Dopo il documento del Sima, Università di Bari e Bologna, anche uno studio (stavolta ufficiale) dell’Università di Harvard conferma la relazione tra inquinamento e pandemia covid-19. E intanto le centrali geotermoelettriche “fumano”…
La cosa che fa più rabbia non è dover dire “ve l’avevamo detto”, ma vedere che ogni qualvolta lanciamo un allarme si scatenano le armate dei difensori della geotermia, finanziati o in buona fede che siano. Questo succede fin da quando, in pochi, male attrezzati, quasi ignoranti in materia, analizzavamo lo Studio epidemiologico dell’Ars Toscana dove si rilevava che nelle aree geotermiche, soprattutto in Amiata, c’erano valori di mortalità e malattie di molto superiori alla media regionale. Abbiamo subito attacchi da ogni lato: ENEL, politica, imprenditori, scettici per natura o per interesse, ecc. Negli anni poi abbiamo ampliato le conoscenze e circostanziato le denunce allargando lo sguardo anche ad altri aspetti, come la correlazione con terremoti e subsidenza, sull’impatto ambientale e climatico, sugli incentivi pubblici, sui presunti benefici economici e i reali danni, tanto che la lobby della geotermia speculativa e inquinante nulla può fare se non, appunto, continuare a dire che “non è vero niente”, almeno finché poi i fatti, non le opinioni, li smentiscono.
Sull’ultima “novità” della correlazione tra inquinamento e contagio da COVID-19 abbiamo dato pubblicità, il 20 marzo scorso, ad un documento (position paper) stilato da 12 studiosi e ricercatori del Sima e delle università di Bari, Bologna, Milano e Trieste in cui -con tutte le cautele del caso- si rilevava, appunto, la correlazione tra inquinamento e COVID-19; nello specifico il particolato atmosferico che ha esercitato un’azione di carrier (cioè da vettore di trasporto) e di boost (cioè di impulso alla diffusione virulenta).
Era naturale quindi mettere in relazione tale allarme con il fatto che la geotermia toscana “produce” il 39% delle emissioni nazionali di Ammoniaca secondo lo Studio di Basosi-Bravi (1), che è un precursore del particolato secondario inorganico PM10 e PM2,5 e, di conseguenza e a maggior ragione, chiedere la sospensione di ogni attività delle centrali termoelettriche.
Figurarsi! E’ partita la canea dei difensori delle centrali per ribadire che, uno, non è vero che ci sia questa correlazione e che il documento non è uno studio validato e, due, che nelle aree geotermiche c’è qualità dell’aria tra le migliori in Toscana. A poco vale ricordare che se non ci sono centraline che rilevano il particolato, come in pianura padana, non risulterà neanche questo tipo di inquinamento specifico, ma tant’è, chi ha più carte -e soldi- se le gioca…
Purtroppo, come diciamo, i fatti hanno la testa dura e il 5 aprile scorso è uscito uno studio dell’università di Harvard sullo stesso argomento da cui risulta “che un aumento di solo 1 μg/m3 nel PM 2,5 è associato ad un aumento del 15% del tasso di mortalità COVID-19, intervallo di confidenza al 95% (CI) (5%, 25%). I risultati sono statisticamente significativi e robusti per le analisi secondarie e di sensibilità.” e giunge a concludere che “un piccolo aumento dell’esposizione a lungo termine a PM 2,5 porta a un grande aumento del tasso di mortalità COVID-19, con l’entità di un aumento di 20 volte rispetto a PM 2,5 e mortalità per tutte le cause. I risultati dello studio sottolineano l’importanza di continuare a far rispettare le vigenti normative sull’inquinamento atmosferico per proteggere la salute umana sia durante che dopo la crisi COVID-19.”.
Significa che, ad esempio, chi vive in aree con alti livelli di particolato fine (PM 2.5) ha il 15% in più di probabilità di morire di COVID-19 rispetto a chi vive in un’area con un’unità in meno (1 μg per metro cubo) di inquinamento da particolato fine PM 2.5.
Peraltro la funzione di “veicolo” svolta dal particolato era ben nota a seguito di un precedente studio di scienziati e ricercatori cinesi del 2004 che aveva rilevato che le polveri trasportano micro-organismi (inclusi batteri, funghi e virus) e grazie all’inquinamento dell’aria vengono sollevati dal suolo assieme alle polveri e finiscono nei nostri polmoni.
Si aggiunga, come abbiamo scritto pochi giorni fa, che anche anche il Copernicus Climate Change Service (C3S), che lavora per l’Unione Europea, sta monitorando l’inquinamento e sta “…esaminando altri effetti che l’inquinamento potrebbe avere su Covid-19”.
“Un indizio è un indizio, ma più indizi fanno una prova”: cosa aspetta la politica a pronunciarsi contro la strage continua? Abbiamo chiuso in casa un Paese intero, messo a rischio di fame interi strati della popolazione, è in corso un’enorme caccia ai passeggiatori e corridori, ma le attività inquinanti, come le centrali geotermiche, sono sempre aperte e continuano a intascare gli incentivi pubblici (e si beccheranno, magari, anche un bel risarcimento per i guadagni ridotti dall’emergenza…).
Niente sarà come prima, chi ha la responsabilità politica fermi subito l’attività delle centrali geotermiche e dirotti gli incentivi per sostenere i territori, le famiglie e l’economia locale sostenibile.
Gli avvocati delle cause perse, per favore, tacciano.
Rete nazionale NoGESI, Sos Geotermia, Forum Ambientalista Toscano
Nota:
(1) Basosi-Bravi: Geotermia d’Impatto, su QualEnergia, giugno-luglio 2015, pagg.96-99, scaricabile QUI.