di Scarfoglio (Campi Flegrei 4) e Serrara Fontana (Isola d’Ischia 5). In questo caso, lo spessore scientifico dell’autore e la sua idea di allertare la Protezione Civile Nazionale sui rischi incombenti hanno costretto all’ascolto le autorità, e hanno permesso l’inizio di una valutazione realistica dei rischi legati alla struttura reale del sottosuolo.
Riconosciuta la fondatezza degli argomenti avanzati e avendo constatato che è impossibile escludere tali rischi a causa della scarsa conoscenza del sottosuolo, uno dei progetti e stato ritirato dalla ditta proponente, e quello di Serrara Fontana (dove il contesto geomorfologico e sismo-tettonico è molto simile a quello del campo geotermico Alfino) è stato rifiutato dal CTVIA del MATTM.
• 2017 – 2018
Il Gruppo di Lavoro dell’INGV 6 “Perforazioni Geotermiche”, costituito nel 2017 da massimi esperti nazionali in materia, è stato chiamato ad analizzare questa stessa tematica. Ha autorevolmente confermato nella sua relazione finale (presentata ad agosto 2018) le conclusioni di Mastrolorenzo, rilevando le numerose carenze dei progetti nell’analisi dei quadri sismo-tettonici, geomorfologici e idrogeochimici (leggi documento di approfondimento 2).
• 2017
Il forte terremoto di Pohang (2017), con una magnitudo di MW = 5,5, è considerato dalla comunità scientifica internazionale evento “gamechanger”, evento capace di rovesciare le precedenti valutazioni del rischio connesso a progetti geotermici. Il terremoto di Pohang ha causato una morte, 82 feriti e una perdita economica totale di oltre 300 milioni di dollari US.
L’elemento di novità sta nel fatto che per la comunità scientifica è dimostrato che questo terremoto fu innescato dalla stimolazione di un pozzo geotermico.
Prima di questo evento, l’unico meccanismo riconosciuto scientificamente in cui estrazione e iniezione di fluido nel sottosuolo possono provocare terremoti, era stato quello dell’induzione di sismi, dove l’energia rilasciata nel terremoto non supera l’energia introdotta nel sottosuolo dalla stimolazione, e dove quindi la magnitudo dei terremoti indotti di solito non supera MW=4.
Non c’era ancora certezza scientifica circa la possibilità che questi stimoli possano provocare sismi di intensità più grande tramite il meccanismo di innesco sismico, dove anche una stimolazione piccola può provocare un terremoto in cui viene rilasciata un’energia più grande di quella investita nello stimolo, con una magnitudo che corrisponde a quella massima della zona in cui avviene. Concluse ancora il rapporto ICHESE nel 2012: “la possibilità che le attività umane inneschino terremoti non è oggi provata, ma può neanche essere esclusa”.
Oggi, dopo Pohang, sappiamo che è reale e concreto il rischio, che operazioni geotermiche provochino sismi distruttivi in contesti sismo-tettonici comparabili a quelli di Pohang, cioè dove sono presenti strutture sismogeniche già cariche e capaci di provocare sismi potenti.
• 2020
Nelle osservazioni presentate nel mese di gennaio 2020 alla Regione Toscana sul progetto di una centrale geotermica con tecnologia binaria “Le Cascinelle“ (leggi documento di approfondimento 3), il dott.Mastrolorenzo ha evidenziato le intrinseche criticità del complesso geologico strutturale denominato bacino di Siena Radicofani, il quale si distingue per una elevata sismicità dell’area legata alla sua struttura tettonica profonda, con il rischio di induzione e di innesco di terremoti con magnitudo anche prossima al 6 grado Richter e con effetti anche superiori al 9 grado MCS. Ha precisato come, data la localizzazione del complesso geologico tra le Regioni Lazio, Umbria e Toscana, eventi sismici produrrebbero effetti di portata ultra-regionale, e quindi emergenze di tipo C, di competenza governativa nazionale, nell’intero Graben di Siena-Radicofani e segnatamente nel distretto Vulsino.
