Don Marco: i dati che abbiamo non sono assolutamente sufficienti per andare avanti su questa strada

Qualche anno fa Don Marco di Seggiano, intervenuto sulla questione ambientale legata alla geotermia, venne ripreso dall’assessora Bramerini a cui rispose con questa significativa lettera.

 

 

 

Cara signora,
è difficile per me risponderle qualcosa, non tanto perché non sappia cosa dire, quanto perché mi sembrano diversi i piani della comunicazione. Il modo con cui ho portato avanti la cosa può essere discutibile, come tutte le azioni umane; può essere considerato una provocazione e forse lo è, come estremo tentativo.
Il problema è tecnico ma non solo e non primariamente almeno per me. Io stesso mi sono sempre trovato in difficoltà ad affrontare la cosa dal punto di vista tecnico. Conosco tutte le iniziative tecniche di cui mi ha scritto. Non sono solito bere quello che mi viene presentato senza verificarlo e anche se non sono un geologo non mi mancano gli strumenti per capire quello di cui si sta parlando (oltre alla passione giovanile per le scienze naturali e la geologia sono, o meglio ero, ingegnere meccanico specializzato in impianti di produzione di energia.)
Lei ha parlato di Comitato Tecnico per la geotermia sull’Amiata. Quando sono stati presentati i rischi idrogeologici per la TAV nel Mugello tutto è proseguito come nulla fosse e proseguirà in Val Susa (piccole punte di tanti iceberg sommersi). D’altronde se quello che è successo nel golfo del Messico non è stato capace di fermare le perforazioni in acque profonde, è da illusi pensare che possa cambiare qualcosa per un po’ di bacini acquiferi distrutti.
Io non dico: è così. Dico semplicemente che i dati che abbiamo non sono assolutamente sufficienti per andare avanti su questa strada. Brevemente accenno alle obiezioni che già conosce per poi andare un po’ più in là; solo pochi cenni perché è il resto che non mi interessa.
I libri di geologia riportano schemi base di bacini geotermici in cui è rappresentata una ricarica  dai bacini superficiali. Perché questo non dovrebbe avvenire proprio sull’Amiata, tanto più con un’estrazione di forte entità indotta artificialmente?
Per l’Enel è normale che a Poggio Trauzzolo, vicino alla sorgente, ci sia una depressione. Allora perché è stata fatta una costosa perforazione ‘inutile’? Mi pare di capire che era per verificare il perché di una depressione anomala nella falda che nel 2006 la dott. Manzella aveva pensato dovuta a rocce impermeabili. Queste rocce non ci sono e quindi la depressione rimane anomala (tra l’altro sono state trovate almeno due faglie attive).
Ho seguito poco lo studio isotopico, ma mi pare Calamai avesse eseguito uno studio simile arrivando a conclusioni ben diverse.
Sui modelli matematici applicati alla realtà naturale ho sempre avuto profondi dubbi, indipendentemente dai costi stratosferici per metterli a punto. Si possono costruire con serietà e avere risultati utili solo se si conosce molto bene la realtà, cosa che non mi sembra avvenga per l’Amiata. Lo stesso Calamai aveva a disposizione più dati sul campo, dati da perforazioni e sondaggi elettrici, rispetto a quelli utilizzati oggi.
Naturalmente lei penserà che la mia sia una visione limitata e di parte. Probabilmente è così, perché nella concretezza della vita non si può essere neutri; ognuno di noi ha una visione da cui partire, perché si spera che pensi. Da verificare è se questa visione sia arbitraria o sia invece una semplice constatazione dei fatti senza la quale tutto ciò che diciamo diventa una favola. Ricordo che Einstein diceva:’Quasi tutti gli scienziati, dal punto di vista economico,sono completamente dipendenti e il numero di coloro che ha un senso di responsabilità sociale è così esiguo che non può determinare la direzione della ricerca.’
Cos’è cambiato oggi? Non dico niente di scandaloso se ricordo che la gran parte degli ‘esperti’ in tutti i campi è indissolubilmente legata alle grandi compagnie multinazionali: nel campo agro alimentare, sementiero, farmaceutico, chimico, energetico etc. Se c’è qualcosa di cambiato è il modo di questa dipendenza che non è più solo esterna, ma si concretizza nel far propri gli stessi principi della multinazionale che vengono difesi in prima persona. Questa è la forza di questa nostra pseudo civiltà che forma fin da piccoli alla sua logica rendendo difficile ogni pensiero diverso. In questa logica tutto ciò che è riduzione è peccato: serve più energia? Bisogna produrla; serve più acqua? Bisogna dissalare il mare (magari prima bisognerebbe ridurre previamente le perdite degli acquedotti). E’ la richiesta del Mercato che determina l’azione in ogni campo, e non una qualsiasi  visione,  riflessione sulla direzione della vita personale e sociale da prendere, non il desiderio di ricostruire la dignità di una cultura.
Io non sono di qui, ma per ora vivo qui e per questo mi sono sentito di impegnarmi in una questione locale. Ma non certo con lo spirito  del ‘ non nel mio giardino’. Il mio giardino è il mondo e posso domani tornare a vivere dovunque senza sapere se e dove dormirò e mangerò e vivrò. Se mi sono fermato in un luogo è  solo perché mi sembra essenziale cercare di ricostruire una cultura locale, cioè la capacità di vivere in un luogo con i mezzi e le risorse che che quel luogo da, accettando che dal poco venga la saggezza. Ho provato ad esporre alcuni principi di quello che ritengo sia vera cultura su Amiata Storia e Territorio n.58-59 del novembre 2008 parlando della saggezza della terra, per cui non aggiungo altro.
D’altra parte non c’è neanche bisogno di scomodare la saggezza per contestare l’affermazione che la nostra è la civiltà più efficiente e capace mai esistita: bastano i ben noti principi della termodinamica relativi alla conservazione e degradazione del valore dell’energia e quindi del vero rendimento (che è il rapporto tra ciò che ottengo e ciò che inserisco per ottenerlo). Nella nostra civiltà le produzioni sembrano elevate, ma è enorme la quantità di energia, di materiali, di capitale naturale accumulato in milioni di anni e trattato come rendita, ricchezza culturale, che vengono buttati nel calderone in cui tutto diventa una melma informe  senza possibilità di ritorno. Non è mai esistita una civiltà più inefficiente della nostra e questo da un punto di vista strettamente ‘scientifico’. So bene che gli amministratori (come gran parte dei preti) sono figli del loro tempo. Ma ognuno di noi ha pur sempre una coscienza che speriamo possa spingere a un sussulto di dignità che ci porti prima di tutto all’umiltà e al desiderio di imparare una vera cultura.
Lei ha parlato di me come parroco stupendosi di quello che a lei è sembrato un modo di agire superficiale e non improntato al dialogo. Io sono limitato e posso dialogare solo con le persone che man mano ho la possibilità di incontrare: se ho sbagliato sono pronto a rimediare purché sia vero dialogo. Non ce l’ho ne con lei ne con gli amministratori. Ho scritto solo perché credo che il Padre comune ami tutti suoi figli e soffra per loro lontananza prima ancora che dalla fede, da quell’intelligenza e saggezza, patrimonio comune e originario di ogni persona e di ogni popolo.

Don Marco Belleri, Seggiano