Sarà la rapida evoluzione della scienza, ma lo studio presentato da Enel riconosce che in Amiata -anzi, sotto- ci sono delle fratture che causerebbero la risalita della CO2, contraddicendo quanto ha sempre affermato quando gli è stato contestato l’inquinamento del bacino acquifero causato dall’arsenico che dalle fratture si mescolava con l’acqua. Allora, con altri studi, si negava la presenza di queste fratture.
Sarà il caso che decidano, le fratture ci sono o non ci sono? E gli studi che hanno presentato sono tutti giusti o qualcosa non torna?
Ci auguriamo che qualche autorità (l’Arpat, la Regione, il Governo, la Magistratura?) faccia chiarezza su questa vicenda.
Riportiamo l’articolo de Il Tirreno pubblicato ieri, 15 dicembre, con le sacrosante critiche mosse dal Forum Ambientalista di Grosseto.
Geotermia e inquinamento da CO2
Nuovo studio contestato dal Forum
SANTA FIORA. Da dove proviene la gran quantità di anidride carbonica che si registra sull’Amiata? Un prodotto naturale dell’ex vulcano, o c’entra qualcosa lo sfruttamento dei bacini geotermici per produrre energia elettrica? Insomma: la geotermia sull’Amiata è una fonte di energia pulita o no? Il dibattito si riaccende nel distretto geotermico di Santa Fiora. Enel Green power ha presentato giorni fa a Larderello i risultati di un suo studio, pubblicato su Energies, che dimostra come la Co2 profonda, presente in Amiata, non abbia nulla a che vedere con la geotermia, ma si formi naturalmente e risalga in superficie attraverso fratture della crosta terrestre. «Nell’area vulcanica geotermica del monte Amiata – dice Enel Green power – avviene l’emissione di 13.275 tonnellate/giorno di Co2 dal suolo per emissione diffusa; aggiungendo le numerose emissioni concentrate di gas esistenti sul territorio e l’emissione manufatti per le miniere di mercurio e da sorgenti termali ricche in Co2, si raggiunge un’emissione totale di 13.350 tonnellate/giorno per l’intera zona di prospezione, 225 chilometri quadrati, la cui origine è in parte biologica (derivante da batteri, microorganismi e radici di piante presenti nel suolo, quindi molto superficiale per un totale di circa 4.746 tonnellate/giorno) e in buona altra parte di natura profonda (8.529 t/g)».Secondo lo studio di Enel Green power, il flusso naturale di Co2 nell’area vulcanica geotermica è almeno 10 volte superiore all’emissione delle centrali. Dunque, «se teniamo presente lo stato naturale delle emissioni dalla crosta terrestre in Amiata, l’emissione dalle centrali appare quasi irrilevante. Questo conferma che l’Amiata è in modo naturale parte integrante di una delle aree a maggiore flusso di Co2 del mondo». L’analisi dei dati sperimentali misurati da Enel Green power rivela che le emissioni più elevate di flusso naturale di Co2 dal suolo, nel contesto dei 225 km oggetto di ricerca, si registrano nell’area di Bagni San Filippo e fiume Paglia, pari a 115 e 103 tonnellate al giorno per chilometro quadrato, mentre seguono con valori nettamente inferiori le aree dei campi geotermici di Piancastagnaio e Bagnore con 59 e 44 tonnellate al giorno per chilometro quadrato. Questo ha suggerito agli autori dello studio che nel sottosuolo dell’Amiata esista in profondità un processo che genera la stessa quantità di Co2.
Il Forum in disaccordo
Non è dello stesso avviso il Forum Ambientalista, che da anni studia l’impatto sull’ambiente delle centrali geotermiche amiatine. E nutre forti perplessità sull’imparzialità dei risultati di uno studio condotto dalla stessa società che produce energia da fonte geotermica. «Quando sollevammo il fatto che le verifiche sperimentali, finanziate dalla Regione in Amiata, Poggio Trauzzolo, confermavano le presenze di normali fratture nello strato roccioso con evidenti collegamenti tra gli acquiferi superficiali e quelli geotermici più profondi – dice l’associazione – l’Enel contestò tali evidenze con altri studi universitari che negavano tali collegamenti, e la Regione si è piegata. Eppure segnalavamo un grave rischio per il mantenimento della qualità dell’acquifero dell’Amiata, definito “strategico” dalle massime autorità, essendo il corpo idrico potabile più importante della regione. Quelle interconnessioni e le possibili ripercussioni – riduzione delle portate e inquinamento da fluidi geotermici – sull’acquifero superficiale sono state confermate dagli eventi successivi. Si è registrato infatti un aumento della concentrazione di arsenico e, in alcune sorgenti, l’inquinante ha superato il limite di legge, rendendole non più potabili. Per altre sorgenti si è reso necessario miscelare le acque con altre con minore presenza di arsenico; in alcuni casi sono stati installati impianti, a spese dei cittadini, per abbattere l’arsenico». Oggi l’Unione Europea sta definendo le procedure per ottenere i finanziamenti pubblici a sostegno delle fonti energetiche rinnovabili. «E – ricorda il Forum Ambientalista – non è passato inosservato che le centrali geotermiche dell’Enel in Amiata emettono in atmosfera più inquinanti delle centrali a carbone a parità di energia fornita. E, ciò nonostante, ottengono ingenti incentivi pubblici. Allora si corre ai ripari per dimostrare che quelle emissioni di Co2 sono dovute alle risalita attraverso fratture nella crosta terrestre. Tali fratture naturali, secondo Enel, consentirebbero la risalita della sola anidride carbonica, ma non degli altri vapori inquinanti e documentati dalle analisi dei vapori in uscita dalle centrali geotermiche. Rimane incomprensibile tale bizzarra selezione». Il Forum Ambientalista ricorda anche che «la frazione organica dei terreni, abbondante nel sottobosco amiatino, col fogliame in decomposizione, è capace di trattenere grandi quantità di carbonio, ceduto all’atmosfera solo in tempi biologici molto più lunghi dei terreni arativi, ma analizzare le emissioni di Co2 solo nel comprensorio dell’Amiata, senza confronto con altre aree intensamente boscate, non può essere significativo». Il Forum inoltre diffida dagli studi universitari «che non nascono da autonomi e indipendenti finanziamenti, perché abbiamo assistito a troppi errori, come agli studi dell’Università di Pisa che assicuravano che le ceneri di pirite fossero inerti o quelli dell’Università di Firenze che asserivano l’origine naturale dell’arsenico nella piana di Scarlino o quelli del Cnr sui gessi rossi».