Le osservazioni rilevano, analogamente a quanto già segnalato per simili progetti di centrali geotermiche pilota nell’area napoletana (leggi sopra e documento di approfondimento 2), gravi ed incolmabili carenze di conoscenze delle caratteristiche e proprietà del sottosuolo rendono imprevedibili gli effetti di trivellazione, estrazioni e reiniezioni di fluidi.
Negli studi di impatto ambientale, le previsioni di tali effetti disastrosi e la simulazione numerica del comportamento delle strutture sollecitate si basano su assunzioni del tutto arbitrarie e su semplificazioni drastiche che tralasciano la intrinseca complessità ed eterogeneità spaziale del sistema geologicoi-drogeologico e strutturale, così come dei processi meccanici e termofluido-dinamici dei sistemi idrotermali. È tralasciato inoltre il loro comportamento non lineare e difficilmente prevedibile.
Mastrolorenzo conclude che, considerando l’insieme di queste carenze, i proponenti dei progetti non possono in alcun modo garantire la sicurezze delle attività, con conseguente violazione del principio di precauzione.
• 2020
Una recente pubblicazione di Schiavone et al. (2020) (leggi documento di approfondimento 4) studia semplici modelli di contesti geotermici non omogenei. I risultati confermano la possibilità che iniezione di fluidi e cicli di estrazione/reiniezione possono provocare terremoti di magnitudo notevole e sottolineano il ruolo della struttura reale dei serbatoi: “ … è di massima importanza … che … i pozzi di produzione e reiniezione siano in connessione idraulica” – condizione che in tutta probabilità non è soddisfatta per i progetti italiani proposti o in via di realizzazione. Commentando il sisma innescato di Pohang, gli autori spiegano la sua magnitudo eccezionale con il carattere particolare delle operazioni che hanno prodotto il terremoto e che consistevano nel “pompare acqua a grande pressione direttamente in una estesa faglia”: operazioni che sono parte essenziale del progetto geotermico di Castel Giorgio e degli altri progetti nazionali.
• 2020
Venuti a conoscenza di questi rischi e avendo approfondito la tematica tramite incontri, studi e
consultazioni con esperti tra cui il dott. Mastrolorenzo, 29 sindaci del comprensorio del Lago di Bolsena riuniti in un “Comitato Geotermia” si sono rivolti alla Protezione Civile Nazionale con un duplice obiettivo:
• di riportare all’attenzione della Protezione Civile il rischio di induzione e innesco sismico, da attività di esplorazione – trivellazione – estrazione – reiniezione di fluidi in sistemi idrotermali, con magnitudo rilevante e potenzialmente distruttiva che incombe sul distretto vulcanico Vulsino e più in generale sull’area transregionale interessata dal Graben di Siena – Radicofani;
• di sollecitare i destinatari a porre in atto ogni possibile intervento di prevenzione dei rischi e pericoli, dovuto per le loro specifiche competenze al fine della tutela, della sicurezza e dell’incolumità delle comunità e dei territori da noi amministrati.
È avvenuto uno scambio di lettere dove i sindaci hanno ulteriormente approfondito la tematica, in merito alle valutazioni sui rischi da sismicità indotta e innescata, alla struttura definita Graben di Siena-Radicofani, alla sismicità dell’intero complesso geologico-strutturale di Siena-Radicofani e alla discussione scientifica attualmente in corso sulle valutazioni di pericolosità sismica, ai cataloghi DISS e ITHACA e all’induzione e all’innesco di terremoti (leggi documento di approfondimento 5).
• 2020
La sequenza sismica di ottobre, novembre e dicembre 2020 nei pressi di Vendenheim nell’agglomerato urbano di Strasburgo ha dimostrato che in sistemi idrotermali, i terremoti indotti da attività geotermiche e in particolare dalla reiniezione del fluido in sistemi a ciclo chiuso, possono raggiungere una magnitudo vicino a quella massima tipica per la zona.
In sito di sfruttamento della risorsa geotermica profonda a Vendenheim gestito dalla società Fonroche, a ottobre 2020 sono iniziati test di iniezione che da subito hanno provocato una serie di microsismi di crescente magnitudo. Dopo una scossa di M = 2,8, il 28 ottobre, i test sono stati interrotti mantenendo una circolazione di “sicurezza”.
L’attività sismica però è continuata per più di un mese, e il 4 dicembre si è prodotto un terremoto di M = 3.6 seguito da un altro di M = 2.8. Le scosse hanno provocato paura tra gli abitanti e danni materiali a più di 400 case della zona. Sia la Rete Nazionale di Sorveglianza Sismica che l’impresa gestrice stessa hanno dichiarato che i terremoti erano legati alle attività di iniezione. Di conseguenza, la Prefetta del Dipartimento del Basso Reno ha decretato il 7 dicembre l’arresto definitivo dei lavori di geotermia profonda a Vendenheim effettuati dall’impresa Fonroche perché il progetto “non presenta più le garanzie di sicurezza indispensabili” (leggi documento di approfondimento 6).
Gli eventi di Strasburgo sono un’illustrazione incisiva dei pericoli di uno studio d’impatto superficiale (dove il rischio sismico viene senz’altro negato “perché la sismicità della zona è bassa”) e di un protocollo “a semaforo” (leggi documento di approfondimento 7) – per assicurare l’arresto delle attività in caso di precursori sismici – rudimentale.
• 2020
Nel 2020, diverse importanti pubblicazioni scientifiche hanno trattato nuovi aspetti della sismicità indotta dall’iniezione di fluidi, in particolare nella Sezione speciale su Osservazioni, Meccanismi e Rischi di Sismicità Indotta del Bollettino della Seismological Society of America. Nel documento di approfondimento 7 riassumiamo alcune delle nuove scoperte.
3) Conclusioni
Fino ad oggi, tutti i progetti di impianti a ciclo chiuso (“binari”) per lo sfruttamento della geotermia profonda che sono stati presentati alle commissioni di valutazione di impatto ambientale nazionali e regionali, evidenziano gravi carenze di caratterizzazione dei contesti geologici, geomorfologici, geochimici, geofisici e sismo-tettonici in cui si vogliono realizzare, e corrispondenti gravi difetti della valutazione dei rischi.
Alcuni di questi progetti hanno ottenuto un parere positivo dalle rispettive commissioni di valutazione di impatto. Ciò è avvenuto all’inizio del percorso di evoluzione delle conoscenze scientifiche circa i possibili impatti ambientali e i rischi connessi tracciato qui sopra. Tali valutazioni positive sono ormai superate dall’acquisizione di importanti elementi di novità emersi nei lavori scientifici degli ultimi anni.
In particolare, gli studi della valutazione d’impatto ambientale di tutti i progetti evidenziano chiare e gravi carenze rispetto agli standard odierni, per quanto riguarda il trattamento dell’osservazione della sismicità indotta, concernente i possibili meccanismi e la modellizzazione della sismicità indotta dalle operazioni geotermiche, e rispetto alla previsione e la gestione dei pericoli e dei rischi.
Qualora questi progetti fossero realizzati, presenterebbero, secondo l’attuale stato di conoscenze, rischi reali e non quantificabili di provocare danno alle persone, al patrimonio edilizio e all’ambiente.
Note:
1
G.-L. Vignaroli, A. Pinton, A.A. De Benedetti, G. Berardi, G. Giordano, F. Rossetti, M. Soligo (2013) – Structural compartmentalisation of a geothermal system, the Torre Alfina field (central Italy). Tectonophysics 608; 482–498.
2
Impianto Pilota Geotermico Castel Giorgio: https://va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/1373/1855; osservazioni pag. 13 e 14.
3
Impianto Pilota Geotermico Torre Alfina: https://va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/1566/2544; osservazioni pag. 13 e 14.
4
Impianto Pilota Geotermico Scarfoglio: https://va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/1542/2486; osservazioni pag. 9 e 10;
5
Impianto Pilota Geotermico “Serrara Fontana”: https://va.minambiente.it/itIT/Oggetti/Documentazione/1547/2501; osservazioni pag. 12 e 13.
6
L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia INGV nasce nel 1999 con il D.L. 29/9/1999 n. 381, dalla confluenza dei principali istituti di ricerca geofisica e vulcanologica italiani. Oggi, l’INGV è riconosciuto come uno dei più prestigiosi istituti di ricerca geofisica e vulcanologica a livello mondiale ed è il principale riferimento istituzionale nazionale in materia.